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Autore: Luce_Della_Sera    25/10/2013    3 recensioni
Capita spesso che gli studenti dicano "La professoressa mi odia, ce l'ha con me!" per giustificare le proprie lacune o la loro scarsa voglia di applicarsi...ma a volte purtroppo hanno ragione, e l'accanimento dei docenti contro di loro può portarli ad avere serie difficoltà!
Questa storia è ispirata ad episodi reali.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 13:  La vera amicizia

 

L’anno seguente

 

A settembre decisi di andare in una scuola privata, per recuperare l’anno che avevo perso; in classe eravamo soltanto dieci, sei ragazzi e quattro ragazze, e mi trovavo bene, ma venivo a far visita alle mie ex compagne molto spesso, e guarda caso proprio quando avevano le interrogazioni: questo irritava molto i professori, che non erano così stupidi da non capire che le mie visite erano strategiche, perché le altre mi avvertivano con largo anticipo.
Le uniche volte in cui non venivo, ovviamente, erano quelle in cui avevano le interrogazioni di inglese …
Queste mie visite non proprio a sorpresa si interruppero un giorno di gennaio: salii le scale che portavano alla mia vecchia aula pensando di dover impedire alla professoressa Terremoto di interrogare qualcuna in letteratura francese, invece le trovai sole.
“Ciao ragazze!” esordii “La professoressa non è venuta?”
“Ciao Mari … no, la professoressa non è venuta: a dire il vero, sono un bel po’ di volte che manca, non capiamo perché!” mi spiegò Michaela.
Stavo per rispondere, quando fui interrotta da Alessia, che a quanto avevo potuto capire era stata rieletta rappresentante per la quarta volta di fila.
“Qualsiasi sia il motivo, deve sbrigarsi: facciamo il quarto, se non torna come ci arriveremo agli esami l’anno prossimo?”
“Suvvia, non essere così tragica: tornerà, prima o poi! E se anche così non fosse, ve ne assegneranno un’altra: non possono lasciare una classe di liceo linguistico senza l’insegnante della seconda lingua!” le feci notare, ma lei, che mal tollerava di essere contraddetta, si sentì in diritto di continuare:
“E a proposito di professori, non so se qualcuno te lo ha detto ma la Salviani in questi ultimi tempi è praticamente impazzita: sembra che abbia avuto un esaurimento nervoso! Se la prende con tutti per qualsiasi scemenza, ma sembra che con me ce l’abbia in modo particolare”
“Ma quale esaurimento nervoso!” esclamai, mentre le altre, percependo che stava per arrivare una litigata coi fiocchi, si erano riunite tutte intorno a noi. “Non ha nessun esaurimento, semplicemente è sempre stata così … solo che tu non volevi vederlo perché c’ero io a fare da capro espiatorio. Finché se la prendeva con me eravate tutte al sicuro, ma adesso che io non ci sono più ha bisogno di sfogarsi su qualcun altro per stare bene, e così ha scelto te. Mi dispiace, perché so com’è e non lo auguro a nessuno, ma ….”
“E non pensi che questo suo cambiamento verso di me possa esserci stato per colpa tua?”
“Colpa mia? Ma sei matta? Adesso se una professoressa è frustrata, la colpa è di una sua ex studentessa?”
“Beh, sì, se la ex studentessa in questione l’ha citata in tribunale!” mi rispose lei, gelida, calcando sull’ultima parola.
Mi guardai attorno, e vidi che quasi tutte le altre avevano un’espressione che diceva “Sì, infatti, è colpa tua!”, e mi sentii terribilmente offesa.
Cercando di controllare la rabbia, feci del mio meglio per mettere le cose in chiaro, sia con la ragazzina viziata che avevo di fronte, sia con le spettatrici.
“Prima di tutto, l’ho denunciata perché avevo un motivo valido: non è mia abitudine alzarmi la mattina e decidere di andare dai carabinieri semplicemente perché non ho di meglio da fare …  inoltre, non l’ho fatto soltanto io, c’erano anche altre ragazze: il che vuol dire che non sono esattamente una pazza visionaria, vi pare?
Sei fortunata, Alessia: se non capisci i motivi della mia decisione, vuol dire che la Salviani non è arrivata nemmeno a farti un decimo di quello che ha fatto a me da quando sono entrata in questa scuola … e ti auguro con tutto il cuore di continuare a non capirlo, perché credimi che è devastante. Non è bello avere il terrore delle interrogazioni e dei compiti tanto da non riuscire a dormire bene, non è bello essere sgridati per ogni stupidaggine, non è bello essere insultati, non è bello arrivare a pensare di essere degli inetti solo perché qualcuno cerca in tutti i modi di farti andare male!”
“Ma smettila … bastava che ti impegnassi un po’ di più!”
“In effetti, Marika”, si intromise Diana, tentando di essere diplomatica, “Forse se tu ti fossi sforzata di far vedere alla professoressa che si sbagliava …”
“Sentite ragazze, mi dispiace, ma se le cose stanno così allora non posso più venire: non ci capiamo, e io non voglio sbattere costantemente contro un muro di gomma. Se pensate che io abbia rovinato una povera donna innocente, che tra l’altro al momento dell’interrogatorio si è avvalsa della facoltà di non rispondere, ne prendo atto, ma non posso continuare a vedere persone che mi considerano colpevole quando non ho fatto niente: per me la vera amicizia non è questa. Vi auguro tante belle cose, e di riuscire ad avere un voto alto agli esami l’anno prossimo …. Ciao a tutte!”
Detto questo, me ne andai, arrabbiata e triste al tempo stesso.
“E quattro!” pensai. “Decisamente, il gruppo di amici non fa per me!”
Ero così assorta nei miei pensieri da non accorgermi che qualcuno mi stava chiamando.
“Mari! Ma davvero non torni più?” Michaela mi raggiunse di corsa, fissandomi sconvolta.
“Beh, sì. Come ho già detto in aula, non ho intenzione di stare con persone che non mi credono o che pensano male di me!”
“Io non penso male di te. Lo sai, vero?” mi chiese, con un tono tanto triste da farmi venire voglia di abbracciarla.
“Sì, lo so. Possiamo comunque continuare a sentirci, se vuoi!”esclamai, restando stupita delle mie stesse parole: ero davvero cambiata, qualche mese prima non avrei mai detto una cosa del genere, per paura  di affezionarmi troppo e di restare delusa!
“Davvero? Il numero di cellulare ce l’ho, ma … ecco, avresti problemi a darmi il tuo indirizzo di casa? Vorrei scriverti delle lettere!”
“Delle lettere?” ripetei, sconcertata. Nell’era di internet sentirsi chiedere l’indirizzo per un contatto epistolare era alquanto singolare!
“Va bene”, dissi infine, cercando un foglietto dove scarabocchiare al volo i dati richiesti.
“Allora ci risentiamo, d’accordo?” chiesi, stranamente imbarazzata. Possibile che quelle potessero essere le basi di un’amicizia, forse più solida ed autentica di quelle che avevo avuto fino ad allora? Mio malgrado, mi imposi di non sperarci troppo e uscii dalla scuola per l’ultima volta, senza guardarmi indietro.

  
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