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Autore: yeahitsmarts    29/10/2013    2 recensioni
La chiamata avviene soltanto una volta nella vita, dopo di che la tua esistenza diventa un semplice rincorrersi nel tempo e nello spazio. Lo sa bene Gabe, l'unico viaggiatore consapevole di ciò che lo aspetta nel corso delle sue innumerevoli rinascite. I suoi compagni (uno per ogni continente) non ricordano praticamente nulla o, quando lo stanno per fare, muoiono in circostanze misteriose.
Fermare il male è davvero il loro compito principale o c'è qualcosa di più potente e oscuro dietro la loro missione?
Gabe, Helga, Shani, Yurim e Connor affronteranno il viaggio più difficile di sempre, pieno di ostacoli, di partenze, di addii. Cinque ragazzi dalla vita apparentemente normale che dovranno prendere una decisione più difficile di quanto pensino. Il male e il bene sono davvero ciò che sembrano?
Dreamtime, che il viaggio abbia inizio.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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01 // Helga Zoë Van Der Meer.
"Ho tentato davvero di non mettermi nei guai ma
ho una guerra nella mia mente."

Durante l'ora di matematica, come di consueto, Helga dormicchiava sul banco. La sua compagna, Aria, ormai aveva perfino rinunciato a svegliarla perchè sapeva perfettamente che si sarebbe beccata soltanto una bella strigliata. Helga riposava e pensava a quanto la sua vita non avesse nulla di buono. Ormai l'inverno era alle porte e Amsterdam iniziava a prepararsi al gran freddo. E lei non aveva niente a che vedere con quella città, con quella società, con quel clima. Vero, amava con tutta se stessa i canali e il quartiere a luci rosse, adorava girovagare per il mercato dei fiori quando la primavera timidamente faceva sciogliere i ghiacci. Eppure Helga sognava le bianche spiagge, l'oceano, i coralli colorati. Il Brasile.
A quella parola le venne d'istinto aprire gli occhi e spostare lo sguardo su Gabe. Era lì, proprio dove l'aveva lasciato a inizio ora: rigorosamente all'ultimo banco, con la faccia annoiata e i soliti risolini in compagnia di Jan. Si era trasferito in città quattro anni prima e lei non aveva mai avuto il coraggio di uscirci fuori dall'ambito scolastico o semplicemente di sedersi accanto a lui. Inoltre gli attacchi di panico di Helga erano peggiorati visibilmente da quanto si era accorta che Gabe la fissava quei cinque secondi in più rispetto al solito. E così fece anche in quell'istante, smise di ridere con Jan, alzò la testa dal banco e con la coda dell'occhio si mise a guardarla, serio.
Ad Helga venne un colpo al cuore: com'era stato possibile che si fosse accorto di essere osservato? Ma poi scosse la testa e cercò di calmarsi, magari non guardava proprio lei, ma oltre. 
Così si voltò e ottenne la risposta: che stupida, avrebbe dovuto pensarci prima. Proprio dietro di lei era seduta Elke, con i suoi capelli rossicci sempre perfetti e il trucco impeccabile. Gabe e Elke passavano un sacco di tempo insieme e Helga aveva il sospetto che i due si piacessero.
E mentre quello continuava a guardare lei, o meglio, la tanto invidiata Elke, Helga si rifiondò nel mondo dei sogni lasciando che il professore continuasse a spiegare sistemi e numeri insieme alle lettere.

 
 ***

«Comunque ti fissa spesso» al ritorno Aria ed Helga si erano avventurate a percorrere l'intero tragitto a piedi. Di prendere tram o altri mezzi pubblici proprio non ne avevano voglia, anche perchè la madre di Helga anche per quella mattina non si era presa la briga di lasciarle qualche spiccio per i biglietti. «Comunque ti fissa spesso» ripetè l'amica stizzita mentre l'altra faceva finta di non sentirla.
«Ascoltami... Fuma di meno, eh?» rispose Helga noncurante mentre affrettava il passo per raggiungere il portone di casa. «Sinceramente non sono io quella che si fa le canne al bagno... Comunque okay, magari mi sarò sbagliata» oh, ma lei avrebbe voluto davvero che fosse così! Helga avrebbe dato anche l'anima al demonio per far si che Gabe la degnasse anche di un solo timido 'Ciao'. Ma la realtà era che lui era già preso da un'altra. «Elke è cinquanta volte meglio di me» sbottò mentre si apprestava ad accendersi una sigaretta. Aria tossì per il fumo e cerco di scansarlo con un gesto della mano «Sarà, ma a me piaci più tu!» e sorridendo scoprì il suo apparecchio su entrambe le arcate dei denti.
«Aria, davvero, ti voglio bene anche io e so che questo è il tuo modo di dimostrarmi l'affetto» si fermò per fare un altro tiro e passò, sospirando, davanti ad un colorato Coffee Shop. «Il problema è che purtroppo ho uno specchio e so perfettamente che quella» e ci tenne moltissimo a enfatizzare con disgusto la parola 'quella' «Piace molto più di me, specie ai tipi come lui».
Nessuna delle due provò ad affrontare l'argomento per il resto del tragitto e quando infine entrambe arrivarono al loro rispettivo palazzo, Helga desiderò di essere rimasta un altro po' a bighellonare a scuola. Le due del pomeriggio e gli unici rumori provenienti dalla strada erano i timidi campanelli delle bici, sovrastati dai sospiri e dalle imprecazioni della madre con il suo tanto amato compagno. Aria cercò di non dare troppo nell'occhio ma fissò la finestra dove si potevano intravedere le due figure a letto e provò una certa pena per l'amica. «Se vuoi pranziamo insieme a casa mia» ma Helga scosse il capo disgustata e disse soltanto «No, tranquilla ci sono abituata» e infilando le chiavi nel portone, si fiondò di corsa verso la tromba di scale. 
Il piccolo appartamento si trovava al terzo piano di un palazzo tenuto abbastanza bene. L'affitto era caro per la dimensione del locale ma Helga non poteva lamentarsi di nulla poiché aveva tutto a portata di mano: un piccolo mercato, il suo Coffee Shop preferito, il negozio di fiori e una bellissima visuale su uno degli innumerevoli canali. 
Superò la porta della camera da letto canticchiando istericamente a bassa voce e si chiuse nella sua abbandonandosi al duro materasso. Le pareti erano bianche, spoglie, con appena qualche foto appesa qua e la. C'era Aria, e il viaggio fatto a Parigi, e poi Gabe preso di sfuggita mentre si passava la mano destra nei capelli. Sulla scrivania un mucchio di scartoffie aspettava di essere letto e il lettore dvd era rimasto acceso tutta la notte.
Helga si accinse a spegnerlo e mise su un po' di musica blues mentre l'aria della camera iniziava a diventare dolciastra. L'erba era il miglior modo che conosceva per spendere i suoi soldi: staccare la spina e dedicare qualche minuto a se stessa e al proprio benessere.
Il cervello si scollegò e il resto del mondo si fece soltanto un luogo piccolo e senza senso. E mentre il fumo iniziava a confonderle le idee, Helga cadde in un sonno felice ma profondo mentre i suoi compiti di inglese reclamavano di essere svolti. 

 
***

Nel bel mezzo del nulla, una singolare nebbiolina verde acqua iniziava a prendere forma. Helga si trovava al centro del niente, attorno a sé c'era soltanto una distesa infinita di nero. Faceva freddo e lei era completamente nuda. Si sentiva inerme, come se quel posto vuoto avrebbe potuto aggredirla da un momento all'altro. Tentò di coprirsi con le mani quando finalmente una figura comparve davanti ai suoi occhi. Della nebbia non c'era più traccia ma, al suo posto, una ragazza dalla pelle scura iniziò a fissarla. Nessuna delle due provò a parlare finchè una terza nebbia, questa volta giallastra, prese a turbinare nell'aria lasciando cadere delicatamente un altro corpo. Si guardarono tutte e tre ed Helga sentì la propria voce riecheggiare nell'aria «Da quanto siete qui? Che cosa volete?» ma anche quelle sembravano spaventate almeno quanto lei. Nessuna provò a risponderle, o quanto meno Helga vedeva le loro bocce aprirsi e tentare di gridare qualcosa, ma nessun rumore riusciva ad arrivare alle sue orecchie. Altre due nebbie, una argentata e l'altra blu. Un viso dolce, maschile, con un paio di occhiali da vista. E poi un altro, un ciuffo castano. Helga trattenne il respiro, avrebbe riconosciuto quelle ciocche anche in mezzo ad altre mille. Ma svanì tutto nel giro di un secondo, e quelle nebbie che avevano portato lì quei corpi nudi e sconosciuti, ricomparvero per trascinarli in mezzo al nero. 
Helga si ritrovò nuovamente sola, perfino nei suoi più intimi sogni.

 
***

Al risveglio non ricordava più nulla. Era così frastornata dalla canna precedente che non si preoccupò nemmeno di controllare che ore fossero. Fuori però il sole era già tramontato e la luce del crepuscolo creava una strana atmosfera in quel buco di stanza. La madre e il compagno finalmente si erano placati e sentiva la donna canticchiare allegramente una vecchia canzone di Sinatra mentre era alle prese con i fornelli. Helga si accese una sigaretta e si affacciò ad ammirare il meraviglioso spettacolo che il panorama le offriva: i negozi iniziavano a chiudere e un vento freddo soffiava da nord. 
Per poco non si schiantò contro il vetro quando notò Gabe uscire di soppiatto da un vecchio bar appena davanti al suo palazzo. Sembrava attento a non farsi vedere da qualcuno, muovendosi velocemente e trascinandosi accanto alle macchine. Helga lo seguì con lo sguardo, si sentì quasi una stalker, ma non poteva non restare incantata da quei movimenti fluidi. E quando lui alzò lo sguardo proprio nella sua direzione, dei brividi le percorsero tutta la schiena. Non era sicura che lui potesse vederla oltre il vetro ma, nel dubbio, si fiondò a terra facendo rovesciare la lampada del comodino a terra, frantumandola in piccoli pezzi. 
D'accordo, proprio non ci voleva e probabilmente avrebbe rovinato il buon umore della madre, ma se solo Gabe se ne fosse accorto, l'avrebbe sicuramente scambiata per una maniaca fissata con lui.
Non che la cosa non fosse vera, insomma, Helga ne era attratta ma non ossessionata fino a quel punto. Eppure... Tutti gli sguardi che si erano scambiati di nascosto, quando lei sentiva i suoi occhi puntati sulla nuca o i semplici sorrisi cordiali di cortesia... Erano davvero soltanto frutto dell'immaginazione di Helga?
Quando si alzò per controllare se Gabe fosse ancora lì, fortunatamente, per strada non c'era più nessuno. Proprio in quel momento la madre fece la sua entrata trionfale in camera, brandendo il mestolo di legno sporco di sugo come una spada. «Tu!» la chiamò. Helga non aveva vie di fuga: era spalmata contro la finestra e in più l'unica porta era sovrastata dall'imponente figura della madre fedelmente seguita dal suo compagno. Del sugo macchiò il tappeto verde della camera mentre gli occhi della madre fissavano ogni singolo pezzo della lampada. «Cosa diavolo hai fatto? Hai la minima idea di quanto costi un oggetto del genere?» Possibile? Tante storie per una stupidaggine del genere? Oh certo, sicuramente avrebbe preferito che Helga si fosse buttata di sotto per la vergogna piuttosto che far cadere per sbaglio un paralume tra l'altro di pessimo gusto. «Sì lo so quanto costa una schifezza simile» la ragazza si alzò lentamente e si pulì le ginocchia «Ma vorrei ricordarti che sta mattina ti sei casualmente scordata di lasciarmi i soldi ed io non ho potuto neanche comprarmi una bottiglietta d'acqua. Dato che stai risparmiando così tanto non ti sarà difficile comprarmene una nuova» la madre, che donna singolare. Inizialmente si presentava come una belva feroce, pronta a staccarti la testa a morsi, dopo di che, una volta colpita ed affondata, passava per vittima scoppiando a piangere e andandosi a rifugiare in camera da letto. Non si risparmiò la scena nemmeno quella volta, quando prese a frignare come una bimba e scappò via dalla camera. Anton si avvicinò tentando di assumere quell'aria da marito comprensivo e padre indignato che però gli riusciva male. «Ti pare il modo di trattare tua madre?» ma Helga, che non ne poteva più di sentirli scopare oltre la parete tutti i giorni, scoppiò come una bomba ad orologeria. «E tu chi sei per riprendermi? Mio papà? Non mi pare!» afferrò in fretta la giacca sul suo letto e si indirizzò verso la porta di casa «Non aspettatemi per cena, torno più tardi. Buona trombata!» e così dicendo, scese velocemente le scale. 

 
***

«Tu credi che la troveranno anche sta volta?» Vondelpark ormai si stava svuotando e Gabe era uno dei pochi rimasti lì a fissare l'acqua del laghetto. Al petto stringeva il suo diario di bordo che era stato quasi intoccato dalla prima volta che Maëlys glielo aveva consegnato. «Probabilmente» rispose la ragazza «Ma tu non permetterai che le facciano del male. E neanche io» Gabe si sedette e osservò con cura la figura davanti a lei e se soltanto fosse stata umana, probabilmente le avrebbe offerto una romantica cena a lume di candela. Maëlys gli lesse nel pensiero, scoppiò a ridere e sospirò «Gabe, tesoro... Il tuo cuore appartiene a qualcun altro, non è così?» il ragazzo annuì, infilò il diario nella borsa a tracolla e si avviò verso l'uscita, salutando la donna con un inchino «A presto, mio caro!» quello si allontanò per poi correre incontro ad Elke, che, impaziente, lo stava aspettando all'entrata.


Angolo dell'autrice:  la marts è qui 
per un nuovo capitolo!
Dal momento in cui ho introdotto i
primi personaggi, ci terrei moltissimo
a dedicarlo alla mia dolce Aria in carne
ed ossa. Spero sinceramente che vi piaccia
perchè io me ne sto davvero innamorando.
Gabe, è per te e non lo sai.
Le recensioni sono sempre apprezzate,
peace!
  
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