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Autore: Neryssa    24/10/2013    7 recensioni
Sulla strada che dai Monti Azzurri porta al Decumano Ovest scorre un lungo fiume dalle acque limpide e vivaci, poco profonde ma difficili a guadarsi; e seguendone il corso verso Nord, si giunge ai Colli di Vesproscuro, un modesto gruppo di dolci declivi che si stende per appena un miglio e mezzo o poco più. Thorin non li ha mai visitati, né durante le sue lunghe traversate della Terra di Mezzo né durante la permanenza sui Monti Azzurri. E se fosse per lui una giornata di lavoro alla fucina non andrebbe di certo sprecata per una scampagnata sulle colline! Ma da qualche tempo Fíli ha cominciato a cogliere al volo ogni possibile scusa, anche la più futile, per sgattaiolare nei boschi, e Thorin sa che i passi di suo nipote sono inevitabilmente rivolti verso quei Colli misteriosi.
Gli ultimi anni sui Monti Azzurri prima della partenza di Thorin, Fíli e Kíli con il resto della Compagnia, in un vortice di incontri, fughe e sentimenti contrastanti vissuto all'ombra dei Colli di Vespruscuro, nel cuore dei quali sorge una bella casetta di pietre e legno, abitata da...
Genere: Sentimentale, Slice of life, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fili, Kili, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Dedico questo terzo capitolo a Yavannah, che si è dimostrata così adorabilmente devota a questa FanFiction da meritarsi un piccolo riconoscimento. Tutto per te, cara :)


 

3- Un vero uomo

 

Non ci volle molto perché Thorin si accorgesse che il corpo di Fíli lavorava meccanicamente e che la sua mente latitava, rapita da pensieri che senza dubbio alcuno lo portavano al di là delle mura della fucina; bastarono soltanto un paio di giorni, a dire il vero, ma decise ugualmente di lasciare il nipote in balia dei suoi tomenti e di aspettare il momento più opportuno per ottenere da lui quello che voleva. Per 'battere il ferro finché è caldo', avrebbe detto, utilizzando un'espressione che avrebbe descritto al meglio l'intera faccenda.
'La testa l'ha lasciata sulle rive del Lhûn' aveva concluso tra sé e sé guardando silenziosamente la schiena nuda e sudata del nipote al lavoro, riconoscendo al volo la sua espressione vacua e i sospiri che non gli riusciva di trattenere, ma che ugualmente tentava di mascherare da sbuffi di fatica.
Era stato gentile, Fíli, come al solito anche più del necessario: si era sentito in colpa per aver abbandonato troppo a lungo il lavoro alla fucina e si era offerto di sostituirlo per una settimana intera, trascinandosi dietro quella testa calda di Kíli e costringendolo a lavorare con sé. Nel trovarlo solo a battere il ferro, però, Thorin si disse che il minore doveva essere riuscito a sfuggirgli, e che Fíli ne era rimasto inevitabilmente gabbato. Sorrise, esasperato e orgoglioso al tempo stesso di quei due nipoti che per lui erano come figli, e finalmente decise di mostrarsi, accorrendo in aiuto del giovane Nano che seguitava a lavorare senza sosta da diverse ore: vergognosamente sorpreso mentre si lasciava sfuggire l'ennesimo sospiro, Fíli si costrinse a serrare le labbra in tutta fretta e, abbrancata con le tenaglie la lunga daga di cui si stava occupando, accolse lo zio con un sorrisetto teso, imbarazzato.
“Ehilà, Thorin!” farfugliò, e nel volersi mostrare perfettamente padrone del proprio lavoro si voltò con troppa foga verso il barile per le temprature, lasciandosi maldestramente sfuggire la lama abbozzata che andò a finire con precisione incredibile nell'acqua, sfrigolando e sparendo immediatamente verso il fondo scuro della botte. “Oh, porc...”.
“Dannazione, ragazzo! Sta' un po' attento!” brontolò Thorin correndo subito a ripescare la daga rovente dal barile, con una smorfia di dolore. Mortificato, Fíli si affrettò a togliergliela di mano e a gettarla con ben poca grazia sul tavolo da lavoro.
“È...è la prima volta che mi succede, non...è che mi hai preso alla sprovvista!” fece Fíli con voce acuta, palesemente imbarazzato. Thorin gli rivolse un'occhiata che aveva dell'eloquente e dello scettico insieme.
“Sta' a vedere che adesso sarebbe colpa mia...” fece, insinuante, con gli occhi che si socchiudevano pericolosamente.
“Non intendevo dire questo!” replicò prontamente il nipote, con una smorfia. “Diciamo soltanto che non mi aspettavo che saresti passato. Così va meglio?”.
Thorin sospirò scuotendo lievemente la testa, d'un tratto affaticato: decise di lasciar perdere qualsiasi ramanzina avesse voluto fargli a proposito della disattenzione e delle distrazioni sul lavoro, e cambiò velocemente discorso.
“Dov'è tuo fratello?”. Tasto dolente, Fíli si adombrò e prese a mugugnare qualcosa di poco comprensibile ma chiaramente piuttosto offensivo nei confronti di Kíli; tra i borbottii e le invettive Thorin riuscì a cogliere qualcosa che aveva a che fare con una certa locanda di Brea, e fu lì che scoprì di non voler sapere altro. Si accostò quindi al tavolo da lavoro su cui giaceva la daga abbozzata ancora fumante, e prendendo ad esaminarla con occhio critico si compiacque dell'abilità manuale acquisita da Fíli.
“I tuoi lavori migliorano a vista d'occhio” si complimentò con un sorriso, interrompendo il cupo borbottare contrariato del nipote “Il mestiere del fabbro ormai ti serba soltanto pochi segreti: tuo padre e tuo nonno sarebbero fieri di te, come lo sono io”.
Fíli abbassò il capo, lusingato ma serio, senza mostrarsi troppo esaltato da quel commento.
“Non ho bisogno della loro approvazione, quando ho la tua” ammise, con la voce carica di qualcosa che Thorin non riuscì a decidersi se definire affetto o lealtà, ma che in ogni caso gli scaldò prepotentemente il cuore. Gli strinse calorosamente la spalla con una mano, e gli restituì la daga.
“Tieni, ripeti adeguatamente la tempratura” disse soltanto, prima di dirigersi in silenzio verso la porta; alle sue spalle,
Fíli prese a ravvivare rumorosamente il fuoco nella fornace con l'ausilio del mantice e ben presto la fucina risuonò ancora dei colpi del martello contro il metallo. Thorin rimase appoggiato allo stipite della porta per un po', com'era solito fare quando si concedeva un momento di pausa dal lavoro, e mentre ascoltava Fíli lavorare trattenendo rigorosamente i sospiri, un'idea cominciò a farsi strada tra i suoi pensieri costantemente in tumulto.
Andiamo a caccia insieme” disse, d'un tratto, e per la seconda volta nel giro di un'ora suo nipote rischiò di farsi seriamente del male.
Eh? Adesso?”.
No” ridacchiò Thorin, accorgendosi di non essersi affatto spiegato. “Domani. Partiamo all'alba e lasciamo la fucina nelle mani di tuo fratello”.
Mmmmh”. Illuminato dalla luce tremolante e rossastra della fornace, il bel volto di Fíli si contrasse in una smorfia. “Zio, ma sei sicuro che sia una buona idea? Insomma, Kíli qui...da solo?”.
Chiederò a Dwalin di venire a controllare che lavori, di tanto in tanto” concesse Thorin. “E faremo in modo di portare a vostra madre qualcosa da mettere in tavola nei prossimi giorni: il nostro solito terreno di caccia non si sta rivelando troppo fruttuoso, ultimamente, e Dís continua a cantare le tue lodi per aver portato a casa tre lepri in una volta sola, qualche tempo fa...”.
Nel ricordare come si fosse procurato quei tre conigli selvatici, Fíli si lasciò involontariamente sfuggire un sorriso che a Thorin non sfuggì, e che decise subito di sfruttare a proprio vantaggio, presagendo di non essere troppo lontano dalla soluzione dell'enigma.

“Allora? Posso contare sul tuo aiuto?” incalzò, e Fíli si riscosse dai propri pensieri con un sobbalzo.
Ah, sì!” rispose allegramente il giovane Nano, con un sorriso entusiasta in viso; Thorin annuì e borbottò qualcosa a proposito di trovare Kíli per avvisarlo che l'indomani non avrebbe potuto battere la fiacca come suo solito, sparendo nella sera. Una volta solo, Fíli si crogiolò nell'euforia di aver ottenuto il permesso per tornare nel bosco, e al pensiero di rivedere Brid un altro sorriso spontaneo gli illuminò il volto, scavandogli le guance in due fossette identiche; non seppe spiegarsi come mai il suo cuore avesse cominciato a battere tanto in fretta, con la mente era già davanti alla porta tonda della casetta nel bosco.

 

 

 

Anche se l'arciere di casa era Kíli, stavolta Fíli non si lasciò scoraggiare: in una misera manciata di secondi incoccò, puntò e scagliò la freccia, colpendo subito la ghiandaia in fuga verso il cielo. Forse con meno precisione di quella che avrebbe sfoggiato suo fratello, ma ottenendo comunque il risultato sperato.
Guardando la preda cadere e dibattersi disperatamente, Thorin gli concesse un cenno d'approvazione.

Ben fatto” disse solo, e abbandonati sulle foglie il giovane capriolo e il fagiano che avevano abbattuto poco prima, si inoltrò tra gli alberi per recuperare la ghiandaia.
Fíli si concesse un sospiro soddisfatto, considerando conclusa la battuta di caccia, e con la mente di nuovo libera di spaziare verso ciò che più lo tentava, lasciò che un'idea formidabile s'insinuasse tra i suoi pensieri, furtiva ma entusiasmante.

Voglio portarti in un posto” disse sorridendo quando Thorin fece ritorno con la ghiandaia, e all'espressione interrogativa del Nano il suo sorriso si allargò. “Vedrai, ti piacerà. Ti ci porto soltanto per un momento e poi torniamo a casa, promesso!”.
Thorin rimase perplesso, ma non lo diede troppo a vedere: si limitò ad annuire borbottando un assenso, e rimessosi il capriolo in spalla affidò il fagiano e la ghiandaia a Fíli, che inspiegabilmente allegro e baldanzoso cominciò a farsi strada nel bosco, sicuro come un Elfo in mezzo alla selva. Disgustato dall'accostamento Thorin scosse la testa, tentando di scacciare dalla propria mente l'immagine del nipote vestito da Elfo e con le orecchie a punta, e si affrettò a tenere il passo, d'un tratto impaziente di scoprire se Fíli lo stesse conducendo al motivo delle sue misteriose fughe nei boschi.
Proseguendo lungo il sentiero si addentrarono in una folta macchia di betulle, faggi e larici che con un moto d'inquietudine Thorin riconobbe come il luogo dell'infausto incontro con la fanciulla che aveva avuto l'ardire di schiaffeggiarlo; prepotente, la vergogna di aver reagito in modo altrettanto sconsiderato lo assalì, e costringendosi a non pensarci fissò ostinatamente lo sguardo sulla testa bionda di Fíli, che seguitava a calcare il sottobosco con l'agilità e la baldanza di un capriolo.
Nel giro di una mezz'ora giunsero nel fitto della boscaglia, dove il Lhûn gorgogliava vivacemente nell'attraversare una piccola gola non troppo profonda sormontata da un ponticello di legno solido e affidabile, notevolmente inverdito dal muschio e dall'edera che cominciava appena ad arrossarsi. Fíli non si attardò a godersi il panorama, ma Thorin non poté fare a meno di gettare un'occhiata oltre il corrimano del ponte, riempiendosi gli occhi dello spumeggiante spettacolo del fiume che scendeva a valle in piccole rapide costellate di foglie rosse e dorate, in un ultimo impeto di vitalità prima del lungo gelo invernale.
Fu pochi minuti più tardi che giunsero finalmente a destinazione: con la confidenza che avrebbe potuto ostentare nell'entrare in casa propria, Fíli superò il limitare del bosco e si fece strada in un'ampia radura coperta di foglie secche dai colori vivaci, sul fondo della quale campeggiava una grossa casa di legna e pietre con una gran rimessa sul lato est e un orto colmo di zucche e bietole su quello ovest; Thorin lo seguì senza esitare, anche se provò un vago senso di disagio nell'entrare come se niente fosse in una proprietà sconosciuta.
Quando Fíli giunse sull'inusuale porta tonda della casa, dipinta di un verde brillante, si voltò un momento verso lo zio per rivolgergli un sorrisetto complice, e poi batté tre colpi secchi.

C'è nessuno?” chiamò a gran voce, con il volto trasfigurato dell'impazienza; tutto quello che ottenne, però, furono un belato infastidito e un caprone riottoso che trottò fuori dalla rimessa con l'aria di chi è appena stato svegliato all'alba nel giorno di riposo. Fissando la bestia battersela verso il bosco indubbiamente sacramentando nel suo idioma animale, Fíli si domandò se non fosse il caso di preoccuparsi: preso in contropiede da quell'accoglienza insolitamente fredda, picchiò ancora il pugno contro la porta.
Ehilà?” chiamò di nuovo, “C'è nessuno in casa?”.
Mi pare di no” fece seccamente Thorin, d'un tratto innervosito dall'insistenza del nipote: si costrinse a mantenere la calma per dissuaderlo a tornare sui propri passi. “Non credo che qualcuno verrà ad aprire, Fíli. Sarebbe meglio rientrare, ora...torneremo un'a...”.
Con lo scatto secco di un chiavistello che scorre in una cerniera la strana porta verde e tonda si dischiuse, e subito il volto di Fíli si illuminò, come colpito da un raggio di sole.

Ah, finalmente...cominciavo a preoccuparmi, credevo...”. Con un cigolio rumoroso la porta girò sui cardini, spalancandosi definitivamente, e Fíli inorridì.
B...Brid? Cosa ti è successo?” balbettò sconvolto, avvertendo la terra mancargli sotto i piedi. “Chi ti ha ridotta così?”.
Con un'espressione furibonda che avrebbe spaventato persino un Balrog sul volto tumefatto, Brid levò una mano e indicò quello integro e impietrito di Thorin.

 

 

 

Se c'era una cosa di cui Thorin Scudodiquercia era sempre andato orgogliosamente fiero era la propria capacità di trattare con dignità e rispetto chiunque si fosse mostrato amico suo e del suo amato popolo.
Se poteva vantare un pregio simile, era per merito di suo padre e suo nonno che si erano assicurati che fin dalla più tenera età gli fosse impartita un'educazione degna del suo alto rango, crescendolo come il degno erede di Erebor, diadema della civiltà Nanica della Terra di Mezzo; ed era proprio in virtù di quell'educazione ferrea e severa che Thorin si era sempre considerato un valido discendente della stirpe di Durin, guardando a Thrór e a Thráin come guide.
Quello che mai e poi mai avrebbe potuto prevedere, però, era che un giorno si sarebbe vergognato di tutti quei saldi principi morali che con gli anni aveva imparato a considerare parte integrante del proprio essere, come i punti cardinali della retta vita di un Nano adulto; fino a quella maledetta mattina in cui era piombato dentro alla casetta nel bosco, al solo pensiero di poter arrivare a preferire l'ignoranza alla propria condizione di principe colto ed erudito si sarebbe fatto una grassa risata, come non se ne concedeva da anni. Eppure era proprio così che Thorin si sentiva ora, combattuto tra i principi e la vergogna.
Ancora una volta il suo pensiero volò alla guancia gonfia e tumefatta di Brid, la fanciulla che aveva aperto la porta a lui e a suo nipote, e sperò che nelle Aule di Mandos i loro antenati non si stessero strappando le barbe per l'onta di aver lasciato Erebor nelle mani di un idiota come lui.
Quando, insieme a Fíli, si era presentato alla porta di casa sua, Brid l'aveva incenerito con lo sguardo e per un attimo Thorin si era sentito soffocare dai sensi di colpa: ricordava bene di averla colpita duramente, ma aveva dimenticato di averlo fatto con la mano di rovescio...e, soprattutto, di averlo fatto con la mano inanellata. Alla vista della mano di Brid che lo indicava, poi, Fíli si era voltato a guardarlo come se lei l'avesse appena additato come l'assassino di sua madre, e il peso del suo sguardo atterrito era stato opprimente almeno quanto quello della colpa. Ad un primo momento di stallo silenzioso e teso si era poi sostituito un clima assolutamente sfacciato da parte della padrona di casa e imbarazzato da parte dei due ospiti: abbassato il dito accusatore Brid li aveva invitati ad entrare, e prima ancora di accorgersene loro l'avevano seguita come due automi.

“Lila è nel bosco, per more” aveva detto, e in un remoto angolino della propria mente Thorin si era persino domandato di chi stesse parlando.
“Insieme alle capre?” aveva azzardato Fíli con la voce che grondava disagio, e lei aveva scosso la testa.
No, quelle se ne vanno per i fatti loro. Sono più affidabili di lei”.
A quell'improbabile scambio di battute erano susseguiti tè bollente alle nocciole e crostata di mele per tutti: ripensandoci a mente fredda Thorin avvertì la voglia prepotente di prendete a testate il muro della fucina, poiché si accorse di essersi ritrovato a mangiare qualcosa senza nemmeno farci caso, leccandosi i baffi come avrebbe fatto da marmocchio! Semplicemente, si era trovato lì, un Nano grande e grosso con una barba degna di nota e bardato di tutto punto per andare a caccia...seduto composto nella cucina di pietra di una graziosa e sconosciuta casetta in mezzo al bosco, a mangiare torta di mele sotto gli sguardi cupi e pienamente meritati della padrona di casa. Non aveva spiccicato una sola parola per tutto il tempo, che Mahal l'avesse dannato, nemmeno un misero 'grazie', e si era strafogato con la torta per paura di dire o fare qualcosa di inopportuno. Mentre ci ripensava, martellando ossessivamente una lama commissionatagli da un tale di Lungacque, si augurò di essersi quantomeno ricordato di masticare a bocca chiusa.

Ma si può sapere che ti prende?” sbottò la voce di sua sorella dalla porta: non l'aveva sentita arrivare, ma in ogni caso a Dís non era mai piaciuto rimanere in silenzio alle spalle di qualcuno, passando inosservata, e fu proprio quella sua indole spiccia a levarlo dall'imbarazzo di fingersi mortificato per non averla notata prima.
Che?” fu tutto ciò che gli riuscì di rispondere, e dalla faccia che vide fare alla Nana si disse che non doveva averle rivolto la propria espressione più furba.
Non fingerti stupido, Thorin. Non sarebbe giusto nei confronti della memoria dei nostri genitori!”.
Perché poi tu debba sempre darmi il tormento proprio non riesco a spiegarmelo, Dís!” fece seccamente lui, levando gli occhi al cielo e tornando al lavoro come se al posto di sua sorella fosse entrata soltanto una mosca fastidiosa.
Te lo dico chiaro e tondo e senza troppi giri di parole, il perché, fratellino” replicò lei con fare battagliero, e attraversata la fucina a passo di marcia gli si piantò davanti con le mani sui fianchi, di una buona spanna più bassa di lui ma tutt'altro che intimidita. “Mio figlio, il mio Fíli, il mio Nanetto biondo che è sempre stato di un'allegria contagiosa, non sembra più nemmeno lui! E mio fratello, il mio unico fratello, tutto ciò che rimane della famiglia che mi ha vista nascere e crescere...per Mahal, è ridotto ad un lombrico!”.
A quel paragone, Thorin parve recuperare almeno una punta del suo orgoglio.

LOMBRICO A CHI, DONNA?” tuonò rosso in volto, con gli occhi azzurri che sembravano mandare lampi indignati; a Dís bastò socchiudere i propri e la furia di Thorin parve diminuire esponenzialmente.
A te, testone!” sibilò con un tono che non prometteva nulla di buono. Poi sembrò stancarsi all'improvviso di fare la guerra con lui, e abbandonato il cipiglio battagliero con cui l'aveva assalito si lasciò andare alla preoccupazione. “Insomma, si può sapere che diavolo è successo, a tutti e due? Una settimana fa siete rientrati dalla caccia con un fagiano, una ghiandaia e addirittura un capriolo...e sembravate appena tornati da un funerale! Nemmeno Kíli ha saputo darmi una spiegazione, non so più che cosa pensare! Io...guardo Fíli e lo vedo cupo, silenzioso, solitario, e proprio non riesco a spiegarmi cosa gli sia successo! Poi guardo te e tutto quello che vedo è la sua stessa e identica faccia ombrosa, ma ancora più scura perché sei tutto naso, barba e sopracciglia! Per amor di Mahal e di tutti i Valar, Thorin, dimmi qualcosa!”.
Anche se la scorza esterna era quella dura di un Nano cresciuto tra le montagne e abituato a lavorare come un mulo per tenere alto l'onore della propria famiglia e del proprio popolo, dentro di sé Thorin celava un cuore tenero, forse un po' burbero e inaridito dalla sofferenza, ma ancora abbastanza innamorato della sua famiglia da smuoversi di fronte al volto preoccupato di una sorella che sì lo faceva dannare, ma che anche sapeva fin troppo bene essere una delle Nane più amorevoli che avesse mai conosciuto. Fu per via di questa sua anima gentile, quindi, che si rassegnò a posare il martello sul tavolo da lavoro e a sedersi sull'incudine gelido accanto a Dís, con un sospiro.

Non devi preoccuparti di niente, Dís” fece poi con voce stanca, poggiando la testa su quella di lei che subito si era rintanata sulla sua spalla. “Tocca a me rimettere a posto le cose, ancora una volta. Ho...involontariamente procurato un guaio a Fíli, e...me ne vergogno”.
É qualcosa di così irreparabile?”.
Non c'è di mezzo un drago sputafiamme, se è questo che intendevi chiedermi...”.
Ma quanto sei scemo!” sbottò la Nana, rifilandogli una gomitata nelle costole che riuscì a strappargli un mugolio di dolore. “Hai capito quello che volevo dire?”.
Sì che ho capito, non sono mica stupido come ti piace tanto farmi credere!”.
E quindi? Farai qualcosa per rimediare?”. Thorin sospirò.
Farò ciò che è giusto”.
Bravo fratellino” sussurrò Dís, baciandolo piano su una guancia. “E adesso...vatti a lavare, che fra poco si cena!”. Thorin le rivolse un'occhiata eloquente mentre la guardava alzarsi in piedi, grintosa come sempre.
Non mi fare quella faccia lì, Thorin figlio di Thráin! Lo sai benissimo che chi non si lava non si siede alla mia tavola!”.
E chi se lo scorda?” borbottò il Nano, infastidito. “Un giorno di questi poi mi spieghi che razza di naso hai, tu che mi senti sempre puzzare!”.
Come no! Intanto lavati senza fare storie, Principe dei Musoni!”. Dís si dileguò oltre la porta con una risata, e se Thorin non le corse dietro con il martello in mano fu soltanto perché il ricordo di averle promesso di fare tutto il possibile per risolvere il guaio con quella ragazzina dei Colli di Vesproscuro lo impensieriva molto più di sua sorella che si prendeva, come al solito, gioco di lui.

 

 

 

Ancora ignaro del motivo per cui fosse stato trascinato in mezzo a quel bosco sperduto, Kíli bussò energicamente alla bizzarra porta verde e tonda della casetta nella radura e rimase in attesa. Non ci volle molto perché dall'interno provenissero segnali di risposta, anche se Thorin aveva già cominciato a mugugnare qualcosa di principalmente indistinto a proposito del 'fare attendere gli ospiti nella stalla' quando la porta di aprì: sull'uscio tondo comparve una fanciulla minuta, con grandi occhi chiari e una bella treccia scura un po' sfatta a penderle da un lato del viso pallido, avvolta in quella che Fíli riconobbe come la vecchia vestaglia indossata da Brid quando l'aveva vista per la prima volta, al di sotto della quale si intravedeva l'orlo bianco di una camicia da notte. Gli occhi di Lila scorsero i tre volti che le stavano di fronte e poi si cucirono sul volto del Nano bruno e sbarbato, presumibilmente colui che aveva bussato alla porta. Lui non perse tempo, e sorridendole accattivante le carpì una mano.
“Kíli figlio di Díli. Al vostro servizio, milady!” fece baldanzoso, accennando un inchino e un baciamano, e Thorin non riuscì a trattenersi dal reagire in modo tutt'altro che regale, più precisamente portandosi una mano alla fronte. Dall'interno della casa provenne un trambusto come di qualcuno che frugava rumorosamente in un capanno degli attrezzi, e in capo ad una manciata di secondi una seconda fanciulla fece la sua comparsa, vestita di tutto punto e con un'ascia in mano.
“Levati, Lila, che quello grosso è pericoloso!” sbraitò Brid mentre si faceva largo sgomitando a destra e a manca. Lila, però, non parve preoccuparsi della minaccia rappresentata da Thorin.
No, levati tu, che quello senza la barba è pure più carino di Fíli!”.
Il neonato battibecco fra sorelle fu coronato da qualcosa di estremamente grosso ed estremamente grigio che con una velocità impressionante schizzò fuori dalla porta verde e sfrecciò tra le caviglie di Lila, rischiando di farla cadere.

FERUMBRAS! MALEDETTA BESTIACCIA, CHE IL LHÛN TI SI PORTI!” tuonò la fanciulla con la treccia, d'un tratto dimentica della sorella armata e vendicativa che insisteva per farla tornare in casa; Ferumbras l'ignorò platealmente, e senza nemmeno prendersi il disturbo di fermarsi per soffiarle in faccia si cacciò nella stalla alla velocità della luce.
Quel gatto malefico...ha qualche problema, te lo dico io!” sbottò Lila con aria saputa, rivolta alla sorella. Brid fece una smorfia.
Come no, lui!” borbottò in risposta, lasciando chiaramente intendere che dal suo punto di vista era proprio Lila ad avere qualche serio problema. Poi parve ricordarsi dei tre Nani attoniti fermi davanti alla porta di casa loro e, parandosi davanti alla sorella, rinsaldò la presa sul manico dell'ascia. Fíli non riuscì a reprimere un moto d'orgoglio nel vederla brandire quell'arma di fortuna proprio com'era stato lui stesso ad insegnarle.
Perché tutte le volte che ti vedo hai sempre qualcosa di potenzialmente pericoloso tra le mani?” domandò senza alcuna traccia d'ironia nella voce, sorridendole con una gentilezza che quasi parve tenerezza; Brid si sentì nuda sotto quel suo sguardo affettuoso e si affrettò a fuggirlo, avvampando furiosamente.
TU!” ringhiò chiaramente rivolta a Thorin, al qual mostrò la testa dell'ascia. “Che diavolo vuoi, questa volta? Spaccare la faccia anche a mia sorella?”.
A quelle parole Lila trasalì vistosamente, aggrappandosi alla spalla di Brid.

É stato lui a farti questo?” domandò con voce flebile ma chiaramente indignata occhieggiando alla sua guancia ferita; Brid la ignorò, e sotto lo sguardo attonito di Kíli e quello amareggiato di Fíli mosse un passo verso Thorin, sperando di apparire se non minacciosa almeno determinata a difendere se stessa e sua sorella. Dal canto suo, il 'Nano grosso e pericoloso', come lei stessa l'aveva definito, trasse un respiro profondo e si preparò a fare quello che ci si aspettava da lui.
Non sono qui per farti del male, e non voglio farne nemmeno a tua sorella” disse con tutta calma, tentando di non sembrare cupo e ombroso come la sua, di sorella, diceva sempre di vederlo. Levò con lentezza plateale una mano e la posò sul manico dell'ascia, in mezzo a quelle piccole e bianche di Brid che continuava a guardarlo con sospetto. “Voglio soltanto spiegarmi”.
Brid lasciò che Thorin la costringesse con gentilezza ad abbassare la scure e d'un tratto la situazione parve sbloccarsi: sfoderando improvvisamente un intuito degno di Dís nei suoi momenti migliori, con la scusa di offrire loro la colazione Lila abbrancò sottobraccio Fíli e Kíli e partendo alla volta della cucina a passo di marcia se li trascinò dietro. Il cigolio e il tonfo della porta richiusasi alle loro spalle garantirono a Thorin e a Brid un minimo d'intimità, e finalmente il Nano si concesse un sospiro di sollievo.

Tua sorella è sempre così?” domandò quasi senza accorgersene, pinzandosi tra due dita la radice del naso, improvvisamente colto da un'inspiegabile sensazione di spossatezza.
Talvolta è anche peggio” rispose seccamente lei. Thorin riaprì gli occhi e si prese un momento per guardarla: Fíli aveva accennato al fatto che fosse figlia di un Uomo del Sud e di una Hobbit di Brea, e in effetti colse nei suoi lineamenti qualcosa di entrambe le razze, anche se Brid rassomigliava in modo più consistente ad una Hobbit che non ad una donna della Gente Alta. Aveva il viso tondo, i grandi occhi scuri e i folti capelli castani dei Mezzuomini, portati lunghissimi sulla schiena; le orecchie appena appuntite e la bassa statura tradivano inderogabilmente la sua natura ibrida, facendola somigliare ad un folletto ostile a livelli quasi tragicomici. Ma quei lividi, anche se ormai in via di guarigione, non gli permisero di divagare troppo.
Ti fa male?” mormorò con una sorta di rammarico misto ad apprensione, sfiorandole piano la guancia ferita con una delle sue mani grandi e callose, da fabbro; Brid abbassò lo sguardo, trasalendo bruscamente quando le dita del Nano raggiunsero il livido sullo zigomo, ancora scuro e decisamente preoccupante, provocato da uno degli anelli di lui. Fu un attimo: la scheggia grigia che poco prima Lila aveva etichettato con il nome di Ferumbras ricomparve dal nulla, e con la furia e l'agilità di un grande predatore si appese al braccio levato di Thorin, piantandovi con rabbia gli artigli e le zanne.
AAAAAH! Ferumbras, ma che ti prende?” saltò su Brid, agguantando il gattone che mordeva e graffiava con furia il braccio del Nano dolorante.
Dannazione...fidati di tua sorella, quando ti dice che quel gattaccio ha qualche problema!” ringhiò Thorin, reggendosi la manica stracciata e sanguinolenta con la mano sana; d'istinto Brid gli si accostò per esaminare i graffi, con le guance che inspiegabilmente imporporavano e gli occhi che fuggivano quelli chiari di lui.
Solo...solo quelli lasciati dagli anelli fanno male. I lividi, intendo” borbottò imbarazzata, rispondendo alla domanda che Thorin aveva lasciato in sospeso; lui fece per sfiorarle nuovamente gli aloni giallastri dei lividi quasi del tutto riassorbiti, ma subito si ricordò della reazione sconsiderata del gattone grigio e si ravvide.
Mi dispiace” ammise poi. “Non...non so cosa mi sia peso. Forse non mi aspettavo che avresti avuto il coraggio di schiaffeggiarmi...anzi, ne sono sicuro. Nessuno l'aveva mai avuto, prima di te. Soltanto mia madre, a dire il vero, così tanto tempo fa che quasi me n'ero scordato”. Brid si lasciò sfuggire uno sbuffo che suonò quasi come una risatina stentata.
A chi non è capitato, almeno una volta nella vita?” scherzò, lasciandogli il braccio. Thorin si sorprese a sorridere.
Già...”.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, lei fissando il tappeto di foglie sul quale si perdeva l'orlo del suo abito verde scuro, lui fissando il volto ancora martoriato davanti al proprio. Fu quando la vide rabbrividire nella brezza gelida del mattino autunnale che gli venne un'idea malsana di cui si stupì lui stesso.

Puoi...darmi un altro schiaffo” mugugnò, inorridito al solo pensiero di averle concesso una cosa simile, ma il fiero orgoglio da discendente di Durin venne messo a tacere da qualcosa che gli diceva di riscattarsi ad ogni costo dall'abominio compiuto, e quando Brid levò il capo guardandolo con tanto d'occhi lui voltò la testa, quasi porgendo la guancia.
Un momento più tardi, momento che a Thorin parve il più interminabile di tutta la sua lunga vita di Nano, la manina candida di Brid scivolò ad afferrare la sua, e prima ancora di avere il tempo materiale di stupirsi lei lo stava già tirando verso la porta tonda di casa sua.

Vieni, fa freddo qui fuori” disse solo, allegramente. “Andiamo a salvare quei due poveri disgraziati dalle grinfie di Lila...magari ci scappa anche un po' ti torta di more!”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*NOTE*

Ed eccomi qui con l'aggiornamento settimanale! :) Vi chiedo scusa in anticipo se nel testo avete trovato qualche erroraccio, e vi rifilo pure una scusa un po' rocambolesca ma assolutamente vera, al 100%: questo capitolo ho compinciato a scriverlo con WordStarter, di Office...solo che poi Office ha dato forfait e ho dovuto trasferire tutto quello che già a vevo scritto su NVU, che naturalmente non mi segnala gli errori. Poi sono tornata alla civiltà (ho trascorso il week end in montagna) e sono riuscita a scaricare e installare OpenOffice che mi ha permesso di tornare a scrivere con un programma a me più affine di quanto non fosse NVU...anche se ho dovuto abituarmi, diciamocelo. Insomma, tutto sto casino per dirvi che se c'è un errore me lo dovete abbuonare. Punto. Eccheccavolo.
Passando al capitolo...momento teneressha tra Thorin e Fili; momento teneressha tra Thorin e Dis; momento teneressha tra Kili e Lila e momento teneressha tra Thorin e Brid. C'è talmente tano fluff in questo capitolo che credo vi rimarrò soffocata sotto. Il bello è che me ne sono accorta soltanto ora! Il doppiamente bello è che Thorin è quasi sempre coinvolto, in tutto questo fluff, e credo che il prossimo passo sarà quello di trasformarlo in un pacioccosissimo Orso-Abbraccia-Tutti. Va beh.
Fatemi sapere se l'aggiornamento vi è piaciuto, e un granderrimo GRAZIE a chiunque mostri un minimo accenno di apprezzamento per questa Fiction, che sia una visita o qualunque altra cosa! :)
Alla prossima!


 
  
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