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Autore: Laylath    25/10/2013    2 recensioni
Il suo posto era altrove, la sua fedeltà era per un’altra persona, un altro gruppo.
E ne aveva passate tante prima di giungere a loro…
La storia del nostro amato Maresciallo Falman.
Genere: Azione, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang, Vato Falman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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Epilogo.
1920. Rules of game (reprise)

 


Il treno per la capitale sarebbe partito tra una ventina di minuti: stranamente era un giorno in cui c’era poca gente che doveva andare verso quella direzione e dunque la banchina era notevolmente tranquilla. Era quasi surreale la calma della stazione di East City in quelle ore del primo pomeriggio.
Il capitano Vato Falman fece un rapido resoconto delle tappe del viaggio e dei bagagli, spuntando mentalmente ogni cosa che era sicuro di aver messo dentro il vagone.
Allora, partenza da qui alle tre e mezza, arrivo domani all’ora di pranzo a Central. Una settimana lì, andando a trovare anche Alexis, Laura e la bambina e poi a North City. I documenti che mi ha dato il Generale li ho presi, la relazione che devo presentare al Comandante Supremo pure... Ah e il dossier relativo al caso che…
“Ciuf ciuf!” esclamò una vocetta accanto a lui, facendolo girare.
“Brava, tesoro, dillo di nuovo a papà come fa il trenino”
“Ciuf!” la bambinetta in braccio ad Elisa fece il verso della locomotiva con un entusiasmo tale che le due codette castane parvero rizzarsi ancora di più. Poi, tese le manine verso Falman, ansiosa di essere presa in braccio dal genitore.
“Dada!” chiamò
Il capitano con un sorriso la prese tra le braccia e le baciò la guancia paffuta.
“Ehi, principessina, tra poco prendiamo il trenino, sei contenta?” le chiese
“Ciuf!” rise ancora lei, prima di acciambellarsi sulla sua spalla, la posizione che preferiva.
“E’ molto fiera del nuovo termine che ha appena imparato – sorrise Elisa, sistemandole meglio il vestitino che indossava – io a due anni mica sapevo cosa fosse un ciuf ciuf”
“Mamma! – chiamò un bambino dai capelli bicolore, tirandole la gonna – quando partiamo?”
“Tra poco, amore mio, – lo tranquillizzò Elisa, chinandosi ed accarezzando la parte castana della chioma – perché nel frattempo non ci facciamo un giretto nella banchina? Andiamo a vedere la locomotiva”
Lui annuì, felice di avere qualcosa da fare e tese la mano verso la madre, trotterellando poi accanto a lei, alla scoperta delle meraviglie della stazione ferroviaria. Falman li guardò allontanarsi con un sorriso divertito e poi si accorse che la piccola si era già mezzo appisolata addosso a lui.
“… e mi sa che ti sveglierai solo tra qualche ora: recuperi le ore piccole che hai fatto stanotte, eh? Ci provi gusto a tenere papà sveglio fino alle tre del mattino” dichiarò il capitano, ormai abituato alle sveglie notturne della figlia che, a periodi alterni, decideva di scambiare il giorno con la notte.
Meno male che il fratello aveva il sonno pesante e non si svegliava per i pianti della bambina.
Ma era uno dei tanti aspetti dell’avere due bimbi piccoli in casa…
Rey e Lisa, i più bei miracoli del mondo.
A distanza di quasi cinque anni, Falman a volte stentava a credere che lui ed Elisa erano davvero diventati genitori.
Non ne avevano più parlato dopo quel tragico aborto al quinto mese, ma era chiaro che entrambi avevano pensato che le conseguenze erano state tali da levare qualsiasi speranza per avere un figlio.
Sono incinta…
Quanta incredulità c’era nella voce di sua moglie quando, in quell’estate del 1915, una sera lui era tornato a casa e l’aveva trovata ad attenderlo seduta al tavolo di cucina con l’espressione mista tra sorpresa, gioia e preoccupazione.
Era stata una gravidanza incredibilmente facile, ma questo non era riuscito a tranquillizzare i futuri genitori: anche dopo che il quinto mese era stato superato senza problemi, erano stati continuamente in ansia. Ed invece a marzo, nella notte tra l’undici e il dodici, Elisa l’aveva svegliato colta dalle doglie… e alle prime luci dell’alba, teneva tra le braccia il piccolo Rey Vincent.
Per l’allora sottotenente era stata una sensazione incredibile prendere quel piccolo fagottino piagnucolante, accorgersi di quanto era leggero e incredibilmente delicato.
“Eh… mi sa che qui siamo proprio figli di papà”
Elisa aveva sorriso, esausta ma felice, e solo allora Falman si era reso conto che il piccolo, per quanto nato da nemmeno un’ora, aveva già il suo taglio di occhi… e anche i ciuffi sulla testolina erano chiaramente bicolori, ma non neri e bianchi… neri sotto e il castano scuro sopra.
Lisa emise un lieve lamento nel sonno e Falman le cambiò leggermente posizione, intuendo che le stellette sulla spallina della divisa dovevano darle fastidio.
Già, la sua principessa… era arrivata quasi due anni dopo Rey ed aveva avuto una gestazione più difficile, tanto che era nata con più di un mese d’anticipo. Era stata una cosa totalmente inaspettata, anche perché in quel momento, in un periodo in cui Elisa stava meglio del previsto, c’erano anche i suoi colleghi a cena da loro.
Erano stati attimi di panico: Falman si ricordava ancora di come Havoc avesse portato Rey in camera sua, restando con lui per distrarlo. Fury era corso a chiamare il medico, mentre lui e Breda avevano aiutato Elisa a distendersi nel divano. Il dottore era arrivato giusto in tempo per prendere tra le mani la piccola Lisa: nonostante la prematurità, lo strillo di protesta che aveva emesso era stato così forte che nessuno aveva avuto dubbi sulla sua salute.
“Mamma mia, signorinella – aveva commentato Breda rivolgendosi alla piccola avvolta nella copertina – avevi proprio voglia di incontrarci, eh? Non farci più scherzi del genere, mi raccomando”
Anche la piccola aveva il taglio di occhi di Falman, ma i capelli erano completamente castani, come quelli di Elisa.
Per le prime settimane erano stati tutti in apprensione considerata l’apparente fragilità della bambina, così minuscola sebbene perfettamente formata, ma sembrava che Lisa non avesse risentito per niente della gravidanza difficile e del mese d’anticipo.
Effettivamente, anche in quel momento, a Falman sembrava impossibile che la bambina che dormiva beatamente appellicciata a lui li avesse fatti penare così tanto.
“Cucciola di papà…” mormorò con infinita tenerezza accarezzandole il braccino.
Perché Lisa era timida e coccolona fino all’inverosimile. Mentre Rey era molto più vivace, la bambina aveva un’indole diametralmente opposta: Falman vedeva nel figlio maggiore molto del carattere materno e anche un qualcosa del nonno di cui portava il nome, mentre Lisa sembrava avere atteggiamenti più tranquilli e simili ai suoi… almeno quando non piangeva. Ed inoltre le piacevano i libri: certo, per ora era una passione più dannosa che altro, considerato tendeva ad afferrare le pagine con le manine e strapparle o mettersi la carta in bocca. Più volte Falman l’aveva recuperata al volo mentre lei, ancora leggermente malferma sulle gambette, cercava di prendere i grossi libri dalla libreria rischiando di farseli cadere addosso.
I “libi”, perché la “r” era troppo difficile da dire, esercitavano un grandissimo fascino su di lei. Mentre Rey amava ascoltare le storie, ma tutto finiva lì, Lisa invece era proprio attratta dall’oggetto in sé.
“Ah, sotto questo punto di vista allora te la gestirai tu” aveva riso Elisa, quando Falman aveva evitato per l’ennesima volta che un dossier finisse nelle mani della piccola.
 
“Tutto pronto per la partenza, capitano?”
La voce del Generale Mustang lo distolse dai suoi pensieri e vide il suo superiore che avanzava nella banchina assieme al Tenente Colonnello Hawkeye.
“Tutto pronto, signore” annuì Falman, impossibilitato a fare il saluto previsto.
Mustang sorrise ed arruffò con gentilezza i capelli castani della bambina addormentata.
Il maggiore dei figli di Falman doveva il suo primo nome all’alchimista di fuoco e sembrava che il generale si fosse particolarmente affezionato a quei bambini.
“Mi dispiace mandarti a North City, Falman, - disse in tono di scusa, tirando lievemente una codetta castana di Lisa – ma ho davvero bisogno di un uomo di fiducia nel nord e tu sei l’unico che abbia già avuto esperienza in quel settore”
Falman annuì: non c’era bisogno che il generale gli spiegasse ulteriormente la situazione.
Erano passati quasi cinque anni da quando il vecchio Grumman aveva preso il posto di Bradley, una giusta figura di compromesso prima che le nuove generazioni si facessero avanti per il potere.
Era stato un bene perché in questo modo Mustang si era potuto dedicare anima e corpo alla questione di Ishval: con la sua squadra era riuscito a ricostruire quel paese in pochissimo tempo. Dove c’erano solo rovine e sabbia ora il popolo dagli occhi rossi rifioriva timidamente, consapevole di far parte dello stato di Amestris e sicuro di essere ben protetto. Certo, erano stati anni anche di difficoltà con le ovvie tensioni tra superstiti Ishvalani e l’esercito: una guerra di sterminio non si poteva cancellare… ma era anche vero che il buonsenso doveva prevalere. Ci si era dovuti tendere le mani a vicenda per poter ripartire dall’inizio… ed il fatto che alcuni giovani di Ishval si fossero arruolati nell’esercito sembrava dare nuova speranza al progetto iniziato da Mustang.
Per tutti quegli anni l’alchimista e la sua squadra avevano fatto spola tra East City e Ishval, ma nell’ultimo periodo la loro presenza era stato poco meno che necessaria: adesso al Generale dell’Est premeva una nuova questione. Dopo la loro vittoria sugli homunculus, Mustang aveva affermato che Central City era ancora troppo per loro.
Ma a cinque anni di distanza non è più così.
Grumman ormai era davvero vecchio e stava parlando sempre più spesso di cedere il potere… e tutti sapevano che c’erano due persone pronte a contendersi quell’eredità: Roy Mustang e Olivier Armstrong. In quegli anni i due rivali erano rimasti ciascuno nel settore di propria competenza, ma ora la situazione era cambiata.
Falman lo sapeva benissimo: nessuno di loro sarebbe stato così folle da cominciare una guerra civile, ma erano certamente disposti a contendersi quel ruolo di comando fino all’ultimo.
Era anche in attesa di questo momento che Falman era tornato nella squadra del colonnello subito dopo la battaglia: sapeva che ci sarebbe prima o poi stata una contesa simile e lui voleva essere sicuro di trovarsi dalla parte che riteneva giusta.
“Starò a North City per il tempo necessario, signore” disse infatti senza alcun rimorso
“E ti porti dietro moglie e figli…”
“E’ una scelta mia e di mia moglie: – spiegò Falman – gli eventi ci hanno separato troppe volte e soprattutto ora che ci sono i bambini non vogliamo che si ripetano simili esperienze. Non sappiamo quanto starò in quel posto, ma sicuramente qualche anno, se non di più, è innegabile…”
“Già, – sospirò Mustang – in ogni caso conto di trasferirmi con gli altri a Central nel più breve tempo possibile: così una volta terminato il tuo compito avrai meno treni da prendere per ricongiungerti a noi e… signora, che piacere rivederla”
Già, a trentacinque anni suonati il generale Mustang non perdeva occasione per esercitare il suo grande fascino sulle donne, persino su Elisa. Con una perfetta mossa galante, baciò la mano della donna, provocando un lieve rossore sulle sue guance.
“Generale Mustang, – ridacchiò la donna – quando si deciderà a mettere la testa a posto pure lei? Eppure anche il Maggiore Havoc si è sistemato con Rebecca”
“E privare il gentil sesso della mia presenza. Oh no, signora: sono sicuro che perderei parte del mio fascino” e lanciò un’occhiata divertita prima a lei e poi alla sua assistente.
“Non è venuto Havoc?” chiese con impazienza Rey che aveva nel biondo soldato un grande compagno di giochi.
“L’hai salutato ieri, giovanotto – gli ricordò Falman con un sorriso – così come hai salutato il Maggiore Breda ed il sottotenente Fury”
“Appunto, - sottolineò Elisa – non credi di dover salutare anche il Generale ed il Tenente Colonnello”
“Va bene – annuì il bambino, mettendosi sull’attenti in modo estremamente preciso – e un giorno divento anche io soldato, promesso! Così ti posso aiutare, vero papà?”
Falman rimase abbastanza interdetto a quell’affermazione: non era la prima volta che Rey la faceva e il capitano si accorgeva che in quei momenti il piccolo non assomigliava né ad Elisa né a Vincent, ma a lui, quando credeva che diventare poliziotto fosse tutto quello che poteva desiderare.
Ma se c’era una cosa che Falman si era ripromesso era di essere presente nella vita dei suoi figli: Rey e Lisa non avrebbero mai dovuto provare il vuoto che aveva turbato così tanto la sua infanzia, quando i libri erano diventati un rifugio per le assenze di Vincent. No, per Rey sarebbe stato come per Alexis: se un giorno sarebbe entrato nell’esercito sarebbe stato perché era la cosa giusta per lui e non per la ricerca di un padre assente.
“Hai solo quattro anni, Rey – ridacchiò Riza, i capelli di nuovo corti come quando Falman l’aveva conosciuta – c’è tempo per decidere. Ed in ogni caso ci sono tanti modi di aiutare il tuo papà”
“Dici?”
“Ma certo – annuì la donna – Per esempio prendendoti sempre cura della tua mamma e della tua sorellina”
“Oh, ma quello lo faccio già”
Il rumore della locomotiva che avvisava l’imminente partenza del treno interruppe quei discorsi.
“Bene, - annunciò Elisa, prendendo la bambina dalle braccia del marito – io e i piccoli andiamo a prendere posto. Arrivederci generale, arrivederci tenente colonnello”
“A presto, signora” salutarono entrambi, con Mustang che diede un’arruffata di capelli anche al maschietto.
“Allora, capitano, - disse infine – mi chiami quando sarai a Central?”
“Certamente signore”
“Fai buon viaggio, mi raccomando, - salutò Riza, stringendogli la mano con affetto – ci mancherai in ufficio”
“Sono sicuro che terrà a bada la situazione come al solito, signora”
“Com’è quel saluto nel dialetto di North City, Falman?”
“Nichis tai, signore”
“Allora nichis tai, capitano Vato Falman. Ti aspetto nel momento in cui saremo in cima”
“Non mancherò signore, ne stia certo”
Perché Vato Falman non aveva alcun dubbio su chi avrebbe preso il comando di Amestris.
 
Rey dormiva già da qualche ora coperto dalla giacca di Falman, la testa bicolore posata sul grembo paterno, Lisa stava finalmente per cedere al sonno cullata dalle braccia della mamma.
“Crollata?” chiese Falman con un sussurro
“Sì, è crollata… - confermò lei, avvolgendo meglio la copertina attorno alla bimba e posandosi alla spalla del marito – cielo, quando finirà questa fase di poche ore di sonno alla volta sarà una benedizione. Il giorno che dormirà otto ore filate come Rey festeggeremo… ma per ora ho il terrore che lo stravolgimento per il viaggio e il cambio casa la terranno irrequieta e nervosa per settimane”
Falman sorrise a quell’esasperazione della moglie: Elisa era una madre meravigliosa ed i piccoli la adoravano, ma quando si lanciava in queste dichiarazioni era davvero fenomenale.
“Capito, Lisa? – fece il capitano – Tua madre è molto catastrofica in proposito… eppure stanotte chi ti ha cullato per ore è stato papà”
“E la notte prima io…”
“Ehi, signora Falman, che te ne pare?”
“Di cosa?”
“Di questi quasi vent’anni che stiamo assieme: era il 1901 e la guerra era appena scoppiata quando ci siamo dati il primo bacio. Otto anni da fidanzati e undici da sposati, non male direi”
“Non me ne posso di certo lamentare. – sorrise lei – Certo, me ne hai fatto passare di cotte e di crude e anche io ti ho dato i miei grattacapi, ma direi che funziona alla meraviglia, non credi? Specie ora che ci sono questi due folletti nelle nostre vite…”
“Che cosa pensi di così divertente?” le chiese Falman vedendo che ridacchiava
“Pensavo a quel bambino di dieci anni che pretendeva che i suoi compagni di classe giocassero a Palla Nera con le regole ufficiali che lui aveva imparato a memoria il giorno prima”
“Quella vecchia storia! – arrossì Falman – E poi sarei io quello dalla memoria perfetta… anche tu non scherzi”
“E ti ricordi come è andata a finire?”
Falman sorrise e le cinse le spalle con il braccio.
“Finì che la mia migliore amica mi chiese se conoscevo un gioco per due persone con regole abbastanza semplici che potesse esser terminato entro l’intervallo”
“E’ un gioco che sta durando un po’ di più dell’intervallo, – mormorò lei – ma devo dire che non sono per niente stanca di giocarci. E sai qual è la parte migliore?”
“Che le regole, in fondo, le facciamo noi”
“Esattamente”
Perché come una volta aveva detto Vincent, le regole del gioco sono le regole della vita.
  
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