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Autore: HuggMeNiall    03/11/2013    0 recensioni
"Se tu sei un'errore, allora vuol dire che sei l'errore più bello della mia vita. Se tu sei uno sbaglio allora spero proprio di farne altri 1000 di sbagli così. Tu sei la cosa migliore che mi sia mai capitata... voglio essere il tuo tutto. Lascia che io ti aiuti, lascia che io ti salvi."
Questa è la mia prima storia a capitoli, recensite e ditemi se vi può piacere o no! Non abbiate paura di offendermi scrivendo recensioni negative, accetto tutto (a parte gli insulti.)
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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ZOE:
‘’La serata scorsa è stata la miglior serata di sempre.’’
 
Dissi a Jade. Era da un sacco di tempo che non ci vedevamo, tra la scuola e il mio nuovo ragazzo non ero riuscita a trovare un po’ di tempo per vedere la mia migliore amica.
 
‘’Ci credo! Da quello che mi hai raccontato dev’essere stata la serata migliore della tua vita..!’’
 
Le sorrisi.
 
‘’Non hai tutti i torti, ma la serata migliore della mia vita è stata un’altra.’’
 
*FLASHBACK di ZOE: un anno prima*
Musica al massimo del volume, un album da disegno, un set completo di matite, fusaggine e sanguigna, casa vuota e condizionatore acceso. Pomeriggio perfetto., se non avessi avuto quest’umore pessimo: mi mancava mio papà. Era partito per uno dei suoi soliti viaggi d’affari e non lo vedevo da quasi un mese.
Stavo cantando le parole di ‘Behind Blue Eyes’ degli Who mentre disegnavo, quando il mio cellulare iniziò a suonare. Abbassai la musica e risposi a Jade.
 
‘’Ei! Che succede?’’
 
Dall’altro capo della cornetta mi arrivavano solo sospiri e qualche parola confusa.
 
‘’Jade non ti sento, parla più forte!’’
 
‘’Non.. non sono Jade..’’
 
Era una voce femminile, rotta da singhiozzi. Non la riuscivo a riconoscere, ma mi spaventai a morte. Pensai al peggio.
 
‘’Chi sei allora?’’
 
‘’Non ha importanza..’’ La tipa con cui stavo parlando fece una piccola pausa per riprendere fiato. ‘’C’è.. c’è stato un incidente.’’
 
Mi feci dire la via in cui si trovava e corsi là mentre chiamavo la polizia e un’ambulanza.
 
Arrivai sul luogo dell’incidente e quello che vidi mi lasciò senza parole, senza fiato e senza coraggio. Due corpi. Uno di una donna bionda vestita di tutto punto come se fosse appena uscita dal suo ufficio e avesse deciso di tornare a casa a piedi anziché prendere i mezzi pubblici o la sua auto. I suoi occhiali da sole erano distrutti a pochi centimetri dalla sua testa sanguinante. La sua gamba destra era girata in una posizione decisamente innaturale e da un braccio completamente spellato si intravedeva l’osso. Aveva in mano il cellulare di Jade.
I miei occhi si riempirono all’istante di lacrime e le mie gambe iniziarono a tremare. Alzai lo sguardo e guardai bene l'altro corpo. Quello della mia migliore amica. Corsi accanto a lei e mi buttai in ginocchio al suo fianco. Avrei voluto gridare ma non ci riuscivo. Presi la sua mano sanguinante e la strinsi alla mia. Cercai di svegliarla, ma lei era immobile. Le toccai il polso e scoprii che i suoi battiti erano molto lenti. Il panico mi attraversò l’intero corpo. In quel momento riuscii a gridare. Un urlo agghiacciante, pieno di dolore e paura.
 
‘’Jade! No! non puoi morire. Non puoi lasciarmi sola! Ti prego resta con me!’’
 
Sentii una sirena e scorsi alla fine della via un’ambulanza che frenava e dalla quale uscì un gruppo di paramedici che caricò immediatamente il corpo di Jade sulla barella e, successivamente, sul furgoncino bianco con una croce rossa su tutti i suoi lati e un lampeggiante acceso sul tettuccio.
Non restai sola, un uomo rimase con me e mi fece qualche domanda dopo essere andato al capezzale del corpo senza vita della donna bionda. Quella donna aveva salvato la mia migliore amica, chi l’aveva uccisa doveva pagare caro il suo gesto.
 
‘’Sai cos’è successo? Come mai sei qui?’’
 
Un poliziotto si sedette sull’asfalto sporco del sangue di Jade e mi iniziò a fare qualche domanda. Possibile che fossi così tanto sconvolta da non accorgermi neppure che erano arrivate due macchine della polizia e anche un paio di cittadini curiosi?
 
‘’Posso avere un bicchiere d’acqua? Ne ho davvero bisogno.’’
 
Il poliziotto mi aiutò ad alzarmi e mi condusse verso la sua auto, dove trovai un uomo in giacca e cravatta che mi porse una bottiglietta di acqua naturale ancora sigillata. Cercai di aprirla ma le mie mani tremavano così tanto che non riuscivo neppure a stingerle a pugno. Mi aiutarono a bere qualche sorso d’acqua.
 
‘’Noi dobbiamo farti qualche domanda. Te la senti?’’
 
Annuii.
 
‘’Bene. Allora: sai cos’è successo?’’
 
L’umo che mi aveva dato l’acqua era alto, abbastanza anziano e portava la barba incolta e i capelli corti.
 
‘’Io ero a casa mia quando mi è arrivata una telefonata della mia migliore amica. Risposi e una donna mi disse ansimando che c’era stato un incidente e la via in cui si trovava. Sono subito corsa qui chiamando voi e il 118. Il resto non credo sia necessario che io glielo racconti…’’
 
‘’Ok, grazie. Ho ancora una domanda per te: come si chiamano la ragazza e la donna?’’
 
‘’La ragazza si chiama Jade Roth. Suo padre è Americano. La donna non so chi sia.’’
 
Avevo lo sguardo fisso sul corpo davanti a me coperto da un telo bianco.
 
‘’È morta, vero?’’
 
Chiesi con un filo di voce. La risposta non tardò ad arrivare. Si, era morta. Già lo sapevo, ma volevo comunque una conferma da parte del polizotto.
 
Due settimane dopo quella terribile giornata, Jade era ancora in ospedale. Aveva un trauma cranico e non ricordava nulla, neanche il suo nome.
Tutti i giorni io e la sua famiglia le andavamo a fare visita e stavamo con lei. Era sempre bruttissimo perché Jade ci guardava come fossimo sconosciuti. Fino a quel pomeriggio.
 
‘’Salve, sono qui per vedere Jade Roth. Posso?’’
 
Chiesi sorridendo all’infermiera.
 
‘’Ciao Zoe. Entra pure, sono sicura che rimarrai piacevolmente sorpresa.’’
 
Mi rispose Rosalinda. Entrai e vidi Jade seduta sul letto intenta a leggere un giornaletto, il suo preferito.
 
‘’Ciao Jade, sono Zoe. Ti disturbo?’’
 
La mia amica alzò gli occhi e non appena mi vide mi buttò le braccia al collo. Non capivo il motivo, non lo faceva da quando aveva perso la memoria, finche non mi sussurrò all’orecchio:
 
‘’Ricordo tutto Zoe! Mi è tornata la memoria dopo l’operazione.’’
 
*FINE FLASHBACK di ZOE*
 
Jade mi sorrise, sapeva perfettamente  a cosa mi riferivo dicendo che la serata migliore della mia vita era stata un’altra.
Cercò di cambiare discorso, la metteva a disagio ripensare a quella storia.
 
‘’Allora, più tardi devi uscire con Ale, giusto?’’
 
‘’Si, non so come mai mi voglia vedere.. non siamo mai usciti insieme.’’
 
Jade scoppiò a ridere.
 
‘’Zoe, possibile che non te ne rendi conto? Gli piaci!’’
 
Mi diede un colpetto sulla spalla.
 
‘’No, no. Non gli piaccio.’’
 
‘’Fidati di me. Un ragazzo non va a dire ad una tipa con la qual non ha praticamente mai parlato che è bellissima.’’
 
Non risposi e ripensai al pomeriggio in cui Ale, alla fermata del nostro bus, mi aveva detto quelle parole e pensai anche a ciò che aveva detto Jade quando glielo avevo raccontato.
La mia amica sorrise, sapeva perfettamente a cosa stavo pensando, lei mi capisce sempre.
Sentii il cellulare vibrare e aprii il messaggio che mi era appena arrivato e quando lessi il nome un piccolo risolino mi uscì dalle labbra.
 
-Ciao Zoe! Sono Ale. Oggi io, Ami e gli altri ci vediamo al parchetto dietro la nostra scuola alle 14.30. Ci sarai, vero?-
 
Risposi subito.
 
-Ciao Ale! Ok, ci sarò ;)-
 
Andammo avanti per un po’ a scambiarci smile simpatici via sms, finché non arrivò l’ora di pranzare. Io e Jade ci comprammo una pizza margherita e la mangiammo sedute su di una panchina in piazza. Ci piaceva mangiare lì perché non passava mai nessuno. Era una zona pedonale e perciò le auto e gli autobus non potevano passare ed era anche una zona molto poco frequentata.
Alle 13.00 tornammo ognuna a casa propria.
 
‘’Zoe? Sei tu?’’
 
Gemma, presa a leggere il suo libro preferito, mi chiamò per accertarsi che fossi io e non qualcun altro.
 
‘’Si, sono io. La mamma dov’è?’’
 
Le chiesi togliendo le scarpe. In quel momento la porta sul retro si aprì e vi entrò nostra madre.
 
‘’Oh, eccola. È appena entrata.’’
 
Urlai a mia sorella prima di correre in contro alla mamma per salutarla.
 
‘’Zoe, ti devo parlare.’’
 
Nel frattempo mia sorella ci aveva raggiunto in salotto.
 
‘’Allora, come ben sai, mia zia è gravemente malata..’’ Fece una piccola pausa. Ci stava davvero male.. ‘’Quindi sua figlia Sidney, mia cugina, mi ha offerto di alloggiare a casa sua, quella dove siamo state per le vacanze qualche tempo fa, per stare più vicina alla zia. Inizialmente dovevate venire anche tu e Gemma, ma ora che ci ho riflettuto bene credo che non sia una buona idea.’’
 
Gemma sembrava dispiaciuta, ma non fece scenate anche perché sapeva benissimo che, comunque, non sarebbe stata una vacanza di piacere.. poi Sidney vive in Australia insieme a tutta la sua famiglia (zia malata compresa) e ha un appartamento piuttosto piccolo, dove vivono in cinque, e già così non si sta comodi.. se in più si aggiungono altre due persone, allora si sta davvero stretti!  
Mamma sospirò.
 
‘’Si. Tu e Zoe resterete a casa. Ormai mi posso fidare delle mie piccole donne!’’
 
Una lacrima le rigò il volto. Non ero sicura fosse per il dolore che provava per la zia, mi pareva fosse una lacrima di orgoglio. La abbracciammo entrambe.
 
‘’Vostro padre dovrebbe tornare tra qualche settimana dal suo viaggio d’affari, ma dovrà ripartire quasi subito.’’
 
Ancora non avevo capito bene il lavoro preciso di mio padre, sapevo solo che viaggiava molto.
 
‘’Avete già mangiato?’’
 
Ci chiese mamma asciugandosi gli occhi. Entrambe rispondemmo di si ed io le chiesi se potevo uscire con degli amici.
 
‘’Posso prendere il pullman, non c’è bisogno che mi accompagni in auto.’’
 
Le dissi, ma lei insistette affinché io acconsentissi a farmi portare in macchina da lei. In fine accettai.
 
Alle due meno venti ero già pronta per uscire, ma era fin troppo presto quindi mi sdraiai sul divano e accesi la tv. C’era un cartone animato davvero stupido –ma divertente- dove i protagonisti dovevano sottoporsi a prove assurde e che nella realtà sarebbero state mortali. Davvero un’idiozia.
Arrivate le due in punto presi la borsa, controllai che ci fosse tutto e feci per uscire, quando mia mamma mi bloccò e mi chiese dove stessi andando.
 
‘’Esco con dei miei amici.’’
 
‘’Ah, qui in paese?’’
 
‘’No, andiamo in un parchetto davanti alla nostra scuola.’’
 
Arrivata a destinazione scesi e salutai mia mamma prima di dirigermi al parchetto dove Ale e gli altri mi stavano aspettando.
 
‘’Zoe! Sei arrivata finalmente!’’
 
Ami mi corse in contro e mi abbracciò. Controllai l’orario sul mio orologio e notai che ero in ritardo di cinque minuti. Colpa di quel fottuto traffico!
 
‘’Si, scusami per il ritardo.’’
 
Risposi ricambiando l’abbraccio.
 
‘’Tranquilla.’’
 
Mi fece l’occhiolino.
 
‘’Ragazzi, questa è Zoe. Zoe questi sono i ragazzi.’’
 
Salutai tutti con un ‘ciao’ e un timido sorriso.
 
‘’Piacere, io sono Serra.’’
 
Una tipa alta, bionda e con gli occhi azzurri mi porse la mano presentandosi come si deve. Portava una ghirlanda di margherite a mo’ di cerchietto, una canottiera bianca con stampe floreali e un paio di pantaloncini di jeans con delle rose –non so se vere o finte-  che uscivano dalle tasche.
 
‘’Piacere.’’
 
Le risposi sorridendo.
 
‘’Il mio vero nome sarebbe Giorgia, ma mi chiamano tutti Serra per via della mia passione per i fiori e le piante in genere.’’
 
Spiegò tornando a sdraiarsi su di un telo steso sul prato. Dopo di lei si presentarono tutti alzandosi e venendomi a stringere la mano. C’erano: il Vandalo, chiamato così perché imbrattava i muri dei palazzi con graffiti stratosferici. Dante, che doveva il suo soprannome alla sua grande passione per la poesia. Beatrice, fidanzata di Dante da più di due anni; il suo nome in realtà era Veronica ed il suo soprannome l’aveva inventato Ami alla piccola festa per il primo anniversario di Dante e Veronica.  Dread, un tipo con la testa ricoperta di dreadlock. Ed in fine Hippy, soprannome che non credo necessiti di una spiegazione.
 
‘’Non c’è Ale?’’
 
Chiesi ad Ami dopo le varie presentazioni.
 
‘’Si, è al telefono. Guarda, è laggiù su quella panchina.’’
 
Ami indicò un punto in fondo al parco deserto, dove si trovava un ragazzo che parlava al cellulare. Quando il biondino alzò lo sguardo e mi vide sorrise e mi fece cenno di avvicinarmi a lui.
 
‘’Ei Ale!’’
 
Lo salutai dopo che aveva chiuso la telefonata.
 
‘’Ciao bellezza!’’
 
Arrossii leggermente sentendomi chiamare così e avvampai completamente quando Ale si alzò dalla panchina per abbracciarmi e stamparmi un bel bacio sulla guancia destra.
 
‘’Ale, Zoe! Noi andiamo in gelateria, ci raggiungete o vi aspettiamo ora?’’
 
Ci urlò Ami dall’altro capo del parco. Stavo andando verso il resto del gruppo, ma Ale mi trattenne per un braccio.
 
‘’Vi raggiungiamo tra poco!’’
 
Urlò in risposta ai suoi amici, i quali si diressero verso l’uscita del piccolo parco. Mi girai verso di lui e lo guardai con aria interrogativa.
 
‘’Ho bisogno di dirti un paio di cose.’’
 
Ale era serissimo. Si sedette sul prato trascinando giù anche me, poi si sdraiò sulla schiena. Non sapevo a cosa pensare e non sapevo come muovermi o cosa fare. Ale aveva ‘bisogno di dirmi un paio di cose’. Che cazzo voleva dirmi! E perché cazzo non parlava invece che stare sdraiato sul prato a fissare il cielo? Mi stavo agitando. Non mi ero mai trovata in una situazione del genere e mi stava spaventando un bel po’ perché avevo il terrore che Alessandro potesse dirmi che aveva una cotta per me per poi ridere di me prendendomi in giro per aver pensato che un tipo bello –perché effettivamente lo era sul serio- come lui potesse prendersi una sbandata per una come me.
 
‘’Allora, mi vuoi dire quello che hai da dire o no?’’
 
Chiesi con una voce piuttosto acida. Ale si alzò a sedere e mi guardò prima di abbassare lo sguardo sull’erba.
 
‘’È difficile da dire, ok? E mi spaventa.’’
 
ALESSANDRO:
 
Zoe è seduta di fronte a me e sta aspettando che io le dica quello che devo, ma non può nemmeno immaginare quanto sia difficile per me. Da quando ci conosciamo non parliamo molto, solo qualche volta alla mattina mentre finiamo di fumare prima di entrare in classe, ma io tutte le volte che la vedo ho come l’istino di abbracciarla e di baciarla come non ho mai fatto con nessun’altra ragazza prima di lei. Nessuno sa di questi miei strani sentimenti, e neppure io a dire la verità… Non riesco a capire perché provo questo tutte le volte che la vedo. Non mi è mai successo.
 
‘’Bhè, vedi di muoverti a parlare.’’
 
La sua voce suonava irritata, sembrava che si stesse preparando a litigare con me.
 
‘’Zoe, che cos’hai? Sembri arrabbiata, ma fino a pochi minuti fa eri tranquilla. Ho detto o fatto qualcosa di male?’’
 
La ragazza abbassò il capo e un paio di ciocche di capelli castano chiari le caddero sul viso. La voglia di scostarglieli con una tenera carezza mi attraversò l’intero corpo, e dovetti faticare per reprimere quello strano impulso. Zoe rialzò la testa e si scansò i capelli dal viso. Aveva un’espressione tutt’altro che irritata, sembrava piuttosto impaurita.
 
‘’No, o almeno non per il momento.’’
 
Sorrisi per tranquillizzarla siccome aveva la voce un po’ tremolante.
 
‘’A quale delle due domande hai risposto?’’
 
Sorrise anche lei e vedere le sue labbra sensuali schiudersi mi riempì il cuore.
 
‘’Ad entrambe. Non sono ancora arrabbiata, ma potrei esserlo. Non hai ancora detto nulla di sbagliato, ma potresti dirlo.’’
 
‘’Ok, allora facciamo così: prima che io ti dica ciò che devo, chiacchieriamo un po’ come non abbiamo mai fatto prima d’ora.’’
 
Sembrò rilassarsi, e con lei anch’io.
 
‘’Mi sta bene. Ma sediamoci sulla panchina che qui sul prato sono scomoda, poi mi si potrebbero macchiare i pantaloni.’’
 
Mi alzai per primo e le porsi la mano per aiutarla a tirarsi su. Lei la strinse ed io la attirai a me. La vicinanza tra noi era pochissima e dovetti lottare ancora con tutte le mie forze contro l’impulso irrefrenabile di baciarla. I suoi occhi verdi erano fissi sulle nostre mani ancora saldate l’una all’altra e dicevano qualcosa tipo ‘perché non mi molli..?’ ed io avrei voluto farlo per non terrorizzarla ancora di più, ma non riuscivo ad allentare la presa.
 
‘’Sono in piedi, puoi anche lasciarmi ora.’’
 
Rise piano poi sfilò la mano dalla mia e si sedette sul bordo dello schienale della panchina in legno. La seguii e la guardai mentre si accendeva una sigaretta e sbuffava il fumo fuori dalle narici.
 
‘’Le hai o vuoi che te ne offra una?’’
 
Finalmente staccai gli occhi da lei per estrarre il mio pacchetto dalla tasca dei jeans e mostrarglielo. Sorrise.
 
‘’Allora, di cosa parliamo?’’
 
Chiesi.
 
  
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