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Autore: RobynODriscoll    23/10/2013    2 recensioni
Le persone ferite dovrebbero avere la possibilità di ricominciare. Se lo meritano. Ce lo meritiamo.
Ma ecco il punto. Lei non è più ferita.
Lui l'ha guarita, il suo tocco l'ha resa di nuovo bianca. L'ha resa...Biancaneve.
Intanto il dolore mette radici dentro di me, più a fondo, con più forza. L'ho già detto, il dolore mi rende la persona che sono. Mi rende Brontolo.
Lo vedi? Alla fine, abbiamo trovato tutti e due quella cosa unica che ci rende completi.
Non è vero, sorella?
Non è vero, amore mio?
*
Guardo David e penso: lui mi troverà sempre.
E quando non vorrò essere trovata? E i silenzi che non vorrò condividere, e le parole che vorrò tenere per me? Non mi sta chiedendo troppo, no. Solo tutto quello che sono, ogni singolo pensiero che attraversa la mia mente, ogni più piccolo solletico dell'anima.
E' questo che fa la gente innamorata. E' questo che credevo di volere.
E' questo che voglio, naturalmente.
Solo, mi chiedo...
Il Vero Amore è davvero senza macchia?
[Snow White/Grumpy]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Leroy/Brontolo, Mary Margaret Blanchard/Biancaneve
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Torno nelle mie stanze con un pensiero che batte nella testa. Devo fare qualcosa. Non amo Azzurro, e sto per sposarlo. Amo Brontolo, e l'ho allontanato da me. Ho trasformato la mia vita in un disastro nel giro di pochi minuti...ma è il mio disastro, almeno. Uno specchio in cui mi riconosco, non la bugia che ho portato avanti ciecamente fino ad oggi. Il mio passo è veloce e deciso: i sentimenti hanno vinto la battaglia contro la ragione. Ora mi aspetta la guerra per farli comprendere al resto del mondo.

La mia determinazione vacilla, quando dal corridoio che porta ai miei appartamenti vedo emergere il volto preoccupato di Red, illuminato da una candela.

«Neve, dov'eri? Mi sono spaventata quando non ti ho visto nel letto...»

«Scusami. Va tutto bene.»

La mia amica vorrebbe aggiungere altri ansiosi rimproveri, lo vedo. Poi l'arco delle sue sopracciglia si ammorbidisce, dopo che mi ha scrutata in viso per qualche istante.

«Sei sicura? Sei così pallida.»

Invece di rispondere, la prendo per mano e la trascino nella stanza.

C'è un salottino antistante alla camera da letto, quattro mura discrete tra cui molte volte io e Red ci siamo scambiate confidenze. Mi appoggio alla porta con le spalle, come se stessi per rivelarle un segreto da cui possono dipendere le sorti del regno.

In un certo senso, è proprio così.

«Biancaneve, mi stai spaventando» mormora Red, e pianta gli occhi chiari dentro i miei. «Vuoi dirmi cosa succede?»

«Prima ti ho chiesto se mi saresti rimasta accanto anche se avessi fatto la cosa sbagliata.» La guardo con gravità. «Sei ancora della stessa idea?»

Batte le palpebre. Ci mette solo un attimo, prima di annuire lentamente.

«Bene. Perché, Red...io non posso fare la cosa giusta, questa volta. Non posso...»

Odio il fatto che la mia voce stia tremando.

In un paio di passi, lei si avvicina, mi prende le mani. In un tono comprensivo che mi spezza il cuore, sussurra: «E qual è la cosa giusta che non puoi fare?»

Le parole mi grattano la gola come uncini.

«Sposarmi. Oggi. Con Azzurro.»

Red ci mette un po' ad assimilare il significato di ciò che ho detto. Ora è lei, quella pallida.

«D'accordo» dice, in tono esageratamente calmo. Mi conduce verso una delle poltroncine damascate, mi fa sedere. Poi, aggiunge: «Racconta. Tutto.»

E le racconto tutto per davvero. I miei dubbi sul rapporto con David, quell'avventura alla ricerca del Piffero Magico da cui sono scaturiti, il modo in cui ho cercato di cacciarli nei mesi precedenti, l'angoscia che provo all'idea di deludere le aspettative di tutti e spezzare il cuore dell'uomo che per tanto tempo mi è rimasto accanto. Infine, con riluttanza, ammetto di aver baciato Brontolo.

«Tu...cosa?» L'espressione di Red – ora siamo sedute entrambe, una di fronte all'altra – è sconcertata, e ha anche una nota di velato disgusto nascosta nella piega delle labbra. Sento il bisogno di difendermi da quell'accusa silenziosa.

«Avevo bisogno di capire se stavo immaginando tutto, o se era reale.»

«E...?»

Inghiotto a vuoto, abbasso lo sguardo.

«Mi ha allontanato.» Devo stringere i pugni sulle ginocchia, perché quel ricordo fa ancora più male di tutto il resto. «Ha detto che sono confusa, e che non merita di essere trattato così...ho provato a spiegargli, ma lui non ha voluto ascoltare.» Maledette lacrime. Chi ha dato loro il permesso di scivolarmi sulle guance? «Probabilmente ho perso il mio migliore amico e la persona che amo, nello stesso momento...e non so cosa fare...»

Cerco di strofinarmi le guance, e finisco per sprofondarle nelle mani, i gomiti sulle ginocchia, tentando di frenare i singhiozzi che mi scuotono. Tutto il resto è tollerabile. So di poter affrontare la reazione di chiunque altro – di David, degli amici, del mio popolo...ma se Brontolo non volesse più vedermi, non so cosa farei.

Non posso nemmeno pensarci. Forse ora è arrabbiato, forse è spaventato quanto lo sono io. Devo dimostrargli che non ho mai voluto prenderlo in giro, nemmeno un momento. Devo fargli capire quanto è importante per me.

Sento le dita delicate di Red sui miei polsi. Mi scostano le mani dal viso, e sono pronte ad asciugarmi le lacrime. E' in ginocchio di fronte a me, ora, e mi guarda con così tanto affetto che per un attimo penso: non lo merito affatto. Una gratitudine immensa mi nasce in petto. Red è davvero un'amica preziosa, e non importa quanto riuscirò a mandare a catafascio la mia vita: lei non se ne andrà.

Sorride, per rassicurarmi.

«Iniziamo a districare questa matassa dal principio, che ne dici?»

Annuisco, lentamente. Respiro a fondo. «E quale sarebbe, il principio?»

Red stringe forte le mie mani. «Devi parlare con David, e annullare la cerimonia.»

Già. Come dire: salta nel fuoco, perché dall'altra parte probabilmente c'è la bocca di un drago pronta a sbranarti. Ma se metto a tacere la paura, lo so: devo farlo, il prima possibile. In quest'alba irreale, devo prima cercare di sciogliere il mio legame presente; e poi, forse, con gli stralci di cuore che mi avanzano potrò tentare di sistemare anche quello che provo per Brontolo.

Mi sono spinta al limite del precipizio, ormai non posso più tornare indietro. Tutto ciò che mi resta da fare è spiccare il salto.

 

*

 

Biancaneve stava sprofondando, ma non aveva paura. Finché aveva tenuto gli occhi chiusi, le era sembrato di non essersi mossa dal lago; il calore delle braccia di Brontolo la avvolgeva, impedendole di provare freddo. Erano solide, le sue braccia. Poteva affidarvisi senza nessun timore.

Chissà perché, le era venuto in mente il loro primo incontro. Quando i nani l'avevano circondata in silenzio, con discrezione. Quando Brontolo le aveva preso la mano, e costretta gentilmente a fermarsi di fronte a lui per guardarlo negli occhi. Le aveva promesso che non sarebbe mai più stata sola, e che quella era l'unica medicina che le servisse. L'aveva portata con sé, e le aveva dato una casa. Una famiglia. Una speranza.

Da allora, Biancaneve aveva saputo che si sarebbe sentita a casa, sempre, ovunque Brontolo e gli altri ragazzi fossero.

Schiuse le palpebre lentamente. Erano pesanti. L'aria intorno non aveva odori...si erano forse dissolti nel vento della notte?

Lasciò saettare lo sguardo intorno. Era sotto una cupola bianca. Una grande cupola di alabastro, sì. Le sue membra intorpidite erano adagiate su un pavimento marmoreo.

Si sollevò lentamente, mosse le braccia e i piedi per essere certa di avere ogni osso al suo posto. Scoprì che l'attrito con l'aria era maggiore di quanto si fosse aspettata. Sembrava viscosa intorno a lei, oleosa in qualche modo.

Quando si guardò intorno, scoprì che la cupola era sorretta da colonne bianche, come il tempietto che aveva trovato alla fonte. Oltre quelle colonne, il cielo era di un verde acceso, e l'erba intorno frusciava nella brezza con i suoi steli rosa intenso.

Ce l'ho fatta, pensò. Sono nel mondo onirico.

Un tintinnio la fece sobbalzare. Biancaneve si voltò di scatto: una scala era apparsa dal nulla di fronte a lei, con gradini di vetro e nessun corrimano a sostenerla. Non riusciva a vedere dove arrivasse. Si perdeva nel verde del cielo.

Inspirò forte. Con tutto quello che aveva passato, non sarebbe stata quella sciocchezza a spaventarla.

Posò un piede sul primo gradino. Nulla accadde.

Il secondo. Ancora niente.

Andò avanti. Tutto era tranquillo, intorno a lei.

Certo, vedere il terreno che sotto i suoi piedi si faceva sempre più distante non le dava una sensazione confortevole. Tuttavia, proseguì, un gradino dopo l'altro. Dopo tutto bastava guardare verso il proprio obiettivo, quel punto che si perdeva nell'infinito...come la fine di quella guerra maledetta. Era proprio così che Neve era andata avanti, per tanto tempo. Con la testa alta e lo sguardo fisso verso un traguardo lontano.

Andò avanti così anche quella volta, fino a che un senso di nausea non le attanagliò lo stomaco. Si fermò per riposare, con le ginocchia tremanti. Ma non si piegò. Sapeva che se lo avesse fatto non si sarebbe più rialzata.

Guardò la strada che le mancava da percorrere. Un tragitto infinito, che si confondeva nelle nuvole purpuree. Poi, non resistette all'impulso di voltarsi, e guardare la strada che aveva fatto.

Il calore delle fiamme le investì il viso, e il loro crepitare si insinuò nell'orecchio solo in quel momento, come un avvertimento tardivo. Inutile. Ora, il fuoco poteva vederlo, ed era proprio di fronte a lei. Aveva divorato i gradini di vetro, e si protendeva per ghermirla.

No...non era possibile. La fonte l'avrebbe protetta da ogni male. Bambi l'aveva detto. Brontolo l'aveva promesso.

Si voltò, per scappare verso l'alto. Un altro muro di fuoco sorse dal nulla, la circondò, le sbarrò la strada. Nessun fumo scaturiva da quelle fiamme, ma il loro calore era devastante sulla pelle, e non importava che Neve si riparasse il viso, sentiva la carne sciogliersi sulle ossa. Le lacrime le sgorgarono dagli occhi, e anche quelle sembravano fiumi di lava.

La maledizione l'aveva seguita anche qui. Brontolo aveva promesso che tutto sarebbe andato bene, e invece lei sarebbe morta in un mondo estraneo, tra le fiamme del suo senso di colpa, sola...dove lui non avrebbe potuto raggiungerla. Dove nessuno avrebbe potuto. Scivolò sulle ginocchia, mentre le fiamme la sovrastavano. Sentiva già i capelli sfrigolare, e si chiese in quanto tempo sarebbe arsa viva. Cosa sarebbe successo al suo corpo, dall'altra parte? Joanna le aveva detto, una volta, che nessuno moriva per davvero nei sogni. Ma Biancaneve lo sapeva, non c'era via di scampo sulla strada. Non avrebbe vendicato i suoi genitori. Non sarebbe mai stata regina. Qual era stata l'ultima parola che aveva detto a David? L'aveva scordato. E mentre si accartocciava su se stessa riusciva a pensare soltanto: Dove sei, Brontolo? Perché mi hai lasciata sola?

D'improvviso, Neve alzò gli occhi colmi di pianto. Tolse le mani dal volto. E guardò dentro il fuoco.

Rivide il viso del nano, i suoi occhi seri, decisi, dolenti. Risentì la sua voce.

«Quelle fiamme sono il tuo senso di colpa. Forse non devi combatterle. Forse devi accettarle come parte di te. Allora smetteranno di bruciare.»

Quando il fiotto di lacrime scese, la sua vista si schiarì. Oltre le fiamme, la scala continuava ancora, verso l'infinito.

Si fece forza. Puntellò le mani sulle ginocchia e scoprì che, dopo tutto, il fuoco non aveva sciolto un bel nulla. Era ancora tutta intera. Spezzata, sì: ma dentro, e quella era tutta un'altra storia. Il suo corpo poteva reagire. Il suo cuore batteva ancora.

Inspirò profondamente, e strinse i pugni lungo i fianchi. Si umettò le labbra riarse, e fissò gli occhi sul fuoco.

«Io ti accetto». Ricacciò un singulto in gola. «Sei parte di me.»

Mosse un passo, ed entrò nell'incendio.

Pensò a sua madre, al modo in cui era morta senza che lei potesse salvarla. Aveva avuto una possibilità di farlo, e non aveva voluto usarla. E suo padre? Vittima delle macchinazioni di Regina. Se soltanto avesse capito prima da quale pericolo doveva guardarsi. Se avesse potuto evitare ad entrambi la loro orribile fine, e tutta quella sofferenza. Se avesse potuto tenerli con sé.

Lasciò fluire il dolore sulle guance, e scoprì che le membra tremavano sempre di meno. Mentre camminava dentro il suo senso di colpa, Neve lo scopriva, lo imparava a memoria, e lo accettava. Avrebbe portato con sé quei rimorsi per sempre. Mentre pensava questo, le nuvole si facevano più basse, la scala di vetro più corta, l'obiettivo più vicino.

Quando le fiamme si estinsero, Biancaneve si immerse nelle nuvole. Ad attenderla, al di là delle loro nebbie violacee, c'era la più grandiosa esplosione di luce che avesse mai visto.

Era commovente. Il disco solare colava raggi d'oro sui contorni delle nuvole, disegnando bellezza nel cielo di quel colore così stridente. Allungò un dito per toccarlo, come una bambina che tenta di stringere la luna tra le dita. Per tutta risposta, il sole brillò più forte, si dilatò, si appiattì.

In un attimo, un'incredula Neve si trovò tra le mani il Piffero Magico.

 

 

*

 

 

D'accordo, posso farcela. Ho indossato un abito qualunque, e i capelli sono una disordinata colata di pece sulla mia schiena. Le cameriere mi guardano stranite, chiunque mi incroci per i corridoi mi rivolge un'occhiata perplessa. Tutti si aspettano che, a quest'ora del mio grande giorno, io mi stia agghindando per il grande momento. Non sanno che dentro di me sto ultimando i preparativi per qualcosa di molto più importante.

Quando raggiungo le stanze del mio promesso sposo, scopro con stupore che non si trova lì. Parlo brevemente con il suo valletto, sembra sorpreso di vedermi. Mi chiede se Sua Grazia sia riuscito a parlarmi...a quanto pare non ha dormito, stanotte, all'alba è uscito per un'escursione a cavallo e al ritorno ha deciso che doveva assolutamente discutere con me qualcosa della massima importanza.

E' con il cuore che si gonfia in gola che corro di nuovo sulla strada da cui sono arrivata. David non ha dormito. Vuole parlarmi di qualcosa di importante. Può essere qualsiasi cosa...dalla sistemazione dei fiori nel salone, a problemi di sicurezza del castello, a...

Mi blocco come una statua di sale quando lo incontro esattamente di fronte alla porta delle mie stanze. E' arrivato dal corridoio che dà sulla torre. E' in maniche di camicia: bello, come sempre, ma con gli occhi segnati.

«Neve...»

«David...»

Il solito nomignolo, Azzurro, mi muore sulle labbra. Non sarebbe giusto usarlo, ora che non sono più sua, e che non voglio più che lui sia mio.

«...mi cercavi?»

La paura ha preso il sopravvento. Decido di lasciarlo parlare per primo, perché dopo tutto potrebbe volere qualunque cosa da me, e forse guadagnerò qualche minuto prima di calare l'accetta sul nostro rapporto e vedere la sua faccia crollare.

«Sì.» Si umetta le labbra, sembra in grande difficoltà. Mi prendere le mani. «Possiamo parlare...in un posto più appartato?»

Mi sento sporca nel ricambiare la stretta. Evito il suo sguardo.

«Certo. Entra.»

Gli faccio strada nelle mie stanze: Johanna mi viene incontro con il vestito tra le mani, e il suo volto sbianca quando vede che alle mie spalle c'è proprio lo sposo. Cerca di celare l'abito dietro la schiena, e di inchinarsi nel contempo. «Mi dispiace così tanto, Vostra Altezza...non potevo immaginare...gli sposi non dovrebbero...»

«Va tutto bene, Johanna» la rassicura subito lui, mentre io le rivolgo un sorriso di scusa.

«Dobbiamo discutere di un affare molto importante...puoi lasciarci soli?»

Gli occhi della donna si fanno grandi per lo stupore. Tuttavia, è svelta a sparire – e, non so come ci riesca, ma evita fino all'ultimo di mostrare a David il vestito da sposa. Se solo sapesse quanto è vana questa precauzione.

Lo faccio sedere, gli offro del tè. Mi chiede qualcosa di più forte, ma quando faccio per andare a prenderlo mi stringe il polso. Mi costringe a guardarlo.

«Qualcuno deve pur dirlo, no? Perciò, lascia che sia io.» Una pausa. «Non siamo costretti a celebrare questo matrimonio.»

Per un momento mi sento sprofondare. Subito dopo, la testa si fa leggera. Il peso che mi schiacciava fino a un attimo fa si è sollevato di colpo, lasciandomi completamente sperduta.

«C...cosa?»

Le mie ginocchia tremano. Ma ancora non mi muovo.

«Credevi che non me ne fossi accorto? Neve...è da tanto tempo che sei lontana.» Perché continua ad avere uno sguardo così dolce, anche se mi sta dicendo queste cose? Dovrebbe essere furioso. Dovrebbe odiarmi!

Invece i suoi occhi azzurri sono comprensivi. Tristi. Ma accorati.

«All'inizio mi sono detto che era solo una mia impressione...ho fatto di tutto per riportarti da me, ma è stato inutile. Non sei più la stessa di prima, non siamo più gli stessi insieme. Non parliamo più, non delle cose veramente importanti, e...non posso legarti a me, non in questo stato, non in questo modo. Perciò ti prego, dimmelo sinceramente.» Accarezza la mia mano con entrambe le sue. Delicatamente. «Posso guarire da qualsiasi ferita, ma se mi sposassi solo per dovere mi uccideresti.»

«Io...» inspiro profondamente. E' il momento. Gli farò del male...ma ha ragione, non morirà per questo. «Devo chiederti perdono, se l'ho capito solo ora. Ma...è vero. Non sono più la stessa di prima. E non posso...non voglio sposarti.»

Queste parole restano ferme tra di noi, ci annegano lentamente.

«C'è...qualcun altro?»

La domanda fatidica. A cui non ho una risposta. Perché quest'altro è nel mio cuore...ma dov'è il suo, di cuore? Con me? Nel passato? Non lo so. Non voglio pensarci, adesso.

Adesso, David merita una spiegazione.

«Penso a un'altra persona, sì.» Non avrebbe senso negarglielo. Improvvisamente mi sento tornata indietro nel tempo, a quando re George mi ha costretto a rifiutare l'amore di suo figlio. A quel tempo stavo fingendo per salvargli la vita, e oggi è tutto vero. Oggi non lo amo più, e gli sto dicendo la verità per poter salvare la mia, di vita. «Ma non è questo il punto, David.»

La sua bocca si torce in una smorfia amara. «E qual è il punto, allora?»

«Che sono cambiata...non sono più la Neve che hai incontrato. Ascoltami» trattengo le sue mani che stanno sfuggendo dalle mie. Mi inginocchio accanto alla sua sedia, voglio che mi guardi. E che capisca. Poi potrà reagire con tutta la giusta rabbia del mondo, ma prima deve capire. «Nemmeno tu sei più lo stesso di allora, questo non puoi negarlo.»

E non lo nega. Mi guarda soltanto. Sa che ho ragione, glielo leggo in viso.

É per questo che trovo il coraggio di continuare a parlare.

«Io...non so come sia capitato. E' stato a poco a poco, un giorno dopo l'altro. Non so dirti quando ho smesso di amarti...è successo e basta. E non è colpa tua, in nessun modo.»

Restiamo così, occhi negli occhi. Vedo i suoi appannarsi, e sento una stretta allo stomaco, forte. E' comunque la persona che mi è stata accanto per tanto tempo, nel bene e nel male. Abbiamo diviso molto. Gli voglio ancora bene.

David abbassa il capo, si strofina le palpebre con l'indice e il pollice come a rimettere insieme emozioni e pensieri. Non ha sottratto le dita dalla mia stretta.

«Non posso dire di non averlo visto arrivare, almeno» mormora infine. «Una parte di me sperava che mi avresti rassicurato. Ma in fondo lo sapevo che sarebbe finita così, Neve.» Riapre gli occhi. Sono velati di sofferenza, eppure riesce a dirmi, in un sussurro: «Mi dispiace di non essere più quello che cerchi. Io voglio solo che tu sia felice.»

Sento gli occhi pulsare, ma trattengo le lacrime. Non se le merita, le mie lacrime...sarebbe soltanto un dolore in più, per lui.

Sfilo lentamente l'anello di sua madre, quello con la pietra verde che mi ha donato prima della guerra, sulla spiaggia. Quando gli ho detto di sì, quel giorno, ero sicura di non volere nient'altro dalla vita.

«Mi dispiace» riesco a mormorare.

David lo guarda, lo rigira tra le dita. Mentre lo infila al mignolo, mormora:

«Credevo che il nostro fosse Vero Amore.»

«Lo era» dico senza esitare, perché lo penso davvero.

Lui accenna ad un sorriso. «Sai, dicono che il Vero Amore non finisca mai...»

Si sbagliano. Ci siamo amati, e il fatto che lui abbia potuto spezzare la maledizione e riportarmi indietro dalla stanza infuocata lo dimostra. Poi abbiamo attraversato una guerra, e il nostro amore si è consumato. Logorato. O forse mi sono solo accorta che il mio sentimento non era profondo quanto credessi.

Forse i sentimenti possono essere profondi solo quanto lo sono le persone che li provano. Forse al tempo in cui ci siamo incontrati quello era il modo più intenso in cui io potessi amare.

Siamo cambiati, David ed io. Abbiamo perso innocenza, abbiamo perso purezza. La nostra anima è piena di macchie che non possiamo – e forse non vogliamo – più togliere. Quelle macchie fanno di noi quello che siamo.

Parliamo quietamente dei dettagli tecnici. Il matrimonio verrà annullato, ovviamente. Terremo un consiglio straordinario. Abbiamo unito due regni sotto la nostra egida, e ora dobbiamo capire come spartirli perché entrambi possiamo regnare. Questa è una conclusione a cui giungiamo dopo un po' di battaglia: all'inizio lui vuole ritirarsi e tornare a governare il bestiame, mentre io prometto di lasciargli tutto quanto e trasferirmi nel cottage nella foresta. E' il senso di colpa che parla per entrambi. In realtà vogliamo davvero diventare re e regina. E siccome non vogliamo farlo sposandoci, dobbiamo trovare un'altra soluzione.

Giungiamo ad un accordo: i regni saranno divisi come erano prima della guerra di riconquista. E' logico, è naturale. Saranno alleati, e riconoscenti uno all'altro per sempre. Ma indipendenti, con un'identità autonoma.

Come noi due.

Quando capiamo che gli accordi sono presi, arriva il momento di congedarci.

Lo scorto fuori dalle mie stanze, ristagna un silenzio imbarazzato tra noi.

E' lui a spezzarlo, il mio Azzurro. Perfetto fino alla fine, anche in questo momento. Mi stringe in un abbraccio. Ricambio, con affetto, con gratitudine immensa. Mi sta lasciando andare via, e mi risparmia odio e rancore. E' il regalo più grande che potesse farmi.

«Spero che un giorno troverai il tuo lieto fine, Biancaneve.»

Stringo le palpebre, e respiro nel suo farsetto. «Anche tu, Principe Azzurro.»

 

*

 

Brontolo si era preoccupato, quando aveva visto le lacrime solcarle il viso. Era quasi l'alba, avrebbe dovuto svegliarsi. Invece, aveva iniziato a piangere, e il suo viso era contratto in una smorfia di dolore che gli torceva il cuore.

Voleva provare a svegliarla. Aveva paura di farlo. Non sapeva cosa stesse accadendo nel suo sogno, ma strapparla da quel mondo poteva essere troppo rischioso. Allora, si era chinato sul suo orecchio e aveva sussurrato parole confortanti, e perfino accennato a quella canzone che l'aveva fatta addormentare.

L'aurora era già stemperata nel grigiore, quando infine Neve aprì gli occhi.

Non inalò l'aria in una grande sorsata, come quando David l'aveva svegliata dalla maledizione del sonno. Le sue iridi verdi sembravano pezzi di vetro, fissi contro il cielo.

«Neve?»
La scrollò per le spalle. Solo allora lei sollevò le mani, sprofondate nell'acqua. In una di esse stringeva un piffero dorato.

Ce l'aveva fatta. E allora perché ora stava piangendo, e il suo viso si era trasformato in una maschera di disperazione?

Quando gli gettò le braccia al collo, Brontolo la strinse forte. Stava tremando. Anche lui tremava, per la dannata notte passata al freddo immerso nell'acqua per metà, ma non importava. Abbracciò le sue spalle scosse dai singhiozzi. Neve era orgogliosa, e caparbia. Cosa poteva averla spezzata a quel modo?

«E' stato così terribile?» le domandò in un sussurro.

Lei scosse il capo, con il viso sprofondato tra il suo collo e la sua spalla.

«Portami a casa.»

«Va tutto bene. E' finita.»

«Dobbiamo...» lei tentò di dominare i singhiozzi, e si sfregò una guancia con il palmo libero. «...riportare il...Piffero, e...»

Con un grugnito, Brontolo la sollevò tra le braccia e uscì dall'acqua, per andare a depositarla sulla riva. Le gettò addosso il mantello asciutto, sfregando forte le sue spalle e i suoi capelli.

«Per prima cosa, devi riposare.» Asciugò col mantello anche le sue lacrime. Con più delicatezza. «Non hai avuto una grande nottata.»

Lei sembrò calmarsi un poco mentre lo guardava. Accennò ad un sorriso e soppresse un altro singulto. «Nemmeno tu.»

Il nano si strinse nelle spalle. «La mia è stata la parte facile, sorella.»

«Aspettare...non è mai facile.»

Stringeva il piffero dorato con forza, e poteva ben capirla. Doveva esserle costato molto riuscire a ottenerlo.

«E' quello che mi riesce meglio» bofonchiò, per poi scostarsi e iniziare a preparare il necessario per accendere il fuoco. Era chinato a strofinare i legnetti, quando sentì il calore di un altro mantello asciutto sulle spalle. Le mani di Neve si strinsero intorno alle sue braccia.

«Grazie. Per avermi aspettato.»

Deglutì a vuoto.

«Abbiamo finito con le smancerie? C'è un fuoco da accendere, qui. A meno che tu non voglia prendere una polmonite, così il tuo principe mi sventra con la sua spada appena rimetto piede al campo.»

Ristagnò un momento di silenzio. «Già. David ci starà aspettando.» Le mani di Neve lasciarono le sue spalle. Andò a sedersi poco lontano, le ginocchia strette al petto. Pensierosa.

«Vinceremo la guerra» disse Brontolo, dopo un tempo che a entrambi era parso un'infinità.

«Sì» rispose Neve, senza guardarlo. Stringeva il piffero magico, e chissà dove era corsa la sua mente adesso. Sicuramente, a un modo per usarlo contro Regina in battaglia.

Sì, la battaglia era ciò a cui dovevano pensare, adesso. Nient'altro aveva importanza.

 

*

 

Non me l'aspettavo.

Quel bacio, dico. Era l'ultima cosa che mi aspettassi.

E' ciò che più mi fa rabbia di tutto questo, e lo penso da quando ho messo piede fuori da quel dannatissimo giardino. Che poi, cosa mi è saltato in testa di entrarci, nel giardino? Quando l'ho vista dai bastioni, sola nella notte, ho pensato che volevo scappare via da lei, lontano. Avrei dovuto farlo, maledizione. Se solo l'avessi fatto.

Ma poi mi è venuto quel dubbio. Forse Neve si sentiva sola, e triste. Forse aveva bisogno di un amico. Per questo ho provato a infischiarmene, del modo in cui mi sanguinava il cuore. Ho pensato che io posso sopportare tutto: basta che non sia lei, a sanguinare. Solo quello mi fa veramente male.

L'ho raggiunta, le ho parlato, lei ha detto quella cosa che mi ha spiazzato sul fatto di non volere più quello che credeva di volere e poi...il bacio.

Perché dovevi farlo, Neve? Perché dovevi illudermi?

Sono stanco. I miei sogni sono a pezzi, non posso rimetterli insieme per poi vederli di nuovo in cocci sul pavimento. Credevo che mi volessi bene abbastanza da capire. I tuoi giochetti, sorella, vanno bene per un Principe Azzurro dalla pazienza infinita. Questo nano ha dato tanto, ha dato troppo, e di pazienza non ne ha più nemmeno un briciolo.

Ho passato le ore fino all'alba a scavare cerchi sul pavimento della camera con le suole degli stivali. Poi ho preso il piccone e sono andato nel cortile di addestramento a fare ciò che so fare meglio: c'erano dieci manichini, e ora ci sono diecimila schegge sparse sul pavimento. Rompere le cose mi è sempre riuscito bene.

Ho sudato per ore. Ho sfogato la rabbia nell'unico modo in cui so farlo. Ma quella frase non mi è uscita dalla testa con il sudore, no.

Sai qual è la verità? E' che cento Azzurro non fanno un solo Brontolo per me.

E i suoi occhi mentre lo diceva. Verde foglia alla luce della torcia. Verde smeraldo nelle ombre della notte.

Quegli occhi per un attimo hanno guardato nei miei. Guardato davvero, intendo. E hanno promesso. Troppo. Tutto. Anche adesso che sono trascorse ore e io sono qua, a rigirarmi il cappello tra le mani, mi sento annegare da quel tutto che non ho voluto ascoltare.

E d'improvviso realizzo, mentre mi guardo la punta dei piedi.

Cosa sto facendo?

Devo fermarla, dannazione.

Devo fermare questo matrimonio.

Se c'è anche solo una possibilità che Neve...se davvero voleva dire quello che ha detto, e non ama più Azzurro, e ho una sola speranza...

Divoro il corridoio a grandi passi. Lei è nelle sue stanze a prepararsi, a quest'ora, di certo. Forse se ne sta lì a chiedersi cosa mi passa per questa testaccia dura. Forse si chiede se non ha fatto male a fare quello che ha fatto, o forse...ah! Detesto i forse. Voglio sapere. Ho bisogno di una spiegazione. Ne ho il diritto.

Ma eccola qua, la mia spiegazione. Mi aspetta di fronte alla porta delle stanze di Neve.

Li vedo. Lei e Azzurro. Abbracciati, stretti uno all'altra. Il modo in cui si tengono a vicenda...

Perfetti. Non c'è altra parola. Insieme, più innamorati che mai. Senza macchia.

Allora capisco che non si possono riattaccare, i cocci di questo vecchio cuore. E mi maledico per essermi illuso, per averle permesso di farmi questo, per averlo permesso a me stesso. Adesso quei cocci sono solo polvere che mi corre via dalle mani.

Giro i tacchi, sparisco nei corridoi, mi allontano veloce da quella scena che non volevo vedere.

Non posso restare qui.

Devo andarmene.

Lontano, il più possibile.

Lontano da un altro sogno infranto.




NdBlackFool
Devo chiedervi scusa, ci ho messo un'infinità di tempo a pubblicare questo capitolo. Prima sono stata impegnata con un progetto su commissione, poi una marea di impegni mi ha travolta...ma finalmente ci sono riuscita! Il prossimo capitolo sarà anche l'ultimo. Ce la faranno i nostri improbabili innamorati a trovare un loro lieto fine, pur con qualche macchia? ^_^
Negli scorsi giorni, su suggerimento/istigazione della mia cara amica Yoan Seiriyu, mi sono impegnata in una challenge molto carina, una raccolta giornaliera di drabble sulla mia OTP di Once...che, naturalmente, ormai è diventata la Snowy. In questa occasione mi sono cimentata con Leroy e Mary Margaret a Storybrooke...se vi va di darci un'occhiata, questo è il link del primo capitolo!
Grazie di cuore a vook20, Euridice100 e Julie_Julia per le loro recensioni <3 E grazie anche a chi passa silenziosamente di qui.
Un bacione!

Laura.
   
 
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