Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: BogartBacall    03/11/2013    2 recensioni
"Sono loro, i protagonisti di questa storia. Quelli che avrebbero tutto, per essere gli eroi: soldi, fama, ricchezza, talento... ma che, agli occhi dei più, sono solo i Miserabili."
-
Ogni storia hai i suoi antagonisti, anche se, talvolta, questi ultimi non sanno nemmeno di esserlo.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Blaise Zabini, Daphne Greengrass, Pansy Parkinson, Theodore Nott | Coppie: Draco/Astoria, Draco/Pansy
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Questioni in sospeso
I’m coming home, I’m coming home
Tell the world I’m  coming home
Let the rain wash away all the pain of yesterday
I know my kingdom awaits and they’ve forgiven my mistakes
I’m coming home, I’m coming home
Tell the world I’m coming
(Diddy Dirty Money  - Coming home)
Questioni in sospeso

Theo stava in quell’archivio da ore, ormai. Quei dannati folletti ce l’avrebbero messa davvero tutta per farlo ammattire, compreso ideare quell’odioso sistema di protezione con cui doveva litigare ogni santa volta per riuscire a recuperare i documenti con cui quotidianamente doveva lavorare.
“Ne ha ancora per molto, Nott?” chiese con disprezzo un goblin alle sue spalle.
Theo si voltò, abbassando lo sguardo sulla creatura che lo guardava con odio.
“Ho quasi finito, signore” rispose, richiudendo lo scaffale dal quale aveva estratto un fascicolo piuttosto voluminoso, calcando la mano sull’ultima parola.
“Le ricordo che oggi è prevista l’ispezione da parte del Ministero. Veda di non farci finire nei guai, Nott.”
“Certamente, signore!” ribatté, uscendo dalla stanza.
Ecco, quella era la cosa che più odiava del suo lavoro: tutta quella stramaledetta deferenza nei confronti di quelle creature spocchiose e detestabili. D’altronde, dopo due anni di apprendistato, dove gli erano toccati i compiti più umilianti ed impensabili, si era ormai abituato ad essere considerato un essere inferiore. Aveva sempre mostrato un rispetto quasi eccessivo per i suoi superiori, anche se non era tenuto ad essere tanto servile. Ma non gli importava: voleva ripartire da zero, conquistandosi il rispetto delle persone, maghi o folletti che fossero, per quello che era, ovvero un ragazzo come tanti altri, con un’incredibile voglia di ricominciare.

Era rientrato in Inghilterra da poco più di due mesi, assunto a titolo definitivo alla sede centrale della Gringott, in Diagon Alley. Tornare in patria era stato quasi uno shock: abituato a vivere in paesi che non erano stati toccati dalla guerra, aveva faticato molto a convinvere con l’idea che il suo fosse un paese ancora in ricostruzione, nonostante, ormai, i danni della guerra fossero stati quasi del tutto riparati, anche se il ricordo era ancora nitido nei ricordi della gente. Ricominciare ad essere guardato sono sospetto solo in virtù del nome che portava era la cosa che più l’aveva messo a disagio: non era più abituato a convivere con la nomea di figlio di Mangiamorte, così come aveva perso l’abitudine di presentarsi semplicemente come Theodore, anziché come Nott. Sotto quel punto di vista, era felice che i suoi datori di lavoro fossero folletti: per loro, che lui si chiamasse Nott, Malfoy, Weasley o Potter, non faceva alcuna differenza, sempre di feccia si trattava. Anche se, poteva giurarci, quella loro ostinazione a chiamarlo per cognome era un modo velato per provocarlo, consapevoli del fatto che parte della sua decisione di accettare di partire per l’apprendistato era dovuta al fatto di volersi slegare dall’immagine paterna.

“Nott, l’ispettore del Ministero è arrivato cinque minuti fa!” lo richiamò un altro folletto. “Si sbrighi, non è il caso di farlo aspettare!”
Theodore accelerò il passo, entrando nel suo ufficio, trafelato.
“Mi scusi per il ritardo!” iniziò, continuando a scorrere il fascicolo che aveva fra le mani, girando attorno alla poltrona del visitatore, senza guardarlo. “Gli archivi di questa banca sono un autentico labirinto, mi ci sono volute ore per recuperare il materiale che ci avete richiesto!”
“Non c’è problema…” rispose una voce femminile. “Dopo due anni e mezzo di attesa, cinque minuti in più o in meno, che differenza possono fare?”
Theo alzò gli occhi dal fascicolo, tenendoli fissi di fronte a sé. Quella voce… Si voltò verso la sua interlocutrice e i suoi sospetti furono confermati.
“Ciao, Theo…” lo saluto Daphne, visibilmente seccata.
Il ragazzo si lasciò cadere sulla poltrona, esterrefatto. Daphne, la sua Daphne, era lì, di fronte a lui, più bella che mai. Era cambiata, portava i capelli più corti e il viso si era fatto più maturo, ma era sempre lei, Daphne, la ragazza che gli aveva rubato il cuore, quella da cui era fuggito, due anni prima, incapace di sopportare l’idea che non sarebbe più stata sua.
“Ciao…” disse a sua volta, con un filo di voce.
La ragazza rise, amara. “Dopo oltre due anni tutto ciò che sai dirmi è ciao?”
“Io… non mi aspettavo di trovarti qui!” si giustificò. “Aspettavo un ispettore del Ministero!”
“Che è esattamente quello che sono! Quindi, se vuoi farmi vedere quei documenti, grazie!” lo sollecitò, tendendogli la mano.
Nott le porse la cartellina, senza toglierle gli occhi di dosso. La ragazza iniziò a sfogliare i documenti al suo interno, mordicchiandosi il labbro inferiore come quando, a scuola, scriveva i trattati di pozioni.
“Sembra ci sia tutto…” constatò, poco dopo. “Ti farò riavere tutto entro una settimana massimo” aggiunse, infilando il plico nella borsetta. “Ora, però, veniamo a noi!” dichiarò, incrociando le braccia al petto.
“A noi?” domandò lui, spaventato.
“Sì, Theo, a noi” confermò.
“Ovvero…?” balbettò impaurito.
“Non saprei…” finse di riflettere, “ad esempio cos’hai avuto di tanto importante da fare in due anni da non consentirti di inviarmi nemmeno un gufo!” lo accusò lei.
Il giovane sospirò. “Daphne io…”
“Due anni e mezzo, Theo! Due anni e mezzo senza avere tue notizie! Senza contare il fatto che non ti sei fatto vivo nemmeno quando sei rientrato!” sbraitò, furiosa. “Sai come ho saputo che eri tornato? Dai documenti indirizzati al Ministero firmati a tuo nome! Dico, ti sembra normale?”
“Mi dispiace, Daphne, davvero!” si scusò. “Ma non sapevo se volessi vedermi! Credevo… credevo ce l’avessi con me!”
“Infatti ce l’ho con te, ce l’ho con te eccome!” confermò lei, spietata. “Te ne sei andato senza salutarmi! Mi sono svegliata dal coma e tu non c’eri più, al tuo posto una ridicola lettera, oltretutto indirizzata anche a Blaise! Non ci si comporta così, Theo!” lo ammonì, gli occhi lucidi.
“Non sono fiero di come me ne sono andato, ma se vi avessi spiegato di persona avreste fatto di tutto per farmi cambiare idea!” si giustificò.
“Certo che l’avremmo fatto!” esclamò. “Ma questo non giustifica il fatto che sei fuggito come un codardo, senza dare tue notizie per oltre due anni, Theo! Due anni!” ripetè, alzando la voce. “Merlino, Theo, io ero… io sono la tua ragazza!” si corresse.
Di fronte a quell’affermazione il silenzio piombò nella stanza. Theodore la fissava, sbalordito, mentre Daphne aveva abbassato il capo.
“Tu… tu hai continuato ad essere la mia ragazza… per tutto questo tempo?” le chiese, sconvolto. “Io credevo…”
“… che fosse chiaro che avevamo rotto?” concluse la frase. “No, Theo. Non lo era!”
“Ma tu… Blaise… insomma… il bacio!” balbettò lui, confuso.
“Mi hai baciata, durante la battaglia!” esclamò. “Credevo significasse che era tutto risolto, che mi avessi perdonata!”
Theodore si alzò di scatto, andando ad inginocchiarsi di fronte alla ragazza.
“Mi dispiace, Daphne… Io non avevo idea…” disse, sollevandole il volto.
“Non importa, Theo. Non sprecarti in scuse non sentite!”
“Sono davvero dispiaciuto, credimi!” ribatté, colpito.
“Talmente dispiaciuto che non ti sei nemmeno degnato di cercarmi in due mesi che hai fatto ritorno!” l’accusò, sull’orlo delle lacrime.
“Te l’ho detto, Daphne, non sapevo come l’avresti presa!”
“Beh, sai una cosa? Sai qual è l’unico motivo per cui ho continuato a ritenermi la tua ragazza, nonostante fosse palese che per te la storia fosse chiusa?”
Il ragazzo scosse la testa, in segno di diniego.
“L’unico motivo per cui l’ho fatto è stato per potermi prendere la soddisfazione di dirti in faccia che è finita, nonostante le tue grandi dichiarazioni d’amore e le tue grandi promesse!” dichiarò, spietata, alzandosi. “Addio, Theo. Buona fortuna per tutto.”

Girovagò per la Londra babbana a lungo, prima di rientrare a casa. Non voleva correre il rischio di incontrarlo di nuovo ed era troppo nervosa per tornare a casa. Soprattutto, non voleva piangere, non per lui, non di nuovo, non dopo tutte le lacrime che aveva versato in quegli anni, e sapeva che se fosse tornata nella solitudine delle mura domestiche nulla le avrebbe impedito di scoppiare in singhiozzi. Non aveva fatto altro per mesi, quando lui se n’era andato, e solo il conforto e la compagnia di Blaise erano riusciti a consolarla. Amava davvero Theo, e se n’era resa conto solo in quel momento, quando lui era partito. Aveva sperato che fosse tutto uno scherzo, aveva pregato che tornasse, ma più i giorni passavano, più diveniva lampante che la sua era stata una scelta definitiva. Con il passare dei mesi il dolore si era trasformato in rabbia, in desiderio di rivalsa, ma ogni tentativo di instaurare una relazione naufragava irrimediabilmente, perché nessuno reggeva il confronto con Theo, ma soprattutto perché il ricordo di quell’ultimo bacio nella battaglia le ricordava che lei gli apparteneva. Forse era tutta suggestione, forse si era convinta di quella sciocchezza perché il bacio era l’ultima cosa che ricordava prima dell’esplosione, l’unica cosa che l’aveva tenuta in vita, durante le settimane d’incoscienza: l’idea che Theo la stesse aspettando per continuare la loro storia. Invece, al risveglio, aveva trovato Blaise e una lettera, una stupida lettera di scuse in cui non si era nemmeno degnato di dirle quanto l’amasse. Blaise, ancora una volta; l’unico che sembrava capirla veramente, l’unico, anche se, paradossalmente, era stato la causa di tutto quel putiferio.
Quando Zabini aveva deciso di partire a sua volta, ormai un anno prima, il vecchio trauma si era acuito, facendola sprofondare nella disperazione. Era stato allora che si era ripromessa di chiudere ogni ponte con Theo e il loro passato, ma lo avrebbe fatto di persona, illudendolo di averlo aspettato per ricominciare.
Non era stato semplice. Quando se l’era trovato di fronte, l’espressione afflitta, non era stato facile mantenere fede ai suoi propositi, perché l’istinto era stato quello di abbracciarlo, baciarlo e fare di nuovo l’amore con lui, almeno una volta.
Arrivò sotto casa, un complesso Babbano nei pressi del Ministero della Magia, occupato interamente da dipendenti del Ministero stesso, e frugò nella borsa, alla ricerca delle chiavi. Si appoggiò al portoncino d’ingresso, continuando a rovistare, accorgendosi che era aperto. Salì sull’ascensore, che la condusse al terzo piano. Uscì, continuando a cercare il mazzo di chiavi, trovandolo nell’angolo più remoto della borsa. Infilò la chiave nella toppa e aprì. Stava per estrarre la bacchetta per rimuovere gli incantesimi di protezione, quando sentì dei passi alle sue spalle.
“Ciao…”
Si voltò, di scatto, spaventata, trovandosi di fronte Theo.
“Cosa ci fai qui?”
“Ti stavo cercando.”
“Come mi hai trovata?”
Theo sorrise. “Gli archivi della Gringott sanno sempre tutto.”
“Cosa vuoi?”
“Parlarti.”
“Non ho più nulla da dirti. Vattene” tagliò corto, entrando in casa e cercando di chiudersi la porta alle spalle.
“Io sì, invece” obiettò Theo, bloccando la porta col piede.
“Hai avuto due anni di tempo per farlo. Direi che hai perso la tua occasione!” disse, lasciando passare il ragazzo.
“Sai perché me ne sono andato, due anni fa?” proseguì, imperterrito, chiudendosi la porta alle spalle.
“Perché sei un codardo?”
“No, perché io e Blaise avevamo rinnovato il patto di non belligeranza riferito a te!” spiegò.
Daphne si fermò, guardandolo con fare interrogativo.
“Avevamo giurato che se fossi sopravvissuta, nessuno dei due avrebbe più fatto nulla che potesse mettere a rischio la nostra amicizia o farti soffrire” raccontò, avvicinandosi. “Ho accettato, perché mi sentivo tremendamente in colpa. Ma nei giorni successivi mi sono reso conto dell’enormità di quello che avevo fatto. Avevo promesso di non stare più con te, di non baciarti, toccarti, fare l’amore con te. Mai più. Non potevo tollerarlo, così come non potevo tollerare l’idea che qualcun altro lo facesse al posto mio!”
“Quando ti ho rivista, oggi, ho capito che è stata la scelta giusta. Non sarei mai riuscito a resistere, avrei tradito ancora Blaise e ti avrei sicuramente fatta soffrire, di nuovo” continuò. “Perché io ti amo, Daphne. E so di essere una persona orribile, ma l’idea che tu mi abbia aspettato in questi due anni e mezzo mi ha reso felice, perché, in fondo, significa che anche tu mi ami.”
“Io non ti amo…” mentì, con gli occhi pieni di lacrime.
“Sì, tu mi ami…” la contraddisse, avvicinandosi ancor di più.
“Come puoi essere tanto arrogante da presentarti qui e dirmi certe cose, Theo?” sviò il discorso. “Ti ho detto che l’unica ragione per cui ti ho aspettato è stata per poterti dire in faccia ciò che penso di te… E tu hai il coraggio di interpretarla come una dichiarazione d’amore?”
“Precisamente!” confermò, chinandosi su di lei.
“Cos’hai intenzione di fare?” domandò, retraendosi.
“Secondo te?”
“Baciami e ti giuro che ti prendo a schiaffi!” lo minacciò.
“Correrò questo rischio…” sussurrò, annullando le distanze fra le loro labbra.
Chiusero entrambi gli occhi, assaporando quel contatto a lungo negato. Theo si scostò, guardandola. Daphne riaprì lentamente gli occhi, incontrando il sorriso del giovane, e lo colpì al volto.
Theo si massaggiò la guancia, sorridendo soddisfatto, prima che Daphne lo afferrasse per il bavero della camicia e lo investisse con un bacio intenso e passionale. La strinse a sé, carezzandole i capelli, mentre le mani di lei risalivano lungo i suoi fianchi, togliendogli la giacca, poi slacciandogli la camicia. Colse l’invito, togliendole a sua volta il soprabito, poi l’abito.
“Giurami che non c’è stata nessun’altra…” gli sussurrò, mentre le aggrediva il collo, cercando di slacciarle il reggiseno.
“Te lo giuro…” rispose lui, sincero. “Non c’è stato giorno in cui non abbia pensato a te!”
Lo guardò negli occhi, allontanandolo. “Non lasciarmi mai più” ordinò, perentoria.
Theo annuì. “Mai più!” ripeté, riprendendo a baciarla, mentre lei lo trascinava sul pavimento, sopra di lei.


Ciao a tutti!!!
Dopo molto, moltissimo, troppo tempo torno a voi. Ho aspettato molto a pubblicare perchè, sarò sincera, a parte i capitoli che pubblicherò nelle prossime settimane, la storia è ancora ad un punto morto. Non sapete quanto la cosa mi disturbi, visto che mi mancherebbero solo 4 capitoli per terminare... Ad ogni modo, conto di riuscire a sbloccarmi anche grazie al vostro incoraggiamento.
Ci risentiamo fra un paio di settimane (me la prendo comoda, sì)!!

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: BogartBacall