Storie originali > Generale
Segui la storia  |       
Autore: esse198    03/11/2013    1 recensioni
"Era la persona più normale che potesse esistere al mondo, quelle poche passioni che aveva, le coltivava in modo molto discreto trattandosi di musica e della lettura di qualche romanzo e di qualche fumetto. Difficile suscitare l’irritazione della gente."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


E intanto il tempo passava. Tutto scivolava normalmente, i momenti erano scanditi dalle abitudini, da tutte quelle azioni che ripetiamo ogni giorno, senza rendercene conto e che in fin dei conti costituiscono proprio la nostra vita.
La Gattina, inizialmente ossessionata dall’idea di quel rapporto a termine, quando stava con lui trovava sempre un modo per parlarne, trattare gli accordi, i tempi. Perseguitò quest’idea solo per il primo mese, poi allentò la presa e al terzo mese il rapporto era diventato così naturale che la ragazza smise quasi di pensarci. Era una storia vera, con emozioni vere, sentimenti veri. La ragazza lo aveva notato nelle premure del suo ragazzo, nell’interessamento reciproco a certi problemi. E poi c’era la sintonia, quella tipica e unica di ciascuna coppia, la sintonia nel giocare, nel pizzicarsi, nel fare le cose, nel pensarle, persino nel litigare. E tutto scorreva come se quel 21 maggio non dovesse mai arrivare.
E invece arrivò. Soprattutto si sentì il peso del giorno prima. La Gattina si chiedeva se in quel 21 maggio lui l’avrebbe lasciata prima ancora di trascorrere insieme quella giornata oppure no, se invece era il 20 maggio l’ultimo giorno della loro storia. Non ne avevano più parlato, il che faceva ben sperare a un bel finale. Quel 20 maggio trascorsero il pomeriggio insieme. Scesero giù al mare, sulla spiaggia. Il venticello fresco mitigava la temperatura già abbastanza calda di quella primavera molto simile all’estate. Sdraiati sulla sabbia erano presi da una delle loro lunghe discussioni, uno di quei momenti in cui si mettevano a parlare di un mucchio di cose e fantasticavano sulla vita, sul loro futuro. Fu allora che alla ragazza venne in mente:
- Senti, ma domani…
Lui non la lasciò finire. La baciò con dolcezza e lei rinunciò.
Il giorno dopo arrivò con il suo caldo primaverile, con il suo cielo azzurro e le sue nuvole di cotone.
- Le brutte notizie arrivano sempre nelle belle giornate. – sospirò la Gattina.
Era una statistica sua personale. Aveva notato che nei suoi pochi anni di vita le belle notizie l’avevano sopraggiunta nelle giornate di pioggia, mentre le più brutte nelle giornate di sole. Quel mattino si sentirono e si misero d’accordo per vedersi il pomeriggio. Il cuore della ragazza non ebbe pace tutto il giorno e la paura, il terrore di perderlo facevano sì che la mente della ragazza prendesse ad elaborare tutta una serie di idee, strategie perché lui non la lasciasse. Il turbinio di tutte quelle paure, di tutti quei pensieri la fece stare da schifo tutto il giorno e quando lui venne a prenderla non aveva un aspetto bellissimo. Lui se ne accorse, ma distolse l’imbarazzo. Andarono in giro per negozi, passarono del tempo insieme come loro consuetudine e quando la riaccompagnò a casa lei lo guardò come un cagnolino che non vuole essere abbandonato. E poi chiese:
- Allora? Che facciamo? Come rimaniamo? – lui la baciò, con passione, poi rispose.
- Ci vediamo domani. – le sorrise e le accarezzò il viso.
Lei sorrise e lo abbracciò stretto, quasi a soffocarlo.
Quella notte non dormì. E non dormì per molte altre notti appresso. Stupidamente non aveva nemmeno chiesto se ci sarebbero state altre scadenze, se invece si trattava di qualcosa a lungo termine. Ma non voleva pensarci. Era troppo felice.
 
“Lascia stare tutto quello che non vedi
È inutile fissarsi
Andare con lo sguardo tra i marciapiedi
Solcati dai passanti
Se vuoi ragione hai ragione
A proseguire col tuo istinto
Ma non cambiare direzione, vai
Avanti sempre dritto”
S. Bersani – “Lascia stare”
 
La sera in cui tutto era cominciato e finito risuonava questa canzone. A Selene quelle parole sono sempre suonate come una profezia, un avvertimento. Sapeva che tra lei e il suo Grande Amore non sarebbe mai nato nulla, ma aveva voluto andare in fondo. Aveva seguito il suo istinto. E aveva avuto torto. Ma non era pentita di ciò che aveva fatto, non in quel caso. Ricordava tutto con grande malinconia, ma anche con profondo affetto, era stato per lei un periodo della sua vita molto intenso, profondamente vissuto, con i suoi errori, con i suoi momenti belli, da incorniciare e conservare nella bacheca dei ricordi. Aveva pochissimi rimorsi e per lo più riguardavano piccolezze, ma anche i piccoli errori trovavano un senso, un motivo di essere ricordati, con un po’ di imbarazzo, ma con affetto. Perché ogni momento, ogni attimo era stato vissuto con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta se stessa. E avrebbe rivissuto volentieri tutto quanto, perché si era sentita viva, aveva assaporato la sensazione della libertà, una sensazione preziosissima per lei e che aveva provato raramente, con lui e i suoi amici aveva avuto l’occasione di essere se stessa, nelle sue manie, nelle sue cavolate, nei suoi errori, nella sua maturità, ma anche nella sua infantilità e ingenuità.
E quella sera risuonava ancora quella melodia e quelle stesse parole riecheggiavano ancora come una sorta di minaccia, all’interno di quel locale con le luci soffuse, le pareti scure a creare familiarità, intimità. Guardava i suoi nuovi amici, guardava la Gattina felice insieme al suo ragazzo che non era più a termine. E aveva paura. Forse aveva paura per loro, forse era quella canzone che le faceva venire brutti pensieri. E c’era anche il Casanova, tranquillo e a suo agio come sempre, e stranamente quella sera era meno farfallone del solito. Selene invece si sentiva ancora a disagio dopo quello che era successo, ma il tempo avrebbe sanato ogni piccola ferita e rimarginato i rapporti. Fu quella sera stessa che si fece strada la guarigione. Il Casanova scherzava con tutti allo stesso modo e anche con lei, solo un momento si fece serio e parlò con lei.
- Scusami per l’altra sera. Dovevo immaginare che non sei quel tipo di ragazza. Spero di non averti fatto troppo male con la mia superficialità – forse non era così superficiale…
- Beh, mi hai usata, hai approfittato della mia debolezza. Ma in fondo anch’io avrei dovuto essere meno stupida, più lucida. Forse, molto in fondo, anch’io ti ho usato.
- Siamo alla pari allora.
Certo, non era il chiarimento che aveva desiderato, ma quelle poche parole avevano aperto un varco verso una nuova serenità all’interno del gruppo, e questo col tempo per Selene divenne importante.
 
“Viene verso di me, tranquillo, implacabile, come tutte le altre volte. Ma oggi non ho paura. Forse è il dolore a impedirmelo. Il dolore insopportabile che mi artiglia le viscere. So che lui farà cessare quell’agonia, come ha sempre fatto. Non per cattiveria né per bontà. Semplicemente perché deve. Perché Fallen è la morte. Uno strano tipo di morte. Fallen è la morte dell’amore.”
P. Ruju – “Dylan Dog – L’eterna illusione”
 
Se davvero esisteva una figura simile la Gattina avrebbe gradito molto la sua visita o forse era già venuto e non se n’era accorta. Fallen era venuto a uccidere l’amore tra lei e Darkman.
Dopo solo dieci giorni troncò la loro storia. Così. Senza una spiegazione, senza un motivo plausibile, senza una discussione. Disse che il contratto era scaduto da un pezzo, disse che per lui erano stati i tre mesi più splendidi di tutta la sua vita, disse che non l’avrebbe dimenticata, ma lei avrebbe dovuto farlo. Ma lei ovviamente non si arrese, contestò la sua decisione, poi lo cercò per molti giorni al telefono, che risultava sempre spento, fino a quando quel numero risultò inesistente. Lo cercò fino a casa e scoprì che non c’era più nessuno, si erano trasferiti. Nessuno sapeva niente e questo non fece che alimentare la sua angoscia. Provò terrore al pensiero di averlo perso per sempre, di aver perso ogni occasione di rivederlo, anche senza rivolgergli parola. A quel punto l’unico suo desiderio era poterlo sapere vivo, desiderava con tutto il suo cuore che stesse bene.
Darkman era stato un profondo mistero da sempre. Aver trascorso quei tre mesi con lui le aveva permesso di capire la sua personalità, il suo modo di pensare, di affrontare le situazioni. Nonostante quelle condizioni assurde si era rivelato un ragazzo affidabile, a suo modo sincero e amabile. Ma cos’era successo?
Il mistero rimase irrisolto e la povera Gattina passò interminabili giorni d’angoscia e di immensa tristezza. Fu per questo motivo che Selene ed Elena si prodigarono in un programma di soccorso. Il programma prevedeva andare a prelevare la ragazza dalla sua stretta stanza e portarla in giro per la città nel tentativo di farla svagare, e soprattutto di ascoltarla con tutta la pazienza possibile. Perché una ragazza innamorata può essere noiosa e pesante più di una lezione scolastica.
Ci misero un po’ a convincerla ad uscire. Aveva due occhi rossi e gonfi che sembrava l’avessero presa a pugni per giorni interi. Sfoderarono tutto il loro buon umore e riuscirono a tirarla fuori da quelle quattro mura. L’evasione era stata portata a termine.
- Senti, dove vuoi andare? Noi avevamo pensato di scendere sulla spiaggia. Ti va?
- Ok.
Decisero per quel pezzo di spiaggia che non era molto lontano dalla città, ma che era anche meno frequentato, soprattutto dalle coppiette. E diedero libero sfogo ai loro pensieri.
- Ragazze, ho paura. – fece una lunga pausa.
Sedute sulla sabbia ancora non molto calda e morbida, erano sedute in fila, con la Gattina in mezzo, di fronte al mare e lo sguardo verso l’orizzonte.
- Ho paura di non rivederlo mai più. Ho paura per lui. Ho paura che gli sia accaduto qualcosa di brutto. - riprese
- Certo, è una situazione davvero assurda… però io nutro ancora qualche speranza. – rispose Elena.
- Che vuoi dire?
- Non so… penso che si rifarà vivo. Non lo conosco bene, ma mi ispira fiducia. Ti ha rispettato fino ad adesso, quindi voglio credere che una spiegazione te la darà.
- Mi basterà sapere che sta bene.
Tornò il silenzio. C’era una certa calma. Certo, un po’ di malinconia, ma una sorta di tranquillità dominava l’atmosfera e gli animi delle ragazze. E il fruscio del mare calmo che accarezzava il bagnasciuga contribuiva a tutto questo.
Poi suonò un cellulare. Era quello di Elena. Il suo trillo fece balzare tutte dallo spavento, tanto erano assorte.
- Puccioso! – rispose la ragazza con entusiasmo.
Puccioso era il suo ragazzo. Aveva preso l’abitudine di chiamarlo così, anche quando ne parlava con gli altri, che ormai quel povero ragazzo non aveva più un nome normale, ma era conosciuto con quel nome assurdo di Puccioso. La ragazza chiuse subito la conversazione, spiegando velocemente al suo ragazzo la missione che stava portando a termine.
- Scusate… - disse quasi umilmente.
- Quando lo rivedrai? – chiese la Gattina.
- Tra un mese. Proprio oggi ho detto al proprietario del negozio di volermi licenziare.
- Cosa?! – fu la sorpresa di Selene.
- Sì, ormai ho deciso. Ne ho parlato con il mio ragazzo, lui è d’accordo. Questa settimana finisco di lavorare in libreria.
E di nuovo crollò il mondo sulle spalle di Selene. Adesso anche andare in negozio non avrebbe avuto lo stesso significato.
- Non sarà più lo stesso senza di te in negozio.
Elena ne fu molto sorpresa, e un po’ commossa. Ma la buttò sull’ironico.
- Questo è sicuro! Non ci sarà una più rompipalle di me!
Risero.
- Senti, se lui tornasse e ti chiedesse di tornare insieme, tu cosa faresti? – chiese poi Selene alla Gattina.
- Beh… forse, gli direi di sì… - rispose con un po’ di imbarazzo.
- Però se lui si comporta di nuovo da stronzo io mi permetterò di sequestrarti dalle sue spire. – avvertì Elena.
- Ok.
- Eh, va bene la prima volta comportarsi da stronzo, ma pure la seconda no!
- Ma tu non ci sarai! – la rimbeccò Selene.
- Non vado via per sempre, carina. Tornerò. Nel frattempo ti assillerò per telefono. – Selene chinò il capo, intenta come da quando era arrivata, a tracciare linee e nomi sulla sabbia asciutta con un rametto trovato lì per terra.
- Pensavi di esserti liberata di me! – fu la minaccia conclusiva di Elena.
 
“Perché l’amore è inscindibile dal dolore
e sa essere così penoso
che a volte assomiglia a un soffocamento”
 
               Ai Yazawa – “Nana collection vol. 3” 



 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: esse198