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Autore: esse198    01/11/2013    1 recensioni
"Era la persona più normale che potesse esistere al mondo, quelle poche passioni che aveva, le coltivava in modo molto discreto trattandosi di musica e della lettura di qualche romanzo e di qualche fumetto. Difficile suscitare l’irritazione della gente."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“E ancora ieri consideravo che
Se tu non c'eri io…
Però è un pensiero inutile
Ma si, ma si, lo so qual'era
Il modo esatto per riavere tutto
E’ solo che
Mi persi”
                          D. Silvestri – “Mi persi”
 
Le piaceva immaginare che quel già più volte citato Grande Amore potesse essersi sentito così, almeno una volta in passato nei suoi confronti. Voleva poter credere che lui avesse avuto troppa paura di impegnarsi, di costruire qualcosa con lei, magari perché troppo importante, per paura di ferirla. E costruiva così tutta una serie di cornici romantiche.
Un’altra festa, altre malinconie. Altri rancori. Quella di Luca era stata l’ennesima delusione. L’ultima di una lunga serie: prima il Grande Amore, poi le sue amiche e adesso pure lui. Tornavano nitide le discussioni, le incomprensioni irrisolte. Cosa, dove aveva sbagliato?
 
       “Where did I go wrong, I lost a friend...”
 
“La voce del cantante sembrava biascicare parole straniere guidato da un ritmo che tornava ad incidere.
Il tutto scatenava un desiderio di scrollarsi di dosso tutta la rabbia, forse era il titolo della canzone “How to save a life” o il ricordo del video che ritraeva diverse persone con visi tristi e con occhi pieni di lacrime a scatenare quella sua voglia di ballare. Scuoteva instancabilmente i suoi riccioli scuri e ribelli, teneva gli occhi chiusi, ma i piedi ben saldi per non perdere l’equilibrio. Muoveva le braccia e maldestramente il bacino e le ginocchia.
Di tanto in tanto potevi vederla muovere le labbra per pronunciare lamenti ad imitare i versi della canzone.
C’era tristezza, c’era rabbia, c’era voglia di libertà.
Ignorava la folla attorno a sé. Ignorava la sua amica che voleva coinvolgerla in qualche sua “coreografia”. Andava per conto suo, con gli occhi serrati, in un mondo suo, in quel buio profondo, la sola cosa che potesse vedere. Ma vedeva se stessa muoversi, sentiva la musica scivolarle addosso, entrarle dentro, nel corpo, tra pelle e ossa, sentiva il calore, le pulsioni del suo cuore, del suo sangue al ritmo della musica.
Poteva sentire, poteva percepire gli sguardi altrui su di sé e provare la soddisfazione di potersene fregare. Vaffanculo tutti, a quel paese il mondo intero, tutti i pregiudizi. Sentiva la rabbia attraversarla e scappare, scaraventarsi tacitamente su tutti attorno. S’immaginava tra calde braccia, pronti ad accogliere il suo cuore, ad accogliere il suo dolore.
Ma s’immaginava pronta a respingere tutti gli stronzi o quelle persone mediocri di cui è pieno il mondo. Lei voleva guardare avanti. Camminare a testa alta, senza rimorsi, senza rimpianti. Aveva capito che nella vita si è soli e da soli bisogna cavarsela, costruire il proprio futuro con le unghie e con i denti. Bisognava scacciare tutti i pensieri, tutte le paure, guardare in faccia il futuro e affrontarlo.
E credere.
Credere nella nostra forza.
Crederci.”
 
Ma era la forza di un solo momento, il tempo di quella canzone. Poi tutto si spegneva. Tutto perdeva di significato. Da un po’ tutto aveva perso senso. Il solo motivo per cui esistere era la sua famiglia. Nient’altro per cui valesse la pena. Un sogno non l’aveva, un percorso da seguire tanto meno. E se fino ad allora aveva cercato qualcosa, la strada da seguire, uno scopo nella vita, adesso non si sforzava di fare nemmeno quello. Inerme, la vita le scivolava addosso senza scalfirla più, viveva per inerzia, col terrore di perdere ogni emozione.
Quando andò a sedersi, dopo essersi concessa quell’unico ballo, le immagini delle liti, il suono delle parole senza più affetto, ma pieni di interessi personali rimbombavano nella mente e facevano male, ancora come allora.
Lo sguardo fisso verso il pavimento che aveva perso anche lui ogni lucentezza: troppa gente l’aveva calpestato. Si chiedeva come si era convinta a prendere parte a quella festa, lei che di natura non sopportava la confusione, si sentiva sempre a disagio in mezzo alla confusione. Ma Elena era stata gentile ad invitarla, non poteva dirle di no, non all’ultimo minuto.
- Hai visto come sono carini? – Elena si riferiva alla Gattina e al suo ragazzo “a termine”. I due erano presi dal quel lento che il dj aveva messo opportunamente per le coppiette presenti.
- Sì. Secondo me andrà a finire bene. – rispose Selene
- Non lo avrei mai detto. Sembrano quasi innamorati. Sai cosa penso? Penso che forse lui abbia voluto assicurarsi un margine di libertà.
- Cosa vuoi dire?
- Voglio dire che forse aver dato una scadenza a questa loro relazione gli permette di non fare progetti a lungo termine.
- Vuoi dire che ha solo paura di impegnarsi?
- Sì.
- A me sembra stupido lo stesso. – concluse risentita Selene, quasi fosse una cosa personale.
- Siamo al top stasera! – commentò ironica Elena e Selene sorrise leggermente. 
- Toh, guarda chi arriva! – annunciò Elena.
Erano i due amici comici di Luca, che con quest’ultimo erano presenti anche loro alla festa. Simpatici, festaioli e casinisti come se li ricordava. Selene poté notare negli atteggiamenti del Casanova una vaga somiglianza con Luca Bizzarri, il compare di Paolo Kessisoglu, con cui conduceva Le Iene, il programma televisivo. Come semplice fan, Selene provava una certa ammirazione per questo personaggio televisivo, per il suo aspetto fisico e per la sua bravura. La somiglianza con quel Casanova stava forse in quel suo modo di fare il filo alle ragazze, nel suo stesso portamento, nella sua sfacciataggine nell’abbracciarle, nel fare i complimenti, talvolta usando anche una leggera ironia.
Andò a sedersi proprio accanto a Selene. La scrutava, praticamente le fece i raggi x. Selene indossava una minigonna marrone, svasata sui fianchi, calze scure e stivali alti da camperos. Ad essa aveva abbinato un maglioncino corto beige con una scollatura che tagliava di sbieco.
- Potresti fare colpo stasera… - le disse il Casanova. Lei si limitò a guardarlo come con sorpresa, ma facendogli capire che non era proprio in vena.
- E dai! Ritira quel musone! – esclamò e con uno slancio l’abbracciò e quasi la soffocò.
Sorpresa, ma anche un po’ commossa e punta nel vivo. Era come un cagnolino abbandonato, uno di quelli che aveva preso un sacco di botte ed era pieno di piccoli tagli e ferite, bisognoso di attenzioni, di cure ed affetto. Sorrise e fece per liberarsi dalla presa di lui. Allora spinse tutto in fondo, tutti i brutti pensieri, i cattivi ricordi, gli inutili rancori, li cacciò indietro, nell’angolo più nascosto della sua mente e cercò di godere della compagnia di quei ragazzi.
La serata da allora trascorse con maggiore serenità e qualche sorpresa. Le luci basse, la confusione di persone che si muovevano, che passavano, il chiacchiericcio, la musica assordante, rendeva il dialogo di due persone piuttosto intimo. Quando Selene se ne stava appoggiata al muro a guardare la gente che ballava, la gente che viveva, il Casanova la raggiunse. Dopo quell’abbraccio i due avevano cominciato a scherzare, a parlare, lui cominciò a ronzarle attorno. Selene gli dava corda perché lui non era invadente o volgare, era simpatico, ironico, magari un po’ pieno di sé, quello sì, ma usava una certa dolcezza che dava ragione al suo presentarsi come un gran romantico.
Fu così che tra un sorriso e una frase gentile, una carezza e un abbraccio scattò un bacio. Fu un bacio molto passionale, Selene si lasciò trascinare dall’emozione del momento e lo abbracciò forte e ricambiò il suo bacio, sopraffatta dal bisogno di sentirsi viva.
Si baciarono a lungo, poi lui la portò in un angolo più appartato e continuò a baciarla. A quel punto però le carezze e gli abbracci si fecero più intimi e fu allora che Selene si svegliò. Si allontanò bruscamente da lui, lo guardò, chiese scusa, si divincolò dalla sua presa e scappò via.
Tutto quello che era successo non le apparteneva, non era nel suo modo di fare. È vero, non era successo nulla di irrimediabile, ma per lei quello era molto grave, soprattutto per il senso del pudore, talvolta esagerato, che nutriva.
Il suo turbamento era a livelli altissimi. Certo, aveva voluto divertirsi, ma solitamente le bastavano quattro chiacchiere, un paio di battute, stare bene con le persone attorno a lei per divertirsi, quello non era previsto. Non c’era sentimento in quel che aveva fatto, non poteva perdonarselo. In cuor suo sperava che quel ragazzo si facesse sentire, si facesse vedere per trovare una giustificazione all’accaduto: se almeno lui avesse provato qualcosa per lei tutto appariva sotto un’altra luce e poteva essere accettato più facilmente.
Ma così non fu. Si videro dopo qualche giorno nell’occasione di un nuovo incontro in gruppo, lui la salutò e l’affrontò come se niente fosse, come se tra loro non era successo nulla. Così Selene, nel momento in cui restarono soli, gli disse:
- Quello che è successo l’altra sera non deve ripetersi mai più.
- Ok, non preoccuparti, non è successo niente. – rispose lui, come se lei gli stesse chiedendo scusa per averlo urtato inavvertitamente.
In quel caso si sarebbe trattato di galanteria, invece Selene aveva appena scoperto che lui non aveva fatto altro che approfittare della sua debolezza e lei c’era cascata in pieno. Il giorno dopo, parlandone in libreria con Elena, questa le rispose:
- Beh, magari ci ripenserà e potrebbe esserci un’evoluzione. Chi può saperlo? Sono così imprevedibili, gli uomini.
- Sì, ci pensa mentre sta con altre quattro o cinque ragazze!
- Sei gelosa?
- No, ma sono stata una vera stupida. E il suo è stato un comportamento da vero cafone!
- Ma ti piace?
- Ma che ne so! Ultimamente me ne piace uno, poi un altro…
- Guarda che non c’è niente di male. L’attrazione per diversi ragazzi è normale. L’amore è un sentimento che si può provare per una sola persona, almeno in linea di massima, poi c’è chi dice di essere innamorato di diverse persone, ma a me sembra un po’ impossibile, almeno io non riesco a concepirlo.
- Sì, lo so. Ma lo sai come sono fatta.
- Sì, lo so. Non ti perdoni certi piccoli errori.
- Piccoli?
- Dai, non stai passando un bel momento, può capitare, poi tu ti sei accorta di aver sbagliato quindi non ripeterai lo stesso errore. Quindi non essere troppo severa con te stessa. Non farti altre paranoie. Cerca di vivere più serenamente!
- Va bene, nonna!
Elena aveva un solo anno in più di Selene, ma sembrava molto più grande. E doveva essere quel suo modo di parlare, di pensare, di rapportarsi con lei. Più volte le aveva fatto da consigliera, offrendo i suoi preziosi consigli da saggia.

 
  
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