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Autore: Emailo    25/10/2013    1 recensioni
Questo diario non deve fungere da memoria, ma da resoconto della battaglia che sono costretto a combattere per il mio amore. Essere felice è il sogno di ogni uomo, nient'altro conta per me che l'oggetto del mio desiderio.
Ci riuscirò. A costo di vedere il dannato mondo bruciare, ci riuscirò.
Genere: Dark, Introspettivo, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
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20 Gennaio

Dicono che l’amore, se abbastanza forte e veritiero, sia capace di superare qualsiasi tipo di frontiera. Questo è vero, ho visto persone reincontrarsi dopo decenni  con la loro fiamma ancora accesa, il piccolo falò dentro di loro ancora scoppiettante e ravvivato da quella che, effettivamente, è l’umanità stessa, il nostro desiderio di amare e procreare.

Ma può l’amore infrangere proprio quella barriera? La più grande di tutte? Sono qui per studiarlo. La mia determinazione è ferrea, il mio animo adamantino. Ritenterò finchè non impazzirò o, in questo caso, finchè morte non mi riunisca con la mia anima gemella.

Questa versione breve (?) di un diario deve tuttavia fungere da resoconto della mia impresa e non da discorso filosofico. Non devo lasciare che la mia mente vaghi, devo mantenere il controllo sulla mia concentrazione. Non posso rischiare che, come è già successo in passato, il mio cervello decida di tradirmi e di farmi sprofondare in quella nebbia lattiginosa che è la mia vita. Proprio per questo scriverò tutto ciò che serve qui dentro e lo attaccherò alla porta di casa, così me lo ricorderò.

Non lascerò che l’oblio si porti via il mio amore.

Ma, per compiere una tale impresa, devo ricordare chi sono.

Mi chiamo Edoardo. O Eduardo, non ricordo esattamente come si scriva. Mi chiamano così i ragazzini che, ogni tanto, lanciano sassi alle finestre della mia grande casa. Sono alto rispetto al resto della mia città, anche se magari non sono questo gran pezzo d’uomo. Se non avessi questo cilindro sulla testa, magari i miei capelli raggiungerebbero il metro e novantatrè.  Mi dispiace molto per il becchino che dovrà prendere le misure della mia bara, novantatrè è un brutto numero. Non so perché, la mia dannata mente mi dice così e,  nel dubbio, mi conviene prenderlo per buono.

Vivo in una magione con due piani ed un seminterrato accanto alla necropoli cittadina, appartenuta alla mia famiglia da generazioni. No, non è un’errore di scrittura. Sia la necropoli che la casa sono sempre state mie, anche se la seconda è messa a disposizione di tutte le persone che, non per loro volontà, sono costrette dal nostro Dio ad usufruirne. E, per forza di cose, la mia famiglia gestisce da generazioni una rispettabile impresa di onoranze funebri. Io sono il quinto in linea diretta, ed anche l’ultimo probabilmente. Ho un fratello, ma lui si è dedicato solamente al proprio benessere. Probabilmente adesso sarà a molte miglia da qui, a lavorare con la vita come io lavoro con la morte.

A differenza sua, però, io sono costretto a rimanere qui. Mi dicono che ho un problema al cervello che mi rende immensamente stupido. Io, tuttavia, so che non è così. Ho questi momenti di lucidità che subentrano se stimolati da una fonte esterna, durante i quali sono certamente la persona con le conoscenze anatomiche e chimiche più preparata di tutta la regione. Persino i medici non sono alla mia altezza.

Tuttavia, da piccolo, sono stato troppo esposto ai fumi di determinate sostanze chimiche. Con le mie conoscenze adesso, darei la colpa ai vapori dei chetoni. O, magari, alla formaldeide, anche se quella non la usiamo più di tanto, c’è giusto un barile in cantina, e già quello è costato un piccolo capitale. Conosco il processo chimico per crearla, ma non voglio morire a causa dei vapori e quindi la compro già sigillata.

Fra sei minuti dovrò assistere la salma del signor o della signora tal dei tali. Ho il massimo rispetto per loro, ma la mia mente è fedifraga e ho paura che faccia sparire questi fogli da qualche parte. Per sicurezza, li poggerò sul vetro della finestra est di questa stanza dove, non so per quale ignoto motivo, adoro guardare gli insetti che si poggiano sui fiori del giardinetto. E’ inevitabile che, in uno dei miei momenti di demenza, andrò lì e tenterò di osservare all’esterno, quindi l’unica opportunità nella mia guerra contro me stesso è di anticipare le mie mosse.

Ho una grande guerra davanti, ma non mi arrenderò. Ulisse si è fermato davanti alle colonne d'Ercole?

Anche lui, però, cercava il Paradiso ed è finito all' Inferno. Spero di non fare la stessa fine.

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