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Autore: remsaverem    16/04/2008    6 recensioni
Dopo il rapimento da parte di Raphael, Reid comincia a sviluppare une dipendenza da droghe.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jason Gideon, Spencer Reid
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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E finalmente il capitolo finale di questa lunga storia

E finalmente il capitolo finale di questa lunga storia. A tutti quelli che si sono commossi, a tutti quelli che hanno resistito fin qui, a tutti quelli che si sono divertiti a leggere questa fan fiction un sentito GRAZIE.



Doveva uscire.

Doveva uscire.

Uscire da quella stanza, da quelle mura.

Assolutamente e a ogni costo.

Percorse con una mano le finiture della porta: niente. Chiusa ermeticamente. Provò a forzare la serratura facendo il minor rumore possibile.

Poi, non riuscendoci cominciò a tempestarla di pugni –fatemi uscire, voglio uscire voglio uscire!!! Mi sentite??Voglio uscire!!- gridò.

Non si fermò nemmeno dopo che due braccia robuste lo trascinarono via.

-Lasciami, voglio uscire- esclamò riconoscendo Gideon che lo tratteneva –mi hai sentito? Non voglio più stare qui!! fammi uscire-. Aveva un unico pensiero fisso: quello di una dose.

-Reid mi senti? Ascolta va tutto bene, ascolta…-.

Ma lui lo spinse di lato e si buttò di nuovo contro la porta, prendendola a spallate –eh apriti!!!!-

-Reid fermo!!- Gideon lo strattonò di nuovo via.

Era in uno stato pietoso, febbricitante, scosso dai brividi e in astinenza.

-Così finirai col farti male!!-.

-Voglio uscire, per piacere Gideon, fammi uscire- piagnucolò Reid afferrandogli un braccio- per favore per favore, poi farò tutto quello che vorrai, ma fammi uscire…io ho bisogno di uscire, per favore…-.

Gideon scosse la testa. Ecco, c’erano arrivati.

-Solo un momento eh? Solo un momento, solo 5 minuti. Non riesco, non posso stare qui, ti prego-.

Per quanto lo pregasse però Gideon sapeva di non poter esaudire le sue richieste –non posso...io non…-.

-E allora vuoi dirmi a cosa mi servi??- gridò il giovane infuriato. Cominciò ad aggirarsi per la stanza a lunghe falcate, come un leone in gabbia, torturandosi il braccio.

-Reid non devi fare così-.

Ma sapeva che non lo stava nemmeno ascoltando.

-Io io mi sono fidato, mi fidavo…voglio uscire per favore-.

Di nuovo quella richiesta.

L’unica che non poteva esaudire.

-Per favore-.

E andò avanti così per le successive ore.




-Dove sono?- domandò debolmente cercando di aprire gli occhi. Ormai anche quel gesto costituiva un grande sforzo da parte sua. Preferì tenerli chiusi.

-Sei a casa mia- esclamò Gideon passandogli una pezza bagnata sulla fronte.

-Ho freddo- sussurrò il giovane.

-Lo so…- aveva già addosso tre coperte.

-Io…non non…riesco a –.

-Shh va tutto bene- fece Gideon a bassissima voce.

-Mi fa male tutto-.

-Mi dispiace, ma vedrai passerà e tornerai a stare bene-.

Reid annuì.

Aveva crampi ovunque e il senso di spossatezza non gli permetteva di pensare. Ormai la nausea andava e veniva.

-Gideon…- bisbigliò Reid con quel poco fiato che gli restava –grazie-

-Non c’è di che…-.




Reid si rigirò tra le coperte.

Sentiva qualcosa agitarsi alla base del letto e si tirò su a sedere. Intorno l’oscurità. Gideon dormiva sulla brandina lì a fianco.

Notò che qualcosa si muoveva tra le coperte.

Balzò in piedi gridando: era pieno di ragni, enormi, giganteschi, orrendi.

Stava cercando di scrollarseli di dosso quando udì la voce di Gideon arrivare da lontano, come da un altro pianeta.

-…basta…Reid..basta!!!-.

Ma erano dappertutto e non serviva a niente scrollarseli di dosso.

-Reid così ti farai male!!!!!!!!-.




-Ora va meglio?- domandò Gideon fasciandogli un braccio.

Reid si strofinò gli occhi e annuì.

-E questa volta cerca di non farla saltare ok?-.

Annuì di nuovo, piano.

Sedeva sul bordo del letto, completamente svuotato –non…-sussurrò debolmente.

-Come? Cos’hai detto?- fece Gideon avvicinandosi.

-Non ce la faccio…non...non ci riesco mi dispiace-.

-Te la stai cavando alla grande- gli rispose Gideon.

Reid tacque per un po’, per recuperare le forze, poi continuò –no…non ce la faccio più- rialzò la testa di scatto, gli occhi lucidi, iniettati di sangue –non ci riesco-.

Gideon lo guardò a lungo – Sai cos’abbiamo deciso all’inizio vero?-.

Reid annuì.

-Tu puoi farcela Reid, puoi, ne sono sicuro, ne sono certo…- esclamò Gideon mentre il giovane scuoteva la testa.

-E invece no, non sono …non sono abbastanza forte…- biascicò Reid avvolgendosi intorno la coperte sopra le spalle.

-Ah sì? È così?- esclamò Gideon tirandosi su – è questo che vuoi davvero? Vuoi uscire?-.

S-si…-

-Bene? Ti comunico che non è possibile-.

Lo fissò stralunato – Jj…-.

-Oh se alludi al telefono è staccato. L’ho fatto staccare io-.

-ma…- Reid non riusciva a capire.

-Ti ho fregato!- fece Gideon allargando le braccia.

-Tu hai…- Reid era incredulo, che potesse essere così incosciente, non se l’era immaginato –hai staccato il telefono tu… ma che diavolo ti passava per la testa? E se avessimo bisogno di aiuto e se…oh maledizione!!!!!!!!-.

Gideon continuava a sorridere.

Ed era quello a dargli più fastidio. Non poteva sopportarlo.

-Tu..tu… hai…- quel sorriso, quel dannatissimo sorriso.

Gli fu addosso prima che potesse rendersene conto. Menava colpi alla cieca.

-Ehi, ehi calma, calma- Gideon gli afferrò i polsi, lui cercò di liberarsi, inutilmente –se hai ancora tutta questa forza- osservò mentre Reid ancora cercava di liberarsi…

-Lasciami!-

Gideon lo mollò all’istante.

Reid stava ansimando, lo sforzo lo aveva privato di tutte le energie

-era tutto un trucco…fin dall’inizio-.

Gideon gli strizzò un occhio –avanti, è quasi ora di cena-.




E poi cominciarono i dolori, fitte lancinanti da lasciare senza fiato.

L’ultimo capitolo di un lungo percorso, forse.

Sapeva di non potergli dare niente.

L’unica cosa che poteva fare era assistere, passargli qualche volta una asciugamano bagnato sul volto, mormorargli qualche parola.

Niente di più.

Si ripeteva che questo era meglio che vederlo andare sempre più a fondo, vederlo rovinarsi la vita, la carriera…

Ma era dura comunque.

Gideon si passò una mano tra i radi capelli.

Se avesse potuto invertire i loro ruoli l’avrebbe fatto senza esitazioni.

Ma non era possibile.

-Gideon…- una voce tenue, quasi soffocata.

-Ehi..- fece Gideon avvicinandosi.

Non gli chiese nulla, sapeva che parlare gli costava fatica.

-Ho-ho fatto un casino vero?-.

-Come?...ma no, non..certo che no, non potresti mai…-.

-S-so che è così-.

Gideon lo fissò stupito –Reid…-.

-Lo so e se voi non mi voleste più…- ebbe un accesso di tosse che non gli permise di finire la frase.

-Non dirlo nemmeno!- affermò Gideon deciso –non dirlo più!!!-.

-Ma...ho colpito Morgan e…-.

Gideon gli regalò uno dei suoi rari sorrisi –non importa- fece accarezzandogli la testa – non importa, non ce l’ha con te. Nessuno di noi-.

-E mi sono comportato male anche con Hotch e…con-con te- continuò il giovane in tono preoccupato.

-Sta’ tranquillo- sussurrò Gideon.

Reid annuì mordendosi un labbro e chiuse gli occhi troppo spossato per rispondere.




Cadde in un sonno pesante e agitato.

Strane figure si agitavano nell’ombra.

Una di queste era sua madre.

Ma non era felice di vederlo, tutt’altro. Sembrava arrabbiata con lui.

Reid le si avvicinò, ma lei indietreggiò.

–Mi hai abbandonata- fece la donna allontanandosi da lui.

-No io non…-

-Non volevi? Dì la verità, non vedevi l’ora di liberarti di me eh?-

- NO!! Io non volevo io non…-

-Non volevi eh!- ribattè lei in tono aggressivo.

-Non potevo fare nient’altro io…ero solo un ragazzo, non potevo prendermi cura di te-.

-E mi hai fatta rinchiudere in un posto che odiavo. Che cosa faresti tu se ti chiudessero in un posto che odi eh?-.

-Io non…- sussurrò Reid confuso…-mi dispiace mamma- era tutto quello che gli veniva in mente in quel momento –mi dispiace, io…mi-mi dispiace…-.

Ma lei non voleva saperne –mi hai deluso Spencer!-

-No… non mi dispiace, mi dispiace mi dispiace ti prego…- le urlava tra le lacrime –non volevo, perdonami…-

Ma lei aveva deciso.




-Perdonami!!perdonami!perdonami!!!!!!!!-.

Gideon fu svegliato da quelle urla lancinanti.

Il suo primo istinto fu quello di accendere la luce.

Reid era in piedi, sanguinante da un braccio.

-Reid calmati- fece Gideon avvicinandoglisi piano e parlando a bassa voce.

Il giovane si ritrasse in un angolo, appoggiandosi contro la parete e lasciandosi scivolare a terra.

Era in uno stato pietoso.

-Reid mi senti? Sono io, Gideon…- sussurrò l’uomo inginocchiandosi cautamente vicino a lui –va tutto bene…-.

-No…-singhiozzò lui – non andrà bene, non andrà mai bene, mai più…-.

-No, non devi pensarlo, ce l’hai quasi fatta, tu…-

-Non è questo!!!!!!-.

Per un momento Gideon si chiese di che altro si trattasse e poi capì.

-Lei, lei non mi vorrà, l’ho delusa io…-.

-Reid…- mormorò Gideon passandogli delicatamente un braccio intorno alle spalle e tirandolo a sé – lei non ti odia-.

-Ma io l’ho fatta rinchiudere Gideon, io l’ho mandata via. È colpa mia, lei non mi perdonerà mai…-.

Lo sentiva tremare accanto a sé, probabilmente era anche la febbre a farlo delirare. Però sentiva che quelle parole avevano un fondamento, che facevano parte di qualcosa che si agitava da qualche parte, nella sua mente. Da sempre. O almeno da quanto lo conosceva lui.

Per un istante si chiese se l’avesse conosciuto prima…le cose sarebbero potute andare diversamente?

Ma non era il momento di addentrarsi nel regno delle supposizioni.

Tutto quello che doveva fare era cercare di capire.

Non poteva avere la pretesa di aggiustare tutto, da tempo aveva rinunciato… quello che poteva fare meglio era solo ascoltare.

-Lei, lei non mi perdonerà, mai- singhiozzò Reid.

-Invece sono sicuro che ha capito e che semmai lo farà meglio quando glielo spiegherai tu, di persona-.

-No- rispose Reid scuotendo violentemente la testa –non posso io…-

-Certo che puoi, lei ti ascolterà. Ne sono sicuro. E se le hai fatto un torto, capirà e ti perdonerà-.

Reid lo guardò per un breve momento, le labbra serrate.

Poi riabbassò lo sguardo a fissare il braccio destro

-perché dovrebbe farlo?- mormorò tirando su col naso.

- È tua madre-.

-Ma l’ho tradita e…-

Gideon scosse la testa –devi lasciar fare a lei-.

Reid tacque per un po’, poi aggiunse – e…che-che cosa dirà di questo?- disse sommessamente alludendo al braccio

–dirà che sono stato debole, che…-.

-Reid!!-

-Reid guardami!-.

Ma lui non aveva nessuna intenzione di guardarlo negli occhi, perché vi avrebbe letto il disprezzo per quello che aveva fatto a se stesso. Lo stesso disprezzo che aveva visto sul volto di sua madre, in sogno.

E non poteva sopportarlo, da chiunque altro sì, ma non da Gideon.

Non da lui.

Gideon allora gli afferrò delicatamente il polso –non sempre ci comportiamo da persone sagge, non sempre facciamo le cose giuste, né siamo sempre forti abbastanza, ma…-

Redi ricominciò a piangere.

-ma possiamo rimediare, fare meglio e le persone che ci vogliono bene capiranno e ci perdoneranno-.

Voleva crederci.

Desiderava crederci.

Rialzò la testa e non vi lesse né disprezzo, né pietà, ma qualcos’altro, qualcosa di molto simile all’affetto.

Appoggiò la testa alla spalla di Gideon e chiuse gli occhi.

Sapeva che Gideon sarebbe rimasto lì con lui, che non l’avrebbe lasciato.




Tre mesi dopo

- Bene, allora io…entro… sì giusto…entro- fece Reid torturandosi le mani, davanti agli scalini dell’edificio.

Gideon era in piedi vicino a lui, intento a guardarsi intorno: prati verdi e panchine di legno, una perfetta oasi per trovare un po’ di pace.

Annuì incoraggiante.

Reid fece per suonare il campanello, arrivando a pochi centimetri dal pulsante. Poi si fermò e si voltò verso di lui mordendosi un labbro – e…e se non mi vuole vedere?-.

Gideon spalancò le braccia –Ti aspetterò-.

Reid annuì, mosse qualche passo, poi si voltò di nuovo –e se…-.

Gideon lo guardava sorridendo e anche lui sorrise a sua volta.

Poi varcò la soglia della casa di cura dove viveva sua madre e sparì dietro la porta.

Gideon rivolse il suo sguardo in su, ad osservare il cielo limpido attraversato da stormi di rondini che tornavano al loro nido e pensò che era proprio una bellissima giornata.

fine

  
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