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Autore: Evanne991    30/10/2013    2 recensioni
Due persone e mille persone, tante storie ed una sola, troppe parole e sette note musicali, a spegnere i pensieri, a crearne di nuovi.
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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And I lost my head
And thought of all the stupid things I'd said

Sono quasi le tre di notte. Ha appena finito di ripetere per l’ennesima volta il programma. Muove il collo lentamente, è stanca. Sa già che domani non sosterrà questo esame, nonostante la preparazione impeccabile. Non è motivata, si sente vuota, spenta. Non vede Francesco da mesi. Francesco. Le fa ancora strano pensare a quel ragazzo alto dagli occhi scuri e dargli un nome. Sente immediatamente una debole esplosione di tristezza nel petto.
Stava bene quando passava del tempo con lui. Eppure lei era certa che un così bel ragazzo fosse sicuramente un po’ ignorantello, privo di contenuti, affatto ironico. Francesco – Francesco! -  è simpatico, intelligente, conosce tante cose, è preparato in ogni argomento, ha delle belle mani. Si è sempre chiesta se lui suonasse il pianoforte. Lo immagina bene, bravo. Ovviamente non ha mai fatto questa domanda, non ha mai fatto domande.
Era novembre quando, fradicia, incazzata e carica di libri arrivava in biblioteca. Da quando si era iscritta all’Università non c’era mai andata, solo ora al secondo anno decideva di provare a studiare circondata da persone. Il suo problema è che l’amore più grande e la più grande condanna sia la sua solitudine. Ama stare da sola, non circondarsi di persone, ed allo stesso momento si odia per il suo essere sociopatica. Aveva capito che un giorno avrebbe dovuto abbattere questa gabbia in cui lei stessa si era rifugiata. Studia Lettere Classiche, vuole fare la professoressa, da grande, e a maggior ragione deve smettere di odiare le persone, o se stessa tra le persone. Così quel pomeriggio era scesa ad un patto con se stessa: andare a studiare in un luogo pieno di gente, ma senza  aver alcun contatto con nessuno. Posto migliore non poteva quindi essere una biblioteca, piena di persone ma luogo silenzioso e dove non per forza avrebbe dovuto cedere a convenzioni sociali. Dunque, quel pomeriggio, sulla soglia di una crisi isterica, aveva trovato posto ad un tavolo nascosto, e senza dare molta retta al tipo seduto – quasi sdraiato, a dire il vero- avevo poggiato i libri e si era lasciata cadere sulla sedia scomoda. Così per giorni. La dinamica era sempre la stessa, magari le andava bene di non beccare l’acquazzone o di essere stata abbastanza prudente da portare un ombrello con sé, ad ogni modo arrivava, sorrideva al tipo – si è chiesta più volta che cavolo studiasse, fondamentalmente sembrava uno stupido, indubbiamente  lì solo per rimorchiare le matricole; ad ogni modo le andava bene sedersi al tavolo con lui, era certa che lui non le avrebbe mai dato fastidio (troppo bello, in verità, e lei troppo banale) e nel caso in cui ci avesse provato (ad infastidirla, mica altro) era sicura delle sue capacità di zittire un belloccio senza cervello – ed iniziava a leggere, scrivere, ripetere mentalmente e quando si perdeva nei pensieri si riscopriva guardarsi intorno, spiare ingenuamente gli studenti, provare a leggerne il labiale nei bisbigli soffiati. Fino a quando, un giorno, in un attimo, aveva incontrato gli occhi neri di Francesco – Francesco! – e si sera sentita… Bruciare. Immaginava fosse arrossita, lo sentiva e si sentiva elettrizzare sotto lo sguardo divertito del ragazzo, si sentiva attraversata, come se lui avesse saputo in un secondo che lei era chiusa con se stessa, che non voleva nessuno.

Oh no, what's this?
a spiderweb and I'm caught in the middle

 
E poi… poi era diventato un appuntamento, una promessa, un patto segreto. Ogni giorno occupavano lo stesso tavolo, parlavano, studiavano, si confrontavano, ma non sapevano nulla l’una dell’altro. Era come se avessero stipulato un tacito accordo: non parlarmi di te.
Solo ora, in un lampo, alle tre e quarantacinque di notte, dopo aver riposto i libri, aver lavato i denti ed aver indossato un pigiama informe, ed essersi coricata supina a fissare un punto indefinito del soffitto, sotto la luce fioca di una abatjour arancione, capisce che lei e Francesco – Francesco! – hanno parlato fin dall’inizio di se stessi. Si rende conto, con tristezza, che lui è forse il primo vero amico che abbia mai avuto, a parte Vittoria. E si rende conto di come sia stata ingrata ad andar via senza una spiegazione plausibile, quel giorno. Solo perché Francesco – Francesco! – si era presentato. Come avrebbe potuto dirgli: “No, ti prego, non dirmi chi sei, sei già speciale senza un nome e senza una storia che ti ha portato a me, se poi capisco chi sei m’innamoro e tu sei bellissimo ed io sono banale.”
Aveva preferito quindi passare per psicopatica ed andar via. Non è più tornata in biblioteca, ora studia solo a casa, come ha sempre fatto. Vivendo da sola non ha rotture di scatole. Le manca Francesco – Francesco!- e non sa perché. Non lo conosce affatto, e la sua paura è proprio questa: se lo conoscesse, se lo avesse conosciuto, sarebbe diventato atroce viverlo.
 
Oh no, I see
a spiderweb and it's me in the middle
So I twist and turn
but here am I in my little bubble
 

http://www.youtube.com/watch?v=FPzI4dpEcF8
  
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