Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: Baileys    03/11/2013    6 recensioni
Dal Prologo:
Immagina, tuo padre ti proibisce di uscire proprio il giorno del concerto della tua band preferita. Tu e tuo fratello decidete di uscire di nascosto e andate a quel concerto. È una serata perfetta, al ritorno cantate a squarciagola sulla vostra canzone preferita, quando venite coinvolti in un terribile incidente automobilistico, batti la testa e tutto si fa nero.
Ti risvegli in ospedale, vai in bagno e ti guardi allo specchio, e là, di fronte a te, sta un volto che non riconosci. Certo, ti assomiglia, ma non sei tu.
Poi esci dal bagno e guardi i tuoi genitori e i tuoi fratellini che piangono la morte di tuo fratello maggiore.
Li guardi e non provi nessuna emozione.
Cosa faresti?
Arriveresti alla conclusione che tutto quello che stai vivendo è un’illusione: in realtà tu sei morto in quell’incidente, ed ora sei nell’aldilà. Dopo un po’ cominci a sentire il tuo corpo putrefarsi, ti sembra di non avere più gli organi interni, e allora a cosa serve mangiare? A cosa serve fare una qualsiasi delle cose che facevi prima, se sai intimamente di essere un morto che cammina?
Sono Hayden Aida Wilde, e soffro di sindrome di Cotard.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo II: Se crepi tu crepo io, lo faremo insieme.

«Papà dorme, si va al concerto! » annunciò mio fratello sorridendo. Io mi tolsi le cuffie, gli sorrisi e mi alzai dal letto. Mi cambiai maglia, mettendomi quella con il simbolo dei Paramore, It Never Ends, poi presi la felpa termica blu ed uscii dalla mia camera, tenuta per mano da mio fratello. Stavamo per aprire la porta d’ingresso, quando qualcuno fermò i nostri piani.
«Dove credete di andare? » ci chiese Ian, con alla sua destra Axel, che rideva sotto i baffi. Io e Dave sbuffammo, quando quei due si mettevano in mezzo, sapevamo bene dove volevano andare a parare. Aprimmo i nostri portafogli e lasciammo 10 sterline a testa.
«Siete due creature malefiche» sbuffai io. Loro risero soddisfatto «Saremo muti come pesci»
«Lo spero, anche perché starete dormendo come ghiri» li rimproverai, e loro tornarono nella loro camera. Noi uscimmo di casa, Dave prese la sua macchina e partimmo.
«Se ci becca papà siamo finiti» commentai, a metà strada.
«Hey vedila così, se crepi tu crepo io, no? Lo faremo insieme» mi sorrise Dave. Io gli sorrisi «è una promessa? » dissi io, porgendogli il mignolo. Lui staccò la mano destra dal volante e mi strinse il mignolo «giuramento del lupetto» sussurrò, e ci mettemmo a ridere.
«Non hai paura che papà ci scopra? » gli chiesi.
«Paura? Papà ci scoprirà sicuramente» scherzò Dave. Io mi misi a ridere. «Sei sempre positivo tu eh»
«Sono realista, ma non mi importa se ci scopre, ti avevo promesso che ti avrei portato al concerto e lo farò, a costo di rimanere a casa tutta l’estate prima del college» prendemmo a ridere entrambi. Poi lo guardai, aveva un gran sorriso sulle labbra. Ce l’aveva sempre con me, sempre. «Ti voglio bene Dave, sei il fratello migliore del mondo» sussurrai. Lui sorrise «Non è vero, ma mi piace che tu me lo dica, ti voglio bene anche io»
 
 
«She lives in a fairytale somewhere too far for us to find» era lì. Il mio idolo. Hayley Williams era esattamente di fronte a me che cantava una delle mie canzoni preferite.
Io e mio fratello iniziammo a urlare a tempo «Hey! Hey! Hey! Hey! »
D’un tratto, in un momento di solo strumento, Hayley si avvicinò a noi e al microfono ci rispose «Hey! » sorridendo. Sentii mio fratello prendermi sulle spalle, ero molto più in alto così, Hayley tese la mano verso di me e io gliela toccai. Dopo un po’ Dave mi fece scendere, a fine canzone Taylor lanciò dei plettri omaggio. Provai a prenderne uno, ma non ci riuscii.
Alle 2 di notte il concertò terminò. Riuscimmo ad andare nel Backstage e a fare una foto con Hayley, Taylor e Jeremy.
Verso le 3 di notte tornammo dall’auto. «Allora Hay, divertita? » mi chiese Dave. Era raro che mi chiamasse col mio primo nome, solitamente mi chiamava col secondo, per darmi noia, visto che non lo sopportavo. Sì, era il fratello migliore del mondo, ma anche a lui piaceva torturarmi, con lotte, guerre di solletico, ‘caldi’ risvegli con le bottiglie d’acqua e soprattutto sporcarmi il pavimento che avevo appena pulito con delle briciole.
«è la serata più bella della mia vita! » esultai. «mi dispiace solo di non aver preso il plettro»
«A cosa servono i fratelli? » mi chiese, mostrandomi uno dei plettri che Taylor aveva lanciato. Io lo presi in mano e saltai al collo del mio fratellone, stritolandolo. Lui rise. Quando mi staccai lo presi per mano, e iniziai a saltellare trascinandolo verso l’auto, canticchiando allegramente «Never been happier, never been happier! » entrammo in auto, allacciammo le cinture e Dave mise in moto, poi continuammo a cantare, insieme. «No one, is as lucky as us, we’re not at the end but, we arleady won! Oh no, no one! Is as lucky as us, is as lucky as us!»
Stavamo ridendo come pazzi, guardandoci negli occhi, quando due luci bianche di fronte a noi ci abbagliarono la vista.
 
Ricordo solo un grande impatto, io che strinsi la mano di Dave, poi sbattei la testa e tutto intorno a me perse senso, oscurandosi, diventando tutto un’enorme massa omogenea nera.
 
Era notte. Stavo errando fra paludosi terreni, mi ero bevuta un drink, ma nulla di più. Vagavo, godendo della luce del chiaro di luna, ammirando le stelle in alto, ignara di una presenza al mio fianco che guardava ogni mia mossa. Sentendomi impaurita caddi in ginocchio, così qualcosa mi trascinò negli alberi. Mi portò in un posto spaventoso, e fu lì che caddi.
Mi proposero di unirmi a loro, alla danza della morte. Li seguii nel cerchio di fuoco, fui condotta nel mezzo. Come se il tempo si fosse fermato, ero stordita e impaurita, ma volevo comunque andare. E le fiamme del fuoco non mi ferivano, mentre camminavo sui carboni. Mi sentivo come se fossi in trance e il mio spirito fu separato da me.
Se solo qualcuno avesse avuto la possibilità di testimoniare cosa mi stesse succedendo.
E danzai. E mi rallegrai. E cantai con loro.
Tutto era morto nei loro occhi.
Figure senza vita, tutti loro erano non morti. Erano ascesi dall’inferno.
 
 
 
Quando mi svegliai ero in una piccola stanza composta solo da muri bianchi, e c’era altra gente oltre a me. Si guardavano intorno, si cercavano, parlavano bisbigliando, come se sapessero esattamente dove si trovavano.
Non guardarli strano, lascia che pensino che non c’è altro posto dove vorresti essere.
Guardai in alto, una luce abbagliante mi accecò, portandomi alla mente i fari abbaglianti di quella sera. Eppure non ero triste, non ero spaventata.
 
Passarono un po’ di giorni, prima che riuscii ad alzarmi e recarmi in bagno da sola. Non avevo ancora visto nessuno dei miei parenti, non li facevano entrare. Entrai in bagno e mi sciacquai la faccia, guardandomi poi allo specchio.
Vidi una ragazza, dai lineamenti tondeggianti, gli occhi marroni e lunghi capelli castani scuri, disordinati.
Non ero io.
Certo mi assomigliava.
Ma non ero io.
Non riuscivo a riconoscermi. Quella figura che si rifletteva non ero io. Ne ero fermamente convinta. Uscii dal bagno, asciugandomi il volto con un asciugamano.
«Signorina Wilde, ora possiamo farle vedere i suoi familiari» mi comunicò una dottoressa giovane e gentile, che mi era stata a fianco in questi giorni. Entrò da quella porta mio padre, i piccoli Ian e Axel, e anche.. mia madre? Sì. Mia madre Olive. Si era degnata di venirmi a trovare dunque. Ma dov’era Dave?
Avevano tutti le lacrime agli occhi, i due gemellini mi corsero incontro e mi strinsero la vita con le braccia, l’unico punto dove arrivavano.
«Mi sei mancata» continuavano a ripetere piangendo.
Eppure non provavo ne pena, ne compassione, ne gioia nel vederli.
«Lasciatela respirare» li rimproverò Olive, fredda come sempre, allontanandoli da me. Si avvicinò. «Figlia mia, tuo fratello.. » cominciò. Mio padre guardava il basso, senza dire una parola.
«morto»
Concluse. Nessuna lacrima. Nulla. Né compassione, né dolore. Solo un vuoto infinito. Non provavo alcuna emozione nel vedere i volti dei miei familiari. Un immenso vuoto.
Il mio volto era impassibile, spostavo gli occhi da una persona ad un'altra.
Cercavo un motivo, una ragione. Un perché non riuscivo a riconoscermi allo specchio. Un perché non riuscivo a provare nulla. Un immenso vuoto, che improvvisamente si espanse anche all’interno del mio corpo. Mi sentivo come se il mio cuore avesse smesso di battere, come se non avessi più uno stomaco o i polmoni.
Dovevo essere morta.
Non c’era altra alternativa.
Io ero morta nell’incidente, assieme a mio fratello, come ci eravamo promessi. Se moriva lui morivo io, lo avremmo fatto insieme. Era la nostra ultima promessa
Io ero morta, con lui, come promesso, quindi ora mi trovavo in un deprimente aldilà, fatto ad immagine del buon vecchio mondo, ma che non riusciva a convincermi appieno. Sì. Era così. Io ero morta.
«Dì qualcosa! » mi urlò fra le lacrime Olive.
La guardai negli occhi, impassibile. «Cosa dovrei dire? Anche io sono morta nell’incidente»

 


Hayden Aida Wilde.


Dave Wilde.


Ian e Axel Wilde.


Helena (Lena) Froste e Hayden Aida Wilde.
  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Baileys