What if the storm ends
What if the storm ends, and I don’t see you
as you are now, ever again?
(E se la tempesta finisse e non ti vedessi mai più
così come sei ora?)
as you are now, ever again?
(E se la tempesta finisse e non ti vedessi mai più
così come sei ora?)
La fenice di bronzo sembrava viva sotto il Sole, brillando come di luce propria. Il parco di Hogwarts era silenzioso e le rive del lago calme, come il cielo che prometteva una bella giornata. “Il Giardino della Memoria”: così era stata chiamata quella parte del parco, il luogo in cui erano seppellite le vittime della seconda guerra magica, protette all’ombra della statua di una fenice dalle ali distese, simbolo dei caduti.
«È un bel luogo per riposare» disse Luna, guardandosi intorno.
Le lapidi bianche erano ben allineate e ancora intatte, pulite. Era passata poco più di una settimana dalla fine della guerra. Il gruppetto di ragazzi –una quindicina o poco più- si avvicinò in silenzio al punto in cui riposava l’uomo che non avevano mai avuto l’occasione di ringraziare. La tomba di Severus Piton era in prima fila, al centro della linea, e su di essa era posato un bel fascio di gigli bianchi, ancora freschi.
Neville, a capo dell’Esercito di Silente, si schiarì la voce, cercando le parole giuste. «Ci perdoni per averla sempre fraintesa, professore».
A queste parole, seguì un piccolo singhiozzo da parte di una delle ragazze.
«Grazie per averci protetti» sussurrò Ginny, accarezzando la tomba con una mano.
Era difficile accettare quella nuova visione di Severus Piton: per anni lo avevano considerato un aguzzino, un tirapiedi di Voldemort, un individuo odioso; adesso dovevano fare i conti con la consapevolezza che in realtà Severus Piton aveva sempre cercato di aiutarli, e nessuno di loro se ne era mai accorto.
Luna si chinò sulla lapide, posando a terra uno dei fiori che lei e suo padre coltivavano, la Sundewa: fiore speciale, che cambia colore in base a chi ne entra in contatto. Nelle mani di Luna era bianco, ma appena si posò sulla tomba divenne verde smeraldo. Un verde che per Severus Piton aveva un particolare significato; per i ragazzi dell’Esercito di Silente invece simboleggiava il verde della speranza e della rinascita.