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Autore: adria    01/11/2013    4 recensioni
"Non restare a piangere sulla mia tomba.
Non sono lì, non dormo.
Sono mille venti che soffiano.
Sono la scintilla diamante sulla neve.
Sono la luce del sole sul grano maturo.
Sono la pioggerellina d’autunno.
Quando ti svegli nella quiete del mattino …
Sono le stelle che brillano la notte.
Non restare a piangere sulla mia tomba.
Non sono lì, non dormo."
Canto Navajo
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Essendo la prima volta che posto qualcosa di originale, sarebbe gradita una recensione, grazie mille.
Ho modificato alcune cose e modificato i capitoli (oltre ad averne aggiunto di nuovi), spero vi piacciano!!!
Genere: Avventura, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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26 Novembre 2013
Cagliari, Sardegna
Piazza Matteotti
 
L’otto, l’autobus cittadino, si fermò frenando di colpo di fianco all’isola pedonale in piazza Matteotti. Al suo solito posto.
Adriana Atzori scese tranquilla e s’incamminò sull’isola pedonale, giù, verso la stazione degli autobus, lontano dalle strisce pedonali. Scese dall’isola, si voltò a destra e attese che due macchine le passassero davanti, poi attraversò velocemente insieme ad un gruppo di persone con valige e borsoni dirette alla stazione ferroviaria.
Come sempre una folata di vento avvolse la ragazza subito dopo aver messo piede nella stazione. I capelli neri lunghi e mossi mulinarono sotto l’effetto del vento e le ciocche che componevano il ciuffo laterale le finirono negli occhi, li tolse con non curanza e sorrise. Le era sempre piaciuta la sensazione del vento tra i capelli, specie se lunghi.
Adriana alzò lo sguardo verso l’orologio appeso.
L’una e venti.
Era in perfetto orario.
Attraversò l’arco rilassata e senza rallentare il passo guardò il grande schermo con tutti gli orari e i binari dei treni in partenza. Il suo occhio allenato trovò facilmente il treno che le interessava e proseguì.
La voce registrata gracchiò dagli altoparlanti che un treno diretto chissà dove era in partenza da chissà quale binario, ad Adriana non importava, ma ad un gruppo di ragazzi con gli zaini in spalla che la superarono di corsa si.
Era bello arrivare in anticipo, camminare tranquilla verso il proprio binario mentre la gente ti supera correndo rischiando l’osso del collo. Sorrise a questo piacere malsano dettato dal fatto che una volta tanto non era lei a rischiare l’osso del collo per prendere un treno.
Al binario 5 il treno attendeva immobile i passeggeri.
La ragazza salì alla prima porta, entrò nello scompartimento di destra, superò i primi tre posti di fianco alla porta e prese posto nei quattro posti successivi. A parte due uomini seduti l’uno di fronte all’altro qualche posto più avanti lo scompartimento era vuoto.
Mise borsa, busta e giubbotto nel sedile che dava sul corridoio e prese posto in quello vicino al finestrino abbandonandosi contro lo schienale.
Dopo aver osservato fuori dal finestrino per qualche minuto, si voltò a tirar fuori il quaderno degli appunti della penultima lezione che le aveva passato Ilaria dato che l’aveva saltata per un appuntamento improrogabile dal medico.
Lo sfogliò distrattamente.
Non aveva alcuna voglia di sistemare quegli appunti, peccato che non aveva nient’altro da fare visto che si era dimenticata il suo appassionante thriller a casa e poi, in ogni caso, avrebbe comunque dovuto metter mano agli appunti, prima o poi, e dato che doveva occupare il tempo era meglio prima.
Con un sospiro frugò nella borsa recuperando il suo quaderno, gli appunti e la penna. Adorava il suo quaderno a spirale perché poteva piegarlo e scrivere comodamente come se fosse aperto per esteso. Ne lisciò la copertina e si accomodò meglio sul sedile registrando a malapena la figura elegante che prese posto nel sedile diagonalmente opposto al suo.
Mentre era immersa nella lettura il treno iniziò a muoversi, ma lei non vi badò come non prestava attenzione a ciò che le accadeva intorno.
Non si accorse che quello scompartimento era occupato da sole quattro persone: lei, l’uomo che aveva davanti e i due uomini che aveva visto appena entrata. Non si accorse che quegli stessi uomini silenziosi avevano preso posto ai due lati del corridoio e presidiavano le porte dirottando chiunque volesse entrare (controllore compreso che rimase confinato nel suo ufficio nella coda del treno). Non si accorse neanche che l’uomo che le stava di fronte la stava studiando attentamente al di sopra del giornale che avrebbe, in realtà, dovuto leggere.
Lui la osservava con interesse mentre leggendo si arricciava una ciocca con la penna, come stressava il labbro inferiore mentre scriveva e non poteva fare a meno di ammirare le gambe toniche accavallate avvolte nell’attillato jeans nero sul quale poggiavano i quaderni, per non parlare degli occhi di un stupefacente color acquamarina che ogni tanto alzava senza rendersene conto. Era la spontaneità fatta persona.
Non aveva nulla di particolare, occhi a parte, non possedeva la bellezza delle super modelle e di certo non così appariscente, non aveva neanche delle gambe chilometriche, ma nessuno avrebbe mai potuto negare quella bellezza semplice, discreta e genuina di un fiore di loto. Non ne aveva viste molte di bellezze del genere ultimamente e quelle che aveva visto in tutta la sua vita si potevano contare sulle dita di una mano. Quando gli avevano affidato quell’incarico gli avevano detto che non era un tipo molto comune, ma non aveva pensato alla possibilità di trovarla tanto interessante.
Con una frenata leggera che produsse un discreto contraccolpo il treno si fermò per la terza volta.
Adriana si riscosse e guardò fuori dal finestrino.
Decimomannu gridava il cartello a lettere maiuscole.
L’uomo vide dipingersi un’espressione di leggera incredulità su quel volto delicato, dal canto suo, lei non si capacitava del fatto che fossero ancora a Decimo, le sembrava fosse passata un’eternità da quando si era messa a sistemare quei dannatissimi appunti che avrebbero dovuto essere il suo passatempo fino alla fine del viaggio.
Adriana sospirò e lentamente rimise tutto al proprio posto, poi si voltò a guardare la stazione al di là del vetro.
Il suono acuto delle porte che si chiudevano e il treno riprese a muoversi.
La stazione rimase alle loro spalle dove, la ragazza lo sapeva bene ormai, l’avrebbe ritrovata il mattino seguente a darle il buon giorno.
Per la prima volta da quando aveva sepolto il naso negli appunti Adriana si guardò intorno e vide l’uomo che le stava davanti leggere il giornale che teneva tra le grandi mani.
Ad occhio e croce doveva avere un trentina d’anni al massimo e i capelli biondi stretti in un codino e l’eleganza del completo blu elettrico denotavano un notevole buon gusto. Sorrise inconsciamente a quel pensiero.
Subito dopo si accorse che lo scompartimento era molto tranquillo.
Troppo tranquillo trillò una fastidiosa voce emersa da chissà quale recesso della sua mente.
Smettila di fare la paranoica, guardi troppi telefilm la rimproverò tornando a rivolgere la sua attenzione al paesaggio che scorreva fuori. L’unico passatempo che le era rimasto.
Guardò l’orologio. Miracolosamente il treno era in orario e se avesse continuato così avrebbe fatto in tempo a prendere il pulmino per rientrare in paese senza rompere le scatole a casa.
Il treno si fermò e riprese la sua corsa varie volte.
- Miss … scusi? – il tono incerto dell’uomo attirò l’attenzione di Adriana riscuotendola dalle sue considerazioni.
Si voltò e occhi acquamarina incontrarono occhi neri.
- Ha sentito parlare degli omicidi? – chiese più sicuro adesso che aveva l’attenzione della ragazza.
Adriana registrò che la voce calma dell’uomo aveva l’accento inglese.
- Quali omicidi? – chiese lei presa alla sprovvista: non era una domanda che si sarebbe mai aspettata da uno sconosciuto che voleva attaccare bottone e dato che era da un po’ che viaggiava e per attaccare bottone ne aveva sentito di tutti i colori …
Per tutta risposta l’uomo voltò il giornale mettendo in mostra la prima pagina dove c’era l’immagine di una pineta che pullulava di carabinieri e poliziotti sovrastata dal titolo a lettere cubitali “Colpisce ancora. Ventunenne uccisa nel campidanese. Le autorità brancolano nel buio”.
Oh … quegli omicidi …
- Si. Gran brutta storia. – rispose lei non sapendo che altro si aspettasse di sentire l’uomo. D’altro canto lei non si era fatta un’opinione sulla faccenda, erano notizie che le sue orecchie captavano la mattina mentre usciva di corsa da casa e nulla più.
L’uomo inclinò un po’ la testa con un’espressione indecifrabile sul volto.
Certo che era un tipo strano!
- Cosa ne pensa? –
Adriana aveva la spiacevole sensazione di essere sotto esame, invece di essere una semplice conversazione pareva un velato interrogatorio. Nonostante ciò rispose educatamente – Spero finisca in fretta. Mi pare sia la quarta o quinta vittima in poco tempo. –
- La sesta in effetti. –
Silenzio.
Il treno si stava allontanando da Sanluri Stato e automaticamente Adriana iniziò a prepararsi a scendere. Era lieta di avere qualcosa da fare per distrarsi dallo sguardo dell’uomo che percepiva addosso e per ignorare uno strano senso d’inquietudine che sentiva salirgli dallo stomaco. Fortunatamente stava per scendere.
Si mise il giubbotto e mentalmente contò i ponti che la separavano da San Gavino e quando il treno rallentò nuovamente prese borsa e busta e si alzò rivolgendo un sorriso di circostanza allo strano tipo che ricambiò.
Passando davanti ai tre sedili vicini alla porta trasse un respiro profondo, stava per scendere e dimenticare quello strano incontro. Crogiolandosi in questo pensiero si accorse a mala pena che uno di quei posti era occupato da qualcuno che lesto, balzò in piedi, le mise una mano sulla bocca tirandola a sé. La busta le scivolò di mano per la sorpresa e prima di realizzare a pieno l’accaduto sentì una puntura alla base del collo e un istante dopo una strana debolezza impadronirsi del suo corpo.
Io l’avevo detto! sentenziò la famosa vocina. Ti avevo avvisato, ma tu non mi hai dato retta!
Le gambe iniziarono a cederle prima che lei potesse anche solo rendersene conto. Si sentì sostenere dalle braccia forti dell’aggressore. La vista si stava annebbiando, una figura scura e sfocata avanzava verso di loro e poi più nulla. Tutto nero.
  
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