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Autore: cold_fire    23/10/2013    4 recensioni
dal capitolo 9:
Ero sempre stata una ragazza forte, non avevo mai pianto dopo la morte di mia madre, ma quella era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Non avevo pianto alla morte di mia madre, al coma di mio padre, al suo risveglio, al trasloco improvviso, al tumore di Cecilia, agli anni passati come vittima sotto il potere che adesso faceva di Cindy (la nuova moglie di mio padre) la capo famiglia, non avevo pianto ai maltrattamenti subiti da Matteo e nemmeno davanti al suo amore violento e non ricambiato mi ero soffermata per sprecare lacrime. Ma non Roberto, non lui… e non Elisa, non lei! Come avevano potuto… il mio ragazzo e la mia migliore amica... adesso avevo solo la danza.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 10
Dopo tanto tempo
 
She captures her reflection
Then she throws the mirror into the floor,
her image is distorted screaming
“is it worth it anymore?” nooo…
(change your life – Little Mix)
 
Quegli ultimi giorni erano stati davvero stupendi. Ero uscita ogni pomeriggio con Filippo, Ines e Chris ed ero riuscita a togliermi dalla testa Roberto ed Elisa. A scuola arrivavo presto in modo da nascondermi dove non mi avrebbero cercata ed entravo e uscivo sempre per prima, in modo da non doverli incontrare. E per fortuna che non eravamo in classe insieme! Se no mi sarei suicidata sul colpo. Comunque io e Filippo ci eravamo conosciuti un po’ di più ed era davvero molto simpatico. Timido, ma simpatico. Avevo scoperto che si era trasferito tante volte ed aveva frequentato delle prestigiose scuole di danza in tutti i paesi dove aveva abitato. Parlava, oltre all’italiano, anche l’inglese, il francese e lo spagnolo dato che si era trasferito anche a Nizza, Parigi, Londra, Wolverhampton, Marsiglia, Edimburgo, Madrid e Barcellona. E a danza, in effetti, era molto bravo ed aveva un sacco di talento. Quella sera avremmo avuto la prima lezione con la nuova insegnante di danza. Mi stavo riscaldando con calma alla sbarra messa nel muro della mia stanza e intanto che mi guardavo allo specchio notai il riflesso dell’orologio che diceva che erano le sette di sera. Era quasi ora di cena e… un attimo! Ma come fanno ad essere le sette se avevo danza alle cinque? Un attimo… allo specchio il riflesso era al contrario, quindi voleva dire che… erano già la cinque! Mi cambia di fretta, mi sistemai il trucco e presi il borsone di danza uscendo di casa senza salutare nessuno e mettendomi a correre come una pazza. Ero incredibilmente in ritardo. Che figuraccia, il primo giorno di lezione con la nuova insegnante e io ero già in ritardo… mi avrebbe guardato male a vita, manco fossi la ballerina più brava dell’accademia! Quando arrivai sentii della musica classica provenire dall’aula. Avevano già iniziato, e da un bel po’ anche. Corsi negli spogliatoi e finii di sistemarmi. Lo chignon non era messo così male. Non era perfetto, ma era accettabile. Senza perdere altro tempo andai verso la sala di danza, notando che la musica era spenta… che strano. Bussai timidamente alla porta e quando un “avanti” pronunciato in un modo così familiare mi assicurò di poter entrare, abbassai piano la maniglia e tirai la porta verso di me. Entrai nell’aula e con il tono più mortificato che riuscii a tirare fuori iniziai a scusarmi e a giustificarmi. “buongiorno, mi dispiace, lei deve essere la nuova insegnante. Non sa quanto sia mortificata di essere arrivata in ritardo, non era mia intenzione. Per l’ennesima volta, mi dispiace…” mi bloccai di colpo. L’insegnante mi dava le spalle, era andata allo stereo per cambiare disco, e non aveva visto chi era entrato. Per qualche strano motivo si era fermata di colpo intanto che cambiava la musica. Si girò lentamente. Era una ragazza carina, molto giovane. Come aveva detto Giulia, aveva solo sei anni in più di noi a quanto pare. Aveva due zaffiri al posto degli occhi e i capelli biondi sembravano oro. Aveva la pelle candida, sicuramente veniva dai paesi nordici e… interruppi di scatto i miei pensieri. Era un viso molto familiare, e che purtroppo non vedevo da un po’ di anni. “come ti chiami?” chiese lei cercando di apparire ferma e sicura, nonostante trapelava preoccupazione da tutti i pori “Claire Crisalba” sussurrai io, anche se ero certa che avesse sentito benissimo. I ragazzi e le ragazze presenti in sala ci guardavano impazienti. Scorsi le facce preoccupate di Ines e Chris, e quella confusa di Filippo. Cecilia. Era di sicuro lei. Chi altri se no? Era la mia migliore amica prima del… be… prima dell’incidente. E da quel giorno non ci eravamo più riviste. Era li davanti a me. Ancora non ci potevo credere… sembrava passato così tanto tempo… “Claire” sussurrò flebile la sua voce soave. E in quel momento capii che tutto poteva tornare come era sempre stato. “Cecilia” sussurrai a mia volta. E improvvisamente ci ricordammo nello stesso istante di dove ci trovavamo. “signorina Crisalba, vada a prendere posto alla sbarra insieme ai suoi compagni. Devo parlarle dopo lezione, riguardo al fatto di arrivare in orario agli appuntamenti.” Disse come se nessuno avesse appena assistito alla nostra breve conversazione, fatta di frasi brevi e sguardi. In silenzio andai al mio posto alla sbarra e iniziai la lezione con gli altri miei compagni. Durante tutta la lezione Cecilia non fece altro che osservare me e correggere anche gli altri. Ma la maggior parte delle volte guardava me. E più mi guardava, più io davo del mio meglio per farle venire dei sorrisi di orgoglio a fior di labbra. Cosa vedeva quando guardava me? Vedeva la ragazzina che era sempre voluta essere? vedeva la dodicenne che guardava i film horror accanto a lei? Vedeva una ballerina ed era orgogliosa di avermi trasmesso questa passione? Non lo sapevo, ma ero certa che quelli erano sorrisi di orgoglio. Alla fine delle due ore, quando tutti uscirono dalla stanza, io mi soffermai. Aspettai che la porta si chiuse per poi fare un passo insicuro verso la mia Cecilia. Perché lei, anche in quei tre anni, era stata mia, perché non c’era giorno o notte in cui io non pensassi a lei. Lei era girata di spalle intanto che cercava il cellulare nella borsa. Quando si voltò verso di me si aprì in un sorriso enorme e mi abbraccio di slancio “CLAIREEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!” urlò. Era rimasta la solita bambina, la stessa ragazza che avevo lasciato tre anni prima. Io infondo avevo solo sei anni in meno di lei… potevo comportarmi anche io da bambina? Sì “CECIIIIIIIIIIIIIII!!!” urlai a mia volta, avvinghiandomi al suo collo e tenendola così stretta che quasi perse l’equilibrio. Ero davvero troppo felice! Ancora non ci credevo! Doveva spiegarmi parecchie cose! “tu devi spiegarmi tutto!” dissi appunto “bè, mettiti comoda. Che versione vuoi? Io che racconto o tu mi fai le domande?” chiese lei “racconta, non voglio perdermi niente quindi esagera con i particolari!”. Ci sedemmo su due sedie li imparte. Lei prese la sua borsa che era appoggiata su una di esse e se la poggiò in grembo. “penso che già sapevi che ho avuto un tumore e che sono finita in coma. Bè, sono stata in coma un anno e mezzo. Ma partirò dal principio. Quando ti ho lasciato sul viale di casa di tua zia, il giorno dopo l’incidente, mi sono sentita vuota. Tornata a casa ho iniziato a pensare cosa farne della mia vita. Volevo andare alla scuola di danza della scala, ma non avevo i soldi. Tentai comunque l’audizione e fu solo allora che scoprii che se i ballerini scelti avevano problemi finanziari la scuola poteva contribuire con una borsa di studio. Mi presero alla scuola. Circa due mesi dopo sarebbero iniziate le lezioni. Scoprii il tumore un mese prima. Ero spaventata all’idea dell’operazione, ed ero anche preoccupata di non poter iniziare le lezioni subito. Come già saprai, mi operarono e finii in coma. Quando mi sono risvegliata un anno e mezzo dopo mia mamma mi ha raccontato tutto per filo e per segno. Scoprii della tua chiamata e del risveglio di tuo padre. Provai subito a chiamarti ma sentii solo la segreteria telefonica che mi dava numero inesistente” “avevo cambiato numero!” dissi sbattendomi una mano sulla fronte. Le feci segno di continuare e lei riprese “sono riuscita ad iniziare la scuola, e dissero che dovevo provare qualcosa di più grande, come la Royal Ballet di Londra, o l’American Theatre, ma dopo il coma far sapere chi ero non mi importava più così tanto. Io e mia mamma decidemmo di traferirci, e venimmo ad abitare in un paese qua vicino. Cercai lavoro ed inizia a ballare in un teatro. Presto mi stancai e decisi di cercare lavoro come insegnante di danza, così sono venuta a lavorare qua. E oggi ho trovato te. Adesso è il tuo turno di raccontare” concluse. In breve le raccontai tutto. Conoscendo la sua curiosità in quanto ragazzi, le raccontai tutto quello che era successo nell’ultima settimana. Poco meno di un’ora dopo Cecilia era venuta con me a casa mia, e adesso parlava animatamente con mio padre e Cindy. Una cosa che mi fece arrabbiare fu quando disse che Maria era la bambina più carina che avesse mai visto “guarda che mi offendo” attaccai “oh, ma tu sai che sarai sempre la prima per me Claire!” disse mettendosi in ginocchio e fingendo di pregarmi per essere perdonata. La abbracciai e le lasciai un bacio sulla guancia. Cindy insistette per farla rimanere a cena ma lei si giustificò dicendo che sua mamma la aspettava a casa e che aveva un sacco di cose da fare. Quando fu uscita corsi in camera mia e chiamai Ines, Chris e Filippo per metterci d’accordo sulla prossima uscita/tour del paese. Gli raccontai anche di Cecilia e dato che Filippo non sapeva chi fosse gli dissi di nuovo la storia della morte di mia madre includendo anche lei. Decidemmo che il giorno dopo saremmo usciti verso le quattro. Attaccai la chiamata e feci per uscire, così per andare a raccontare a Frank gli ultimi avvenimenti, magari davanti ad una pizza integrale con poca mozzarella, ma Cindy mi richiamò dalla cucina “dove stai andando?” chiese “penso di poter andare almeno a cena” dissi fredda. Lei, anche se intimorita, continuò “veramente… bè, mi chiedevo… se ti andava di cenare con noi stasera… sempre che tu voglia ovvio”. Ero senza parole. annuii con la testa. Strano che tutto stesse andando per il verso giusto. Frank avrebbe aspettato, come avrebbero potuto farlo anche Elisa e Roberto, che per una sera non alloggiarono nei miei pensieri.
 
 
Ciao ciao ciao!!! Sono tornata, però devo essere breve perché manca venti alle dieci. Bè, ringraziamenti a qwertylove, Ricciolilli, Loulou_24 e Ali_di_vetro. Vi voglio un mondo di bene!!! Grazie di cuore, spero il capitolo vi sia piaciuto.
Baci da SuperSavo
 

 
  
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