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Autore: Moonage Daydreamer    26/10/2013    2 recensioni
Ero l'emarginata più emarginata dell'intera Liverpool: fin da quando era bambina, infatti, le altre persone mi tenevano alla larga, i miei coetanei mi escludevano dai loro giochi e persino i professori sembravano preferire avere a che fare con me il meno possibile, come se potessi, in uno scatto di follia, replicare ciò che aveva fatto mia madre.
(PRECEDENTE VERSIONE DELLA STORIA ERA Lucy in the Sky with Diamonds, ALLA QUALE SONO STATE APPORTATE ALCUNE MODIFICHE.)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Lennon , Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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She's Leaving Home.





1962

Guardai rapita il panorama. La notte era rischiarata dalle luci arancioni di Londra che brillavano sotto di me e che si avvicinavano sempre di più man mano che l’aereo atterrava.
Una volta all’aeroporto mi fermai a sbocconcellare distrattamente un panino accompagnato da una birra, poi presi il primo taxi che riuscii a trovare, senza neppure notare la quantità di gente che affollava le strade persino a quell’ora; mi feci portare alla stazione, dove riuscii appena in tempo a prendere l’ultimo treno per Liverpool. Non mi fu difficile trovare uno scompartimento vuoto, illuminato a stento.
Sospirai, stravolta dal viaggio e dalle emozioni.
Ero contenta di essere andata in Italia per visitare Verona, la città in cui era nata mia mamma. Avevo conosciuto e frequentato alcuni dei miei parenti, soprattutto i miei nonni e i miei cugini, che non erano male come avevo creduto. In particolare Ettore si era dimostrato amichevole, mi aveva presentata ai suoi amici, mi aveva insegnato qualche parola d’italiano e mi aveva mostrato la città, che era una delle più belle che avessi mai visto.Avrei voluto fermarmi ancora qualche tempo, ma ero stata costretta a tornare a casa.
Ingoiai un groppo alla gola e decisi di distrarmi leggendo qualche poesia di Budelaire.
Aprii la borsa per prendere il libro, ma, mentre rovistavo tra una quantità di cianfrusaglie ( tra cui c’era anche mezza bottiglia di birra avanzata dalla cena all’aeroporto),  le mie dita incontrarono per primo un foglietto di carta stropicciata.

Lo tirai fuori e lo rigirai fra le mani, mentre i miei occhi si riempivano di lacrime. Era stata quella la ragione del mio ritorno anticipato dall’Italia: una lettera che John mi aveva scritto da Liverpool. Ci misi un po’ prima di decidermi ad aprirla e a leggera un’altra volta.

Cara Anna,
tre giorni fa siamo arrivati da Amburgo e ho trovato solo ora il tempo di scriverti, scusa.
Quando siamo andati là come puoi immaginarti eravamo tutti esaltati all’idea di tornare in Germania.
Quando siamo arrivati alla stazione, però, c’era solo Astrid ad aspettarci.

Dopo averla salutata le ho chiesto dove fosse Stuart.
Lei mi ha risposto: “ Non c’è. E’ morto, John.”
Pensavo fosse uno scherzo, doveva per forza essere uno scherzo; così mi sono messo a ridacchiare.
Ma poi l’ho guardata negli occhi …
Il funerale sarà a Liverpool, tra due giorni, il tempo di trasportare il … Stu in Inghilterra.
Ti prego, torna a casa prima che puoi, ho bisogno di te.
Ti amo, ti amo, ti amo, e voglio passare la mia vita con te.
Tuo,
John.


Un’ennesima lacrima scivolò dalla mia guancia al foglio di carta, facendo sbavare l’inchiostro, unendosi a tutte quelle che io, e John prima di me, avevamo versato.
La asciugai in fretta e ripiegai la lettera ricacciandola in borsa in fretta e furia. La cosa peggiore era che non avevo potuto andare al funerale: la lettera era stata consegnata solo due settimane dopo la sua spedizione, e anche se appena letta mi ero precipitata in aeroporto, era ormai troppo tardi. Scossi la testa, come per scacciare quei pensieri,e aprii il libro di Boudelaire.
Arrivai a Liverpool che non era ancora giorno, e la prima cosa che feci fu andare al cimitero. Il cancello era chiuso, ma non mi scoraggiai. Lasciai la valigia in un angolo, poi mi arrampicai sul muro e lo scavalcai. Fu facile trovare la tomba di Stu, perché,  alla debole luce dei lampioni arancioni, spiccava un cumulo di terra smossa da poco.
Mi  sedetti lì di fianco, senza dire una parola, poi tirai fuori dalla borsa mezza bottiglia di birra; la alzai come per brindare e la feci sbattere delicatamente contro la pietra infissa nella terra.

- Alla tua, Sutcliffe. - dissi con un sorriso, poi bevvi un sorso e guardai il sole che sorgeva.

 

 
Mi tolsi le scarpe e mi sedetti sul molo di legno, lasciando che i piedi sfiorassero l’acqua del mare, giocando con gli spruzzi bianchi.
Io e Cynthia eravamo andate a farci un giro a Blackpool per festeggiare il mio compleanno e dopo un pomeriggio di giri per la città, avevamo deciso di fare un salto in spiaggia.
La mia amica si sedette di fianco a me e guardò avanti, assorta.

- Va tutto bene? - le chiesi - E’ da quando ci siamo incontrate che sei strana. -
Era la prima volta che uscivamo insieme da quando ero tornata, e non mi era sfuggito lo strano comportamento della ragazza.
- Io … sì, sto bene. - rispose lei, anche se era palese che pensava tutto il contrario.
- Avanti, vuota il sacco. - insistetti. - Lo sai che puoi dirmi tutto. -
Cyn abbassò lo sguardo e fissò le proprie mani strette sul grembo:- Sono incinta. -
SBAM! Pugno nello stomaco.
 - Ed è … di John? - boccheggiai.
- Secondo te? Certo che  è suo! - esclamò la ragazza scoppiando a piangere.
- Oddio, scusa, non volevo; è che … non me l’aspettavo. - mi affrettai a scusarmi. - E lui … -
Cyn trovò il coraggio di guardarmi negli occhi e di sorridere debolmente:- Ha detto che si assumerà le sue responsabilità. Ad agosto ci sposiamo. -
SBAM! Pugnalata in pieno petto.
Con le labbra che tremavano, abbracciai la mia amica, per non farle vedere la mia espressione.
- Sono così felice, Anna! - mormorò lei, ancora piangente, contro la mia spalla.
- Anche io. - mentii spudoratamente. - Davvero tanto. -
Non so come feci a mantenere il controllo su me stessa per il resto della giornata; probabilmente, man mano che crescevo diventavo sempre meno emotiva.
Durante il tragitto Cyn cominciò a raccontarmi
dei preparativi per il matrimonio e mi strappò la promessa che le avrei fatto da damigella; la accompagnai a casa, poi, invece di recarmi a Forthlin Road, andai da John. Bussai alla porta talmente forsennatamente che poco ci mancò che la sfondassi.
Quando John venne ad aprirmi sembrava sorpreso, ma mi sorrise.

- Ehi, non ti aspettavo. - disse tranquillamente, poi mi fece entrare.
- C’è qualche novità? - gli chiesi ostentando non-chalance ( cosa, peraltro, che mi riuscì proprio male). John però non se ne accorse o finse di non accorgersene.
- No, nessuna. - rispose.
Nella mia testa cominciai a formulare una serie di epiteti trai quali “bugiardo” era di gran lunga il migliore.
- Ne sei proprio sicuro? - domandai ancora, sedendomi rigidamente sul divano mezzo scassato.
- No, a parte quelle sul gruppo che ti ho già raccontato … Ehi, piccola, va tutto bene? -
Mi baciò il collo, ma mi scostai, imperturbabile.
- Sai, è molto strano. Ho parlato con Cynthia questo pomeriggio. -
- Oh … - mormorò lui sorpreso e io potei leggere chiaramente la colpa nei suoi occhi.
Mi alzai furente: - Congratulazioni, Lennon. -
- Aspetta! - mi fermò lui prima che potessi raggiungere la porta.
- Aspettare che cosa? - gridai. - Che tu abbia il tempo di raccontarmi qualche altra balla?! Ti amo, e voglio passare la mia vita con te … Ma vaffanculo! -
- E che cosa dovrei fare, secondo te? Sentiamo! - replicò John infervorandosi a sua volta. - Lasciare Cyn e il mio bambino a sé stessi? -
- Non ho mai detto questo. - ribattei. - Hai avuto sei giorni, John: sei fottutissimi giorni per venire a dirmi la verità e invece ho dovuto saperlo da lei; perciò adesso non venirmi a dire che sei un modello di responsabilità. -
Ci guardammo in cagnesco per qualche secondo, che diede ad entrambi l’occasione di sbollire un po’.
John si coprì gli occhi con una mano e si sedette di nuovo. Sembrava molto stanco e molto più vecchio.
- Senti, per favore, se solo noi … -
- Non c’è nessun noi, John, e non c'è mai stato, non è vero? Ci sei sempre stato solamente tu, e la tua puttanella personale. - dissi, senza tuttavia alzare la voce.
Lui mi fissò. 
Un’amara risata uscì dalle mie labbra:- Cosa c'è? Hai pensato davvero che dopo questo le cose fra noi avrebbero potuto continuare indisturbate per altri tre, quattro anni? -
- Ci ho sperato. -
- E ciò dimostra che sei un egoista.- dissi in tono piatto, poi mi voltai e uscii.
Facevo fatica a respirare, avevo il petto come schiacciato da un grosso macigno, e ciononostante cominciai a correre attraverso i campi da golf fino ad arrivare a Forthlin Road.
Superai la casa di Paul e fui sfiorata dall’idea di fermarmi da lui, ma, come c’era da aspettarsi conoscendo il mio amico, lui era già davanti al cancelletto di casa mia.
Come mi vide mi corse incontro e senza dire una parola mi prese tra le braccia.

 

 
I mesi trascorsero velocemente e agosto arrivò prima di quanto mi aspettassi. Più il tempo passava più riuscivo ad essere sinceramente felice per Cyn, che sembrava sbocciare come un fiore.
Mi era piuttosto facile, in realtà:  non vedevo John praticamente mai, con la scusa che lui era impegnato insieme agli altri a preparare il successo dei Beatles, e quelle rare volte in cui dovevamo passare del tempo insieme c’era anche la sua promessa sposa, e le nostre conversazioni si riducevano al minimo, anche perché facevo di tutto per evitare il ragazzo.

Più si avvicinava il matrimonio, tuttavia, si avvicinava anche il momento di mettere in pratica ciò che avevo deciso. Era stato difficile, ma ne avevo parlato sia con James che con Elisabeth ed entrambi, se pur da una parte addolorati, dall’altra erano felici per me.
Quando arrivò la notte prima delle nozze, non riuscivo a rendermi conto di quello che sarebbe successo da lì a dodici ore.
Avrei dovuto essere all’addio al nubilato di Cyn, ma avevo finto di stare male: non avevo la benché minima voglia di sopportare lei e le sue amiche petulanti che ogni due per tre si lanciavano in gridolini estasiati. La mia amica era stata dispiaciuta, ma alla fine non me ne importava granché.

Osservavo la stanza del mio piccolo appartamento nel quale mi ero trasferita da qualche anno, senza riuscire ad addormentarmi. Sotto il mio letto Frency russava debolmente.
Avrei voluto avere l’impulso di piangere, gridare, prendere a pugni un cuscino, ma non sentivo niente.

Devi dirglielo, Anna” pensavo tra me e me, ma subito mi rispondevo: No, non devi; non gli devi nulla.
Guardai fuori dalla finestra; la strada era deserta e le fronde degli alberi erano leggermente scosse dal vento.
Cominciavo a sentirmi agitata. Scommettevo che non fosse stato un caso se Paul si era lasciato scappare alcune informazioni su quali sarebbero stati i loro piani per quella sera.
Sbuffai e guardai la sveglia. Erano le due del mattino.
Mi alzai dal letto e cominciai a vestirmi. Frency si svegliò subito e cominciò a scodinzolare, sperando in una passeggiata in notturna.
- Scusami, bello, ma vado da sola. -
Uscii dall’appartamento e chiusi la porta a chiave, quindi scesi in strada.
Era davvero una notte piacevole: la luna era alta e piena e la sua luce proiettava giochi di ombre sull’asfalto.
Camminai in silenzio, percorrendo una strada che i miei piedi conoscevano molto bene.
Che cosa gli avrei detto? Come avrebbe reagito?

Arrivai a casa di John e indugiai davanti alla porta. Qualcuno stava suonando la chitarra; riconobbi lo stile di Paul. Avrei potuto ancora tornare indietro, se avessi voluto.
Devi dirglielo.” continuavo a ripetermi. “Prima lo fai e meglio è.
Bussai lentamente alla porta. John venne ad aprirmi.
- Posso entrare? - chiesi prima che lui potesse dire una parola.
Si scostò dall’uscio ed entrai nel salotto, pieno di fumo di sigaretta. Paul era seduto sul divano e strimpellava un blues con la chitarra di John.

Questi mi guardava, sorpreso.
- Che ci fai qui?- mi chiese.
Il Macca  si schiarì la voce:- Bene, io devo andare. Ci vediamo, John. -
Mi passò a fianco e mi posò la mano sulla spalla, sorridendo dolcemente. Poi, un secondo dopo, raggiunse la porta e uscì.
John stava per dire qualcosa, ma lo precedetti.
- Sono venuta solo a salutarti. - dissi. - Subito dopo il matrimonio me ne vado. -
Il ragazzo era ancora più confuso di prima:- Che significa?-
- Che mi trasferisco. In Italia. - risposi d'un fiato.
- Perché?-
Scoppiai in una risata isterica:- Ho vent'anni ormai, sono senza un titolo di studio e non ho idea di quello che farò nella mia vita. -
- Ma perché proprio l'Italia?- esclamò John - Perché non ti va bene Liverpool, o Londra? -
- Mi piace l’Italia, Verona è bellissima e voglio conoscere meglio i miei parenti. Non credo che tornerò in Inghilterra. -
Il ragazzo emise una specie di ringhio:- Cos'è tutta quest'improvvisa voglia di riscoprire le tue radici italiane?-
- Pensavo avessimo chiarito questo punto. - sbottai.
John mi guardò, con il volto trasfigurato dalla rabbia e dallo sconcerto.
- Stai rompendo con me? -
- E secondo te che cosa ho fatto il giorno del mio compleanno?! - replicai.
- Sicura che sia questo che vuoi davvero, piccola Anna? Un distacco che potrebbe essere definitivo?-
- Spero proprio che lo sia! - ringhiai. - Non ne posso più di vederti e di sopportarti. Devo allontanarmi da te. -
- Mi avevi promesso che non mi avresti lasciato! - esclamò, tirando un pugno contro la parete.
- Ma ti rendi conto di quello che stai dicendo, di quanto sei egoista? C'è solo John Lennon nella tua vita, vero? John, John, John! E' stato quattro anni fa ! Quattro anni fa. Cristo! E' da quattro anni che sono costretta ad amarti in segreto, senza poter correre dalla mia migliore amica per dirle quanto sono felice quando sono con te. Hai idea di quello che ho provato durante questi anni per stare dietro al tuo ego?-
- Non ti ho mai chiesto di farlo, fino a prova contraria! - gridò serrando i pugni tanto che le nocche gli diventarono bianche. Non riuscii a capire se si stesse trattenendo dal tirare un altro pugno alla parete o a me. La cosa mi fece infuriare.
- No, ma non mi hai nemmeno mai detto di starti lontano! - urlai a mia volta. - Devo andarmene, il più lontano che posso. -
- E questo che significa? - chiese il ragazzo stringendomi il braccio.
- Che sono stanca! Stanca di fingere, stanca di non poter mai abbassare la guardia... stanca di te!-
Mi strinse contro il suo petto e cercai in tutti i modi di divincolarmi, ma non ci riuscii. Cominciai a colpirgli la spalla.
- Lasciami, Lennon! Sei solo un bastardo egoista! Lasciami, ho detto! Io ti odio, ti odio! -
Scoppiai in un pianto isterico e mi aggrappai alle sue spalle con tutte le mie forze.
John lasciò che mi sfogassi, tenendomi stretta a lui, poi cominciò ad accarezzarmi la schiena, per cercare di calmarmi. Mi baciò i capelli, sussurrando piano il mio nome.
Quando ebbi calmato i singhiozzi, sollevò il mio mento e sorrise dolcemente.
Si chinò su di me e baciò via le mie lacrime.

- Ti amo. - sussurrai.
- Sbaglio o siamo poco coerenti, questa sera?- disse lui.
Sorrisi e chiusi gli occhi mentre lui mi baciava.
Trascorremmo la nottata insieme, stretti l’una all’altra, in silenzio, perché ogni parola sembrava superflua; ci unimmo, appena prima dell’alba, con la disperazione di due corpi e di due anime che sapevano che probabilmente non ci sarebbe stata una prossima volta.
Infine, quando ormai il sole stava per sorgere, John si addormentò.
Rimasi a lungo a guardarlo mentre dormiva. Sembrava un bambino, con le palpebre abbassate e la bocca socchiusa che gli conferiva un'espressione angelica. Pareva così indifeso, come se la parte più nascosta della sua anima fosse riuscita ad aprirsi un varco sino alla superficie.

Mi morsi un labbro: mi ero ripromessa di non piangere. No, non avrei pianto mai più per John Lennon.
Delicatamente, spostai il braccio che ancora mi cingeva il fianco e lo appoggiai tra le lenzuola. Gli baciai la fronte.
- Ti amo, Johnny.- sussurrai, poi mi alzai e mi rivestii in fretta, senza far rumore.

 

 

___________________________________

Hola, gente! Lo so, questo capitolo è una mazzata psicologica …
Però andava fatto: insomma, non potevo tagliare la morte di Stu, e in qualche modo dovevo fare in modo che Anna se ne andasse … il perché lo scoprirete presto
.

Weasleywalrus93: guarda, ormai ci ho rinunciato, a non dare segni di squilibrio mentale … In effetti avevo pensato di inserire la scena del preservativo, poi però mi sono accorta di non essere molto ispirata, così ho lasciato perdere. (Però, magari, in futuro … non si sa mai)

Cagiu_Dida: Sì, forse sono stata un tantino crudele ad annunciarvi l’imminente fine così... Spero di farmi perdonare con i prossimi capitoli!

Saradepp: purtroppo sì, le vicende si sono avviate al termine, però non è ancora finita, quindi alla prossima!


Peace n Love.

 

 

  
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