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Autore: Ethasia    30/10/2013    2 recensioni
Da piccola ho sempre detestato il personaggio di Peter Pan. Adesso che sono più grande, il suo mondo, il suo modo di vivere mi hanno affascinata, al punto di desiderare di volare sull'Isola che non c'è. E mi sono domandata... cosa succederebbe se, dopo essersi lasciati a Londra, Wendy e Peter si ritrovassero, cresciuti e cambiati entrambi? Se l'Isola non fosse più il posto che i Darling avevano conosciuto da bambini? Così è nata la mia fanfiction.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bimbi Sperduti, Capitan Uncino, Peter Pan, Wendy Moira Angela Darling
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Riesco ad arrivare a casa nel tempo record di sette minuti. Sollevata, estraggo le chiavi e le infilo nella toppa; entro senza premurarmi di coprire il rumore. 
Comincio a sentirmi veramente al sicuro solo quando entro in camera mia, il rifugio preferito di ogni bambino. Mi appoggio alla porta chiusa con un sospiro. Poi un bisbiglio mi ricorda di non essere sola.
- Ce ne hai messo di tempo - commenta John. - Pensa che Michael stava quasi per addormentarsi.
- Strano - ribatte Mike in un sibilo, - perché il russare che ho sentito veniva decisamente dal tuo letto, non dal mio.
- Scusate - borbotto. - Ho avuto qualche piccolo intoppo. - Vado a sedermi sul letto di Michael. - Allora.. Cosa vi racconto stasera?
John e Michael si scambiano un'occhiata d'intesa. - Di quando Hook ci ha rapiti e Peter è venuto a salvarci! - rispondono insieme, emozionati.
Sospiro di nuovo. Questa è sempre stata una delle nostre preferite, ma ogni volta riesce a ricordarmi che, un tempo, a Peter importava di noi. Mentre ora...
Scuoto la testa e comincio a raccontare. Mi sembra di vedere e rivivere tutto: il timore, il sollievo, l'ansia.
Sulla fine del racconto vedo le palpebre dei miei fratelli chiudersi sempre più spesso, fin quando sembrano definitivamente addormentarsi. Abbasso sempre più la voce, togliendo i vestiti per sostiturli con una maglietta larga, lunga e comoda, presa in prestito da chissà quale amico e mai restituita. Mi infilo sotto le coperte, e la storia finisce. Ma il sonno sembra non arrivare per nessuno.
- Wendy - mi chiama Michael in un sussurro, - credi che Peter tornerà davvero a prenderci?
Stringo i denti. La capacità dei bambini di porre sempre le domande a cui vorresti non dover rispondere è qualcosa di straordinario. - Non lo so, Mike - rispondo alla fine. - A questo punto, non lo so proprio.
Silenzio.
- Puoi lasciare la finestra aperta, Wen? - chiede invece John, a differenza nostra mezzo addormentato.
Mi esce un sorrisetto, ma faccio come mi dice. Forse sarà anche merito degli scaldaletto, ma ormai siamo così abituati a dormire al freddo che la temperatura potrebbe scendere sotto zero e noi neanche ce ne renderemmo conto. Prima di cadere tra le braccia di Morfeo, comunque, una folata di vento ci scuote in un brivido collettivo. 



Mi sveglio nel bel mezzo della notte, affannata e coperta di sudore freddo. Un incubo riccorente che torna: mio padre che mi corre dietro minacciando di rinchiudermi in chissà quale sperduto monastero nel mondo. E io che corro a perdifiato, le gambe che cominciano a far male, la velocità che cala... E sentirmi gridare - Vieni qui, Wendy! Wendy! Wendy! -, con sempre meno distanza. Può anche sembrare un sogno stupido, ma è molto più vicino alla realtà di quanto non sembri. E mi sembra ancora di sentirlo gridare.
Mi rigiro nel letto, sperando di riuscire a piombare in un sonno tranquillo. Ma il mio sguardo viene catturato da qualcosa che mi immobilizza i muscoli, ghiaccia il sangue nelle vene e blocca il respiro: un'alta figura stagliata contro la finestra. 
Oddio. Ladri.
Merda. Io lo sapevo! A forza di tenere aperta quella benedetta finestra, qualche matto alla fine sarebbe per forza riuscito ad entrare! E io, grande stupida che l'ho permesso! Qua dentro ci sono i miei fratelli, e lui magari è un assassino. Maledizione.
No, va bene. Niente panico. E' in questi casi che essere cintura marrone di karate può tornare utile. Potrebbe essere un buon diversivo, perché mandarlo ko alto com'è mi sembra a dir poco improbabile. Ma potrei fare abbastanza casino da svegliare mamma e papà, che avranno sicuramente il buon senso di chiamare la polizia dalla derivazione che hanno sul comodino. Il rischio di farmi male c'è, ma meglio io di John e Michael. E comunque, di alternative ne vedo poche.
- Wendy.
Gelo totale.
Oh, merda. Ho attirato uno stalker. Ma come diavolo è possibile?
- Wendy?
Aspetta. Forse non è un criminale. Conosco gente abbastanza pazza da presentarsi alle tre del mattino in camera mia per fare una cosa banale come restituirmi un disco o un libro. Flip ne sarebbe sicuramente capace. Non c'è motivo di andare nel panico.
- ...Wendy?
Un momento. Ragioniamo. Col senno di poi, nessuno sarebbe capace di dare la scalata di un edificio di tre piani in piena notte. Nessuno, a meno che non abbia un'eccellente attrezzatura. O un paio di ali. O...
...O la facoltà di volare.
No. No, Wendy, dimenticatelo. E' un'idea irrazionale e masochista. No.
Eppure come spiegazione ha un minimo di logica. Insomma, ci sono punti che non tornano - come l'altezza esagerata o il fatto che siano passati anni -, ma per il resto...
No. 
Lo sconosciuto sbuffa. Ormai sembra stanco di aspettare. - Dannazione, Wendy, deciditi a svegliarti - borbotta.
D'accordo. In fondo, tentar non nuoce. Al massimo verrò ritenuta pazza.
- ...Peter? - mi azzardo a dire con un fil di voce. E già comincio a vergognarmi, aspettandomi risposte come "ehm, no... sono Dan, ti ho riportato quel dvd", oppure "mani in alto, questa è una rapina". Mi sento davvero idiota.
- Wendy! - esclama la figura, finalmente sollevata. - Accidenti, sono io!
Sento una scarica di adrenalina cominciare a scorrermi nelle vene. Quasi cado dal letto nel frenetico tentativo di accendere la luce, e poi...
Maledizione. Non è lui.
E' una delusione pura che stringe il cuore.
L'imbecille che al momento sta sorridendo a trecentonovantaquattro denti avrà diciotto, massimo vent'anni. a Peter non ne darei neanche dieci.
Allora chi è il malato che si permette di entrare in camera mia dalla finestra a quest'ora di notte e pretende anche di prendermi in giro in maniera così spudorata? Ma io lo ammazzo a mani nude!
Ho già cominciato a digrignare i denti prima che qualcosa scatti nella mia mente: è un volto già visto. Cercando di mettere a fuoco oltre il velo di rabbia che mi offusca la vista, riesco a riconoscere il ragazzo di Starbucks. Quello con gli occhi incredibili. E inizio a sentirmi incuriosita. Fottutamente arrabbiata, questo sì. Ma anche incuriosita. Mi metto un po' più comoda, seduta sul letto, e inforco gli occhiali.
Lui continua a guardarmi, il sorriso un po' smorzato. - Posso dire che mi aspettavo un bentornato un po' più caloroso? - commenta ironico.
Inarco le sopracciglia. - Perché, scusa?
Le inarca anche lui. - Be', per quanto ricordo non ci vediamo da anni.
- Non ci vediamo da ore, vorrai dire - lo correggo. 
- Ah. Quindi mi hai riconosciuto.
- Direi di no. - Voglio capire dove vuole andare a parare. - Come si fa a riconoscere qualcuno che non si è mai visto prima? - Mi guarda come se non capisse molto bene le mie parole. - Dimmi - proseguo, dato che non spiccica parola, - sei uno stalker?
- Un cosa, prego? - domanda con un'occhiataccia.
- Stalker - ripeto lentamente. - Una persona che si fissa su un'altra e la segue dovunque vada.
- Io non ti ho seguita - ribatte indignato. - Be', stasera sì - si corregge, - ma insomma, questo cosa c'entra?
- Cosa c'entra? - ripeto con una risata incredula. - Mi sveglio in camera mia, alle tre di notte, e mi trovo davanti uno sconosciuto...
- Tu mi conosci - replica offeso. - Sono Peter Pan.
- No, ecco, è qui che ti sbagli. Tu non lo sei.
- Ah, davvero? - domanda incrociando le braccia. - E chi dovrebbe saperlo meglio, tu o io?
- Io l'ho conosciuto - ribatto torva, - e sono piuttosto sicura che fosse molto diverso da te. Sicuramente era più piccolo.
Fa un sorrisino. - Vuoi le prove? 
- Sarebbero gradite.
Mi guarda indispettito per qualche secondo; forse non credeva che fossi seria. - Bene - sbotta. - Wendy Moira Angela Darling, se non ho sbagliato i calcoli, noi due ci siamo incontrati cinque anni fa. Venivo qui molto spesso per ascoltare le storie che la sera raccontavi ai tuoi fratelli. Ma una notte la mia ombra si è staccata e ha deciso di rimanere qui, e sono stato costretto a venire a riprendermela. Tu ti sei svegliata, me l'hai ricucita, e poi hai detto che ti sarebbe piaciuto darmi un bacio. E mi hai dato un ditale. - Arrossisco violentemente. - Dopo ho portato te, John e Michael sull'Isola che non c'è, e siete diventati Bimbi Sperduti. Passiamo direttamente all'ultima fase del vostro soggiorno, quando Hook vi ha rapiti e mi ha fatto recapitare un regalo da parte tua che conteneva una bomba che per poco non mi uccideva, non fosse stato per l'avvertimento di Trilly. Dunque, illeso, volo fino alla Jolly Roger, dove prende vita la battaglia più memorabile a cui Neverland abbia mai assistito, sconfiggo i Pirati, Hook sparisce e io vi riporto a Londra. Soddisfatta?
Rimango zitta, a bocca aperta. Per essere uno sconosciuto, conosce un po' troppi dettagli. Però... è talmente strano.
Il ragazzo deve interpretare il mio silenzio come un "no", perché alza gli occhi al cielo. Con uno sbuffo, alza anche tutto il resto del suo corpo. Fino al soffitto. Volando. Con perfetta maestria. 
- E adesso? - domanda trionfante rimettendo i piedi a terra.
Non ci posso credere.
- Peter - bisbiglio. Come un'ondata di acqua gelida, sento investirmi dalla realtà. La vera realtà. E con essa anche un marea di ricordi persi. I suoi occhi, che in quel bar mi erano sembrati tanto familiari... - Sei... davvero tu.
- Sì, Wendy - risponde lui, in un tono adesso più dolce. Sono tornato.
E' tornato.
  
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