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Autore: Felem    03/11/2013    5 recensioni
Londra, 1807 (Preso dal secondo capitolo).
Elizabeth accennò un lieve inchino, mantenendo gli occhi scuri puntati su di lui, in segno di sfida. David le cinse le spalle con il braccio destro e disse fiero al cugino.
- Lei è Liza, ha diciott'anni, ne dimostra appena quindici?
Elizabeth rimase seria, mentre l'ufficiale avanzò sorridendole.
- Suppongo Liza, sia l'abbreviazione di Elizabeth, lo preferisco per intero - disse per poi aggiungere con tono suadente - Ritengo non andiate fiera del fatto che sembriate più giovane. Fidatevi di me, è la cosa che più mi affascina in una donna.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Image and video hosting by TinyPic Capitolo XIV " Desideri nascosti"



Era passata all'incirca una settimana dalla partenza di suo fratello.

La casa sembrava esser vuota da quando Jonathan era partito e nulla in quei giorni era riuscita a rallegrarla. Quella mattina, come al solito, una volta preparatasi per la giornata scese in salone per salutare il resto dei coinquilini e, sempre come al solito, non vide Catherine in compagnia del fratello Adam.
L'ufficiale dopo lo spiacevole incidente verificatosi nel bosco aveva il braccio destro ingessato e tutta la sua vitalità sembrava essere scomparsa. Elizabeth spesso aveva considerato l'ipotesi di assistere Catherine, ma l'ufficiale le aveva ripetuto più volte di starsene occupando lui stesso. 

"Dice di badare a Catherine. Ma chi si occuperà di lui? Sembra perso." Pensò Elizabeth vedendolo quella mattina.

Di sicuro, sapeva Liza, non sarebbe stata lei la donna a dovergli badare. Ancora gli bruciava l'offesa subita quel giorno in cui erano rimasti da soli e lui, sciocco, era quasi riuscito a farsi baciare. Elizabeth quel giorno indossava un delizioso abito verde, con delle bordature di satin dorato, che contornavano le maniche le quali terminavano poco sopra il gomito. Sulla lunga gonna verde bosco erano stati accuratamente ricamati dei fiori d'oro e d'argento. Il corpetto che portava sopra il vestito era di un'acceso verde scuro, che si abbinava deliziosamente al tessuto verde bosco dell'abito, ed anch'esso aveva delle rifiniture di satin oro ed argento. Vestita a quel modo sembrava una donna di lignaggio superiore a quello che era il suo, ma quel dì si sentiva particolarmente bene, dunque perchè non indossare un abito che rispecchiasse il proprio benessere?

Ed infatti era quella la parola che quel giorno scrisse sul suo taccuino: benessere.

Pochi giorni prima Mary le aveva mostrato una porta di legno, nascosta parzialmente da un armadio. Questa portava in una sorta di sala sotterranea, nella quale si ergeva la più vasta biblioteca che Elizabeth avesse mai visto. Scaffali immensi, di quercia, si estendevano lungo le pareti di tutta la stanza. Volumi rilegati in pelle, vecchi e nuovi, riempivano ogni singolo spazio vuoto.

"Il patrimonio degli Evans." Così l'aveva definito Mary, anche se non capiva il perchè, non amava particolarmente i libri. Invece Liza, Liza sì che capiva quale ricchezza avesse davanti.

Scese giù per la scalinata di pietra dentro quella che era la sala cieca, accese delle lampade ad olio lungo le pareti e si abbandonò su una delle sedie di velluto presenti nella sala. Dentro quel posto c'era un lieve odore di umidità e di polvere, che però non disturbava Liza, la quale invece di leggere, utilizzò il tempo a sua disposizione per riflettere.

"Adam. Quel mascalzone ha creduto che io volessi baciarlo, con quel suo fare prepotente. Che sciocco! Chissà Catherine cosa ha fatto in questi giorni, non è mai uscita dalla sua stanza, forse è arrivata l'ora che io la vada a trovare. Poi Mary, oh Mary. Il suo bambino sarà uno splendore. Deve ancora dirlo a David, lui di sicuro ne sarà entusiasta."

E tra quei pensieri si ricordò che forse era opportuno verificare che la delicata Catherine stesse effettivamente bene. 

Salì di fretta le scale, sentendo i capelli castani e sciolti ricaderle sulla scollatura che lasciava parte della sua schiena diafana nuda. Uscì dalla biblioteca salendo al piano superiore, fino a giungere di fronte alla porta della camera di Cat.

Quella era una giornata uggiosa, come le ultime sette giornate, del resto. Portò uno dei pugni serrati davanti la vasta porta di legno e vi battè contro la mano. Silenzio, non udì nemmeno un rumore.

Che Catherine fosse uscita?

Escluse immediatamente quella ipotesi, insistendo nel bussare alla porta. Bussò e bussò ancora, finchè non sentì le nocche dolerle. Così, abbandonò le buone maniere ed entrò di prepotenza in quella stanza vuota. O meglio, abitata da una persona vuota. Quasi subito fu pervasa da un odore pungente, estremamente forte, e per poco non rigettò la colazione.
In quella stanza il buio regnava sovrano e non uno spiraglio di luce filtrava dalle immense finestre, per un istante Liza fu tentata di abbandonare quel luogo. L'unico suono che le parve di percepire fu un flebile sussurro, un sospiro, probabilmente. Avanzò nell'oscurità, fino ad urtare qualcosa di duro, per improvvisamente l'equilibrio e si ritrovò a cadere in avanti. Per fortuna riuscì a fermare la caduta in tempo, portando i palmi aperti davanti al suo corpo e fu con le mani che toccò sul pavimento qualcosa di estremamente viscido e fetido. Per l'agitazione finì con il rotolarsi nell'oscurità, brancolando nel buio, scalciando come un cavallo imbizzarrito. Solo quando riuscì a rimettersi in piedi uscì da quella stanza. chiudendo la porta con violenza e correndo sconvolta giù per le scale. L'agitazione fu talmente vasta che non fece nemmeno più caso al liquido putrido che le appiccicava le mani. Corse, gradino per gradino, lungo la scalinata di pietra.

Corse e finì per urtare qualcuno. Ahimè, quel Qualcuno.

L'ufficiale per poco non cadde anche lui dalle scale, rischiando di rompersi l'altro braccio. Adam indossava un semplice paio di pantaloni di cotone ed una morbida camicia color avorio, interamente stropicciata e che gli ricadeva disordinatamente lungo le cosce. I riccioli biondi erano umidi, come se li avesse appena lavati, ma non fosse riuscito ad asciugarli e gli occhi azzurri erano puntati sulla sua figura sconvolta.

- Vi sentite bene?- Mormorò fissando le mani di Liza.

Istintivamente anche lei abbassò lo sguardo e si accorse di avere le mani impregnate di vomito, oramai secco. Ebbe un sussulto e fu nuovamente sul punto di rimettere.

- Vostra sorella...avevate detto che stava bene...- Riuscì a biascicare infine.

Adam parve scocciato a quell'affermazione, come se ritenesse impossibile che qualcuno potesse mettere la sorella prima di lui. Che sciocco egoista. In effetti, valutò Elizabeth, anche l'ufficiale sembrava esser appena uscito dalla trincea.

Si limitò a fargli un cenno col capo e risalì le scale. L'ufficiale la seguì fino alla soglia della sua camera.

- Volete forse concludere quello che avevamo iniziato?- Adam le mostrò un sorriso sghembo.

Elizabeth non trattene un gemito di irritazione e si diresse a passi spediti dentro la propria stanza, sciacquandosi le mani lerce in una tinozza d'acqua fredda. Una volta fatto ciò si diresse a passi incerti verso la stanza di Catherine.

- Possibile che non siate mai entrato in camera di vostra sorella?- Chiese iraconda Liza.

- Ho provato, vederla in quello stato mi uccide.- Disse in un sospiro quasi divertito Adam.

- Siete voi ad uccidere lei in questo modo.

Rispose infine Liza, dando un lieve calcio alla porta che si spalancò e questa volta trattenne il fiato e a denti stretti si fece spazio nel buio fino a giungere a quella che doveva essere una finestra. Tastò a lungo la superficie legnosa, fino ad aprire le enormi ante, facendo penetrare la luce di quella giornata di pioggia all'interno della stanza. Si sporse ed ebbe un sospiro di sollievo nel respirare aria pulita. Voltò lentamente il capo e scorse l'ufficiale in fondo alla stanza, sulla soglia della porta, a fissare il tutto immobile, con una calma glaciale. Poi, il suo sguardo incerto si posò sul letto sfatto, dove giaceva immobile una figura pallida ridotta ad un minuscolo cumulo d'ossa. Fece qualche passo verso Catherine, che giaceva immobile, con i riccioli rossi che le ricadevano sul viso non visibile, e fece attenzione a non calpestare le feci, il vomito e l'urina sparse sul pavimento. Lanciò una rapida occhiata ad Adam che  ora era accanto a lei e con un rapido movimento della mano spostò una ciocca di capelli rossi dal viso della ragazza, scoprendole il volto. Ciò che vide non le piacque affatto. La ragazza teneva gli occhi sbarrati fissi in un unico punto, il volto grigio stava assumendo sfumature giallastre, la carne delle sue labbra disidratate ricoperta di piccole ferite ed infine i suoi occhi di ghiaccio occupavano quasi tutto il viso scarno. Le pupille di Cat erano talmente dilatate, intente a filtrare un poco di luce, da far apparire i suoi occhi quasi neri. Il corpo magro, estremamente magro, le cosce spaziate l'una dall'altra, il ventre piatto e le costole in evidenza.
Liza ebbe un sussulto e fece un passo indietro.

- No, no, no. Non posso vedere.- Balbettava incessantemente Adam, portandosi la mano sinistra tra i capelli e tirandosi istericamente le ciocche bionde.

Elizabeth fu colta dal panico e l'unica cosa che potè fare in quel momento fu quella di prendere Catherine da sotto le ascelle, sollevarla e tentare di trasportarla fuori da quella stanza. La ragazza le rigurgitò sulla spalla ed Elizabeth trattenne il fiato finchè non riuscì a condurla fino in camera sua. Adam ripeteva incessantemente quelle parole, come colto da un attacco di panico, oscillando avanti ed indietro come un pazzo. Pazzo, forse lo stava diventando.

Liza riuscì ad adagiare il corpo di Cat sul letto, che continuava a non sbattere le palpebre e a fissare il vuoto con fare demoniaco.

- Smettetela Adam, calmatevi!- Urlò Liza a pochi centimetri dal volto dell'ufficiale, scuotendolo per le spalle.

Adam fu percorso da una scossa che sembrò riportarlo con i piedi per terra ed il buonsenso lo spinse a fare la cosa migliore: sedersi e tacere.

Elizabeth corse in bagno tornando con una piccola ciotola di porcellana e riuscì a far bere a Catherine diverse scodelle d'acqua tiepida. Poi la svestì e la trasportò fino in bagno, dove riuscì ad adagiarla dentro la vasca. Non si spiegò come fosse riuscita a trasportarla di peso. Forse era dimagrita a tal punto da esser trasportabile perfino da Liza.
Aprì l'acqua calda e lasciò che la vasca si riempisse. I capelli di Catherine erano unti ed incrostati di sporco e...sangue. Notò anche che la sua camicia da notte, che Liza aveva arrotolato e gettato in una cesta, era macchiata al centro da una chiazza rossa. Doveva aver avuto il ciclo mestruale mentre giaceva a letto. Anche le sue unghie erano incrostate di sangue e si spiegò i capelli intrisi della stessa sostanza solo quando Cat prese a tirarsi furiosamente i capelli e a grattarsi il capo, tirando via ciocche e lembi di pelle.

- Ferma!- Elizabeth strattonò la sua debole figura riuscendo a placarla.

Catherine si abbandonò alle mani di Liza, sussurrando parole non comprensibili. Solo una riuscì a cogliere Elizabeth: Jonathan.

Le lavò il corpo ed i capelli, togliendole lo sporco di dosso. Svuotò la vasca e le asciugò i capelli dentro quest'ultima. Infine le fece indossare la propria biancheria intima ed una sua camicia da notte. In tutto questo non fece nemmeno caso ad il rigurgito che le si era seccato sulla spalla. La fece avanzare lentamente fino al letto e lì la fece stendere, carezzandole il capo e trovando Adam nella stessa identica posizione in cui l'aveva lasciato, che fissava la sorella con aria disperata.

- Diamine! Fate qualcosa! Dove sono finiti tutti?- Imprecò Elizabeth sbattendo i piedi - Perchè il buon Dio mi ha lasciato sola ad affrontare tutto questo con un essere simile?!

Adam rivolse il suo sguardo su di lei ed arricciò il naso con aria disgustata. In quell'istante Elizabeth ritenne opportuno cambiarsi, emanava un odore atroce ed il suo aspetto era altrettanto orribile. Entrò nuovamente in bagno e nel giro di poco ne uscì pulita e con in dosso un semplice vestito color del cielo, dalla gonna morbida e le maniche lunghe, lo stesso che aveva indossato il giorno della partenza. Si era legata i capelli in un'acconciatura pratica, in modo tale che non le dessero fastidio. Rientrò in camera e stavolta Adam era seduto sul letto vicino alla sorella che si dimenava debolmente in un lamento flebile, quasi fosse un sussurro.

- Mi avete mentito. Mi avete ripetuto più volte di stare badando a lei.- Gli rimproverò Elizabeth a bassa voce.

- Voi non capite, ho provato ad aiutarla. Non è la prima volta che succede. E' così fragile...ho pensato che lasciarla in pace fosse la cosa migliore da fare.- Ammise l'ufficiale.

Liza incrociò le braccia al petto e fissò a lungo i due.

"Uno più disperato dell'altra" Valutò in silenzio.

- Lasciatemi morire...- Sussurrò infine Catherine, rigirandosi nel letto e dando un lieve pugno sul torace del fratello.


- Siete terribilmente tragica, Catherine! Suvvia, Jonathan è un ragazzo forte e se la caverà senza complicazioni, ne sono sicura.- La esortò Liza.

Davvero era così sicura?

Ruotò su se stessa e si affrettò ad aprire le finestre, scostando le tende e facendo entrare la luce del sole, quasi completamente coperto dalle nuvole di quella giornata, nella sua camera. La ragazza dai capelli rossi ebbe un sussulto e si divincolò tentando di coprirsi gli occhi con il lenzuolo. Elizabeth la fece agitare per un poco, fino a quando Catherine non ebbe più la forza di muoversi. Così fece alzare il generale con un gesto secco della mano e riuscì, con l'aiuto di quest'ultimo, a far posizionare Cat con la schiena leggermente rialzata. Facendola mettere seduta con il busto appoggiato alla testata del letto.
Catherine chiuse gli occhi e ammise di avere fame.

Liza si affrettò giù per le scale, e corse in cucina dove si mise alla ricerca di un pezzo di pane da dare alla ragazza. Oltre a non trovare nulla di tutto ciò, non vide l'ombra di nessuno all'infuori di quella di Adam, che l'aveva seguita fino in cucina.

- Dove sono finiti tutti?- Domandò con fare isterico.

- Le vostre sorelle e vostra madre sono andate a fare compere al mercato assieme al piccolo Robert e mio cugino e vostro padre sono usciti a cacciare nei boschi. Non credo faranno ritorno prima di questo pomeriggio.- Rispose l'ufficiale, riacquistando il suo solito tono pacato. 


- Non è possibile, non me ne va una giusta. Per l'amor del cielo! Sola a badare a quella che è vostra, e sottolineo vostra, sorella.- Continuò imperterrita lei, rovistando nella vasta credenza di legno.

Finalmente riuscì a trovare un pezzo di pane abbastanza grande da poter sfamare Catherine.

Rientrarono in camera di Elizabeth e trovarono la ragazza che dormiva sonni tranquilli, respirando pesantemente. Liza ritenne opportuno non svegliarla e posò il pane sul comò di fianco al letto. Avrebbe mangiato in seguito al suo risveglio.
Il clima era estremamente rigido per essere estate, notò Liza, che attizzò il fuoco nel caminetto del salone. L'ufficiale era seduto su un divanetto di fianco al camino ed Elizabeth si accasciò su una sedia accanto a lui, tirando un lungo sospiro e spostandosi dalla fronte una lunga ciocca di capelli castani.

- Vi ringrazio.- Queste furono le uniche parole che sfuggirono dalle labbra di Adam.

- Non lo faccio per voi, sia chiaro, Catherine è così graziosa.

- Lo so.- Ribatté lui, toccandosi con la mano sinistra le ciocche di capelli bagnati. Si sedette davanti al camino, sperando che il calore li facesse asciugare con più facilità.

Elizabeth trovò a dir poco pietosa quella scena e si decise a prendere un panno dalla cucina ed inginocchiatasi davanti a lui, che ora era seduto sul pavimento di fronte al camino, glielo passò sui morbidi riccioli biondi.

- Siete davvero pessimo.- Lo stuzzicò Liza, passandogli il panno sulla testa.

- Anni fa, eravamo dei bambini, Catherine ebbe un piccolo svenimento.- La ignorò lui iniziando un nuovo discorso - Io, che fin da piccolo sopportavo ogni tipo di malessere e che non mi impressionavo o impietosivo per nulla, io quel giorno non feci nulla per aiutarla. Mi misi a piangere in un angolo come una bimbetta. Avevo dieci anni. Vi giuro su me stesso che Catherine mi è estremamente affezionata, l'amore che nutro nei suoi confronti è immenso. Forse è proprio per questo che vederla stare male mi uccide. Non biasimatemi per questo, sono solo un uomo. E come uomo commetto tanti errori.

"Errori come lasciare vostra sorella o baciare la mia, di sorella..." Pensò tristemente Elizabeth, continuando ad asciugargli i morbidi riccioli color del grano.

- Non ho dubbi riguardo a questo. Vi credo. Commettiamo molti errori.- Si limitò a rispondergli.

- Mi sento immensamente ridicolo.- Gli disse lui abbassando lo sguardo.

- Per quale motivo?- Elizabeth si finse noncurante. Moriva dalla voglia di sapere altro su di lui.

- Mi state asciugando i capelli come un bambino. Questo basta.- Rispose l'ufficiale, mantenendo lo sguardo basso.

Quelle parole ferirono Liza, che pensò di aver sbagliato un'altra volta, ma capì che non v'era alcuna intenzione di recarle offesa nell'istante stesso in cui lui le sorrise con una semplicità che la spinse a parlare.

- Voi siete un bambino, Adam.- Elizabeth fece accenno alle svariate volte che lui le aveva dato della bambina.

Liza posò il panno a terra ed incominciò a passargli le dita affusolate tra le ciocche bionde, permettendo a queste di asciugarsi meglio.

- Perchè avete baciato Anne?- Continuò lei, puntando il suo sguardo sulla sua chioma.

- Non capisco per quale motivo quell'episodio vi tormenta. E' stata vostra sorella a baciare me e non ho ritenuto "elegante" rifiutare l'offerta che mi era stata fatta.- Rispose Adam percorrendo l'ingessatura con le dita lunghe.

Liza spostò il suo sguardo sul viso dell'ufficiale, che la fissava intensamente e fu costretta a guardare da un'altra parte, per evitare di arrossire come una bimbetta.

- Elizabeth, dovreste piuttosto domandarvi per quale motivo ero sul punto di baciare voi.

Quella domanda spiazzò Elizabeth che si era resa conto di aver tramutato i movimenti delle mani tra le ciocche di lui in delle carezze amorevoli, così ritirò la mano e portandosela sotto il mento guardò il fuoco che ardeva a pochi centimetri dalle loro figure. L'ora di pranzo era ormai passata. Ma Elizabeth sentì di non avere fame.

- Lo avete fatto per ripicca. Perché quel giorno vi risposi male, ricordate?- Replicò lei, alzando la voce.

- Ne siete così sicura?- Quasi sussurrò l'ufficiale, portandole una mano sotto il mento e voltandole il viso, in modo tale che potesse guardarlo negli occhi.

- Perchè mi fate questo? Ve lo sto domandando con tutta la sincerità che posso, senza essere maliziosa e senza un secondo fine. Ma rispondetemi con altrettanta sincerità e ve ne sarò grata.- Si ritrovò a dire Elizabeth, fissando le sue iridi azzurre.

L'ufficiale spostò il busto in avanti e per un istante il suo solito fare derisorio scomparve.

- Io sto solo cercando di comprendervi. Volete totale sincerità da parte mia? Ebbene, voi mi affascinate Elizabeth. Siete terribilmente testarda ed estremamente permalosa, lasciatemelo dire. Probabilmente è colpa del vostro carattere incomprensibile o del vostro bel faccino, ma io vi desidero. Vi desidero con tutto me stesso. Credete che non vi abbia riconosciuta il primo giorno che vi ho vista? Eravate voi nella carrozza, eravate voi quella sciocca incosciente che si sporgeva ed eravate voi la malcapitata che ho quasi ucciso. Le circostanze vi hanno portato a detestarmi e vi hanno reso una sfida per il sottoscritto. Io vi detesto, Elizabeth, ma vi desidero al tempo stesso. E forse la vostra inesperienza vi rende ancora più affascinante, più vera. Vi ricordate la notte in cui abbiamo danzato? Vi avrei preso quella sera stessa se voi foste stata un diverso genere di ragazza. So per certo che vi ha infastidito vedermi con vostra sorella e non per il fatto che voi teniate a lei, ma perchè tenete a me. Questo mi ha fatto sentire immensamente bene. Anche se non volete ammetterlo io credo che per voi sia lo stesso. E sappiate che per la prima volta in vita mia, anche dialogare con voi mi affascina e mi spinge a scoprire sempre di più sul vostro contro. Siamo in totale confidenza, Elizabeth, potete parlare liberamente con me e dirmi ciò che pensate. Io ho fatto lo stesso con voi. Dunque, ditemi, cosa pensate al riguardo?

Elizabeth si ritrovò a fissarlo con gli occhi sgranati in un misto di indignazione e piacere nel sapere che l'ufficiale era attratto da lei. Sapeva anche che non avrebbe mai più avuto la possibilità di aprirsi in quel modo con lui, così disse ciò che realmente pensava. O quasi.

- Reputo voi siate fin troppo sicuro di voi stesso. Sono consapevole di avere un carattere alquanto complicato, ma voi non siete da meno. Siete capriccioso ed infantile, ahimè. Inoltre, Adam, non avete alcun pudore e la cosa mi disgusta.- Elizabeth si sporse in avanti verso la sua figura e si ritrovò a sussurrare - E sì, sono stata infastidita dall'idea che voi abbiate baciato Anne. E quel giorno ho desiderato le vostre labbra più che mai ed anche io mi sono sentita immensamente bene nel sapere che vi siete morso la lingua pur di non dire che vedermi assieme a Matthew vi ha turbato. Sono terribilmente affascinata da voi, ma solo in alcuni istanti. Vi reputo estremamente sensibile, dolce ed acuto quando lo volete. Ed è in quei momenti che vorrei poter credere che voi siate diverso da come effettivamente siete. E sempre in quei momenti vi desidero come non ho mai desiderato nessuno. E la sola idea che voi mi stuzzichiate e che non riusciate ad avermi mi spinge a continuare ad ignorarvi e a non concedermi a voi.

I due si fissarono a lungo immobili, distanti pochi centimetri l'uno dall'altra. Adam sorrise.

- Questo è uno di quei momenti? Quelli in cui mi desiderate.- Chiese.

- Non mi avrete, Adam.

- Concedetemi un solo bacio e vi prometto che vi renderete conto che sarete voi a volermi vostro.- Rispose l'ufficiale sorridendo sghembo e portando una mano sulla guancia di Liza.

In quel momento Elizabeth avvertì un calore sconosciuto pervaderle il ventre e dovette lottare per scacciare i pensieri che le avevano offuscato la mente. Lottò e vinse quella battaglia, alzandosi in piedi.

- Non concedo nulla.- Fu l'unica cosa che riuscì a dire.

- Vi prometto che un giorno assaggerò le vostre labbra.- Rise l'ufficiale, rimanendo accucciato di fronte al camino.

Elizabeth lo guardò un' ultima volta poi gli diede le spalle e salì il primo gradino.

- Sono fiduciosa che un giorno lo farete, pregate solo che sia ricambiato.

Detto questo salì la scalinata, Catherine ormai sarebbe dovuta essere sveglia. Diede un ultimo sguardo all'ufficiale e reputò quel loro scambio di battute davvero malizioso ed inopportuno. Prese un lungo respiro e le scappò un sorriso, pensando a quanto potesse essere sfacciato quell'uomo e chiedendosi come potesse divenire in alcuni istanti tanto premuroso e gentile.

Ed a come, l'istante precedente, fosse più che mai desiderabile.



Dalla scrittrice ai lettori: Cari lettori, scusate se vi ho fatto aspettare tanto e perdonatemi se il capitolo non è tutto questo splendore. Ci tenevo a riportare questa scena, perchè finalmente i nostri protagonisti hanno modo di conoscersi un po' meglio e di dirsi quanto siano attratti l'uno dall'altra. Che inizino a provare qualcosa? Mmh.. In ogni modo, questo capitolo è interamente dedicato alla povera Catherine della quale nessuno si occupa (in realtà Adam si sarebbe dovuto occupare di lei) e che è caduta in una forte depressione per la partenza di Jonathan e a Liza ed Adam che per la prima volta dialogano senza offendersi. Spero che la cosa non risulti troppo ingarbugliata e che vi sia piaciuta. 
Baci, Felem ♥

P.s: se avete tempo passate qui e lasciate una recensione! Grazie.

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