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Autore: Jean Fire    03/11/2013    1 recensioni
Un omicidio che ha segnato la vita di Giulia, mettendola sulla strana della povertà, costringendola a rubare per vivere. Un giorno un colpo troppo grande per lei. Voleva rubare al Vaticano, ma qualcosa e andò storto e gli occhi verdi di Giulia incontrarono quelli azzurro ghiaccio del figlio del Papa, Cesare Borgia...
Genere: Azione, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cesare Borgia, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Mio Signore -

mormorai, entrando nelle stanze private di Cesare Borgia, il figlio del Papa, il Cardinale...Sentii l'acqua muoversi da dietro il paravento e una massa di capelli scuri si intravide da sopra il paravento. Subito abbassai gli occhi, guardando le mattonelle.

- Non ti sei mai vergognata, non iniziare oggi - 

disse lui secco e seguii i suoi ordini, alzando gli occhi. Le gambe muscolose e nude, la virilità scoperta, gli addominali in tensione. Non era la prima volta che lo vedevo nudo, ormai sapevo a memoria il suo corpo come lui sapeva a memoria il suo. I capelli scuri arrivavano quasi fino alle spalle e gocciolavano, la barba scura era stata regolata e gli occhi erano guizzanti e chiarissimi. Cesare sorrise e si coprì con un asciugamano, camminando fino ad un tavolo dove c'erano dei bicchieri e delle caraffe. Prese lentamente la caraffa dorata e versò il liquido rosso in un bicchiere, allungandolo verso di me. Mi avvicinai a lui con passi felpati che non producevano rumore e presi il bicchiere sfiorando le sue dita calda e umide. Portai il bicchiere alle labbra senza staccare gli occhi da Cesare e feci scivolare il liquido rosso lungo la gola, facendola bruciare. Cesare Borgia mi guardò attentamente, studiandomi, avvicinandosi a me e infine portando le sue labbra carnose ad un angolo della mia bocca, dove era rimasto un poco di vino. Tremai quasi, sentii le gambe tremare. Sapevo cosa sarebbe successo, sapevo che non si sarebbe fermato e che presto le sue labbra sarebbero state sulle mie in un bacio che difficilmente avrei dimenticato.

- Cesare... - 

mormorai, quando sentii le sue labbra rimanere in quella posizione. Sapevo cosa voleva dire, lo sapevo fin troppo bene. Infatti subito dopo le lebbra di Cesare raggiunsero le mie in un bacio infuocato a cui non tardai certo a rispondere, portando le mani contro il suo petto, come se volessi allontanarlo da e, ma non ne avevo le forze, mai l'avevo avuta. Una mano di Cesare si intrufolò lentamente nei miei pantaloni, facendomi perdere il respiro e un battito. 

- Ho una notizia per voi... -

continuai, sospirando sulla sua pelle, chiudendo gli occhi. Per qualche secondomi dimenticai perchè ero lì, che cosa dovevo dirgli. Quello mi provocava Cesare. 

- Buone notizie o cattive? - 

chiese lui, muovendo la mano che continuava a sfiorare il mio sesso, facendomi gemere sommessamente. Giocava il cardinale, giocava e anche bene. Mi ammaliava tanto quanto io ammaliavo lui, mi sottometteva quando glielo permettevo e lui si lasciava comandare quando voleva. Era un gioco continuo il nostro, un gioco di sottomissione e di forza, un gioco che nessuno dei due voleva perdere 

- Cattive, Mio Signore -
 
risposi, facendolo ridere, mentre le sue labbra andavano a baciare il mio collo esile e pallido, lasciando scie di baci caldi e passionali che mi facevano venire i brividi lungo la spina dorsale

- Possono aspettare -

sentenziò il cardinale alla fine, scendendo ancora di più, andando a baciare l'inizio del seno e la spaccatura che si intravedeva dal corpetto sgualcito e rovinato. Portai indietro il collo e strinsi i capelli bagnati del giovane. Dovevo compormi, lo sapevo, ma ogni volta lui mi prendeva alla sprovvista e non riuscivo a controbattere.

- Non penso, Signore... Ho notizie di Savonarola... - 

mormorai, guardando la sua reazione. Gli occhi di Cesare di spalancarono e la sua mano si fermò immediatamente, così come le sue labbra che lentamente si distaccarono definitivamente da me. Mi tirai su il corpetto e sistemai i pantaloni da uomo, guardando il figlio del Papa, lo sguardo pieno di rabbia. 

- Dimmi tutto - 

mormorò alzando all'improvviso lo sguardo. Incatenai i miei occhi a quelli chiari di Cesare con attenzione. Non era una persona facile, non era una persona che si faceva amare da tutti, sapeva quello che voleva e l'avrebbe preso a tutti i costi e questo faceva di lui una persona temibile per molti, eppure a me non faceva paura, non ne avevo mai avuta di lui e questo l'aveva fatto uscire di senno più di una volta.

- Savonarola continua a predicare a Firenze e sono molte le persone che lo seguono. I bambini rubano tutto ciò di valore che trovano per accatastarlo su una grande pira e i nobili cominciano ad avere paura. Stanno perdendo fiducia nella Chiesa, dicono che il Papa non dovrebbe permettere una cosa del genere -

mormorai guardandolo versarsi altro vino. Fece un sorso lungo, incredibilmente lungo, per poi posare con rabbia il bicchiere sul tavolo, le nocche diventate bianche dalla forza della presa.

- Devo rimettere al suo posto quel frate e...già che ci sono, farò una visitina alla Sforza -

il suo sorriso, quel sorriso che amavo, adesso mi faceva scuotere tutta. Sapevo cosa voleva dire e mi faceva quasi paura. Non aveva scrupoli, non aveva paura di vendicarsi nel miglior modo che lui poteva fare; sedurre, ammaliare e poi lasciare al freddo.

- Potresti invece rimandare l'incontro con la Sforza e concentrarti solo su Savonarola -

dissi con una punta acida e preoccupata. Odiavo la Sforza, non volevo che lui andasse da lei. Caterina Sforza era la versione di Cesare al maschile, ammaliatrice, capace di giocare con la propria sessualità. Cesare rise, una risata che lo faceva scuotere tutto. Si avvicinò a me lentamente, l'asciugamano ancora in vita e nient'altro addosso, una specie di invito a cena.

- Sei gelosa? -
chiese lui sorridendo, portando una mano al mio viso, accarezzandolo quasi con dolcezza, per poi afferrare il mento, stringendolo.

- No -

dissi secca, riuscendo a sfuggire alla sua presa salda. Cesare rise ancora, cercando forse di contagiarmi, senza riuscirci. Odiavo quella donna perchè l'avrebbe sicuramente ribaltato.

- Non dimenticare mai il tuo posto qual'è -

sibilò lui a qualche centimetro dal mio viso. Lo guardai negli occhi quasi sfidandolo. Sapevo che sarei dovuta rimanere al mio posto, non avrei dovuto di certo ribattere, ma non riuscivo a pensare all'etichetta quando si parlava di Caterina Sforza

- Ricordati chi sei quando lei ti sbatterà sul suo letto

sibilai a pochi centimetri dalle sue labbra. Vidi i suoi occhi saettare sulle mie labbra e in pochi secondi mi ritrovai ancora una volta le sue labbra sulle mie. Cesare morse il mio labbro inferiore con forza, premendo i palmi intorno al mio viso. Ricambiai i baci con foga, facendolo indietreggiare un poco, mentre calpestavo l'asciugamano che un tempo era intorno alla sua vita. Le mani di Cesare scesero fino ad arrivare ai miei glutei che strinse con decisione, facendomi perdere il fiato. Lo guardai negli occhi e lui fece lo stesso, specchiandosi nei miei.

- Prepara tutto, domani mattina si marcia per Firenze -
  
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