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Autore: PrimaLetteraDellAlfabeto    24/10/2013    4 recensioni
« È da non credere vero? » D’un tratto Mirajane decise di soffiare via il silenzio, e sfoggiò sorriso amaro, falso, sperando dentro di sé che il nemico potesse guardarla.
« In questo momento stanno combattendo, ma ci pensi? Pochi giorni fa eravamo tutti insieme e adesso loro sono laggiù a combattere, a rischiare la vita per noi.
A rischiare la vita...
E noi qui, ferme, ad aspettare. »
Lucy si voltò verso di lei, e vide un volto stanco, marchiato dalla sofferenza, stremato dalla guerra.
La guardò a lungo, e si convinse che una ragazza così bella non dovrebbe mai avere un’espressione smile.
« È frustrante. »
Nonostante le parole sibilate, nonostante il dolore celato dietro di esse, la sua voce risultava ugualmente melodiosa, in ogni sua nota.
Una donna è gentile perfino da ferita.
« Già. »
Genere: Azione, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gajil Redfox, Lucy Heartphilia, Luxus Dreher, Natsu, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Fu una percezione amara a svegliarla bruscamente dal suo sonno, pensieri crudeli si arrampicarono sul letto, e intrecciandosi tra loro, si saldarono sugli assoni dei suoi nervi, prendendo completamente il controllo delle sue emozioni.
Era scossa, come se le avessero gettato addosso dell’acqua gelida, ma sentiva la gola secca, ed il ronzio fastidioso del suo sesto senso non la smetteva di assordarle il timpano.
Si girò di scatto, e constatò ciò che le sue sensazioni le avevano già precedentemente sussurrato.
Lui non c’era.
Scostò con foga il piumone dal suo corpo, e si alzò in preda all’ansia, dirigendosi a piedi nudi verso il salotto.
Lo trovò chino sulla sua borsa, a sistemare ordinatamente alcuni indumenti puliti, illuminato dalla sola e tenue luce della lampada  da terra all’angolo della casa.
Sapeva che aveva udito i suoi passi e notato la sua presenza all’interno della stanza, eppure non arrestò i suoi movimenti, né la guardò per un solo istante, continuò la sua mansione con indifferenza, ma dai suoi gesti sgusciarono rimpianti, parole non dette, abbracci spezzati e mai nati.
Levy restò immobile, a pochi passi da lui, una distanza di sicurezza inesorabilmente necessaria per proteggersi dal dolore, e rimase a guardarlo in silenzio.
Una parte di lei avrebbe voluto fare marcia indietro, rinchiudersi nella camera da letto, e gridare con tutte le sue forze finché la  voce non le sarebbe morta in gola, ma era come paralizzata, ed anche volendo non avrebbe potuto, avrebbe dovuto ingoiare il gomitolo di aghi che la leva militare le stava offrendo, e sostenerlo, sostenerlo sempre.
Eppure le sembrava che per mezzo del suo silenzio lei lo stesse consegnando al nemico con le sue stesse mani.
Sotto il suo sguardo vigile, Gajeel avanzò verso il divano, e prese un’altra pila di magliette accuratamente ripiegate, sapeva essere un ragazzo molto preciso quando voleva, questa era una facoltà che solo a lei era data conoscere.
Con la coda dell’occhio sbirciò l’orario dall’orologio della sala, e quando constatò che le lancette segnavano le tre e mezza, la lama affilata di un pugnale le trapassò il cuore.
L’aveva fatto di nuovo.
La stanza si era fatta più piccola, più buia.
Gajeel.
Più opprimente, soffocante, persino l’odore era mutato in un tanfo acido.
Gajeel.
Per quanto avrebbe voluto raggiungerlo e fermare quella danza di preparativi che la stava facendo affogare, i suoi muscoli non rispondevano alla sua volontà, anche solo allungare una mano verso di lui le risultava impossibile, eppure era davvero stanca di restare ferma, di questi suoi atteggiamenti, e soprattutto dell’obbligo che aveva preso nei confronti dello Stato.
Il ricordo delle parole di Lucy arrivò prontamente a trapanarle il cranio, ad infestare quella che stava diventando una casa piena di fantasmi, in un secondo iniziò a tremare.
« Ma come non lo sai? »
Nonostante sentisse freddo ai piedi a causa del diretto contatto  con il marmo del pavimento, si sentiva avvampare, i respiri si erano fatti più pesanti, e qualche goccia di sudore le stava impregnando il viso, il torace.
Aveva la bocca impercettibilmente aperta, e per quanto avesse così tante cose da dire, la sua voce non voleva proprio saperne di collaborare.
Un’altra fitta al cuore, e lui ancora faceva finta di non vedere.
« Ma come non lo sai? Sono già partiti. »
Un maledetto. Stronzo.
Gajeel guardami ti prego.

Sotto i suoi occhi si stava svolgendo una frammento di vita che non ha nome, e che senza chiederle il permesso l’aveva inglobata.
Seppur contro la sua volontà, aveva preso parte ad un meschino gioco di ruolo, e per un attimo cercò di etichettare la situazione in cui entrambi erano coinvolti, di classificarla, ma in fatti concreti, in una casa qualunque, ad una tarda ora della notte, una ragazza stava guardando il proprio uomo prepararsi verso una strada di morte, esiste davvero un termine per una cosa del genere?.
Gajeel era impegnato a sistemare altri capi, nel borsone c’era ancora un po’ di spazio, ma Levy sapeva che nel giro di breve avrebbe terminato il suo compito.
Chiusa in una bolla di silenzio che la separava da quell’ambiente tossico, lasciò che le onde di una nuova chimera la trascinassero a largo, ed iniziò a creare immagini, parole,  ciò che avrebbe voluto accadesse nella realtà.

« Quindi partite adesso?. »
« Si. »
« Avresti dovuto svegliarmi. »
« No invece, so che non riesci a dormire bene quando sono fuori, e per una volta che riposavi tranquilla non sarei stato di certo io a svegliarti. Potrai non crederci, ma l’ho fatto per te. »
« Si, d’accordo. »

Forse quello che la sua mente aveva appena formulato era solo una scusa, ma in fin dei conti non le importava.
Non voleva scovare nei meandri della sua ragione, per quanto una parte di lei sperava di ricevere una spiegazione, aveva seriamente paura di scoprire cosa lo aveva nuovamente spinto ad agire in quel modo, ma non aveva intenzione di affliggersi ulteriormente.
Sentiva solo il bisogno di continuare a dar vita a quei dialoghi apocrifi.

« Mi raccomando stai attento. »
« Si. »
« E non strafare, e cerca di non prendere freddo, e comportati bene, soprattutto con i tuoi superiori. »
« Guarda che lo so. »
« E stai attento. »
« L’hai già detto. »
« Ti prego stai attento Gajeel …»

Se solo avesse trovato la forza di formulare davvero quelle parole, e invece niente, non riusciva a dire niente, era tutto nascosto dentro, tutto schiacciato sotto il peso del suo cuore.
Era una carneficina di sentimenti la loro.

« Mi penserai? »
« Certo. »
« Mi penserai sempre?. »
Ma lui non rispose.
Persino nella sua immaginazione Gajeel era l’antitesi dell’uomo perfetto.

Il rumore di una zip che si stava chiudendo la riportò con i piedi per terra.
Ecco, ha finito, pensò ancora tra sé e sé.
E di fatto era così.
Gajeel si caricò il borsone pesante su di una spalla, e le rivolse quasi completamente la schiena, avrebbe potuto bofonchiare un saluto ed andarsene, ma anche lui rimase immobile ad aspettare che accadesse qualcosa.
Loro erano sempre stati così, erano una coppia strana, fatta di parole mute, di silenzi che solo loro erano in grado di criptare, ma non questa volta, questa volta ognuno era avvolto nel proprio, di silenzio, ed era sporco, corrosivo, sapeva di rinuncia, e faceva schifo ad entrambi.
Gajeel si sistemò meglio il borsone sulla schiena, e Levy sgranò gli occhi avvolta dalla paura che se ne andasse, ma non accadde, non ancora.
Continuò a darle le spalle, a trattenere su di sé quell’aria seria ed altezzosa, non aveva battuto ciglio da quando lei era entrata nel soggiorno, eppure, senza neanche accorgersene, teneva lo sguardo basso.
Levy decise che ne aveva avuto abbastanza, sentì la necessità di confermare quanto l’uno avesse bisogno dell’alta, ma invece di esternare tutti i suoi precedenti pensieri, disse:
« Ti preparo i cupcake al cioccolato quando torni. »


Non l’avrebbe mai ammesso a nessuno, ma lui amava Levy.
L’amava, ed era anche grazie a lei se si era salvato.
Con lunghe falcate ricoprì la distanza che era riuscita a dividerli per tutto quel tempo, e posandole una mano dietro la nuca, le diede un bacio sulla fronte, pressando un poco, il minimo perché conservasse il calore finché non se ne sarebbe andato.
Chiudendo gli occhi, sentì che lo stava avvolgendo dentro di sé, come se stessero facendo l’amore, e dopo aver sprecato tutto quel tempo ad essere uno stramaledetto, orgoglioso bastardo, si lasciò trascinare dalle emozioni che solo un suo contatto riusciva a provocargli.
Era questa la magia di Levy, con lei poteva sentirsi libero.
Li riaprì poco dopo, staccando le labbra dalla sua pelle con un leggero schiocco, e dopo essersi riempito dei suoi occhi, se ne andò, senza parlare, e senza voltarsi, lasciando Levy sola con un’unica lacrima, e con la fronte ancora accaldata.
 


 
**


 
Il sole era già altro quando arrivarono, e dal rumore degli scarponi sulla terra umida e dei cori intonati, capirono che l’allenamento per gli altri cadetti era già iniziato.
Scesero dal loro veicolo, e si lasciarono travolgere da una vista che di certo non gli era mancata.
Fiaccamente si diressero verso la loro caserma per cambiarsi, finché un orda fastidiosa li costrinse a voltarsi.
Il Capitano era appena sceso dalla sua autovettura, e già alcuni soldati chiamavano la sua presenza, radunando una folla stranamente scalpitante, e, incitata dalla portata del numero di persone coinvolte, a volte quasi esigente.
Si avvicinarono curiosi, ma la loro attenzione venne catturata da un numero spropositato di mezzi di trasporto che avevano fatto il loro ingresso all’interno del loro campo militare.
Si guardarono tra loro con lo sgomento in volto, solo Gajeel sembrava essere più calmo, come se già sapesse ciò che stava succedendo, e forse era così davvero.
Le voci si fecero più intense, ma il Capitano non rispose a nessuna di quelle domande, che avevano preso l’aspetto di suppliche.
A dispetto delle sua normale natura non ordinò il silenzio, ma ignorò impettito i suoi sottoposti, e con lunghi passi si diresse verso l’edificio dove sapeva di trovare il Generale del suo corpo d’armata.
Natsu venne colto da un istintivo bisogno di sapere ciò che stava prendendo forma, gridò.
« Laxus. »
Il Capitano si fermò improvvisamente, come trattenuto da una cinghia morale, e roteò leggermente il viso alle sue spalle.
Di tutta risposta Natsu si voltò verso i veicoli appena giunti, li aveva riconosciuti subito, come tutti del resto, quelli erano mezzi adatti al trasporto di materiale bellico.
La sua voce era quasi rotta dall’inquietudine, troppo flebile per essere udita a quella distanza.
« A cosa servono tutte queste armi? »
 
 



Dopo aver riunito tutti i soldati, fu il Tenente a spiegare loro la situazione, un certo Freed Justine, responsabile e diligente, davvero un ottimo militare.
Se solo avesse voluto, avrebbe potuto alzarsi al grado di Capitano con sorprendente facilità, ma nutriva eccessiva ammirazione e rispetto nei confronti di Laxus, per cui gli cedette il posto con inverosimile servilità.
Al suo fianco vi era il Sottotenente Bickslow, anch’egli un ottimo punto di riferimento per la truppa, ma a differenza del primo, lui era decisamente molto più aperto e brioso.
Il Tenente fu chiaro e conciso, spiegò dell’imminente guerra nella quale si sarebbero cimentati, chi era il loro nemico e a quali obbiettivi miravano, ed assegnò ad ogni squadriglia un preciso ruolo da ricoprire in battaglia.
Il risultato fu che più squadriglie avrebbero svolto il medesimo ruolo, ma in diverse posizioni.
Aggiunse inoltre che ognuna di queste sarebbe stata affidata al comando di un Caporale Maggiore, una novità che riscosse turbamenti, dato che fino a quel momento ogni soldato era sempre stato sotto la giuda dei due, e del Capitano.
Dopo aver appreso la notizia ognuno tornò alla propria caserma.
I tre ragazzi discussero tra loro dell’informazione appena assimilata, si scambiarono dubbi e pareri, mentre tra una parola e l’altra raccattarono le loro cose per andarsi a spostare in un’altra caserma, dove avrebbero condiviso l’ambiente con altri soldati addetti alla loro stessa carica.
Si diressero con le loro borse verso la caserma indicata, carichi di una strana sensazione di sconforto e di adrenalina al tempo stesso.
Una volta giunti a destinazione trovarono il portone aperto, e la prima cosa che si accaparrò i loro sguardi fu una figura piantata al centro della stanza, che non appena sentì dei passi alle sue spalle, si voltò.
« Bene ragazzi, siete arrivati finalmente, d’ora in poi io sarò il vostro Caporale. »
Un cumulo di ghiaccio osteggiò i loro corpi, ognuno di loro restò basito di fronte alla presenza di quella persona, e da ciò che gli era appena stato comunicato.
Solo dopo svariati istanti, Gajeel decise di rompere il silenzio con un sibilo contrariato.
« Roba da matti. »
 
 






 
~
Ed eccomi, anche sta volta dopo un salto di 10 giorni, ma come sono precisa nei miei ritardi.
È che il tempo mi vola proprio, e volevo spenderci un po’ più di energia in questo capitolo dato che ci sono Levy e Gajeel, non potevo proprio non sforzarmi almeno un tantino per loro.
E sinceramente, il ritardo è dovuto solo a causa di questi due, ho cercato di renderli al meglio, anche se sono sicura che una volta postato mi verranno in mentre frasi e parole sicuramente più azzeccate (come sempre -.-'), il resto invece l’ho scritto molto di getto..
Anche se questo è molto incentrato sulla loro scena, prometto che nel prossimo capitolo, o al massimissimissimo prossimo ancora, inizierà la guerra.
Per chi segue la storia spero comunque che l’attesa sia stata compensata.
Au revoir! ;)
   
 
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