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Autore: HamletRedDiablo    29/10/2013    5 recensioni
L’equilibrio della Confederazione Siderale era garantito da tempi immemori dall’Asse, il primogenito della famiglia Vaticana Vargas; l’Asse era il cardine su cui ruotava tutto l’universo conosciuto.
Ma due gemelli avrebbero fatto precipitare anche il cielo, pur di ricongiungersi con il consanguineo.
«Saresti davvero disposto a tradire la tua famiglia?»
«Voglio liberare mio fratello dal Palazzo. Non mi importa del resto.»
«E faresti qualunque cosa?»
«Qualunque cosa.»
Una mano abbronzata sventolò sotto il suo naso, in una precisa offerta.
«Sei pronto a unirti alla mia ciurma?»

Coppie: GerIta, Spamano, RoChu, PruCan (altre si uniranno in seguito)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo Sette: Hellsing

 

Assassino!

Il sangue del demone disegnò un cerchio nero nell’aria pesante di fumo.

Gilbert ricaricò velocemente l’archibugio, prima di conficcarlo nelle fauci spalancate di un altro diavolo e fargli saltare il cervello con un colpo.

Assassino!

Estrasse le sciabole il più rumorosamente possibile, per soffocare la voce del suo incubo che ancora gli attraversava la memoria.

Assassino!

Era stato quello strillo nei suoi sogni a farlo svegliare di soprassalto, quella mattina. Aveva passato una mano sulla fronte sudata, e delle dita più piccole e paffute delle sue si erano appoggiate sul suo braccio.

«Hai dormito male?» aveva chiesto una vocina infantile.

Gilbert aveva sorriso, accarezzando i capelli soffici del bambino rannicchiato al suo fianco.

«Il tuo meraviglioso fratellone stava solo pensando alla pesante giornata di lavoro che gli si para davanti» lo aveva rassicurato, per poi alzarsi dal letto.

«Ucciderai i demoni anche oggi?» aveva gorgheggiato il bambino, sporgendosi dal letto.

«Come sempre» aveva confermato Gilbert. Aveva afferrato le sue armi e aveva cominciato la consueta ispezione: sarebbe stato un vero problema se si fossero inceppate durante il lavoro.

«Sei considerato un eroe, per quello che fai?»

L’Hellsing si era voltato, e non era riuscito a dire la verità a quegli occhi azzurri che lo guardavano adoranti. Per il piccolo Ludwig, il fratellone rappresentava la meta irraggiungibile di perfezione, il modello ideale cui ispirarsi. E non poteva far crollare il sogno meraviglioso che vedeva nelle iridi cerulee del piccolo.

«Ovviamente!» aveva riso Gilbert, gonfiando il petto. «Il tuo fantastico fratello è ammirato, adorato e imitato in tutta la Confederazione!»

Il viso raggiante di Ludwig era stato una ricompensa più che onorevole per quella bugia. Aveva appoggiato la mano sulla testa del piccino e aveva accarezzato la sua chioma soffice.

«Mi raccomando, chiudi a chiave la porta e non aprire a nessuno fino a che il tuo meraviglioso fratello non sarà tornato, d’accordo?»

Assassino!

Si lodava in quel modo per convincere il piccolo Ludwig che lui era davvero l’eroe della Galassia. E per ricordare a se stesso che non doveva ascoltare le grida di tutte le donnette fuorviate dalle fandonie delle famiglie Vaticane.

Un movimento alla sua destra risvegliò la sua attenzione. Raggiunse la fonte dello spostamento con un balzo felino, e ciò che trovò lo lasciò quasi trasecolato.

Era convinto che gli abitanti di quel villaggio fossero tutti morti o fuggiti; invece un giovane tremante e tramortito dal terrore lo fissava con occhi allucinati da dietro lo scudo di una porta crollata.

«Tutto bene, laggiù?» s’informò Gilbert, sporgendosi verso di lui.

Il giovane arretrò strozzandosi con il suo stesso fiato. L’Hellsing intuì il motivo della sua paura: vedere il proprio villaggio distrutto dai demoni per poi trovarsi davanti uno sconosciuto armato e coperto di sangue nero doveva essere troppo per la psiche di una persona normale.

Un’ombra gigantesca oscurò il sole, e i due si trovarono immersi in una notte innaturale.

L’Hellsing torse il collo per scrutare il mostro alle proprie spalle: un gigantesco Ciclope lo fissava dall’alto, con un filo di bava che pendeva dalla bocca disgustosa.

«Per un ammasso di sporcizia della tua portata una pallottola non sarebbe sufficiente» calcolò. «E nemmeno un colpo di sciabola.»

Il giovane lo fissò sbigottito mentre lo sterminatore afferrava con la mano sinistra il fermaglio a forma di corvo sul suo petto. Punse il pollice con il becco del volatile di metallo, e lasciò che alcune gocce stillassero sul suo capo nero.

«Coraggio Gilbird. È ora di svegliarsi!» chiamò, lanciando la spilla in aria.

Il ghigno dell’Helsing si ampliò a dismisura quando la metamorfosi del suo orpello si completò: il ferro da cui era stato plasmato il fermaglio si sciolse di sua spontanea volontà, andando a delineare un’iride di ebano. Dall’occhio tenebroso si aprì un ventaglio di piume, che si moltiplicarono e ingrossarono fino a ricoprire tutto il corpo di un corvo mastodontico.

Il volatile si gettò in picchiata sul Ciclope, conficcandogli il becco nell’occhio deforme. Il mostro portò entrambe le mani al bulbo oculare zampillante sangue, e il corvo sfruttò quell’occasione per tempestargli il petto di beccate.

«Distrailo ancora un po’, Gilbird» lo incitò Gilbert, ricaricando l’archibugio. Tracciò uno strano simbolo con le dita sulla pallottola, prima di chiudere l’arma e puntarla al cuore del Ciclope.

Premette il grilletto, e, come previsto, la magia infusa nel bossolo funzionò: il proiettile si ingrandì durante la sua corsa, e si rivestì di un manto di fiamme violacee prima di infiggersi nello sterno dell’abominio. Il Ciclope lanciò un grido aberrante, il petto squarciato da un enorme foro, le fiamme di ametista che ancora bruciavano i bordi.

L’Hellsing non si preoccupò nemmeno di assistere alla caduta del mostro: aveva visto quello spettacolo così tante volte che ormai era diventato noioso. Voltò le spalle al Ciclope morente e si rivolse al giovane ancora paralizzato:

«Riesci a muoverti?»

Il ragazzo scosse la testa, e indicò con un indice traballante la porta. Dunque non l’aveva usata come scudo volontariamente: l’uscio gli era semplicemente crollato addosso, bloccandogli una gamba al terreno.

«Gilbird, puoi fare qualcosa per questo?» lo interpellò l’Hellsing.

Il corvo planò sulla porta e la sbriciolò senza fatica con il suo becco d’acciaio, facendo mancare non pochi battiti del cuore al giovane, che minacciò di scoppiare di paura quando l’Hellsing si chinò su di lui e se lo caricò in spalla come se quasi non avesse peso.

«Sei originario di questo paese?» domandò Gilbert.

Al ragazzo occorsero alcuni secondi per recuperare le parole, sprofondate in fondo ai piedi.

«…no» sussurrò, flebile.

«Eri qui in viaggio?» proseguì Gilbert.

«… non lo so» esalò l’altro.

«Come fai a non saperlo?» lo incalzò l’Hellsing.

Il corpo del ragazzo tremò contro di lui come per un terremoto interno, e infine il giovane cedette:

«Non ricordo nulla prima dell’attacco dei demoni.»

«Quindi non ti ricordi nemmeno da dove vieni. Ah, questo è un problema.» valutò velocemente le opzioni che si aprivano sul destino di quel giovane: sarebbe sicuramente morto, se lo avesse lasciato solo e ferito su quel pianeta carbonizzato. Ma non poteva nemmeno riportarlo alla sua famiglia, poiché il ragazzo non ricordava dove fosse.

«Gilbird, riesci a portarci entrambi?»

Il corvo volò a pochi centimetri dal suolo, permettendo al padrone di raggiungere la sua schiena con un salto.

«Tra poco saremo a casa!» manifestò spavaldo l’Hellsing.

Per tutto il tempo del volo, il giovane si domandò angosciato cosa intendesse quell’uomo assurdo per “casa”: sicuramente si riferiva a un castello gotico in marmo nero, circondato da lava e protetto da draghi sputa fiamme.

La realtà lo colpì con un’immagine quasi banale: una tranquilla baita nel mezzo di una pianura completamente brulla, vicino all’unico lago rintracciabile nel raggio di chilometri.

Gilbert smontò dalla cavalcatura alata senza perdere la presa sul ragazzo arpionato alle sue spalle, e, a un suo fischio, il gigantesco corvo ripiegò le piume e chinò la testa, iniziando il processo di rimpicciolimento che lo portò in pochi secondi ad assumere nuovamente la forma di una spilla di metallo.

Gilbert la raccolse da terra e, trovandosi con entrambe le mani occupate, bussò alla porta di casa con la punta di metallo dello stivale.

Quello che fece capolino dallo stipite non fu un servo demoniaco rigurgitato dalle fosse tartaree, ma un bambino biondo incredibilmente grazioso.

«Questo signore è Matthew, e sarà nostro ospite per un po’. Salutalo, Ludwig» lo presentò Gilbert.

«Salve signor Matthew» gorgheggiò il piccolo, studiandolo con gli occhioni cerulei. «È ferito.»

«Ha una frattura alla tibia e al perone. Mi servono delle stecche e delle bende» diagnosticò l’Hellsing.

Il bambino annuì e trotterellò sul pavimento di legno fino a raggiungere una sedia, che posizionò sotto una smisurata credenza di legno di ciliegio. Gilbert vigilò su di lui finché non lo vide scendere dallo scranno sano e salvo, e barcollare verso i loro con le medicazioni richieste.

«È sempre così ubbidiente?» si sorprese pacato Matthew.

«L’ho cresciuto bene. È un bravo bambino» si vantò Gilbert, carezzando la zazzera morbida del piccolo, che arrossì contento per i complimenti del fratello maggiore.

Il giovane si sarebbe potuto commuovere per quel quadretto familiare, se solo l’Hellsing non fosse stato coperto di sangue nero e non avesse tenuto in mano un’inquietante stecca che aveva intenzione di conficcargli nella gamba.

«Abbiamo finito l’anestetico» si rammaricò Ludwig. «Però abbiamo della grappa.»

«Bravo. Vai a prenderla» lo lusingò Gilbert, prima che il piccolo scalpicciasse in direzione della cantina.

«Siete… attrezzati» notò con un filo di voce Matthew.

«Siamo gli unici esseri viventi su questo pianeta, dobbiamo essere attrezzati» sminuì  l’Hellsing.

«Perché mi avete presentato come Matthew?»

La spiegazione di Gilbert fu semplice e pratica.

«Non hai ricordi precedenti all’attacco dei demoni, quindi suppongo che tu non ricordi nemmeno il tuo nome. Matthew ti si addice, hai la faccia da Matthew.»

Il giovane non indagò su quali fossero gli attributi di una “faccia da Matthew”, e permise allo stravagante uomo di adagiarlo sul letto in mezzo alla stanza.

Il bambino ritornò portando con aria trionfale la bottiglia di alcolico.

Una mano imbrattata di sangue gli schiaffò l’imboccatura sotto il naso, e l’Hellsing consigliò:

«Bevi più che puoi. E spero che tu non sia uno di quelli che danno di stomaco durante la sbornia.»

«Lo spero anche io» si augurò spaventato Matthew, prima di accostare le labbra al collo della bottiglia.

Si era svegliato in mezzo a un parapiglia di demoni e fuoco, aveva volato su un corvo gigantesco e un bizzarro individuo coperto di sangue nero lo esortava a bere fino a perdere i sensi.

Pregò che, al suo risveglio, il mondo fosse tornato normale e tutto quello che era successo fino a quel momento si rivelasse essere un incoerente incubo.

 

***

 

Non volevo che lo scoprissi così.

Ma non volevo darti ulteriori fastidi.

So che sei un uomo generoso, so che ti preoccupi per gli altri.

So che avresti sofferto troppo. Per questo ho agito in prima persona.

 

La luce del sole mattutino scivolò nella fenditura tra le palpebre e gli ferì la pupilla, facendolo svegliare con un mugolio.

La prima cosa a dolere fu la testa, ancora impantanata nei fumi dell’alcol. La seconda fu la gamba immobilizzata da un’intelaiatura di stecche e bendaggi.

Confuso dal sonno e dai postumi della sbornia, Matthew si guardò intorno, e riconobbe con fatica la casa dell’Hellsing. Quando era entrato non vi aveva fatto caso, ma l’abitazione era concentrata in un’unica grande stanza: nell’angolo a sud era stato incastrato un esercito di credenze e un fornello a gas per cucinare, il tutto completato da tavolo e sedie di legno; al limitare della cucina si apriva la porta che dava accesso alla cantina, e sulla parete limitrofa l’arredamento comprendeva una libreria, un angolo giochi per il piccolo Ludwig e il mobile da cui il bambino aveva estratto le medicazioni. Lungo la parete di fronte alla cucina erano stati allineati il letto dell’Hellsing, su cui adesso di trovava, e il giaciglio più piccolo del bambino. Poco distante da quest’ultimo, una scala a pioli si arrampicava allo sconosciuto piano superiore.

«Ben svegliato, signor Matthew.»

Il giovane fece quasi saltare la steccatura alla gamba per lo spavento: non aveva minimamente notato il piccolo abbarbicato a lato del letto.

«Bu-buongiorno» balbettò senza voce.

«Avete riposato bene?» domandarono i due occhi zaffiro, l’unica cosa visibile dal bordo del materasso, assieme a una manina paffuta che reggeva i suoi occhiali, malamente accomodati dopo lo schianto che li aveva scheggiati.

«Sì… ho dormito bene…» Matthew attorcigliò il lenzuolo tra le dita, imbarazzato per la sua richiesta. «Dove… dove è il bagno?»

«La latrina è qui fuori» il piccolo indicò la porta di casa, esplicativo.

«No, dovrei lavarmi…»

«Usiamo il lago.»

Matthew si convinse che l’alcol che ancora gli circolava in corpo avesse distorto la reale risposta del piccolo: i flutti di quella distesa d’acqua dovevano essere ghiacciati, vista la temperatura esterna.

«Il lago» ripeté Ludwig, notando la reticenza del giovane.

«Il… lago…»

Le mani tenere del bambino afferrarono la sua, e lo strattonarono ostinate finché il giovane non scese dal letto, pur con le difficoltà arrecate dalla gamba immobilizzata.

Avanzò zoppicando e saltellando, appoggiandosi come meglio poteva al marmocchio, fino a raggiungere la sponda del lago.

Matthew non riconobbe subito l’uomo seduto sulla sponda, impegnato a rimuovere l’amo dalla sua preda. Senza l’uniforme degli Hellsing e il sangue di demone colato addosso, Gilbert sembrava un uomo normale, perfino bello. Le sfumature rosse dei suoi occhi apparivano affascinanti e non inquietanti, e i capelli d’argento, se baciati dal sole di ghiaccio di quel luogo e non dalle fiamme della battaglia, assomigliavano a pacifici raggi lunari. La camicia di tessuto pesante e i pantaloni di fustagno conferivano un’aria di casalinga rilassatezza al tutto, diradando l’immagine fosca di sterminatore. Ma era destino che l’Hellsing non potesse farsi vedere in condizioni del tutto comuni: il pesce che aveva appena pescato aveva le dimensioni di un cucciolo di viverna.

«Guarda cosa si è procurato il tuo meraviglioso fratello!» proclamò soddisfatto. «Ci basterà per almeno tre giorni!»

Matthew arretrò con il cuore, non potendolo fare con la gamba malata: l’occhio morto di quel pesce abnorme che lo fissava gli metteva i brividi.

«Come mai siete venuti al lago, voi due?» Gilbert estrasse finalmente l’amo dalla bocca del dinosauro, lo ripulì e lo infilò nel tascapane appeso in vita.

«Dovrei lavarmi» tentennò Matthew.

«Spogliati, allora.»

Il giovane rimase spiazzato e imbarazzato da quell’ordine.

«Spogliarmi?»

«È il primo passo, se ci si vuole lavare» sottolineò ovvio l’Hellsing, per poi rivolgersi al piccolo: «Ludwig, ti dispiace mettere questo animale sotto sale?»

Il bimbo tese le braccia tozze e si caricò il pesce sulla testa, per poi ondeggiare verso casa.

«Nel lago vivono… pesci di quelle dimensioni?»

«Sì» mitragliò Gilbert, senza la minima premura per lo spavento dell’altro. «Ma non preoccuparti: basta stare dove l’acqua è bassa, e non si avvicineranno» portò di nuovo lo sguardo sul ragazzo e commentò: «Hai intenzione di farti il bagno con i vestiti?»

Matthew torse il bordo della camicia con le mani e le parole con la lingua nel patteggiare:

«Posso… avere un secchio?»

L’Hellsing non sbuffò e non protestò, e gli porse il catino con relativa gentilezza. Matthew fu piacevolmente sorpreso dal trovarvi dentro anche il sapone e un panno con cui strofinarsi. Procedette a spogliarsi, sebbene rallentato dalla steccatura nel togliersi i pantaloni, ma non rimosse la biancheria: anche se voltato di spalle, l’Hellsing non lo aveva lasciato solo.

Aveva appena cominciato a insaponarsi un braccio quando l’uomo gli chiese a bruciapelo:

«Sai qual è il mio ruolo?»

«Siete… l’Hellsing» incespicò Matthew.

 «Non ricordi niente di te, eppure sai quale sia la mia carica» notò Gilbert. «Davvero inconsueto.»

«Non so perché mi ricordi questa…» la lingua del ragazzo si pietrificò: l’Hellsing aveva tirato fuori da chissà quale luogo nascosto un coltellaccio a serramanico lungo quanto il suo avambraccio.

Gilbert fece roteare il pugnale nell’aria come un bambino avrebbe giocato con un areoplanino di carta, e chiese:

«Sai anche quali voci girino su di me?»

Matthew si coprì il cuore con l’asciugamano, la sua unica ed esigua difesa contro quella lama assassina.

«So che siete… ricercato…»

Il giovane si ritrasse sul sasso viscoso, il più lontano possibile da quel coltello vorticante.

«E sai anche il motivo?»

«Si dice che sia la vostra famiglia a richiamare i demoni.»

Matthew quasi si rovesciò sulla schiena come una tartaruga quando l’Hellsing arrestò improvvisamente il pugnale, con un’espressione furibonda sul viso. Mille scenari raccapriccianti di quel coltellaccio conficcato nel suo corpo gli si pararono davanti agli occhi, prima che Gilbert riprendesse a giocarci, facendolo dondolare sull’indice.

«Una bugia del Vaticano» decretò infine, tetro. «Vuoi sapere la verità?» non attese risposta e continuò, spedito come una slavina di montagna: «La mia famiglia ha sempre sterminato i demoni che minacciavano gli esseri umani, ma per farlo avevano bisogno di un aiuto. Per questo ci siamo specializzati nel combattimento magico e nel richiamo dei famigli, come Gilbird. Un uomo con armi comuni avrebbe poche speranze contro i mostri di ieri, non trovi?»

Matthew annuì, deglutendo a fatica.

«E il Vaticano deve aver avuto paura che potessimo rubare i loro fedeli, o qualcosa del genere. Hanno distrutto il nostro nome e plagiato l’opinione pubblica. Hanno fatto credere a tutti che fossimo noi stessi a richiamare i demoni e, poiché molte persone ci avevano visto evocare i nostri famigli… la paura fa credere a molte idiozie.»

«Ma vi avranno visto combattere contro i demoni…»

Gilbert gli indirizzò uno sguardo più tagliente della lama che faceva penzolare tra le dita.

«Se ieri, prima che io ti portassi a casa mia e ti curassi, ti avessero detto che ero stato io a evocare i diavoli… ci avresti creduto?»

Matthew avrebbe voluto rispondere che no, non avrebbe mai prestato fede a una simile menzogna, ma l’ipocrisia di quell’affermazione gli legò la lingua. Lo aveva visto apparire con la divisa nera e gli occhi fiammeggianti, i capelli argentei raggrumati di sangue, e lo aveva visto evocare una bestia spaventosa come i demoni che lo circondavano. Capiva perché la gente spaventata avesse potuto credere a quella versione.

Gilbert accettò il suo silenzio colpevole senza nemmeno battere le palpebre, e seguitò, rivolto al coltello:

«Non mi sorprenderebbe scoprire che sono stati loro ad aprire i cancelli ai demoni, diciassette anni fa.»

«Ai demoni…?»

Il pugnale scivolò tra le dita dell’Helsing, e gli tracciò i polpastrelli con una sottile riga scarlatta. Gilbert sfregò il pollice sulle ferite, seccato. Quella puntura non era nulla, in confronto ai ricordi di tanto tempo prima.

«Potrai non crederci, ma questo posto, una volta, era un giardino. Era tutto coperto di erba e boschi, ed era una gioia vederli cambiare con il ritmo delle stagioni. E c’erano case, animali… c’era vita» le iridi rosse divennero torbide come il lago poco distante, e l’Hellsing proseguì: «Poi, diciassette anni fa, un portale si è aperto inspiegabilmente su questo pianeta. Orde e orde di demoni si sono rovesciate su di noi. E anche il migliore sterminatore non può resistere a un attacco di massa.»

La punta del pugnale pizzicò l’unghia dell’Hellsing, e il suo tono fu marmoreo nel terminare:

«Misteriosamente, la maggior parte dei demoni non si sono mai mossi da questo pianeta. Proprio come se fossero stati evocati esattamente per la distruzione di questo mondo» un sorriso di amaro sarcasmo contorse le labbra pallide dell’uomo. «Sono fuggiti solo alcuni gruppi sporadici, come quello di ieri.»

Matthew inforcò gli occhiali, malamente storti e con una fastidiosa crepa su tutta la lente destra, e indossò la sua espressione più seria nel chiedere:

«Non avete mai provato a smentire le menzogne del Vaticano?»

«Da soli non si può fare tanta strada.»

«Da… soli?»

Le labbra ruvide di Gilbert si appoggiarono sull’elsa di legno del pugnale, e le allontanò per rispondere:

«Quel giorno, ero l’unico a non trovarsi su questo pianeta. Ero in giro con due miei vecchi amici. E al ritorno, ho scoperto di essere l’unico Hellsing rimasto» strinse le nocche sul pugnale e digrignò i denti nel dichiarare: «Per cinque anni ho vissuto su un asteroide qui vicino, e sono sceso sistematicamente a distruggere i demoni, finché non ho riconquistato il pianeta. I miei due amici di cui sopra mi hanno molto aiutato» un sorriso appena stemperato di affetto sorse sulle labbra dell’uomo, per tramontare subito dopo: «Poi ho costruito questa casa. E dopo ho cominciato a cacciare i demoni fuggiti, anche se sapevo che questo avrebbe aggravato l’immagine pessima degli Hellsing.»

«Perché lo avete fatto, allora?»

Il pugnale ciondolò pigro tra le mani di Gilbert, che sbottò, malinconico e petulante al contempo:

«Se non lo faccio io, chi è in grado di farlo? Sono l’unica persona all’interno della Confederazione capace di fronteggiare quei demoni senza bagnarsi i pantaloni. E poi, non voglio che altra gente torni a casa sua e trovi solo macerie fumanti. O che veda il suo pianeta ridotto a una distesa brulla. Quindi, anche se mi attirerò le ire del Vaticano, continuerò a combattere finché non avrò eliminato anche l’ultimo demone.»

La schiuma sul corpo di Matthew si era seccata in una strana fantasia di mezzelune bianche sulla sua pelle, che il ragazzo rimosse distrattamente mentre bofonchiava:

«Avete detto di essere il solo rimasto… quindi Ludwig è stato adottato?»

«L’ho creato io.»

L’espressione vacua di Matthew esigeva spiegazioni, per cui Gilbert specificò:

«Non è un essere umano. È un costrutto. La mia magia è abbastanza potente da permettermi simili giochetti, una volta nella vita. Adesso ha circa sedici anni.»

«Sedici…?»

«Per una qualche strana ragione, non vuole saperne di crescere. Ma credo che sia colpa mia: lo vizio così tanto che si trova più che bene a fare la parte del bambino.»

La mente ripescò le immagini del piccolo che si arrampicava alla ricerca dei medicinali, che accorreva al capezzale con una bottiglia di grappa e che barcollava sotto il peso del mastodontico pesce. Non era sicuro che l’Hellsing fosse del tutto consapevole del significato della parola “viziare”.

Il pugnale compì un’ultima rotazione nell’aria, prima di essere afferrato al volo e riposto in tasca.

«Vado a tagliare il girino» annunciò, avviandosi verso casa.

Non si aspettava che, circa dieci minuti dopo, la porta di legno sarebbe stata aperta da un’apparizione con gli occhiali storti e i capelli fradici, che gonfiò il petto mingherlino in un’altisonante dichiarazione d’intenti:

«Qualunque cosa accada, crederò sempre in voi.»

L’assurdità di quella situazione raggelò entrambi nelle rispettive posizioni: Gilbert osservava Matthew, ritenendo che simili annunci non avrebbero dovuto essere fatti da persone bagnate, parzialmente insaponate e con un paio di lenti pendule che si reggevano sul naso per miracolo divino; Matthew fissava Gilbert, in particolare le sue mani ricoperte di interiora di pesce e la carcassa sventrata della bestia sul tavolo, chiedendosi perché quell’uomo fosse sempre circondato da un alone di anormalità.

«Se non ti asciughi in fretta, ti prenderai un malanno» lo redarguì Gilbert.

«Dico sul serio. Se anche tutta la Confederazione dovesse esservi contro, io continuerò a credervi.»

Gilert appoggiò le budella del cucciolo di viverna sul tavolo, e si avvicinò al ragazzo con le mani ancora grondanti di sangue e liquidi intestinali.

«Ti ingrazio, Matthew» esclamò, porgendogli una mano lorda.

Il giovane cercò di convincersi che le cose viscide e flaccide che sentiva sotto le sue dita fossero bacche di bosco mentre ricambiava il gesto dell’Helsing.

«Smettila di darmi del voi» lo avvertì Gilbert, tornando al suo posto sul tavolo. «E dobbiamo trovare un rimedio per i tuoi occhiali.»

Matthew annuì vigorosamente e corse ad asciugarsi, come precedentemente consigliato dall’Hellsing.

Non sarebbe stato d’aiuto durante una battaglia, e sicuramente il Vaticano non avrebbe ascoltato la difesa di un giovane che non ricordava nemmeno la sua provenienza esatta. Ma l’Hellsing sembrava rincuorato; aveva scorto il barlume di un sorriso, nei recessi amaranto dei suoi occhi da sterminatore.

 

***

 

Sei uno sterminatore di demoni, ma credo che sia giunto il momento in cui le tue armi rimangano silenziose.

Ludwig ti aiuterà ad accettare il mio tradimento. E spero che un giorno troverai la forza di perdonarmi e di guardare di nuovo al domani.

Sono sicuro che ce la farai.

Perché, a questo mondo, non esiste nessuno più meraviglioso di te.

 

Da quel giorno in poi, i ricordi si erano accumulati come tante fotografie nella memoria dell’Hellsing, avvezza solo alle lotte da tempo immemore.

Il pomeriggio stesso di quel giorno, quando tutti e tre insieme avevano costruito una buffa imbragatura di stecchi e pelle per raddrizzare gli occhiali di Matthew, ma nessuno era riuscito a fare nulla per la crepa che spaccava la lente destra, e il ragazzo si era rassegnato a vedere il mondo diviso a metà.

A marzo, quando era tornato da una spedizione contro i demoni, e aveva trovato Matthew e Ludwig affaccendati con il bulbo di una pianta ignota; il piccolino era corso da lui agitando le braccia come un gabbiano impazzito, strepitando qualcosa su come volessero restituire al fratellone il pianeta dei suoi ricordi.

Ad aprile, quando era tornato con una ferita al braccio, e Matthew si era occupato di lui insieme a Ludwig. E, durante la convalescenza, gli aveva parlato delle ultime due persone che lo avevano visitato, tanti anni prima. Uno dei due aveva i capelli più lunghi e il seno più pronunciato di quello di Matthew, e quando lui gli aveva chiesto se si trattasse di una donna, gli aveva risposto che no, si trattava di un uomo molto grasso. Si era guadagnato un’occhiata molto peculiare dal giovane e la risata irrefrenabile del fratellino minore.

A maggio, quando avevano approfittato del disgelo per nuotare nel lago, e Matthew si era spaventato a morte quando un’alga gli aveva afferrato la caviglia, credendo che fosse chissà quale mostro inenarrabile.

A giugno, quando si era accorto di includere spontaneamente anche quel ragazzo con gli occhiali sbilenchi nella ristretta cornice della sua famiglia. Lo aveva capito una sera, quando aveva visto Matthew dormire con il piccolo Ludwig adagiato sulla pancia. Gli era sembrata una scena tremendamente perfetta, qualcosa di così innocente da fare quasi male.

Allo stesso tempo, il giovane si era abituato alla sua divisa oscura da sterminatore, al colore improbabile dei suoi occhi e dei suoi capelli, e al suo carattere che oscillava paurosamente tra il vanesio e il magnetico.

Ogni passo compiuto in direzione dell’altro li aveva portati a incontrarsi nel discorso di luglio.

«Ho pensato… che anche se non recupero la memoria… va bene lo stesso.»

Gilbert aveva alzato lo sguardo dal fucile che stava pulendo per indirizzarlo a Matthew.

«E se tu avessi una famiglia che ti aspetta?» lo aveva contraddetto l’uomo.

«Potrebbe essere morta nell’attacco al villaggio. Non posso esserne certo. E poi ora… siete voi la mia famiglia.»

Quell’ultima frase gli costò un enorme sforzo e tutto il suo coraggio, per essere pronunciata.

L’archibugio incontrò il pavimento con un suono legnoso, e le gambe della sedia stridettero sulle assi quando l’Hellsing si alzò.

«Hai scelto una famiglia piuttosto bizzarra… due fratelli e nessuna donna» considerò Gilbert.

Matthew aveva scosso la chioma bionda, e perfino i denti avevano tremato quando aveva buttato fuori a forza:

«Mi piace stare qui. Adoro Ludwig e... sono innamorato di te» pronunciò l’ultima frase al doppio della velocità normale, e rallentò di nuovo stridendo: «E non mi viene in mente nessun mondo che possa valere la vostra perdita.»

Le braccia dell’Helsing, dure come l’acciaio, gli strinsero lo stomaco, e la voce dell’uomo gli lambì i capelli:

«Resta con noi, allora.»

Matthew poggiò una mano sui polsi di Gibert, le cui ossa ispessite dalle lotte quasi foravano la pelle.

Aveva capito perché l’Hellsing avesse creato Ludwig. Completamente solo su un asteroide, a contemplare pieno di rancore il suo pianeta mentre veniva fagocitato dai demoni. Lo aveva fatto nascere per non soccombere alla solitudine e all’odio: l’affetto di Ludwig aveva stemperato quell’isolamento pieno di ombre. Ma ora non c’erano più demoni su quel pianeta, e ne erano rimasti pochissimi in giro per la Galassia. Era giusto che anche l’Hellsing potesse godersi una vita tranquilla.

«Ehm… hai capito… quello che ti ho detto prima?» azzardò Matthew, quando non poté più sostenere quel silenzio teso.

«Certo che ho sentito» confermò tranquillo Gilbert, accentuando l’abbraccio. «E la mia risposta è stata: “resta con noi”.»

Matthew si voltò verso di lui, e si scontrò con l’espressione irrigidita dall’imbarazzo dell’Helsing. Per quanto fosse forte in battaglia e spavaldo nella vita quotidiana, si era quasi disabituato ai rapporti umani: per anni, l’unica persona con cui aveva parlato era stato il fratellino minore.

Il giovane sorrise, appoggiandosi al petto dell’uomo.

Nemmeno lui ricordava bene come funzionassero i rapporti tra le persone, ma non c’era fretta. Avevano una vita per riscoprirlo insieme.

 

***

 

Arriva per tutti il tempo di svegliarsi, Gilbert.

Il mio è arrivato qualche mese fa. Perdonami se ho taciuto.

Ma anche io volevo viaggiare insieme a te, volevo vivere insieme a te. E ho voluto, egoisticamente, che questo sogno durasse il più possibile. Ho esteso la notte per non fare mai arrivare il mattino.

Non odiare i raggi del sole, quando arriveranno: la colpa è solo mia, che ti ho tenuto nell’ombra più del dovuto e ora i tuoi occhi si sono disabituati alla luce.

 

Erano passati altri mesi, e altri ricordi si erano accumulati.

Gli abbracci di Gilbert erano come il ferro e i suoi baci ricordavano una guerra. Avevano impiegato un po’ di tempo a trovare una sintonia in modo che le ossa di Matthew non scricchiolassero per le sue strette e che la sua bocca potesse muoversi nel bacio senza essere monopolizzata.

Il piccolo Ludwig aveva intuito che qualcosa stava cambiando, ma non dava segno di gelosia infantile; al contrario, sembrava contento di aver trovato una persona cui affidare il ruolo di madre, anche se era meno femminile di come se l’era immaginata.

Per fortuna non si era accorto di nulla, la sera in cui Matthew e Gilbert avevano diviso il letto per la prima volta.

«Aspetta» bisbigliò Matthew sotto la caverna delle coltri, preoccupato. «Ludwig…»

«Oh, quando dorme non lo svegliano nemmeno le cannonate» e ne diede la prova pratica uscendo con la testa dalle coperte e urlando: «Ehi, Ludwig, sei sveglio?»

In risposta, un ronfare associabile a un orso e non a un bambino di un metro e venti si levò dal giaciglio del piccolo.

«L’unico problema è che non potremo accendere neanche una candela» mormorò Gilbert, tirando di nuovo le coperte sopra la testa. «Mi sarebbe piaciuto vederti meglio.»

Matthew trattenne il respiro e i battiti del cuore quando le labbra ruvide dell’Helsing calarono a violare le sue. Si erano già baciati altre volte, ma in quel frangente il contatto delle loro bocche sembrava ancora più intimo, e Matthew rabbrividì per ogni singolo sfioramento della lingua del compagno.

Gilbert masticò in silenzio qualche imprecazione quando le sue dita inciamparono sui bottoni della camicia e sulla fibbia della cintura del giovane per via di quel maledetto buio. Sopperì alle momentanee lacune della vista con il tatto; gli occhi gli permettevano di vedere solo un bordo grigio cupo in un oceano nero, mentre la pelle gli restituì sensazioni molto più appaganti: appoggiò la guancia a quella del giovane per poter sentire i suoi ansiti soffocati mentre le sue dita esploravano il corpo timido sotto di lui. I pettorali magri sussultarono e gli addominali si contrassero quando ne ripassò i contorni, e il bacino si alzò istintivamente contro di lui mentre lo attraversava per arrivare alle natiche del ragazzo.

Una mano tremante si insinuò nei bordi allargati della sua camicia, e si interruppe basita non appena venne a contatto con la sua pelle frastagliata.

«Non si esce illesi da una vita di scontri contro i demoni» sussurrò Gilbert.

Matthew toccò quel corpo sfregiato senza proferire verbo. Anche senza l’ausilio delle pupille, le dita furono più che sufficienti per fargli comprendere l’entità di quelle cicatrici: la pelle che lambiva era increspata così vistosamente che lo spirito di raggrinziva al pensiero di quali battaglie avessero portato quelle deturpazioni.

«Non è proprio… quel che si dice meraviglioso» screditò Gilbert, e il suo ghigno amareggiato scintillò pallido nelle tenebre.

Fu il turno dell’Hellsing per trasalire quando le labbra del giovane baciarono quelle cicatrici raggrinzite. Non si limitarono a sfiorarne una, ma percorsero tutta la ragnatela di sfregi tratteggiata sul petto dell’uomo da mille guerre consecutive.

Anche nell’oscurità, gli fu possibile capire quanto le gote del giovane fossero diventate rosse dal calore che emanavano.

Gilbert gli sollevò il mento per strappargli un altro bacio prima di farlo stendere sul materasso. Matthew contenne i primi gemiti premendosi le mani sulla bocca prima che l’Hellsing le sostituisse con le proprie labbra. Gilbert sentì le sue guance bagnarsi con le lacrime del compagno quando cominciò a spingere in lui, ma le braccia di Matthew si strinsero con forza sulla sua schiena quando cercò di allontanarsi.

Lo aveva abbracciato a quel modo, quasi avesse paura che sparisse, ogni volta che avevano condiviso l’intimità del letto insieme. Gilbert lo accarezzava sulla schiena, come per rincuorarlo con la sua presenza: era lì, era con lui, e non sarebbe fuggito.

Lo attendeva assieme a Ludwig quando partiva per le sue crociate contro i demoni, e lo rinfrancava la notte.

«Sei più agitato, ultimamente» notò una sera Gilbert, il suo amante steso su di lui, ancora sudato per l’amplesso.

Matthew aveva stretto i pugni contro il suo petto, rannicchiandosi su di lui. Una vocina flebile era risalita fino alle sue orecchie:

«Ti manca solo un demone. Cosa farai, dopo averlo ucciso?»

Gilbert rovesciò le loro posizioni per trovarsi sopra di lui nel dichiarare, sicuro di sé:

«Tornerò qui per vivere con te e Ludwig. Potremo piantare altri alberi, oltre al bulbo dietro la casa. Magari i prossimi che coltiveremo daranno anche frutti» aggiunse, acido, poiché il seme piantato mesi e mesi prima non aveva ancora fatto sbocciare nemmeno una foglia. «Potremo girare per la Galassia. Antonio potrebbe farci fare qualche viaggio sulla sua Aereonave, se glielo chiediamo, e quel perdigiorno di Francis non aspetta altro che l’occasione di fare festa…»

Il buio coprì le lacrime, ma non il suono strangolato del singhiozzo. Gilbert passò una mano sulla guancia del suo compagno e la ritirò bagnata.

«Anche io vorrei che tutte queste cose si realizzassero» Matthew si aggrappò a lui, più disperatamente di quanto non avesse fatto tutte le volte precedenti. «Ma non è più possibile, Gilbert.»

«Che intendi dire? Finché siamo vivi, è ovvio che è possibile…»

Un ricordo improvviso gli sbranò la memoria. E il suo cumulo di immagini felici ne fu carbonizzato.

«Non è più possibile…» ripeté Gilnbert, scostandosi da Matthew. «Perché tu sei morto, dieci anni fa.»

Il ragazzo accese la candela appoggiata sul comodino, e rischiarò il suo corpo nudo. La luce si incuneò crudelmente nel buco aperto sul suo polmone.

«Adesso ricordi, Gilbert?» la voce tremò come la luce della candela, e gli occhi fremettero a loro volta per le lacrime bloccate.

L’Hellsing portò una mano alla fronte, mentre i ricordi si accavallavano impietosi.

Quel giorno in cui era arrivato a casa e non aveva trovato Matthew, ed era corso a cercarlo, preda di un’inspiegabile agitazione.

E lo aveva trovato, ore e ore dopo, un corpo lordato di sangue abbandonato vicino a un fucile, il suo fucile, quello con cui aveva ucciso tanti diavoli.

Io sono l’ultimo demone rimasto.

Quel giorno un diavolo, per sfuggirti, si è incarnato nel corpo di un umano morente. Per questo non avevo ricordi del mio passato, ma sapevo esattamente chi eri. Possedevo solo i ricordi del demone.

Ma penso che nemmeno il diavolo avesse previsto che l’umano si sarebbe svegliato con una coscienza nuova, né che si sarebbe innamorato di te.

So che non controllerò questo demone per sempre: un giorno si disfarà di questo corpo e verrà a tormentarti. Già allo stato attuale delle cose, a volte faccio fatica a controllarlo. Non voglio che tu sia costretto a uccidermi, e non voglio correre il rischio di ucciderti io. Per questo vado per primo.

Incurante del sangue, Gilbert aveva sollevato quel cadavere da terra. La testa del ragazzo aveva ciondolato all’indietro, priva di forze e di vita, e gli occhiali, ancora malamente accomodati, erano caduti sul suolo duro di gelo.

Ma sappi comunque che non dimenticherò mai, nemmeno nella prossima vita, il tempo che abbiamo passato insieme. Matthew ha vissuto poco, ma è stato più felice di quanto tante persone non lo siano state durante una vita centenaria.

Per questo ti saluto con un sorriso, Gilbert.

L’Hellsing aveva scrollato quelle membra frigide, lo aveva chiamato, aveva pianto sul suo petto squarciato come se le sue lacrime potessero sanarlo. Lo aveva stretto finché la sua stessa camicia non era diventata rossa, finché il suo cuore non si era prosciugato.

Solo quando il dolore era deflagrato dentro di lui, polverizzandogli mente e spirito, Gilbert era riuscito a ruotare gli occhi spiritati verso il foglio che giaceva poco lontano, infilato sotto una pietra.

L’ultima lettera di Matthew terminava così:

Ti aspetterò nel Walhalla, il paradiso degli eroi di cui mi hai tanto parlato. Spero che mi faranno entrare, anche se non ho fatto nulla di particolarmente audace nella mia breve vita.

Ma è la mia unica speranza di incontrarti ancora.

Perché non importa quello che diranno gli altri, Gilbert.

Tu sei, e sarai per sempre…

«… il più grande eroe della Galassia.»

La frase conclusiva fu salata da una lacrima, che rotolò furtiva sulla guancia dell’Hellsing per poi infrangersi sulle sue labbra.

La tristezza avvelenò il sorriso sforzato del giovane, quando asserì:

«Hai ricordato.»

Gilbert non si mosse mentre la realtà intorno a loro assumeva gradualmente una consistenza nebbiosa fino a svanire nell’etere. Quasi non si accorse di essere sospeso nel bel mezzo del bianco assieme al giovane, entrambi vestiti come l’ultimo giorno in cui si erano visti.

«Sono morto anche io?»

Matthew scosse il capo, sistemandosi sul naso un paio di occhiali finalmente integri.

«Sei addormentato. Poco dopo la mia morte, sei stato catturato dalle forze di Britannia, e sei stato condannato alla Prigione Caina.»

Le sopracciglia argentate dell’uomo si incontrarono in un interrogativo.

«Ma so che a Caina i prigionieri sono tormentati dagli incubi…» protestò.

Il sorriso di Matthew si addolcì in una nuova luminosità, e il giovane spiegò:

«Non gli avrei permesso di farti questo. Non dopo l’inferno che ti hanno costretto a subire per tanti anni. Pare che il mio desiderio di aspettarti e di proteggerti mi abbia in qualche modo legato alla terra…»

«Non sei riuscito a raggiungere l’aldilà?»

Matthew cercò di addobbarsi il viso con l’espressione più rassicurante che conosceva, per placare lo sconforto che leggeva negli occhi dell’uomo.

«Non potevo lasciarti solo. Mi sono sostituito ai loro incubi fasulli, e ti ho fatto rivivere i nostri giorni insieme fino ad ora» il giovane mosse la mano come per scostare una tenda e, all’improvviso, un volto conosciuto apparve dal nulla.

«Antonio?» si sbigottì Gilbert.

«È venuto a salvarti. Insieme ad altre persone che avrai il piacere di conoscere non appena ti sveglierai» espose Matthew.

«E quando mi sveglierò?»

«Non appena lo desidererai per davvero. I tuoi poteri da Hellsing possono sconfiggere la stregoneria di Caina, con l’aiuto degli altri.»

Un silenzio denso come piombo colò tra di loro.

«Quando mi risveglierò, non potrò vederti mai più» il tono di Gilbert ricalcò quello dei Vaticani durante le funzioni funebri.

Matthew nascose le lacrime battendo le palpebre e confermò:

«Io non appartengo più a questo mondo. È tempo che vada nel posto che è stato preparato per me.»

Il giovane allargò le braccia e liberò le lacrime quando l’Hellsing lo strinse in un abbraccio poderoso.

«Non importa se non sarà il paradiso degli eroi» la voce di Gilbert risuonò dura come l’acciaio: era la sua ultima difesa contro il pianto. «In qualunque posto ti troverai, aspettami. Quando la mia vita avrà termine, ti raggiungerò.»

Le mani di Matthew si strinsero sulle sue spalle, mentre la fronte sfregava sulla sua divisa in un assenso disperato.

«Nel frattempo, non invaghirti di altri uomini. Anche se è impossibile che tu possa trovare qualcuno meraviglioso come me.»

Una risata gli solleticò il petto. La baldanza di Gilbert era un punto fermo come la Stella Polare per i marinai. E Matthew fu grato di avere un elemento fisso che gli ricordasse quella che era stata la sua casa.

L’Hellsing sentì il corpo del suo amante scomporsi tra le sue braccia, avvertì una corda legarsi al suo cuore e strattonarlo verso la terra. Sollevò velocemente il viso del suo compagno per unire le loro labbra un’ultima volta, prima dell’estremo saluto.

E in quel bacio entrambi rividero una tundra inospitale, un lago la cui acqua era così ghiacciata da essere quasi tagliente, e una casa in cui una strana famiglia aveva trascorso un tempo bizzarro e felice come il sogno di un ubriaco…

Ti aspetterò, Gilbert.

Ti aspetterò per sempre

 

***

 

Si risvegliò con le spalle ancora incastrate nel ghiaccio e una fortissima emanazione di calore di fronte a sé. I suoi capelli e i suoi vestiti erano incollati al viso e al corpo dalla cascata di ghiaccio sciolto che si era riversata su di lui.

Non sapeva a chi dovesse la sua parziale libertà, ma lo avrebbe ringraziato in seguito.

Strinse le mani un paio di volte a vuoto, prima di concentrare la sua energia in esse e fare forza per uscire da quel globo gelido.

Il ghiaccio intorno a lui scricchiolò e crepitò orribilmente, mentre il potere dell’Hellsing lo faceva a pezzi senza alcuna pietà.

Si scrollò le gocce artiche dagli occhi appena in tempo per valutare la distanza dal suolo, e ammortizzare con le ginocchia l’impatto con il pavimento.

Udì il proprio respiro grattare l’immobilità attonita calata tutto intorno. La cascata polare continuava imperterrita dai suoi capelli fradici. Gilbert fu grato a quei rivoli gelidi: le sue lacrime, anche se più salate, più calde e più sofferenti, si sarebbero ben amalgamante a quelle gocce indifferenti.

Scostò la frangia grondante dal viso, e i suoi occhi scarlatti si aprirono di nuovo sul mondo reale, dopo tanti anni di sopore.

Il ghigno che la Confederazione considerava maligno e che i suoi amici ritenevano semplicemente tipico di quell’uomo stravagante solcò le labbra dell’Hellsing, ancora violacee per il freddo.

La voce, raschiata dal gelo di quel luogo, risuonò comunque forte e chiara nell’annuncio di Gilbert:

«Ehilà, gentaglia. Il più grande eroe della Galassia è tornato.»


 

 

 

E bentornato, eroe della Galassia<3

Ho aggiornato con un giorno di ritardo ç_ç Chiedo scusa, ma alcuni impegni mi hanno impedito di aggiornare ieri .-.

Piccola comunicazione: causa Lucca Comics e laurea in spaventosa concomitanza, temo che dovrò saltare l’aggiornamento della settimana prossima, e posticipare quello della successiva al 13 novembre ç_ç

Vi chiedo scusa .-.

Per farmi perdonare, vi do un piccolo anticipo: nel prossimo capitolo… Spamano. Spamano senza pietà 8D

Al 13 novembre<3

Red

P.S. Come sempre, il banner è di Cla<3 Se riconoscete le immagini, avvisatemi e metterò i credits<3

   
 
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