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Autore: Peggotty    14/04/2008    5 recensioni
[Riveduto il capitolo 7] Inghilterra 1755, dieci anni dopo la Sommossa giacobita. Il Signore di Allenton è un uomo ricco, potente, oroglioso e crudele; un'orribile ferita riportata a Culloden gli deturpa gran parte del viso, adesso nascosto da una maschera. Nessuno sa come sia quella ferita, ma c'è chi sostiene ricopra gran parte del suo viso adesso deforme. Alcuni sostengono persino che Lord Cumbrae sia impazzito dal dolore causato da quelle cicatrici e dall'orrore che i suoi occhi hanno visto a Culloden. E' una figura avvolta nel mistero, ma nessuna persona normale vorrebbe incrociare il suo stesso cammino.
La giovane Madelaine è appena divenuta la sua sposa, e il solo pensiero che quell'uomo sia suo marito basta a spaventarla a morte...
Genere: Avventura, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
Capitoli:
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Note dell’autrice: grazie mille per essere state così tante a commentare

Note dell’autrice: grazie mille per essere state così tante a commentare. Sinceramente non credevo che questa storia potesse riscuotere un simile successo, soprattutto perché già la sezione ‘Originali’ di per sé non è molto frequentata (almeno credo), ho pensato che nemmeno un racconto storico avrebbe potuto raccogliere un successo sufficiente… invece sbagliavo! XD

   La storia è nata senza un motivo particolare e senza troppe pretese, ma sono felice che sia stata apprezzata!

In particolare, ringrazio le sei meravigliose persone che hanno deciso di commentare il primo capitolo: energia pura, oriway yume, barbarizia, la mia adorata Padme, arcobaleno e infine Roby.   

  Vi ringrazio per i complimenti, riguardanti soprattutto il mio modo di scrivere, credetemi, è sempre un piacere sentirselo dire, soprattutto quando ti fai un mazzo tanto per scrivere qualcosa di decente e scorrevole al tempo stesso! Questa storia non è complicata e non ha nessun particolare scopo, come ad esempio vincere il Nobel per la scrittura, o che so io… eppure è stato un vero travaglio trasportarla dalla mia testa alle pagine virtuali di Word, e credetemi se continuo a ripetere che è una gioia sentirsi lodare per il proprio modo di scrivere!XD

 

  Prima di cominciare, di tengo a rispondere alla domanda di barbarizia.

Mi dispiace, ma non ho letto molti romanzi storici: ‘La figlia del matematico’ (Kinsale), ‘Un’estate da ricordare’(Balogh) e ‘La saga di Claire Randall’(Gabaldon) e ‘Uccelli da preda’(Smith)

Ecco, questi sono tutti i romanzi a tema storico che ho letto fino ad ora; mi piacciono un sacco e vorrei leggerne tanti altri in futuro, ma non ho mai sentito nominare questa Woodiwiss, sorry -_-‘

  Ho impiegato un bel po’ di tempo ad aggiornare, ma spero che il capitolo scritto possa risollevarvi il morale per questa lunga attesa. Al prossimo aggiornamento.

          

 

                                                                                                           

                                                                                               Redarcher

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

II

 

 

               

Litha (1)

 

 

giugno,

 alcuni giorni prima di Litha

 

 

 

Dieci paia di occhi erano puntati addosso a me, come se fossero stati degli spilloni; osservavano con attenzione ogni mio gesto o accenno di movimento, erano perfettamente concentrati anche su come muovessi le labbra mentre parlavo.

  << ‘ No, mia cara Bestia’  >>, dissi con dolcezza, volendo imitare una voce carezzevole e suadente, << 

‘ voi non morirete’ , le disse la Bella. ‘Voi vivrete per diventare mio sposo: da questo momento io vi do la mia mano, e giuro che non sarò d'altri che di voi...’
Appena la Bella ebbe pronunziato queste parole, ecco che tutto il castello appare risplendente di lumi: i fuochi di artifizio, la musica, ogni cosa annunziava una gran festa. Ma queste meraviglie non incantarono punto i suoi occhi: ella si voltò verso la sua cara Bestia, il cui pericolo la teneva in tanta agitazione. E quale fu il suo stupore! La Bestia era sparita, ed essa non vide ai suoi piedi che un Principe bello come un amore, il quale la ringraziava per aver rotto il suo incantesimo. Sebbene questo Principe meritasse tutte le sue premure, ella non poté stare dal chiedergli dove fosse la Bestia.
<< ’Eccola ai vostri piedi’, le disse il Principe, ‘una fata maligna mi aveva condannato a restare sotto quell'aspetto finché una bella fanciulla non avesse acconsentito a sposarmi, e mi aveva per di più proibito di far mostra di spirito. Così in tutto il mondo non ci voleva che voi, per lasciarsi innamorare dalla bontà del mio carattere: ed offrendovi la mia corona, non posso sdebitarmi del gran bene che mi avete fatto.’ >>
Simulai un gesto aggraziato con la mano, come se avessi voluto porgerla ad un cavaliere immaginario, magari quello della fiaba… (2)

  << Eh? ma finisce così? >> chiese Lloyd il figlio del fattore, particolarmente deluso da come si era conclusa la fiaba. L’amico seduto accanto a lui annuì, si passò la mano sporca sotto naso, lasciando così uno sbafo di sporco sotto il setto nasale.

   << Io pensavo che la Bestia fosse morta! >> esclamò contrariato e irritato: sarebbe stato più contento se la storia fosse finita in una valle di lacrime. Uomini, ha!

  La sorella di Lloyd, Mary, fulminò il fratello minore con lo sguardo e lui sussultò paurosamente, facendosi poi piccolo piccolo, come se avesse voluto sparire. Mary prese tra le mani i lembi della mia gonna e li strattonò dolcemente, come a voler richiamare la mia attenzione.

   << E poi cos’è successo? >> chiese affascinata.

Le sue due amichette si avvicinarono ancora di più, palpitanti come non mai per sapere la fine; sorrisi a ognuna della bambine e poi raccolsi alcune falde della mia rozza gonna color ruggine, roteai appena su me stessa e le mie gonne turbinarono assieme a me.

  << Alla fine della favola, la Bella e il Principe di sposano, e… >>

<< E vissero felici e contenti. Per sempre. >>

Una voce anziana mi riportò bruscamente alla realtà, strappandomi via il mio meraviglioso sogno. Mi girai e il volto rugoso e gioviale di Mr Duncan, il libraio, mi portò a sorridere a mia volta a quel volto da furetto con il naso all’insù, il sorriso buono e accondiscendente come solo un nonno poteva avere.

   << Ancora con quella favola, Maddy? >> mi chiese, senza smettere di sorridere, a me e ai bambini.  

Io e le altre bambine sorridemmo assieme. << È la mia preferita, signore! Di tutte le favole che conosco, questa è di sicuro quella che mi è più cara! >> esclamai estasiata, senza a contenere l’ondata di piacere che sentivo sbocciare dentro al mio petto.

  << Adoro questa favola, Maddy! >> esclamò trasognata la piccola Elsie, di soli cinque anni.

Tesi le mani verso di lei e la presi in braccio, stringendola forte. << Anche a me piace Elsie >>, dissi con dolcezza, guardando negli specchi azzurro chiaro di quella bambina.

  Mi guardò per qualche istante con esitazione, come se non fosse sicura di qualcosa, poi vidi le sue guance paffutelle arrossarsi leggermente, mi lanciò un’altra occhiata esitante, e poi mi domandò: << Pensi che anch’io, un giorno, sposerò un bellissimo principe? >> le sue guance si fecero ancora più rosse e  poi si schermò il visetto con le manine cicciotelle, come se si vergognasse profondamente. 

   Ridacchiai divertita, ma la strinsi più forte. << Certo che sì, Elsie! Ad ogni fanciulla è destinato un magnifico principe, quindi anche tu lo sposerai, ne sono sicura. >>

Elsie mi guardò dritta negli occhi per qualche secondo, quasi stesse controllando se mentivo oppure se ero sincera, ma poi un largo sorriso comparve sulle sue labbra infantili e rise allegra.

   << Maddy. >>

La comparsa di Elisa mi colse di sorpresa, e nel contempo mi rammentò che eravamo venute al villaggio: la festa di Litha si sarebbe tenuta la settimana successiva  e io avevo accompagnato mia sorella al villaggio per fare qualche acquisto in vista di quel giorno; né Erial né Fletcher avevano il tempo per farlo a causa del loro lavoro, Papà si stava ancora rimettendo dal raffreddore che lo aveva colpito qualche settimana prima, perciò restavo solo io. Senza che se ne accorgesse, mi ero allontanata da lei ed ero giunta alla piazza del villaggio, dove al centro di essa era posta una piccola fontana dove era possibile attingere l’acqua, ed era un luogo di ritrovo per donne e uomini. Lì avevo trovato Mary e gli altri bambini, i quali mi avevano supplicato di raccontare loro una favola; li avevo accontentati, ma adesso che Elisa mi aveva trovata non avrei potuto raccontarne altre. Non riuscivo a comprenderne il motivo, ma a mia sorella non piacevano le favole: storie di bestie che si trasformano in principi, ragazze che dopo aver perso una scarpetta poi trovano il loro amore nel principe…

  Magia, sentimenti, romanticismo… nonostante mia sorella avesse trovato l’amore della sua vita – o almeno così credevo – in suo marito, perché non poteva pensare che le favole potessero essere vere?

    I suoi occhi si strinsero nel guardare me, ma credo che solo io riuscii ad accorgermene, con un gesto leggero delle dita di mise un ricciolo dietro l’orecchio e mi vece un breve cenno con la testa. << Coraggio, Maddy. È ora di tornare a casa. >> Accennò a qualche passo.

  << No, Maddy! >> la piccola Elsie mi afferrò per i capelli, facendomi anche male, mentre Mary e la sua amichetta mi afferrano la gonna, tutte e tre mi guardarono con occhi grandi e supplichevoli. << Devi per forza andare? >> chiesero imploranti, come se con quel gesto le stessi offendendo tutte e tre.

Non risposi subito: lentamente posai a terra Elsie, sorrisi alle bambine.

   << Sì, purtroppo. >>

Le bambine abbassarono la testa remissive, stringendo con forza le proprie rozze gonne.

  << Ma alla festa ve ne racconterò tante altre >>, aggiunsi, con un sorriso rivolto a tutte e tre.

Mary alzò la testa con uno scatto rapido, rinfrancata dalle mie parole. << Dici sul serio? >> chiese.

  << Certo. >>

<< Per tutta la notte? >> chiese speranzosa la piccola Elsie.

Feci una piccola smorfia. << Diciamo… finché non sarà ora di andare a dormire, d’accordo? >>

  << D’accordo! >>

 

 

*

 

 

 

  << Non avresti dovuto farlo. >>

Guardai Elisa con tanto di occhi, sorpresa e confusa.

  << Cosa? Cosa non… avrei dovuto fare? >>

Il passo di mia sorella era un po’ più lento del mio a causa della gravidanza ormai avanzata, tuttavia apparte il fiato un poco affannato, non sembrava essere per niente stanca.

Elisa girò la testa per guardarmi negli occhi: delusione, rammarico, rimprovero, potevo leggere questo in quegli occhi verde chiaro. Increspò leggermente le labbra, e poi mi rispose.

Chiuse gli occhi con lentezza, come se fosse improvvisamente stanca. << Non raccontare più favole ai bambini, Maddy. È un favore che ti chiedo. >>

  Nonostante io ed Elisa fossimo praticamente sempre in contrasto a causa delle nostre convinzioni, non mi capitava quasi mai di contestare ad alta voce il suo pensiero, anche se non lo condividevo, era pur sempre mia sorella, ed era più grande di me, perciò non mi sarei mai nemmeno sognata di discutere le sue parole; eppure quel giorno…

  << Perché? >> chiesi, parlando con voce più acida di quanto volessi realmente.

Aggrottò le sopracciglia bionde contrariata, ma non mi negò la risposta. << Non voglio che tu illuda quelle bambine. La vita è già difficile di per sé, e non è con le bugie che renderai la loro migliore. >>

  << Non sono bugie! >> obbiettati nuovamente io, più contrariata che mai. Strinsi con forza i pugni, appiattendoli con forza contro i fianchi. << Non lo sono… >>

  Elisa scosse la testa rassegnata, e mi fulminò con il verde dei suoi occhi. << Non farlo mai più. Punto e basta. >>

  << Ma, Elisa… >>

<< Maddy! >>

L’urlo sgraziato di Fletcher mi fece sobbalzare brutalmente, impedendomi di terminare ciò che volessi dire a Elisa. Mia sorella sorpassò lentamente mio fratello, uscito fuori di casa per venirci incontro.

  Mi venne incontro e posò la sua mano enorme sulla mia testa, come se stesse consolando una bambina piccola. Lo guardai storta e cercai di appioppargli un bel calcio nello stinco, ma lui senza smettere un secondo di fare lo stupido si scansò di lato. << Una volta mi freghi, la seconda però no, Maddy! >>

  Cercai di allontanarmi, ma lui con le braccia mi prese e mi sollevò di peso, facendomi ondeggiare pericolosamente. Gridai allarmata. << FLETCHER, SMETTILA! >> urlai isterica.

Solo quando Papà uscì anche lui di casa e guardò storto il figlio maschio primogenito, allora Fletcher si convinse a lasciarmi andare. Mi allontanai con rapidità da quella bestia, guardandolo di sbieco, come se fossi stata pronta a morderlo, in caso di necessità.

   << Si può sapere che ti prende? E poi, perché non sei nei campi con Erial? >>

Senza smettere un attimo di sorridere radioso, Fletcher scrollò indolente le spalle. << L’ho saputo, sorellina! >>

  Lo guardai sorpresa, aggrottando perplessa le sopracciglia. << Che cosa? >>

Si passò le mani tra i capelli castano chiaro, mentre i suoi occhi chiari sembravano danzare, tanto era di buon umore. << A quanto pare Will MacLeod ti ha chiesto di danzare assieme a lui, alla festa di Litha! >> sorrise malizioso, come se sapesse cose di cui io ero completamente all’oscuro.

Bastò il semplice nominare Will, e il mio viso sembrò andare in fiamme per l’imbarazzo; abbassai la testa, improvvisamente timida.

  << Allora è vero! >> esclamò lui entusiasta.

Lanciò un urlo esultante e cercò di afferrami di nuovo, ma io mi scansai prontamente. << Stai alla larga! >> gli intimai.

   Lui si allontanò non senza però continuare a ridacchiare ed esultare come se fosse completamente impazzito. Sconcertata guardai Papà. << Ma che gli prende? >> indicai mio fratello.

 Papà scosse lentamente la testa, sospirando. << Se il figlio di MacLeod ha invitato te, di conseguenza, – o almeno così pensa quella testa di legni di mio figlio – pensa che se William è impegnato, potrà invitare alla festa la figlia di Dursley. >>

Dovetti fare una smorfia, perché anche Papà annuì in un gesto di assenso, come se avesse voluto darmi ragione. Nonostante avessi solo sedici anni e fossi considerata ancora una bambina, ero abbastanza intelligente da capire che mio fratello, in quanto a donne… avesse davvero un pessimo gusto. Non che Agnes Dursley fosse una brutta ragazza, questo no!

Volendo essere sinceri, per avere solo due anni in più di me era cresciuta davvero in fretta: i capelli rosso fuoco si dividevano in morbidi boccoli lunghi fino alla schiena, gli occhi azzurri avevano la forma leggermente allungata, dandole un aspetto seducente e accattivante; uno sguardo da gatta, in poche parole. Se si contavano i bei lineamenti del viso e quei capelli simili a lingue di fuoco, si poteva dire fosse una bella ragazza, ma bastava aggiungere il seno procace costantemente messo in mostra, le labbra piene e rosee come rose in fiore, i fianchi larghi e perfetti – una fattrice perfetta, insomma –… se il viso e i capelli erano di per sé un buon elemento di bellezza, con quelle piccole aggiunte diveniva un bocconcino appetitoso per quasi tutti gli uomini di Ipswich!

   Non conoscevo i gusti di Will, ma ero certa che nemmeno lui era indifferente al fascino di Agnes… e questo mi faceva male. Tanto male.

Scossi brevemente la testa, allontanandomi da quei pensieri deprimenti, e concentrandomi su Fletcher.

  << Pensi che Agnes accetterà di ballare assieme a te? >> domandai dubbiosa.

Non che la figlia di Dursley avesse qualche motivo per rifiutare la corte di Fletcher, in fondo anche mio fratello, nonostante avesse il cervello di una gallina, era di bell’aspetto, e tanto bastava; per una come Agnes, se non altro.

   Fletcher gonfiò il petto largo e mascolino con fierezza e la rozza camicia – una volta bianca – si modellò attorno ad esso, i bottoni sembravano pronti ad esplodere da un momento all’altro…

  << Ho capito, ho capito! Adesso smettila però! >> gli intimai severa.

Ridacchiando divertito si passò la grossa mano tra i capelli biondo castano, dandosi un’aria quasi da dandy. << Dico, vuoi scherzare? Con un viso e un corpo così, chi mai mi rifiuterebbe? >>

Alzai gli occhi al cielo, sospirando. << Già… chi sarebbe così pazza? >> dissi debolmente.

Mi guardò in tralice e poi mi diede una portentosa pacca sulla testa, io mi allontanai quasi subito, guaendo dissentita. << Ma che…? >>

 Sorrise radioso. << Vedrai, Maddy. Andrà tutto bene! >>   

Sulle prime non capii il senso di quelle parole, e non vi diedi peso. Non immaginavo neanche lontanamente che, da lì a poco, sarebbe tutto cambiato.

 

 

*

 

 

 

  << Ma non sei ancora pronta? >> Elisa sbuffò spazientita, guardandomi con occhi severi.

La guardai nel riflesso dello specchio rotto che c’era nel salotto e strinsi gli occhi, guardandola di sbieco. << Lo sarei se questi dannati capelli stessero al loro posto, una volta tanto! >> sbottai infastidita mentre, con la spazzola, cercavo di pettinare quei ricci ribelli, senza riuscirci minimamente.

Ero praticamente pronta per uscire, con il mio nuovo vestito giallo con un fiocco arancione in vita che gli dava un’aria graziosa e quasi civettuola, il pizzo che vi avevo aggiunto io sulla scollatura, in modo che non fosse troppo evidente… mi sentivo bellissima e a mio agio nel nuovo vestito, e quei dannati capelli invece…

Con uno scatto d’ira improvvisa gettai la spazzola a terra, la quale rimbalzò sul pavimento di legno e scivolò lontana da me; mi coprii il viso con le mani ed iniziai ad emettere singulti di rabbia e tristezza, ma non stavo piangendo; ero troppo arrabbiata per farlo!

Un paio di mani gentili iniziarono ad accarezzarmi i capelli, passando le dita affusolate e femminili tra quei riccioli aggrovigliati, tirandoli appena e facendomi trattenere un’esclamazione di fastidio, le dita poi furono sostituite dalla spazzola che Elisa evidentemente aveva recuperato.

   Mia sorella mi guardò nel riflesso dello specchio incrinato. << Non dovresti comportati in modo così infantile, lo sai >>, la sua mano stringeva saldamente la spazzola, e questa scivolava senza problemi sulla mia testa, accarezzando e sciogliendo anche i boccoli più ostinati. << Rimarrai una zitella per tutta la vita, se non decidi a correggere questo tuo caratteraccio, Maddy. >> Mi sembrò si scorgere un sorriso sul suo viso. << Sei stata già fortunata ad essere invitata a danzare dal giovane MacLeod, non fare niente di compromettente, d’accordo? >>

Non riuscii a non arrossire per l’imbarazzo. << Che… che vorresti dire? >> biascicai impacciata.

Elisa mi tirò l’orecchio e io emisi un gridolino sorpreso. << Nel senso che non devi mostrargli quanto sei scorbutica e ostinata! >> disse severa.

   << Se dovesse puntare gli occhi su un’altra ragazza, Dio ce ne scampi, dovremo sorbirci questa sorellina ostinata per chissà quanto altro tempo! >>

La voce di Fletcher impedì ad Elisa di finire la sua frase. Entrambe ci girammo a guardare nostro fratello, appena comparso sulla soglia della mia stanza. Io lo fulminai con lo sguardo, mentre Elisa annuì dandogli ragione. << Proprio quello che volevo dire io, fratello. >>

   << Adesso basta! >> con uno scatto nervoso mi alzai dalla sedia sbilenca sulla quale ero seduta e feci per uscire dalla stanza, ma mia sorella mi bloccò afferrandomi per un braccio. << Aspetta, Maddy. Non ho ancora finito con te. >>  

Senza che potessi dire nulla, Elisa mi fece riaccomodare sulla sedia e mi diede qualche altro colpo di spazzola, lisciando ancora un po’ i capelli.

Alla fine la sentii armeggiare un po’ con i miei riccioli, modellandoli fino a formare una treccia lunga e morbida, che fermò con un nastro giallo.

  << Lo usavo sempre a legarmi i capelli quando indossavo questo vestito, è giusto che lo faccia anche tu. >>

Mi guardai nello specchio che, a causa del vetro rotto rifletteva la mia immagine in modo vagamente sproporzionato e sbilenco, concentrata su quella punta di colore che i miei capelli castani adesso avevano, le mie guance si fecero poco a poco più calde e, imbarazzata, abbassai la testa, mormorando un ringraziamento a mia sorella. Elisa mi posò la mano calda e materna sulla spalla e la strizzò leggermente. << Non c’è di che. >> 

 << Pensate di essere pronte, oppure dobbiamo aspettare l’anno prossimo? >> con un ghigno divertito, anche Erial entrò nella mia stanza. Risposi sia a lui che a Fletcher con una linguaccia. << Adesso arriviamo! >>

 

 

*

 

 

  Quando arrivammo al villaggio la festa era già bella che iniziata.

Flauti e violini erano intenti a suonare una musica festosa e allegra, mentre uomini e donne di tutte le età erano avvolti in un turbinio allegro di colori al ritmo degli strumenti, il sole veleggiava ancora nel cielo, non era ancora pronto a cedere il posto alla luna, in fondo Litha era la notte più breve di tutto l’anno!

   << Maddy, Maddy! Sono qui! >>

Sentendomi chiamare girai la testa in direzione della voce femminile che stava richiamando la mia attenzione. Dovetti aguzzare un po’ la vista, ma non mi ci volle molto nel vedere i capelli nero pece di Charlot, sciolti e ondeggianti in quella lieve brezza estiva.

mi venne in contro facendosi largo tra la folla intenta nei festeggiamenti e quando fu abbastanza vicina, mi gettò le braccia al collo, stringendomi con forza.

  << Meno male che sei arrivata! Temevo non saresti venuta! >>

Le diedi qualche colpetto sulla schiena, un po’ per rassicurarla e po’ per convincerla a lasciarmi andare. << Certo che sono venuta, non mi sarei persa la festa per nulla al mondo! >>

  << Senza contare che devi ballare assieme a MacLeod, o sbaglio? >>

<< Taci, Fletcher! >>

  Charlot aprì leggermente la bocca in una o sorpresa. << MacLeod? Accidenti Maddy, ma perché non me l’hai detto subito? >>

  << Maddy, io e Erial andiamo a ballare, d’accordo? >>

Fletcher invece si guardò un po’ attorno e, quando alla fine sembrò trovare ciò che stava cercando, con la scusa di andare a prendere qualcosa da mangiare, si allontanò, lasciando me e Charlot da sole. << Raccontami tutto. >>

Non ci fu molto da dire, ma lo feci ugualmente.

   << Oh be’, accipicchia, quanto sei fortunata! >> esclamò lei estasiata alla fine del racconto.

Abbassai lo sguardo con timidezza, accarezzando pensierosa la mia folta treccia di capelli. << Fortunata… >>, ripetei con un mormorio confuso.

  << Certo che lo sei >>, la sentii sospirare, << se Fletcher mi avesse chiesto di ballare assieme a lui questa sera, avrei accettato immediatamente. >>

  Charlot era innamorata di mio fratello. Non era una infatuazione come potrebbe accadere a tante ragazze tra i quindici e i sedici anni no, lei amava sul serio quell’idiota di mio fratello, e lui non se n’era mai accorto. 

Che il motivo fosse da ricercare nel fatto che Charlot era mia amica e di conseguenza una bambina, oppure perché non fosse abbastanza bella per i suoi gusti, non l’ho mai saputo.

Charlot non era una bella ragazza, ma a parere mio nemmeno brutta, cosa che non sembrava pensare sua madre. ‘A quest’ora sarebbe già sposata, se solo non avesse un aspetto così comune’, era questo che diceva sempre la signora Lucas ogni volta che parlava di sua figlia, pensando che avendo già vent’anni avrebbe già dovuto essere sposata, e invece…

  Charlot era molto più alta delle altre ragazze di Ipswich e il fatto che fosse un po’ più rotonda delle altre evidentemente non la aiutava con gli uomini, eppure aveva un bel viso, dai lineamenti regolari e dagli occhi grandi e dolci, ma forse davvero non era abbastanza per un pretendente, chi lo sa!

Si passò una mano tra i lunghissimi capelli neri, portandosi qualche ciocca dietro l’orecchio, e sospirò.

 << Forse, se fossi un po’ più simile ad Agnes, forse Fletcher… >>

Scossi vigorosamente la testa e le afferrai entrambe le mani. << Andiamo a ballare >>, la incalzai io, con un enorme sorriso.

In mezzo alla bolgia danzante trovammo anche John che, come al solito, cercava di invitare a ballare qualche ragazza… ma purtroppo nessuna di loro accettava, e così alla fine si ritrovava sempre a ballare con Lydia, la sua sorellina di dodici anni.

   << Vuoi il cambio, Libby? >> le chiese Charlot con cortesia, sorridendole.

Per un attimo, gli occhi della ragazzina parvero brillare e, come se niente fosse, staccò le proprie mani da quelle del fratello e corse via, andando a cercare i suoi amici. Per qualche secondo guardammo attonite il punto in cui Lydia era sparita, poi guardammo John che, come era prevedibile, arrossì come un pomodoro maturo e cercando di dissimulare il proprio imbarazzo prese a tossicchiare.

Io e Charlot scoppiammo a ridere, meritandoci così dal figlio del pastore uno sguardo furente.

 

 

*

 

  << Vedrai che arriva, aspetta ancora qualche minuto >>, disse Charlot con un sorriso dolce e comprensivo mentre addentava con voracità il suo pezzo di carne arrosto.

La guardai per qualche secondo con occhi inespressivi, poi osservai per qualche tempo il mio piatto sul quale riposavano, inviolati, un pezzo di agnello arrosto, e una patata bollita; sospirai e non mi arrabbiai nemmeno quando John afferrò con una mano sporca di unto il mio pezzo di agnello e se lo cacciò completamente in bocca.

  << Accidenti, allora è grave! >> esclamò lui a bocca piena mentre masticava, dando a me e a Charlot una completa visione di quello che stava masticando.

Io e lei arretrammo in simultanea inorridite, facendo entrambe una smorfia disgustata. << Che c’è? >> chiese allora lui, una volta mandato giù il boccone e dopo essersi leccato le dita con impudenza.

Charlot scosse la testa. << Lascia perdere >>, dissi io rassegnata.

  Una voce possente voce femminile chiamò a raccolta tutte le ragazze nubili di Ipswich. << Le ragazze ancora nubili vengano qui! >> gridò lei a gran voce.

Io e Charlot ci guardammo in simultanea, sapendo bene cosa sarebbe accaduto di lì a pochi minuti. Senza dire una parola di più ci alzammo dalla panca di legno e ci unimmo al gruppo estasiato di ragazze nubili.

Era tradizione che durante i festeggiamenti del solstizio d’estate, le ragazze nubili si facessero in un certo senso ‘predire’ il futuro attraverso il piombo liquefatto dentro una padella, oppure attraverso la chiara d’uovo mescolata in un bacile pieno d’acqua; io non credevo a cose simili, perciò non ci tenevo particolarmente a sapere se mi sarei sposata quello stesso anno, oppure sapere quale sarebbe stato il mestiere del mio futuro marito, tuttavia…

   << A me, a me! Voglio sapere del mio futuro marito! >> esclamò estasiata Agnes Dursley.

<< Oh, vi prego signora Timms, predite il mio futuro! >> la scongiurò Margaret, la sorella maggiore di John. << Mi sposerò entro l’anno? >> chiese speranzosa. Era risaputo, in un certo senso, che Margaret Maverick temesse molto più della povertà e della malattia, una possibile condizione di zitella.

  << Maddy, vieni qui >>, mi incalzò la signora Timms, volendo dare a intendere a tutte le altre ragazze che io sarei stata la prima. Con piccoli passi esitanti, attraversai il gruppo di ragazze che si aprì ai miei lati per lasciarmi passare, lanciandomi poi, ognuna di loro, un’occhiata furente e inceneritrice.   

   << Sì? >> chiesi, una volta davanti alla donna. << Cosa c’è? >>

La donna di mezza età mi lanciò uno sguardo ricco di rimprovero, ma lasciò perdere quasi subito. Ruppe il guscio dell’uovo, separando la chiara d’uovo e la versò dentro il piccolo bacile con l’acqua. Dovetti attendere qualche secondo prima che l’albume smettesse di muoversi e di tremolare dentro il liquido trasparente e poi, alla fine assunse una forma molto simile a…

   << Una maschera? >> chiesi stranita, guardando con attenzione quella forma irregolare dal naso esageratamente allungato.

Le ragazze dietro di me iniziarono a ridacchiare sommessamente, come se fosse un motivo di ilarità la mia predizione. Ma se per loro poteva essere qualcosa di cui ridere, per me non si poteva dire altrettanto: Will non faceva l’attore di teatro.

   << Magari farà una fuga d’amore con un attore di teatro! >> mormorò Agnes divertita, scatenando un altro coro di risatine e di sghignazzi sommessi da parte delle sue amiche.

  Brutta oca! Pensai tra me e me.

La signora Timms prese la chiara d’uovo e la gettò via, poi mi guardò dritta in viso con i suoi occhi porcini, dandomi a intendere che quello che stava pensando era serio.

   << Vai fino alla chiesetta, sai quello che devi fare.(3) >>

Senza dire una parola di più accettai il coltello, e mi allontanai da quel gruppo di ragazze agitate.  

 

 

*

 

 

  << Qui c’è il coltello, dove è il fodero? >> cantilenai io, al quinto giro attorno alla piccola chiesa di Ipswich.

  Mi fermai davanti al piccolo portone chiuso, guardai poi la piccola lama scintillante nella notte e senza troppo entusiasmo, la inserii dentro la serratura. Non successe niente.

  << Basta! >> sbottai spazientita. << Ma a che serve una sciocchezza simile? >> chiesi a me stessa, sedendomi poi per terra, accostando la schiena al portone chiuso.

  << Alla fine non è venuto, non ha senso continuare >>, mormorai rassegnata, guardandomi la punta delle logore scarpette che indossavo quella sera.

Avevo aspettato così tanto a lungo questo giorno, sin da quella mattina di maggio, io…

  << Ti ho aspettato Will, e tu invece… >>

Una lacrima galeotta mi scivolò dall’occhio e percorse tutta la guancia, fino a raggiungere il collo; immediatamente la sfregai via, facendomi poi piccola piccola, come se avessi voluto sparire dentro me stessa, ingoiata viva dal mio stesso corpo.

  << Perché, Will? >> singhiozzai sommessamente. << Perché non sei venuto? >>

<< Madelaine? >> un sibilo nella notte mi spinse ad alzare immediatamente la testa.

  Disorientata guardai davanti a me, vedendo solo una scura macchia di cespugli nella notte, una sagoma nera e minacciosa, ai miei occhi.

<< Chi… chi è? >> sibilai di rimando, tirandomi su a sedere senza gesti troppo rapidi. << C’è qualcuno? >> con la schiena saldamente adesa al portone della chiesa, cercai a tentoni il manico del piccolo coltello che avevo conficcato nella serratura. Lo trovai.

   <> ripetei di nuovo, incoraggiata dal piccolo manico consunto che adesso stringevo con una mano, ancora conficcato dentro la serratura. << Fatti vedere! >> lo incalzai io, adesso forse con troppa baldanza.  

  La macchia scura di cespugli iniziò a fremere e a tremare, come se dentro di essa vi fosse un qualche animale, un tasso, o magari una volpe… ma non era così; sapevo che cosa ci fosse la dietro…

Deglutii con forza, pronta ad attaccare chiunque fosse dentro quel cespuglio, spinta dal puro spirito di sopravvivenza.

Papà ci aveva raccontato che, durante la Sommossa non fosse raro che gruppi di disertori oppure di Dragoni inglesi o, peggio ancora, di traditori scozzesi, facessero incursione nei villaggi, saccheggiassero tutto il saccheggiabile… e stuprassero le donne. Era una realtà lontana vent’anni e ancora molto più lontana per noi di Ipswich, ma non potevamo escludere briganti e furfanti di ogni sorta. Quelli c’erano sempre, in qualsiasi caso.

   Dal cespuglio balzò fuori una figura nera e io per poco non lanciai un urlo, un po’ per volerla spaventare con il mio strillo improvviso… e un po’ perché avevo paura.

   << Vattene! >> urlai io,brandendo il coltello con entrambe le mani e puntandolo contro quella figura alta e scura. << Vattene via! >> la incitai io, disperata e senza sapere bene cosa fare.

   << Maddy, sono io! >> una voce maschile attirò la mia attenzione, spingendomi ad abbassare immediatamente l’arma.

 Strinsi appena gli occhi velati di lacrime, come a voler mettere a fuoco la figura. Battei appena le palpebre, e le lacrime scivolarono lungo le guance. << Will? >> chiesi, sospettosa, ma non spaventata.

  << Sì, sono io. >> Mi sembrò di sentire una risata smorzata provenire da lui, ma non vi badai più di tanto. Iniziò ad avvicinarsi e, quando la luce della luna illuminò il suo viso dagli lineamenti decisi e mascolini, tirai un lungo respiro di sollievo; fu in quel momento che notai come fosse vestito.

  A differenza delle solite camice di lino grezzo e dei calzoni larghi e consunti, quella sera portava i capelli neri sciolti lungo le spalle, in modo da formare morbide onde nere sulle sue spalle larghe e mascoline, indossava una camicia bianca e pulita, di un tessuto differente dal solito lino grezzo, infine un kilt(4) di cui però non riuscii a comprendere il colore, era avvolto attorno al suo meraviglioso corpo maschile e lo fasciava alla perfezione. Era talmente bello da togliermi il fiato.

 << Santo cielo, cosa ci facevi là dietro? >> gli chiesi dopo qualche secondo, quando il mio cuore tornò a battere normalmente.

   Scrollò appena le spalle, abbozzando un sorriso. << Ero venuto a cercarti. Sono arrivato in ritardo e quando ho visto la figlia del signor Lucas le ho chiesto dove eri, e così… >> Scrollò nuovamente le spalle, facendomi capire quello che era successo qualche secondo prima.

  Aggrottai le sopracciglia, guardandolo in tralice. << Perché eri dietro a quella macchia di cespugli? >>

Sorrise di nuovo, e il cuore mi si fermò in petto. << Volevo farti uno scherzo! >> esclamò allegro.

  << E perché? >> gli chiesi, usando un tono molto più acido di quanto volessi.

Lui tuttavia non vi badò. Lo sguardo ilare e allegro cedette immediatamente il passo ad uno più duro e serio. Aggrottò leggermente le sue folte sopracciglia nere e per un attimo, i suoi occhi verdi sembrarono risplendere di una luce diversa… quasi selvatica. Ne ebbi paura.

  << Will… >>, biascicai spaventata, senza trovare niente da dire, se non pronunciare il suo nome.

<< Volevo punirti >>, disse con un sussurro.

Con un gesto fulmineo mi afferrò per le spalle, e io sussultai per la paura. << Will, no! >>

  << Tu avevo detto di aspettarmi, e tu invece… >> Adesso la sua voce non sembrava dura come pochi secondi prima, ma ferita. Sembrava che soffrisse per qualcosa, come se io ne fossi la causa…

  Lo guardai negli occhi, senza dire niente di concreto o di importante, e lui fece lo stesso. I suoi occhi sembrarono addolcirsi e poi passò la sua mano grande e calda sul mio viso, possibilmente ancora più accaldato. << Maddy >>, mi sussurrò con dolcezza, accarezzandomi appena la guancia, e scendendo poi lungo il mio collo sottile. << Piccola, dolce Maddy… >>, ripeté con voce carezzevole, quasi mi stesse rivolgendo una preghiera.    

  << Maddy, voglio baciarti >> disse con la voce leggermente strozzata, come se fosse un assetato che non vede una goccia d’acqua da tempo… ed io ero l’acqua; tutta l’acqua che voleva. Il mio cuore capì per primo, battendo con insistenza contro le costole e togliendomi quasi il fiato, il corpetto mi soffocava, le stecche mi soffocavano… respiro, respiro… non riesco più a respirare…

La debole luce della luna lontana danzava sul suo viso con un perfetto gioco di ombre e luci; Will alzò la mano e fece scorrere nuovamente le nocche, lievi come piume, lungo la mia mascella raggiungendo poi il mento.

  << Lascia che ti baci, Maddy >>, sussurrò carezzevole, quasi rassicurante.

Lentamente chiusi gli occhi, annuendo appena con la testa. Sentii le sue mani fermarsi ai lati della mia vita, tirandomi poi in avanti fino a che il suo torace non sfiorò appena il mio seno, e poi più vicino. In cerca di equilibrio alzai le mani e le posai sulle sue spalle larghe, sentendo un’improvvisa intimità a contatto con Will, e il suo corpo. Aprii gli occhi e vidi il suo volto molto vicino al mio, lo sguardo fisso sulle mi labbra. E poi mi baciò.

   Le sue labbra erano dischiuse. Provai un improvviso sgomento il calore umido dell’interno della sua bocca e il suo fiato caldo contro la mia guancia. Per qualche istante mi abbandonai a sensazioni più carnali di quanto avessi mai sospettato. La sua lingua prese ad accarezzarmi la linea delle labbra , trasmettendomi una sensazione indecente giù per la gola e giù nel seno e giù…

La sua mano era ben ferma dietro la mia vita, no, al di sotto, e mi stava attirando contro di sé in modo da aderire con le sue cosce contro le mie e…

   Sapevo bene cosa portasse un uomo sotto al kilt – e cioè niente –, Papà me lo aveva detto, e adesso quella cosa sembrava spingere con insistenza contro di me, facendomi avvertire tutta la sua durezza e…

Lo allontanai con una spinta, lottando contro il caos delle sensazioni e delle emozioni sconosciute che stavano turbinando nel mio cervello, sconvolgendomi. Non avevo mai baciato nessun uomo, apparte John, il che rientrava più in una semplice forma di saluto oppure un gioco infantile… ma Will non era un bambino… e ormai non la ero più neanche io.

   << Grazie Will, ma… >>, io stessa sentivo la voce tremula per l’emozione, tirai una lunga boccata d’ossigeno, prima di parlare ancora. << Credo che… sia meglio, credo che sia sufficiente a… >>

A cosa? Cosa era sufficiente? … non lo sapevo nemmeno io.

   << Maddy. >> Eravamo ancora vicinissimo e dall’alto della sua statura mi dominava, la testa piegata un poco di lato. Non fece alcun tentativo per abbracciarmi, non mi sfiorò nemmeno e teneva le mani sui fianchi, dandomi a intendere che non avrebbe fatto nessun altro gesto azzardato. Tuttavia, se non avessi avuto il portone della chiesa dietro di me, avrei cercato di arretrare di qualche passo, per mettere un po’ di distanza tra noi, non perché non mi fidassi di lui, ma piuttosto di me. Se mi avesse baciata di nuovo… non osavo nemmeno pensarci.

   << Maddy, io ti amo. >>

  Cosa? Lo fissai ammutolita, senza trovare nulla da dire.

 << Ti prego, diventa mia moglie. >>

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

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Note:

 

1) Litha, festa del solstizio d’estate, di solito attorno al 21 giugno, una festa tradizionale risalente fino alla lontana epoca dei celti. Litha segna il punto dell’anno in cui il Sole si trova simbolicamente al culmine dei suoi poteri e così anche il Dio. È il giorno più lungo dell’anno. Nonostante nel Settecento fossero o cattolici o protestanti, in qualche villaggio si festeggiavano ancora le vecchie feste pagane, e il villaggio dove vive Maddy è uno di questi.  

2) No, mia cara Bestia… estratto dalla favola “La Bella e la Bestia”, di Leprince De Beaumont.  

3) Il coltello per trovare la propria anima gemella si camminava intorno ad una chiesa nove volte e si metteva alla fine di ogni giro un coltello nella serratura del portone, dicendo: “Qui c'è il coltello, dove è il fodero?” Il simbolismo è evidente...

Non è una tradizione tipica dell’Inghilterra (essendo il Suffolk in Inghilterra), ma ho voluto comunque inserire questa piccola tradizione:)

4) Il kilt è un indumento maschile che consiste in un pezzo di stoffa arrotolato intorno alla vita (simile alla gonna femminile) ed allacciato. Anticamente il kilt era realizzato con un pezzo di stoffa lungo abbastanza da essere poi appoggiato sulla spalla (dopo essere stato arrotolato intorno alla vita). Per una maggiore comprensione e per chi non conoscesse la cultura scozzese:) :

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