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Autore: justinlove    28/10/2013    1 recensioni
Allison, una ragazzina di solo diciassette anni che cerca con tutte le sue forze di fermare la mafia che, ormai da anni, si è introdotta nella sua piccola città: Stratford.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Justin Bieber, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Non gli avrei mai permesso una cosa simile se solo avessi saputo che in gioco ci sarebbe stata la sua vita o meglio, la nostra.”

Era una mattina come le altre se non per la pioggia, ma a chi vogliamo prendere in giro? A Stratford piove ogni giorno dell’anno. La città del freddo.
Allison era abituata a svegliarsi presto, non le piaceva fare sempre tutto e troppo di fretta (…) se iniziava la giornata con calma, era felice per il proseguire.
Strofinò le mani sui suoi occhi azzurri prima di sedersi sul suo stesso letto e sbadigliare come se ancora avesse cinque anni.
Legò i suoi lunghi capelli biondi in uno chignon scendendo lungo le scale per poi andare a fare colazione. Ancora stanca rovesciò del latte e in seguito i cereali nella sua solita tazza blu, afferrò il cucchiaio iniziando a ingerire piccoli bocconi.

“Buon giorno tesoro!” –esclamò il padre sorridendole.

Allison fece cenno con la testa, non le piaceva parlare di prima mattina e tanto meno con la bocca piena di cibo.

“Dormito bene?” –continuò.

Si limitò ad alzare il pollice, come per far capire al padre che passò la solita serata in modo desiderato.
Bevve gli ultimi sorsi di latte prima di sciacquare la tazza e infilarla nella lavastoviglie.

Ancora una volta Justin Bieber il baby-mafioso, è indagato per l’uccisione del medico legale della piccola città di Stratford. Il Boss e tutta la sua squadra non hanno rilasciato nulla di particolare se non le semplici parole “se la polizia non ha prove non può attribuirci colpe”.
Allison non dava molto ascolto a notizie di questo tipo, o meglio, le ascoltava ma preferiva non dire molto: non le era mai piaciuta la mafia soprattutto adesso che fu introdotta anche nella sua piccola città, che amava tanto e da sempre.

“Mi chiedo perché non fanno qualcosa quelli della polizia! Voglio dire, sono pur sempre mafiosi, no?” –lamentò Mark, il padre.
“Papà” –sorrise “la mafia, ormai, è anche nella polizia”.

Mark annuì, facendo capire all’innocente figlia che aveva ragione.



*
Non le piaceva cadere nell’occhio, usava sempre un modo semplice di truccarsi e vestirsi Allison, soprattutto per un ambiente come la scuola, che non era il massimo in cui dare il meglio di se. Al contrario delle sue compagne che, invece, facevano sempre di tutto per apparire e la maggior parte delle volte: facevano brutta figura.

***
Si trovava alla fermata del suo, solito, mattutino Autobus prima di andare a scuola (…) quando una macchina nera, una di quelle macchine nere che solo i ricconi –come appunto i mafiosi- avevano.
Ed ecco lì, come si sarebbe aspettata: Lil, amico di Justin nonché uno dei “baby-mafiosi”. Lo vide avvicinarsi di fretta e con rabbia verso il figlio dei uno dei più potenti avvocati della città.
Lo prese dal colletto del maglione, sbattendolo contro il muretto dietro di loro. Allison odiava assistere, per forza, a quelle scene che, davvero, provenivano da persone senza un briciolo di cuore e umanità.

“Puoi anche dire a tuo padre di smettere d’indagare sul nostro giro o giuro vi facciamo fuori!”

Riuscii a udire quelle parole che le fecero rigirare tutti i nervi che aveva in corpo.
Allison con coraggio e tenendo poggiati i libri sul magro petto, si avvicinò verso i due ragazzi. Inutile dire che aveva il cuore in gola e che, molto probabilmente, sarebbe morta dalla paura, o persino, morta del tutto. Conoscendo quelle persone, non avevano nemmeno un briciolo di pietà sulle donne, soprattutto se erano ancora delle adolescenti spensierate e indifese.

“Non credi che dovresti lasciarlo stare?” –sbottò con paura, Allison.

Il ragazzo dalla pelle scura, Lil, alzò lo sguardo mollando il colletto di quel povero e innocente ragazzo, aggrottando le sopracciglia.

“Qualcuno ha chiesto il tuo parere?” –la squadrò dalla testa ai piedi più di dieci volte “patetica ragazzina di chissà quale quartiere?” –continuò.

“No, hai ragione patetico ragazzo mafioso, nessuno ha chiesto il mio parere” –sospirò, la voce iniziò a tremarle “ma sappi che sono testimone di quello che hai appena detto a questo ragazzo”.

Simon, il ragazzo ancora impaurito appiccicato al muro, sistemò il suo maglione e sospirò (…) ma la paura gliela si leggeva negli occhi. Gli occhi sono lo specchio dell’anima, nessuno riesce a nascondere quello che trasmettono, mai.

Allison girò le spalle, facendo piccoli passi per tornare sul punto da dove era andata via.
Le tremavano ancora le gambe e soprattutto le mani, sembrava una ragazza forte: ma non lo era, per niente. Era fragile, come una foglia in pieno autunno che sta per cadere dall'albero.

Lil, come solito fare dalle persone come lui, s’indispettì. Decise di seguire la ragazza, per poi prenderla dal braccio a girarla verso la sua stessa faccia.
Le strinse il polso, tanto da farle pronunciare “ahia”. Allison tentava di rimanere ferma e forte, ma era impossibile.

“Prova a dire, fare qualcosa e giuro che dopo di loro” –indicando Simon “faccio saltare all’aria la tua insignificante testa”.

Allison, impaurita, sbarrò gli occhi. I suoi occhi azzurri, azzurri come l’oceano. Ritrasse il braccio, tenendolo con l’altra mano per non sentire il dolore che in quegli interminabili minuti, le provocò.

“Perché dovrei avere paura di te?” –sbottò
“Devo imparare a stare zitta alcune volte” pensò senza giri da parole.

“Perché noi qui abbiamo potere, intendi?” –sorrise in modo arrogante “come quando stai per uccidere qualcuno. Tu hai il possesso di tutto, compresa la vita della persona alla quale stai per trafiggere il cuore con il coltello più affilato che trovi nella tua cucina” –continuò ridendo, come se fosse normale e buffo ciò che descrisse.

Allison, ancora più impaurita, fece dei passi indietro. In quegli instanti capii che non doveva dire niente, doveva tenersi tutto per se. Le sue paure. Le sue insicurezze. Tutto. Non doveva dire niente a nessuno (…) erano delle persone pericolose e che, sul serio, avevano in possesso tutto e tutti.

Furono minuti di grande paura per Allison, ma sospirò di sicurezza quando vide Lil andare via, chiuse gli occhi per poi asciugarli dalle lacrime che non riuscii a trattenere, ma fu grata di averle fatte uscire solo quando era da sola, non le sarebbe piaciuto per nulla al mondo far vedere alle persone, come Lil, quanto fragile fosse. Gli avrebbe fatto capire, in quel modo, che potevano avere tutto il possesso che volevano su lei stessa.

“Ehi” –sussultò “grazie mille”.

Si girò, sorridendo. Simon.

“Oh! Ehm, non mi devi ringraziare” –sorrise nascondendo il suo spavento.
“Si invece” –ricambiò il sorriso.
“Ho solo fatto ciò che ritenevo giusto, tutto qua” –annuii “oh è arrivato il mio autobus, ci vediamo”.

Si sedeva sempre dalla parte del finestrino, terza fila.
Poggiò lo zaino sulle sue fragili e piccole gambe, e i pensieri di ciò che nei minuti prima successe iniziarono a tormentarle la mente.

Aveva solo diciassette anni, era ancora una bambina e temeva di poter riuscire a sopportare tutto ciò che nei prossimi giorni, mesi e molto probabilmente, anni le sarebbe potuto succedere. Aveva paura, e dopo anni iniziò a buttarlo fuori, a farlo notare. E lei, personalmente, per com’era fatta odiava questa cosa … lo vedeva come uno stupido difetto che l’avrebbe rovinata per il resto della vita (…)



 
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