Se avete dubbi di qualsiasi tipo non esitate a contattarmi, ricordo che i personaggi non sono miei e che la storia è ambientata molto indietro nella serie più o meno verso la 4/5 stagione.
9° capitolo
(quello stesso giorno, sera)
Il
suo piccolo appartamento distava dal
centro città non più di cinque minuti in auto; la
zona residenziale comprendeva
alcuni palazzi alti al massimo sei piani, piccoli giardinetti pubblici,
fontane, scuole elementari e asili. Un quartiere tranquillo dove non
succedeva
mai nulla. Il suo bilocale era all’ultimo piano di uno dei
palazzi più antichi,
doveva risalire ai primi del novecento. Consisteva in una camera da
letto, cucina con piccolissima
zona pranzo, bagno e dal ripostiglio aveva ricavato un piccolo studio.
Quando
aveva compiuto la maggiore età, dieci anni prima, non
avrebbe certo immaginato
che a ventotto anni si sarebbe ritrovato a vivere ancora in quel
minuscolo
antro, poco ammobiliato e stracolmo di oggetti e libri.
Appena
arrivato all’FBI non si era preoccupato
di vita sociale, casa ed aspetti economici come aprire un conto, un
libretto di
risparmio, stipulare contratti più convenienti per luce e
gas, si era limitato
a prendere in affitto quel due locali e aveva lavorato giorno e notte,
festivi,
feste comandate, natali e capodanni!
Le poche, rare, volte che aveva avuto
momenti liberi ed era “uscito” non si era mai posto
il problema se mai avesse
portato a “casa” qualcuno quel luogo non sarebbe
stato affatto invitante e a
dirla tutta l’unico che aveva invitato in quel posto era
stato il suo collega,
Morgan.
Seduto
nel suo studio, Reid, iniziò la
ricerca che aveva rimandato decine di volte: era semplice da fare,
riguardava
la violenza e bullismo nelle scuole, non doveva far altro che mettere
in luce
tutte le correlazioni tra eventi violenti e di risonanza avvenuti in un
certo
luogo e le conseguenze, più o meno evidenti, avvenute nelle
scuole di quel
luogo. Trovava quello studio utile e interessante, era stato esteso a
centri
sociali, sindacati, aziende e addirittura negozi, dunque era divenuta
un’analisi molto ampia, avevano chiesto a lui di trattare
l’aspetto scolastico,
forse perché giovane, non lo sapeva e non aveva chiesto.
I
primi passi furono semplici, presi in esame
i dieci eventi segnalati dall’agenzia che aveva richiesto la
ricerca, iniziò
con le parole chiave classiche (inondazione fiume x nell’anno
x nel mese x nel giorno
x, risultati scolastici, episodi di violenza, denunce a ragazzi tra i
13-18
anni) dopo di che entrò nella sezione dell’FBI
riguardante denunce e segnalazioni,
infine fece dei confronti con ricoveri, visite dei medici a domicilio e
richieste d’intervento del 911; occupato a creare un database
d’informazioni,
prima di dedicarsi all’analisi vera e propria di numeri e
statistiche, non
sentì squillare il telefono.
Passò tutto il pomeriggio in quel modo,
dimenticò di mangiare, di contattare Hotch per riferirgli la
decisione della
commissione, scordò perfino che doveva ritirare pistola e
porto d’armi, insomma
si perse nel proprio mondo.
Arrivarono le cinque e quarantacinque e finalmente
qualcosa turbò il dottore, aveva sentito lo stomaco
brontolare, aveva fatto uno
spuntino appena uscito dall’ufficio legale, dunque non poteva
aver già fame! Guardò
l’orario in basso a destra sul desktop del pc e con grande
sorpresa lesse
17.46, non poteva crederci!
Si
alzò e andò in cucina, il frigo era
vuoto, da quant’è che non faceva la spesa? Prese
una bottiglietta d’acqua e
frugando nei ripiani della dispensa trovò un pacchetto di
cracker, scaduti da
un mese, si accontentò e tornò a lavorare,
masticò i quadrati non più
croccante, mandandoli già con sorsate d’acqua,
aveva praticamente concluso gli
mancavano alcuni commenti alle griglie e torte (grafici che di solito
non
usava, ma gli erano stati espressamente richiesti) e infine doveva
impaginare
tutto il lavoro.
Ore: 19.30
“Questa
è la segreteria telefonica di Spencer Reid, al momento non
posso rispondere, lasciate un
messaggio con vostro nome e numero di telefono dopo il bip, appena
potrò vi
contatterò!”
Caspita
anche il tuo messaggio di segreteria è ingessato! Ciao
ragazzino, penso, spero,
tu sia a casa. So che hai avuto un po’ da fare quindi fa
niente per oggi, se
non puoi passare non ti devi preoccupare. Domani mattina non ci
sarò, Hotch mi
ha dato il permesso per assistere a una lezione di attacco senza armi,
spero di
poterti vedere nel pomeriggio. Buona serata eh… ciao
Ore: 20.30
Le
tende scostate lasciavano
entrare la luce della luna, il resto dell’appartamento
però era immerso nel
buio, un fagotto si muoveva a fatica sulle lenzuola, il piumone per
metà steso
sul pavimento e il cuscino stretto tra le braccia del ragazzo.
Infantile,
tenero, innocente... non c'erano aggettivi più adatti per il
ragazzino in quel momento. E pensare che aveva ucciso una donna. No,
non una donna, una
serial killer!
Aveva
passato tre ore in ospedale per le
ultime analisi del sangue, l’indomani sarebbe trascorso tra
visite a vista,
udito e tatto. Il giorno dopo ancora avrebbero fatto alcune radiografie
e
risonanze mirate agli organi più sotto controllo, insomma di
mattina o
pomeriggio fino alla fine del mese aveva sempre qualche scomodo
appuntamento medico.
Aveva
sperato, fino all’ultimo, che il
ragazzino passasse davvero, rappresentava sempre una boccata
d’aria pulita per
lui, non che odiasse avere in giro per casa le sorelle o la madre, gli
amici e
colleghi che si davano il cambio per andarlo a trovare con visite che
non
duravano più di venti minuti. Parlare con Reid, vedere Reid,
ridere con Reid,
scherzare con Reid, mangiare con Reid e dormire con lui era tutta
un’altra
storia!
“Dormire?”
pensò
un secondo dopo aver
realizzato che il flusso di pensieri si era focalizzato immediatamente
su tutti
i momenti vissuti con il ragazzino.
Ok,
doveva davvero ammetterlo. Fare tutte
quelle cose con Reid era diverso che farle con tutti gli altri,
comprese le donne che erano state le sue compagne di vita in quegli
anni. Si sentiva come invaso
da un senso di pienezza, di completa e pace interiore se pensava alla
figura minuta e pallida di Reid. Non era un caso che dopo avergli
lasciato quel messaggio in segreteria avesse subito sentito il bisogno
di
chiamare il suo cellulare personale, dopo il decimo tentativo aveva
pensato
di rintracciare Hotch, Prentiss, Ross, JJ, Garcia e infine alcuni dei
tecnici
più in confidenza con il dottore. Insomma dopo quella
ricerca,
quasi ossessiva,
si era risolto ad andare fin lì, nel suo appartamento!
No,
non poteva negarlo, sentiva il bisogno
di vedere Spencer.
Preoccupazione
e timori svanirono quasi
subito; stava dormendo, il dottor Spencer Reid dormiva,
disordinatamente,
abbracciato a un
cuscino e con l'espressione serena.
Non
voleva disturbarlo, gli era bastato
vederlo tranquillo e sereno per riprendere a respirare senza affanno.
Senza
pensarci prese da terra il piumone e lo sistemò sulla sua
schiena, lasciata
nuda dalla camicia slacciata, abbassò la luce regolabile
della lampadina del
comodino, poi accostò bene tutte le tende della casa, chiuse
le inferriate e
infine decise di preparare una cena/colazione per il
bell’addormentato.
Non
sapeva quando e se si sarebbe svegliato
quella sera, ma da quanto vedeva dal frigo non doveva aver mangiato
nelle
ultime ore; ringraziava la buona sorte che sua madre lo aveva obbligato
a
portare all’amico un cesto stracolmo di cibarie: ortaggi,
insaccati e formaggi
comprati ad uno dei variopinti mercati appena fuori la città
che la donna aveva
saccheggiato il giorno prima. Si era ritrovato a disposizione tutti
gl’ingredienti
per preparare a quel ragazzino un pasto decente e sostanzioso!
Per
prima cosa, visto che Reid era un
amante dei dolci, preparò dei tortini di carote,
semplicissimi da realizzare e
da cuocere, poi tagliò le verdure per un’insalata
nutriente e sostanziosa a cui
aggiunse due tipi di formaggi, che poi chiuse in uno dei contenitori di
plastica sotto vuoto.
Per ultimo, preparò involtini di salumi
vari con tocchetti di formaggi stagionati, anche questi ben chiusi e
riposti in
frigo. Una volta pronti i tortini li lasciò raffreddare
vicino al lavandino
dove lavò e asciugò accuratamente tutti gli
utensili che aveva adoperato.
Spolverati
i dolci con dello zucchero
sistemò anch’essi nelle confezioni di cartone
comprate appositamente dalla
madre qualche giorno prima proprio per conservare dolci come quelli, li
appoggiò al centro del tavolo e alla fine su un pezzo si
carta scrisse un
messaggio per il suo amico.
Apri
il frigo. Buon appetito, chiamami appena puoi. Domani pomeriggio
sarò a casa
per tutto il giorno, solo soletto (ho spedito le mie sorella da una zia
che
abita a Richmond, mia madre ha scelto volontariamente di fare un salto
a
Virginia Beach, vuole vedere il mare dice) quindi, ciao
Aggiunse
una faccina sorridente, sperando
che Reid capisse che quello strano segno fosse un sorriso e poi
raccattò tutto
quello che aveva sparso per la cucina, uscì in punta di
piedi,
ma ormai fuori dalla casa chiuse gli occhi scuotendo il capo.
Non resistette. Tornò sui propri passi,
sbirciò in
camera giusto per costatare se
il ragazzo avesse bisogno di qualcos’altro. Notò
il
telefono che vibrava e si
illuminava. Non voleva essere indiscreto, ma poteva essere una
questione di
lavoro o uno dei loro colleghi o qualcosa di urgente, ignorò
completamente che
quello fosse il telefono personale, allungò il
braccio e
prese in mano
l’aggeggio. Lesse il nome e storse le labbra.
Ehm…uhm,
strano. Beh devo andare…
Ah! Spencer, Spcncer!
Mormorò
sbuffando.
Uscì velocemente dall’appartamento, chiuse
a chiave e ripose il mazzo sotto lo zerbino. Camminò
spedito, quasi corse fino alla macchina,
scendendo le scale a tre a tre. Arrivò davanti alla propria
auto con il
fiatone, una terribile fitta al fianco e il formicolio alle gambe gli
ricordarono che c’era un motivo se era ancora sotto
osservazione.
Il
viaggio fu breve e intenso: lo sforzo
fisico, la mente offuscata e i ricordi si mischiarono, i dottori erano
stati
chiari: non c’era nulla che non andasse in lui,
l’affaticamento di reni,
fegato, pancreas, milza e in minima parte dei polmoni erano le uniche
cose che ancora non funzionavano al cento per cento.
Era
ormai in totale via di guarigione, ciò
che lasciava perplessi tutti era il funzionamento del suo midollo,
produceva
meno sangue e meno globuli rossi, rispetto alle ultime analisi fatte
due mesi e
mezzo prima di essere rapito, per uno dei controlli ordinari sugli
agenti
dell’FBI. La minor quantità di globuli rossi
portava un affaticamento polmonare,
meno ossigeno portato in circolo più fatica per i muscoli,
più acido lattico,
più affanno, insomma una volta capite le ragioni sarebbero
dovuti intervenire,
per un agente quello poteva significare essere costretto a rimanere per
sempre
in ufficio.
Avrebbe voluto parlarne con i suoi colleghi
e amici, con la sua famiglia, con Reid e invece aveva preteso che i
dottori non
rivelassero nulla, solo Hotch sapeva, poco, non tutti i dettagli ma
abbastanza
per renderlo preoccupato e iper protettivo, pretese infatti che andasse
in
vacanza in compagnia di qualcuno e se fosse stato Reid meglio ancora.
Alla luce
dell’ultima scoperta però come avrebbe fatto?
Maledizione!
E pensare che... come cambiano le cose nel giro di pochissimi giorni
eh?!
FLASHBACK
Reid
stava per lasciare il Medical Center,
stava partendo per tornare a Quantico, stava lasciando dietro di se
Morgan
preda di quella nuova instabilità sentimentale; uno dei tre
psicologi che lo
avevano assistito aveva chiarito subito che dato il suo
“passato” non potevano
escluder ricadute e addirittura la compromissione delle sue
capacità sul campo. I dottori, in praticolare gli psicologi
erano fatti così, quando c'era un passato difficile erano
convinti che le cose sarebbero andate inevitabilmente male.
Nonostante
tutto Morgan aveva capito due cose, che gli facaveno affrontare passo
per passo quel nuovo stato d'animo, quella lentissima presa di
coscienza del "nuovo io. Si sentiva perso, confuso e anche sconvolto.
Si sentiva in quel modo quasi ogni istante, ogni respiro era
caratterizzato da quei sentimenti. Non esisteva attimo in
cui il
ricordo di quei giorni infernali si affacciassero alla sua mente, era
una
situazione costante e continuativa. Non c'era soluzione, nessuna
persona lo distoglieva da quei pensieri. Nessuno tranne lui. Reid.
Quando il ragazzino era con lui sembrava che ogni cosa perdesse forza.
La seconda cosa che aveva capito di tutto quel casino era che Reid era
la sua medicina!
Vorrei…
che tu non partissi
Oh su Morgan, mi prenderai in giro a Quantico! Tra pochi giorni torni, no? Non c'è bisogno che io rimanga per farmi punzecchiare. Quando ti dimetteranno verrò a trovarti a casa, avrà modo e tempo, traqnuillo eh! Non ti libererai di me!!
Avrebbe voluto sentirsi meglio dopo quelle parole, invece era rimasto a bocca semi aperta e occhi socchiusi. Per un intero giorno era rimasto in quello stato catatonico, senza più Reid combattere contro quel malessere interiore era praticamente impossibile.FINE
FLASH BACK
Aveva
davvero creduto che gli sguardi, le
parole, i sorrisi tra loro fossero cambiati in quei giorni e invece no.
Reid era partito
lasciandolo solo e inquieto.
Una
volta tornato a Quantico si era
lentamente ristabilito, ma quando aveva chiesto al dottor di rimanere
da lui, a
casa sua nonostante la presenza delle sue donne, aveva provato
l’impulso
d’inginocchiarsi e supplicarlo. Il desiderio di averlo
intorno a
se non si era minimamente smorzato. La paura, quella del ragazzino
indifeso violato
molti anni prima, era però serpeggiata nel suo cuore, aveva
bisogno di Reid anche per quello. Da solo non ce la stava facendo, non
completamente. Stava tornando il solito Derek Morgan, se si
escludevano incubi, ansie e sincopi. Esternamente il mondo lo vedeva
star sempre meglio, internamente combatteva con demoni che avrebbero
terrorizzato chiunque.
Bello,
atletico e playboy, al di fuori. Fragile e instabile all'interno.
Non
voleva rinunciare alla presenza di
Reid, ma era convinto di non sentire più il bisogno
soffocante fino a… quel pomeriggio
quando sdraiato nel proprio letto per un attimo, troppo per lui, si era
detto
che dopo tutto era lui che si era cacciato nelle situazioni
più dolorose,
compreso il “rapporto” con il dottore.
Aveva scacciato i pensieri gettando in
aria cuscini, sedie, libri, ciò che gli capitava a tiro ed
era infine uscito
per calmare pensieri, respiri e i pugni che si contraevano da soli,
quasi
avessero vita propria.
Dunque non era più questione di "Reid" o non "Reid" a questo punto la questione era molto più grande. Quel nome lo aveva infastidito davvero? Non averlo avuto con se quel pomeriggio e magari saperlo chissà dove a far chissà cosa con qualcun altro?
Siamo
alla parte centrale della storia, il caso verrà delineato
con più precisione e ci saranno maggiori informazioni per
capire che cosa è davvero successo. Per la fine
però ci vorrà ancora un po'... non sapendo se il
racconto piaccia o meno e non avendo ricevuto feedbeck mi fido di me
stessa e continuo a postare! Se
a qualcuno va di darmi il suo parere sono apertissima alle critiche!
Bye bye
Ombra!