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Autore: Evanne991    01/11/2013    1 recensioni
Due persone e mille persone, tante storie ed una sola, troppe parole e sette note musicali, a spegnere i pensieri, a crearne di nuovi.
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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On me dit que nos vies ne valent pas grand chose,
Elles passent en un instant comme fanent les roses.
On me dit que le temps qui glisse est un salaud

Francesco rientra in casa e trova Marco davanti al computer. E’ arrabbiato, stanco, irascibile. Mentre l’amico scruta con aria interessata qualche profilo di Facebook, lui prepara un caffè. Riempie il bollitore della moka d’acqua, poi con gesti lenti e pacati aggiunge il caffè nel filtro. Ha sempre osservato i gesti eleganti che sua madre compiva nel preparare il caffè. Gli diceva che non bisogna pressare il caffè, altrimenti non esce più e quando lo fa sa di bruciato, e che per le moke piccole bastano tre cucchiaini e mezzo per ottenere un ottimo caffè. Mette sempre tanta concentrazione e devozione nella preparazione di un caffè, si sente così un bravo figlio che ascolta la madre sapiente, la madre che c’è e non c’è più, che per colpa di una brutta malattia non ti riconosce più e non ricorda di avere un figlio educato e bello che studia Medicina e vuole trovare una cura per la sua mamma che a cinquantadue anni sembra una nonnina di oltre ottant’anni. In tanti momenti, Francesco, avrebbe voluto raccontare a quella ragazza di sua madre, e tante volte a sua madre ha raccontato di una ragazza incontrata in biblioteca. Ovviamente sua madre non gli ha mai dato retta, né probabilmente capiva una sola parola di cosa lui le stesse dicendo, eppure Francesco si sentiva in dovere di renderla partecipe di questa sua piccola storia, di questo piccolo amore che nasceva in lui.
L’odore del caffè inonda improvvisamente la cucina, e mentre lo versa in due tazze, per sé e per lo scapestrato di Marco, quest’ultimo finalmente lo guarda in faccia e gli rivolge un sorriso allegro. Francesco prova ad ignorarlo, ma l’amico inizia a raccontargli che c’è questa ragazza che gli interessa, ma a cui non ha chiesto il numero perché non vorrebbe sembrare il tipo che ci prova.
“Tu sei il tipo che ci prova.”
Marco lo ignora e gli spiega che questa ragazza – Francesco gli presta poca attenzione- ha pubblicato pocanzi una fotografia su Facebook spiegando di essere a casa di una sua amica, e che secondo lui lei l’aveva fatto di proposito per fare in modo che lui la contattasse, sapendola libera dalle lezioni. Mentre ciarla beatamente – e Francesco guarda sempre più interessato il fondo della sua tazza di caffè- gli rivolge il portatile, mostrandogli la foto di cui parla.
“Che ne pensi? È carina, no?”
Francesco lancia un’occhiata di rimando al pc, tanto da poter dire poi un sì di circostanza. Ma quell’occhiata gli si pietrifica in volto ed il sì gli si strozza in gola.
Una bella bionda sorride in primo piano alla foto, e dietro di lei c’è una ragazza dai capelli che vanno sul rossiccio, dalle mille tinte maldestre, coperta da una grande sciarpa bianca e dagli occhiali grandi. Legge qualcosa ed è assorta, presa. Probabilmente quello che sta leggendo le piace molto, perché sorride ed ha due simpatiche fossette sulle guance.
Francesco balza in piedi.
“Chiamala! Chiama immediatamente questa ragazza!”
“Ma sei idiota o cosa? Ti sto dicendo che non ho il suo numero!”
“Cazzo, contattala, chiedile dov’è, chiedile come faccio a trovarla, chiedile come si chiama!”
“Ma che cazzo dici, ah Francè, che te ne frega de Vittoria? Magari io devo trovarla, che centri tu?”
Francesco inspira profondamente tentato di lanciare qualche bestemmia articolata. Poi con tutta la calma possibile, una vena che pulsa sulla tempia sinistra e la voce tremante e rauca gli dice:
“La ragazza in foto con questa Vittoria. È lei, è la mia ragazza.”
Marco pare andare in tilt, pare non capire neanche la propria lingua, poi urla proprio quei bestemmioni che Francesco ha avuto il garbo di non tirare. Dopo qualche minuto di panico generale in cui Marco ha dato prova di conoscere sei lingue diverse in cui imprecare, Francesco riesce a fargli capire che deve chiedere immediatamente il numero a Vittoria. Cosa che fa, compiacendosi nel frattempo del fatto che Vittoria fosse online e che lo fosse solo per lui. Marco compone il numero, appena ricevuta la risposta impaziente di lei. Mette la telefonata in vivavoce, ed al primo squillo Vittoria risponde allegra.
“Ciao Marco!”
“Ciao Vi-“
“Ciao Vittoria, noi non ci conosciamo, ma io ho bisogno di farti delle domande!”, interviene subito Francesco.
“Ma che ca… Con chi parlo?”
“Perdonami, sono un amico di Marco e voglio solo sapere chi è la ragazza in foto con te e dove posso trovarla.”
“Marco ma che è, uno scherzo?”, la voce di lei è infastidita.
“Ma io veramente…”, Marco prova a parlare, ma Francesco non gliene da modo.
“Vittoria, per favore. Io sono Francesco.”
Dall’altra parte c’è silenzio. Poi Vittoria riprende a parlare. Nervosa.
“Io non so come diavolo sia potuto succedere, credevamo che sarebbe stato impossibile trovarti di nuovo. Proprio poco fa è andata in biblioteca speranzosa di rivederti. Credo che tu le abbia fatto perdere la testa.”

On me dit que le destin se moque bien de nous
Qu'il ne nous donne rien et qu'il nous promet tout
Parais qu'le bonheur est à portée de main,
Alors on tend la main et on se retrouve fou


 
Non può crederci. Lei è andata in biblioteca proprio oggi che lui è andato via. Non può credere di averla trovata. Marco lo guarda in silenzio, Vittoria sospira dall’altra parte. Lui inumidisce le labbra ed afferrando un giubbotto ed un mazzo di chiavi le chiede:
“Il suo nome. Qual è il suo nome?”
“Anna.”

Serais ce possible alors?
 
Mentre guida veloce nel traffico mattutino, sorride beffardo alla casualità. Fino ad un’ora prima non sapeva nulla. Ora ha una speranza, ha una possibilità, ha due alleati, se così si possono definire, ed ha un nome.
Anna. Lo stesso nome di sua madre. Per un colpo di fortuna trova parcheggio di fronte l’entrata della biblioteca, scende dall’auto e sbatte la portiera, corre nell’edificio ed ignora i sussurri di protesta che lo accompagnano. Arriva al tavolo. Quel tavolo.
 

http://www.youtube.com/watch?v=wYD5UJnIjFU
 


NOTE DELLA (PSEUDO)AUTRICE:

In realtà non ho molto da aggiungere. Spero sarete voi a parlare! Linciatemi o sorridetemi! Baciotti, Evanne.
  
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