Five o'clock, tea time.
Chapter
1. – Some biscuit?
Lex, per tutto il volo dal Michigan all'aeroporto
di Londra, si era chiesto del fantomatico perché stesse andando lì. Un pof lo
avevano costretto i genitori, un pof aveva dei parenti dai denti gialli e i
capelli biondi che doveva andare a trovare, un pof vuoi che voleva che
cambiasse aria. Si, ma perché andare nella fredda ed umida Inghilterra a
spendere miseramente tre anni della sua vita in unfuniversità? Non si sarebbe
mai ambientato lo sapeva. Non si sarebbe mai sentito parte integrante tra i
suoi cugini britannici, grigi come le giornate che tempestavano il clima della
nazione europea. E poi diavolo, Lex è così
patriotticamente americano che sbandiererebbe la cosa tanto da essere guardato
male ad ogni passo che avesse mosso per la strada.
Un solo foglietto in mano, un
indirizzo ed alcuni dati per la sua immatricolazione allfuniversità di Londra.
Ma quale ci chiederemo. Il KCL, precisamente forse uno dei primi college
fondatori delle università londinesi, e lui, un grezzo a stelle e strisce si
deve ritrovare a studiare lì, architettura.
Sospira non appena si trova davanti a quella monumentale struttura, così
composta anche nel suo modo di presentarsi ai così detti novellini, quale era
lui. E lui da architetto sa riconoscere una struttura totalmente impersonale,
quale è la facciata del Kingfs.
Lentamente si guarda intorno,
mentre cammina, passo, passo, attraversando il viale coperto dai così detti e
famosi giardini inglesi, talmente ben curati da sembrare i giardini sintetici
dei suoi amati campi da rugby, in America. Appena ripensò a quella cosa, un
senso nauseante di malessere, come se si sentisse fuori dal mondo, prese ad
invaderlo, sino a fargli venire dei geloni lungo la schiena.
La chitarra portata sulle spalle, di certo non aiutava ad alleviare il peso di
tutta quella tensione, la tipica tensione da primo giorno di scuola, ma lui non
era teso solo per i corsi. No.
Lui era teso specialmente per la vita che avrebbe condotto. Lferba? Non ci
sarebbe stata? E lfalcool? Forse era meglio andarsene in Irlanda molto
probabilmente, se avesse voluto avere a che fare con una delle nazioni più
famose per i loro intrugli di delizioso luppolo. Il nettare degli dei.
Ecco, quei pensieri di sicuro
fanno alleggerire il corpo di Lex, persino la sua Fender
sembra essere al pari di una piuma. Sbatte lentamente le ciglia lunghe,
guardandosi intorno, mentre osserva tutte le belle ragazze, dai capelli rossi,
gli occhi celesti e le lentiggini, il suo tipo preferito di donna, che girano
indisturbate per il campus. Beh, almeno, se avesse avuto la ritirata abbastanza
presto, si sarebbe divertito a ficcarsi nei dormitori delle ragazze.
Si può dire che Lex è lo stereotipato ragazzo americano che si trasferisce
e crede di fare i porci comodi suoi, ma tutto questo per nascondere il fatto
che si senta completamente fuori posto in quel luogo, in quella cultura, in
quellfambiente tanto sano di mente.
il suo habitat naturale si potrebbe racchiudere in un locale tempestato da
odore di erba, e alcool che scorre a fiumi, come le cascate del Niagara, in Canada.
Ah, sente già che tutto quel
bordello, quel caotico trascorrere di eventi durante i suoi weekend, gli
sarebbe mancato come ad un beduino manca lfacqua nel deserto. Di sicuro, si
conosce. Tenterà di trovare ogni qualsivoglia modo per procurarsi qualcosa da
fumare, con qualcuno in stanza, con qualche bella ragazza possibilmente, niente
gbombe a manoh ovvio, altrimenti come diavolo si sarebbe rimediato una scopata
che fosse degna di quel nome.
Varcata la soglia della porta la
prima cosa che notò fu il tremendo accento. Dio santo, ma si sentivano parlare
no? No, non si sentivano parlare, assolutamente, perché se si fossero sentiti
si sarebbero messi le mani nei capelli, come stava tentando di evitare Lex. Che nervi, porca puttana, gli danno un fastidio
immondo. Come se dentro di lui, inconsciamente, negasse le tremende origini che
lo punzecchiano alle spalle, che punzecchiano le spalle di tutte le sue generazioni
precedenti prima che si trasferissero in america,
prima della loro rivoluzione. Meno male che si erano staccati da quellfammasso
di grigi esseri quali erano gli inglesi. Li odia, se non si fosse capito, per
un premuto e spinto spirito di patriottismo li odia con ogni fibra del proprio
essere.
Stelle e strisce nel cuore sino
alla morte.
Muove lentamente i passi verso la
segreteria del campus e si registra, si immatricola, su internet era troppo
sbattimento, cioè troppa noia, dicevano i suoi genitori, e poi se ti
trasferisci li prima dellfinizio dei corsi, verso lfinizio di settembre,
avrebbe avuto tutto il tempo di ambientarsi. Traduzione per Alexander sarebbe
quella del, vado prima così riesco a vedere qualche open bar, o vedere se ci
sono, nelle vie più strette di quella città grigia, cfè ci fosse qualche coffee
shop dove potersi spaccare sino allfalba e ritirarsi fatto come uno straccio
nella sua stanza.
La signora della segreteria
potrebbe averla definita la tipica segretaria britannica, i capelli raccolti in
una crocchia, di un colore che sembra un misto tra quando si vomita una
pannocchia e la senape, quindi di un giallo acido, palesemente tinti, la
signora avrà avuto sulla sessantina, ed ancora non era in pensione. Pancata
cura dentaria, denti sul giallognolo, troppo tea e sigarette probabilmente, e
alcuni erano accavallati uno sopra lfaltro. Un incubo.
Per non parlare del suo fantastico accento che faceva accapponare la pelle di Lex, rifiutando ancora più categoricamente che i suoi avi,
pace allfanima loro, provenissero da tali gentaglie dalla mancata igiene orale
e dal cattivo gusto per le tinte per i capelli.
Iniziamo bene, si disse
mentalmente Alexander aspettando ancora alcuni fogli prima di essere
effettivamente iscritto.
Chapter 1.5 – Some tea?
Per Chris era tutto come se lfera
sognato. Prati verdi, la calma e la tranquillità che cercava per studiare, per
accogliere più succo del sapere dai suoi amati testi universitari,
sapientemente comprati e non fotocopiati, e non avrebbe mai fatto fotocopiare a
nessuno. Era una cosa che faceva solo con i suoi amici stretti.
Sentiva di trovarsi più a casa li di quanto si fosse mai sentito prima di quel
momento, più di quanto si trovasse a Cork, la sua città nonché contea natale
nellfIrlanda del sud, quella europea. Dove allfordine delle serate, per il suo
gruppo di scalmanati fattoni ed ubriaconi, era bere e
fumare.
Sperava con tutte le sue viscere
di non aver più a che fare con personaggi del genere. Certo li avrebbe
incontrati sulla propria strada questo era poco ma sicuro, ma non avrebbe che
poco più scambiato qualche frase di cortesia, e non un discorso compiuto,
sarebbe probabilmente stato troppo fatto o troppo bevuto, come si dice in
gergo, per poter fare un discorso con un minimo senso logico.
Il profumo dellferba fresca tagliata
gli inebria il naso mentre cammina sul vialetto dellfuniversità. La Kingfs. Il sogno di una vita. Aveva lavorato per anni,
durante il liceo, fatto le consegne di pizze a domicilio, lavorato nei bar,
fatto il dogsitter. Aveva provato ogni qualsivoglia
lavoro per potersi pagare la retta del primo anno nel liceo dei propri sogni e
studiare farmacia. Poi sarebbe tornato in Irlanda per prendere la specialistica
in qualche clinica farmaceutica del posto, fare tirocinio e magari dai,
cominciare a lavorare quasi subito.
La testa di Chris era così tanto
piena di buoni propositi, che avrebbe fatto di tutto, sopportato ogni tipo di
cane con cui si sarebbe trovato in stanza, senza farsi minimamente distrarre
dai suoi obiettivi. Sarebbe andato avanti, con tutta la fatica che aveva messo
per arrivare lì, un anno di lavoro non lo avrebbe buttato così e non avrebbe di
certo tirato la cordicella del gabinetto per vederlo andare via. No. Non
avrebbe permesso a nessuno di rovinarlo in quel modo.
La sua famiglia non era poi così
tanto benestante, ecco il perché del suo principio da tutto fare e nellfaccettare
ogni qualsivoglia tipo di lavoro, e non aveva nessuno a cui appoggiarsi mentre
si trovava a Londra, per questo aveva deciso di lasciarsi andare ai dormitori
del campus, perché erano la soluzione più economica per le sue finanze per
poter rimanere nei conti che aveva fatto prima di partire. Una persona molto
pragmatica, e soprattutto precisa dalla mente fredda. Calcola ogni singola
virgola della propria vita, davvero non riesce a vivere alla giornata, o se lo
facesse sarebbe concedersi una lettura, una tazza di tea nero, biscotti al cioccolato
e una delicata fragranza di incenso ad inondare lfaria del suo spazio
personale, della sua stanza. Cosa che ha sempre fatto anche nella sua casa in
Irlanda.
Appena davanti allfentrata, prese
un bel respiro profondo e inalò ancora quella magnifica aria che sapeva di
cultura, di sapienza. Un bel punto per cominciare, per mandare avanti una nuova
vita, rispetto a quello che gli avevano detto i suoi amici, lì a Cork. Nessuno
di loro sembrava speranzoso che uno di loro, nulla facenti ed inetti bevitori
quali erano, potesse riuscire a salire così in alto la scala della società. Chi
avrebbe potuto mai immaginarlo. Quei ricordi non piacevano per niente a Chris,
perché a volte gli smontavano lfentusiasmo, un entusiasmo che era dettato dalla
lettura dei suoi classici preferiti, in compagnia sempre di quel delicato tea
che tanto riempie di gioia il suo palato e le sue papille gustative. Sorride,
appena e comincia a muovere i suoi passi.
Tutto intorno a lui trasuda
cultura e sapere, trasuda voglia di imparare e di conoscere. E niente era più
stimolante per lui di un ambiente di quel genere. Il profumo di lavanda,
probabilmente il detersivo usato dalle donne delle pulizie per pulire i
pavimenti, gli pungeva le narici, entrandogli potentemente dentro il cervello,
ed identificando il profumo di lavanda, come il profumo della sua felicità più
assoluta. Quellfuniversità.
Sorridente, a trentadue denti, si dirige verso la segreteria del campus, e si trova
accanto a lui un ragazzo. Capelli neri, la pelle leggermente abbronzata,
piercing sulle orecchie, e tatuaggi su un braccio, un dragone.
Che cosa di poco gusto, commentò
a se stesso Chris mentre guardava la signora che, con un gesto lento, ed
elegante, gli chiedeva di aspettare qualche istante. Avrebbe immatricolato quel
ragazzo, e sarebbe tornata subito da lui per dargli una mano per qualsiasi cosa
necessitasse. Che personcina adorabile, notò il
rosso, mentre ticchettava tranquillamente sul banco dove la signora era
sparita, dietro a delle vetrate, come se fosse un banco della posta. Non gli
sfiorò per niente lfidea che fosse un ambiente impersonale, solo era una
velatura di professionalità che, secondo suo punto di vista, non era mai una
cosa che doveva mancare in un campus universitario di quel grado.
Si girò lentamente verso il
ragazzo accanto a lui, e sbirciò la sua immatricolazione, per curiosità. Lfaltro,
il nero, non lo calcolò minimamente, troppo preso a trovare insulti efficaci
per far smuovere quei fricchettoni dei ragazzi che avrebbe trovato lì.
Chris sorrise, felicemente mentre osservava, quel ragazzo che doveva chiamarsi
Alexander, tremendamente disinteressato alla signora che tentava in tutti i
modi di dirgli che non si poteva portare alcoolici nel campus. Evidentemente
mentre lui stava arrivando le avrà domandato una cosa del genere. Beh è normale
che non si potessero tenere alcoolici dentro ad un istituto universitario di
quel calibro. Andiamo solamente un
inetto stolto avrebbe pensato una cosa del genere.
I suoi occhi verdi, di uno scuro
penetrante, guizzarono su gAlexanderh non appena lo sentì parlare. Una
fortissima parlata americana, un accetto talmente inconfondibile che le orecchi
di Chris stavano sventolando bandiera bianca per la troppa forza che ci stava
mettendo a parlare lfaltro.
O era un inetto stolto avrebbe
pensato una cosa del genere.
O un americano senza il minimo
criterio logico.
Iniziamo bene, penso Chris mentre
vedeva lfaltro, Alexander andarsene tutto impettito con la chitarra in spalla e
la signora della segreteria che prendeva i fogli del rosso irlandese.
Davvero molto bene.
Some biscuit or tea?
Autrice
Eccoci in fretta pubblicato il secondo
capitolo. Non ho scritto molto, è unfintroduzione più dettagliata del
comportamento dei personaggi, della loro storia e di quello che vorrebbero
fare, più che altro. Le loro attitudini e cose di questo genere. A dirla tutta
mi sento molto vicina ad Alexander, ma non per i suoi atteggiamenti ma per il
fatto che si nasconda parecchio dietro ad una maschera di grezzagine
e azioni stupide non meditate. Insomma ci ho messo un pof del mio.
Per quanto riguarda Chris, rimane un segreto ecco. Dico solamente che lo adoro
profondamente, per tanti motivi.
Chissà come andrà la cosa tra i due, sta a voi, saperlo, continuando a leggere.
Spero lascerete qualche commento, il prossimo capitolo appena verrà ultimato,
presto, perché ho tante idee per questa cosa e non vorrei che prendessero il
volo malamente lasciandomi completamente la mente sgombra.
Un bacio a tutti.
Fue