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Autore: MadAka    28/10/2013    1 recensioni
Dopo essersi risvegliato in un letto di ospedale, Sean Darren si rende conto di non ricordare più niente di quello che gli è accaduto, né per quale motivo si trovi in quel posto.
Ma nella sua confusa situazione si rifiuterà di credere a coloro che dicono di poterlo aiutare ed inizierà ad inseguire la sua memoria da solo.
Genere: Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il mattino seguente Sean si svegliò presto, in preda ad una gran fame. Fece colazione con quello che riuscì a trovare nella sua dispensa, evitando la frutta che per via della sua assenza era più marcia che altro. Si scoprì piacevolmente sorpreso dopo essersi reso conto che non aveva dimenticato gli avvenimenti del giorno prima, significava che ciò che gli tornava in mente, in mente gli restava.
Mentre era sotto la doccia ne approfittò per stendere il programma della giornata. I responsabili della nazionale neozelandese lo avevano escluso a priori dalla partita contro gli Springboks, questo significava che andare ad incontrare Paul McBrian quel giorno o quello successivo era irrilevante; anche se si fosse ricordato di essere davvero il giocatore di rugby che, a quanto pareva, era, non avrebbe comunque potuto giocare la partita di sabato. Avrebbe utilizzato quella mattina per rammentarsi di una persona.
Uscì di casa sentendosi fresco e riposato e prese la sua bicicletta. Sapeva perfettamente che era meglio servirsi di quel mezzo per muoversi nel caos di Auckland, inoltre era ottima per mantenersi in forma e priva di spese di manutenzione. Gli venne da ridere pensandoci, mentre vi saliva sopra e si avviava fuori dal vialetto di casa.
Il posto che doveva raggiungere era piuttosto distante da casa sua, si ricordava come arrivarci ma ne aveva avuto la conferma grazie alla mappa sul suo smartphone. Gli ci volle quasi mezz’ora per raggiungerlo, anche pedalando a pieno regime, ma il luogo era situato appena fuori città, lontano dalla costa.
Scese dalla bicicletta e l’appoggiò al grande muro in pietra che cingeva quel luogo: il cimitero di Auckland.
Non era di certo il posto più bello e allegro del mondo da cui cominciare una ricerca, ma aveva deciso di andarci in cerca della tomba di Simon Barkley, nella più totale speranza di ricordarsi del fratello di Samantha, dato che non riusciva a sopportare di non rammentare niente di lui.
Il problema maggiore tuttavia era quello di riuscire a trovare la lapide. Nella grande distesa che era il parco del cimitero le tombe non si riuscivano a contare, tanto erano numerose, e lui non aveva idea di dove poter andare. Pensò anche di chiedere aiuto al custode, ma si rese conto che era improbabile che un singolo uomo ricordasse la collocazione esatta di tutti i defunti lì presenti. Sospirò decidendo di incamminarsi, anche se vagare senza meta non era la cosa che più gli andava di fare, magari qualche vecchietta lo avrebbe scambiato per un ladro di cadaveri.
Non sapeva da quanto tempo stava camminando senza la più pallida idea di dove andare, ma venne attraversato da un ricordo rapido come una folgorazione. Accelerò il passo rendendosi conto che finalmente sapeva dove dirigersi e arrivò a destinazione in pochissimi istanti. 
Una lapide grigio chiaro, del tutto identica a quelle che la circondavano, con il nome scritto a lettere dorate: Simon Barkley. Analizzò la foto, in cui un ragazzetto sorrideva sinceramente all’obiettivo, con la barba incolta di un paio di giorni e gli stessi occhi di Samantha. Indossava la maglia degli All Blacks il giorno in cui fu scattata la foto, Sean la riconobbe dalla felce argentata che sbucava appena, sul limite della cornice.
Ripeté il suo nome un paio di volte mentre continuava a guardare la sua foto, sperando di ricordarsi di lui, di qualcosa che lo riguardasse. Poi, come avvolto da una strana e anomala nebbia, comparve un ricordo.
 
-Cavolo, Sean Darren! È un onore incontrarti, dico davvero- Simon aveva una voce entusiasta quando aveva pronunciato quelle parole, allungando la mano a lui che gliela aveva stretta sorridendo.
-Un giorno spero di poter giocare nella tua stessa squadra-
-Non vedo perché no. Hai del talento, credimi. Secondo me accadrà molto presto- aveva concluso Sean con quelle parole e si era allontanato per cominciare l’allenamento con i compagni della nazionale maggiore.
 
Poi non gli venne in mente altro, ma quello era sufficiente per capire che Samantha non gli aveva mentito, mai, su niente.  Forse era ora che si decidesse a credere realmente a quello che gli andavano dicendo, era ora che accettasse di farsi aiutare. Aiutare da chi, però? Berry lo odiava, di questo ormai era certo e di sicuro non lo avrebbe considerato anche una volta tornato con gli All Blacks, la sfida contro il Sudafrica era più importante perfino di lui. D’altro canto Sean non ne voleva sapere di rimanere senza ricordi fino a data da destinarsi, perciò optò per l’opzione migliore, ossia ricercare la memoria da solo e poi farsi vivo davanti al suo coach con le idee ben chiare, opzione che era anche la stessa che aveva deciso di seguire fin dall’inizio. Nuovamente l’unica soluzione possibile era rivolgersi a Paul McBrian anche se prima bisognava trovarlo, cosa assai complicata in quella città e nelle sue condizioni.  Ma prima ancora di McBrian, Sean voleva parlare con qualcuno che gli potesse dare altre informazioni su Simon, perché sentiva di voler sapere altre cose su quel ragazzo.
 
Impiegò tutto il resto della mattina per raccogliere informazioni su Simon e sul suo fatale incidente, avvenuto per colpa di un ubriaco al volante, che non era lui. Cercare notizie riguardo alla sua vita si rivelò più complicato del previsto e Sean trovava insopportabile quella situazione: se non avesse perso la memoria avrebbe risparmiato parecchio tempo. Alla fine però riuscì a scoprire il corso che seguiva all’università di Auckland, in cui era iscritto da un anno.
Ed era proprio lì che era diretto Sean, in sella alla sua bicicletta.
Grazie a Facebook aveva rintracciato un suo compagno di corso, che a quanto pareva era anche un suo caro amico ed era intenzionato a parlare con lui per cercare notizie aggiuntive su Simon. Non aveva idea del perché fosse così smanioso di ottenere informazioni su quel ragazzo, le voleva e basta.
Arrivò alla facoltà di scienze della Auckland University e raggiunse il centralino.
Spiegò rapidamente che aveva bisogno di parlare con Matt Williams e che voleva incontrarlo, se possibile. La donna, che non aveva smesso un secondo di divorarlo con gli occhi, acconsentì spiegandogli dove trovarlo. Lui era sicuramente riuscito così bene nel suo intento solo grazie ai suoi centoquattro chili di muscoli, lo sapeva, ma la cosa lo fece comunque ghignare di gusto.
Cercò fra la gente chiedendo a chiunque gli passasse accanto se era Matt Williams e, in caso contrario, se sapesse dove trovarlo. Continuò per un po’, finché una ragazza non gli indicò un giovane biondo e spettinato con un paio di occhiali da sole calati sul naso, dall’altra parte del cortile. Lo raggiunse a grandi passi finché non gli fu davanti.
-Matt?- gli chiese Sean senza tanti preamboli.
L’altro lo guardò e sul suo viso si disegnò un’espressione incredula:
-Oh mio, Dio!- esclamò portandosi le mani alla bocca:
-Ma tu sei Sean Darren! Cazzo, non ci credo!- si voltò in cerca di sostegno dalle persone che gli passavano accanto ma nessuno parve fargli caso.
Sean alzò un sopracciglio aspettando che l’altro si calmasse.
-È vero quello che si dice?- domandò immediatamente Matt, ancora eccitato.
-Cioè?- chiese Sean diffidente.
-Che hai perso la memoria-
-Sì, è vero. Ma credo di essere sulla buona strada per farmela tornare-
-Pazzesco, non mi era mai successa una cosa del genere, voglio dire, di imbattermi in qualcuno che non ricordasse più nulla. E poi tu, cavolo, sei Sean Darren, il rugbista, se non si è capito io amo il rugby e, wow, è assurdo- ricominciò a parlare a sproposito.
Quando finalmente Matt smise di pronunciare frasi sconclusionate l’altro prese parola:
-Vorrei parlarti se possibile-
-Assurdo, dici davvero?-
Sean si limitò ad annuire con la testa.
-Ok, spara, che cosa vuoi sapere?- chiese infine il ragazzo.
-Vorrei che tu mi parlassi un po’ di Simon-
Matt si rabbuiò immediatamente a sentire il nome dell’amico:
-Barkley?- chiese più per temporeggiare che per avere una conferma.
Nuovamente Sean annuì con la testa.
Il ragazzo più giovane abbassò la testa e sospirò prima di riprendere parola:
-D’accordo. Esattamente però cosa vuoi che ti dica?-
-Qualunque cosa lo riguarda-
-Non ricordi nemmeno lui?-
Sean scosse la testa, imbarazzato:
-Qualcosa mi ricordo. So che giocava nella nazionale under 21, so che ci conoscevamo, so cosa gli è successo-
-Bè, allora sai già abbastanza cose, ti pare?- chiese l’altro, era come se volesse evitare in alcun modo di toccare l’argomento. Sei mesi non erano sufficienti per superare la morte di un amico.
-No, non ne so abbastanza- attaccò Sean che cominciava a spazientirsi: -Sono cose che chiunque può leggere da qualche parte, non è per sapere quelle cose che sono venuto a cercarti. Sono sicuro che Simon fosse una persone incredibile-
-Lo era- lo interruppe Matt, lasciando nuovamente la parola all’altro:
-Appunto e tu non hai idea di quanto mi infastidisca non poter ricordare niente di lui-
Matt rimase immobile a guardare l’altro, poi disse:
-Ok, ma andiamo a sederci da qualche parte-
 
Prima di sedersi su una delle panchine del campus, Sean ne approfittò per prendersi un caffè. Rimase in silenzio ad ascoltare quello che Matt aveva da dirgli riguardo all’amico, sorseggiando la bevanda. Questo non gli parlò mai del suo ingresso nella nazionale neozelandese, ne tantomeno dell’incidente che gli costò la vita. Gli parlò semplicemente di lui, di ciò che gli piaceva fare, della musica che gli piaceva ascoltare, della via che aveva scelto di seguire. Sean cercò di assimilare ogni singola parola pronunciata dal ragazzo, cercando il più possibile di collegarvi i suoi pensieri, i suoi ricordi, ma non ci riuscì. Si sentì profondamente frustrato nel rendersi conto che anche se ora sapeva di conoscere Simon, non ricordava molto di lui.
Matt smise di parlare, senza sapere che altro aggiungere:
-Spero di esserti stato d’aiuto- concluse.
Sean annuì con la testa:
-Sì, lo sei stato. Ti ringrazio-
Calò un momento di silenzio, nuovamente riempito dalla voce del ragazzo più giovane:
-Posso farti una domanda?-
-Del tipo?-
-Perché sei venuto fin qui per chiedermi di Simon? Voglio dire, non è prioritaria la tua ricerca della memoria? Ho letto sui giornali che…-
Sean lo interruppe:
-So cosa dicono i giornali, ma faresti meglio a non crederci. Se sono venuto fin qui è perché per me era importante cercare in un qualche modo di ricordarmi di Simon-
-Perché?-
L’altro scosse la testa:
-Non lo so. Sentivo solo di volerlo fare-
Matt rimase perplesso a guardarlo, poi fece spallucce:
-D’accordo, come vuoi tu, signor Darren. Ora che pensi di fare?-
-Cerco McBrian-
-Paul McBrian? Quello che ti ha placcato?-
Sean si alzò dalla panchina e si posizionò davanti al giovane in tutta la sua statura:
-Proprio lui-
-E poi che fai?-
-Ci parlo. Di’ un po’, mi stai facendo il terzo grado?-
-No, affatto. Solo vorrei sapere come può comportarsi  uno in una situazione del genere, tutto qui-
L’altro non disse niente e Matt riprese a parlare:
-Se Simon fosse qui ora starebbe sicuramente facendo il possibile per aiutarti, tu eri il suo idolo-
-Immagino- si limitò a dire Sean, che poi aggiunse: -Credo sia anche per questo che voglio darmi una mossa a ritrovare la memoria-
-Per cosa, scusa?-
-Per Simon. Hai detto che se lui fosse qui cercherebbe di aiutarmi, no? E io voglio ritrovare la mia memoria per lui-
Matt esplose in un sorriso:
-E per te no?-
-Anche-
Sean alzò una mano in segno di saluto:
-Ora devo andare, ci vediamo prossimamente, ragazzo. Spero sarai presente per la partita contro gli Springboks-
-Cosa? Ma è fra due giorni, credi davvero di riuscire a giocare?-
-Non vedo perché no- rispose Darren, rendendosi conto che giocare, ora, era quello che più voleva fare.
-E come pensi di fare?-
-Hei, non sono infortunato, semplicemente non mi ricordo niente, sai che roba. Parlerò con McBrian e poi sono sicuro che tutto mi tornerà chiarissimo-
-Ok, ma McBrian…- venne interrotto.
-Non preoccuparti, ho tutto sotto controllo, credo. Ora devo andare a parlare con una persona. Ti ringrazio di tutto Matt, dico davvero-
Il giovane alzò le mani e non disse nulla, limitandosi a sorridere.
Dopo averlo salutato, Sean si diresse verso l’ingresso del campus per recuperare la sua bici, fu allora che un altro piccolo frammento di passato gli tornò in mente.
 
-Sai, Sean, se c’è una cosa che invidio veramente di te è la tua determinazione- gli aveva detto Simon, un giorno, fuori dallo stadio di Auckland.
-Non è determinazione, chiamala pure testardaggine-
Il ragazzo era scoppiato a ridere e aveva ripreso parola subito:
-Chiamala come vuoi, ma è una cosa che mi piace molto di te-
 
Darren sorrise ricordando quel frangente. Si rese conto che voleva tornare a ricordare più di ogni altra cosa al mondo e c’era un solo uomo che poteva aiutarlo in quel momento. Salì sulla sua bicicletta e si diresse in fretta verso il centro della città.
 
 
  
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