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Autore: 0gattomiao    26/10/2013    2 recensioni
è una multidrabble incentrata (più o meno) su una battaglia.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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SFACCETTATURE



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La guerra è iniziata. Dalla collina si vedono come due maree opposte onde di fanti scontrarsi, riempendo l'intero orizzonte, il cozzare delle armi sovrastato dalle trombe il cui suono tenta di far diventare una farsa la tragedia voluta dall'avidità di due re.
Nel cielo i draghi si affrontano nella danza mortale, per alcuni, per molti, per troppi sarà l'ultima. Nel mezzo dell'inferno si staglia il colle e su esso si erge solitaria la figura di un generale.
L'armatura ammaccata e opaca fa intravedere solo gli occhi dell'uomo: due pozze stanche, sottomesse; specchi opachi arresisi a seguire la follia del destino.

 

***

 

L'abbraccio in cui erano intrecciati si sciolse, negli occhi di entrambi un lamento silente.
L'uomo s'allontanò sulla strada, passo dopo passo, lo sguardo affaticato fisso dinanzi a sé.
La donna rimase sul ciglio, gli occhi ancorati all'amplia schiena. Spalle pronte a caricarsi la responsabilità di un'unione, di una famiglia; i corti ricci bruni, che tanto spesso aveva accarezzato languida tra le lenzuola, accarezzati ora dalle folate fredde che lo portavano lontano da lei: fosse maledetto, quel vento putrido di guerra!
Lo sguardo fisso su lui, quasi a volergli incidere con la propria volontà un urlo silenzioso: Torna. Torna. Ritorna da me!

 

***

 

I Soffi nel cielo guardavano la landa con occhi indifferenti ai dolori terrestri, loro seguivano la propria musica, l'inseguivano nell'azzurro lasciando a lei la scelta della direzione, si coalizzavano e si scioglievano in nuvole e ventate. Carovane nel firmamento, la loro unica meta: seguire il Flusso, la Melodia gorgogliante che da vita ai loro viaggi senza arrivo né scopo se non il fluire continuo e costante.
Solcavano il cielo, la loro unica consapevolezza era l'eternità di quella danza ancestrale coinvolgenti i Soffi, le nuvole e il vento.
 Con un ultimo refolo abbandonarono quei campi sanguinanti verso un altro, eterno, viaggio.

 

***

 

Il respiro gli sfuggiva a rantoli dalle labbra, i viticci che aveva per capelli, un tempo floridi di lussureggianti fiori, ormai marci e putridi. Abbandonato sul terreno arido annaspava, il suo tempo agli sgoccioli. Aveva dato tutto se stesso a quella landa, a quei mortali. E i loro passi gli avevano scavato l'essenza trascinandoci dentro la morte. Troppo sangue versato, da esso l'oblio si era sentito attratto calando sulla sua terra, che ormai altro non era che una landa desolata.
Chiuse gli occhi e rassegnato spirò.

 

***

 

Gli occhi scintillanti di perversa passione risaltavano sulla pelle scura, quasi un intreccio di sfumature d'ombra. Attratto dall'essenza malata di quella terra, una malia che decantava l'oblio, si era condensato in forma umanoide sulla collina che come lapide dominava la pianura.
A vegliare sulle lande non vi era alcuno Spirito, il caos rimbombava nell'aria con echi vuoti, vacui. Cadaveri putrescenti a migliaia, ma niente di vivo a divorarli.
Niente di vivo nell'intera steppa di un giallo smorto.
Ma il mondo non accetta vuoti.
La risata crepò il silenzio, ghignante e rauca.
Se la sarebbe presa, quella landa; strappandola al vuoto l'avrebbe colmata con la propria corruzione dandole una nuova, contorta vita.

 

***

 

Un attimo, un momento fuggevole in cui la Sua coscienza si risvegliò dalle coltri del Sonno.
Su Lei, sul Suo corpo solido e immenso, le esistenze di miliardi di esseri nascevano e si concludevano, mentre dal profondo del Suo Sonno le percepiva appena. Eppure in minuscole frazioni della Sua esistenza a volte avvertiva i fuggevoli vuoti creatisi come risultato delle azioni di quei piccoli che su Lei vivevano. Come in quel momento. E come sempre, tempo di realizzare questi spazi incongrui che già erano svaniti riempiti da altro, pacificando la sua coscienza.
Un attimo, un sospiro, e il Sonno la rapì nuovamente.



 

  
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