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Autore: ChibyLilla    03/11/2013    3 recensioni
Continuo di "He is dangerous"
Sono passati due mesi dall'incidente di Ian e finalmente Mickey sta per incontrarlo.
“Mickey?” domandò Ian in un sussurro e Mickey non poté fare a meno di notare come il suo viso si fosse illuminato, anche se ad essere onesto, non riusciva a capirne il motivo.
“Non faceva altro che chiedere di te,” gli disse Mandy con una scrollata di spalle, come a voler giustificare la scena a cui Mickey stava assistendo.
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mandy Milkovich, Mickey Milkovich, Phillip 'Lip' Gallagher
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'I'll walk you'
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Falling down


Mickey era seduto a terra da un tempo che non avrebbe saputo quantificare.

 
Una mano di Ian era saldamente aggrappata alla sua maglietta, le dita stringevano la stoffa con una forza tale che a Mickey quel contatto sembrava essere diventato vitale. Lui invece era fermo con lo sguardo perso nel vuoto, le mani che armeggiavano ancora tra i capelli rossi dell’altro.
 
Poi, mentre fino ad un attimo prima Ian era accoccolato tra le sue braccia,  improvvisamente non c’era più. Mickey non si era neppure reso conto dell’arrivo dei paramedici fino a quando qualcuno non lo aveva allontanato da lui. Quando Ian aveva smesso di stringere tra le mani la sua maglietta, per Mickey il mondo si era fermato ed era semplicemente rimasto lì, seduto a terra, senza rendersi conto di cosa stesse succedendo intorno.
 
“Mickey?”
 
Quando sentì pronunciare il suo nome, il moro indirizzò automaticamente lo sguardo verso il punto da cui proveniva la voce; Ethan accovacciato su di lui, lo fissava con un’espressione piuttosto perplessa. “Dovresti fare una doccia, andiamo!” tentò il più piccolo, offrendogli una mano.
 
Mickey seguì lo sguardo di Ethan trovandosi a fissare i propri vestiti zuppi di sangue e trattenne a stento un conato di vomito. Non che il sangue gli facesse schifo, era abituato anche al suo odore acre, tante erano state le volte in cui aveva pestato qualcuno fino a lasciarlo a terra sanguinante; quello però era il sangue di Gallagher. Di Ian.
 
Non ebbe il coraggio di guardarsi le mani, ma pensò che non fosse una scelta saggia quella di accettare la stretta di Ethan. Si alzò senza il suo aiuto, sperando di non svenire lungo il corridoio.
 
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Quello era l’ultimo ricordo che Mickey aveva di Ian, pallido e sanguinante tra le sue braccia ed ora, dopo due mesi stava per rivederlo. Erano stati dei mesi difficili per il rosso, questo Mickey lo sapeva dai racconti di Mandy e Lip; quello che non sapeva era quanto sua sorella e il suo ragazzo gli avessero nascosto. Quanto di quel che Ian aveva sofferto gli era stato tenuto segreto.
 
Mickey era uscito dal riformatorio dopo soli due mesi per buona condotta e quando Mandy era andata a prenderlo non aveva voluto saperne di tornare a casa, doveva vedere Ian e non poteva aspettare.
 
Seguì meccanicamente la sorella lungo il corridoio e poi in ascensore, trattenendo il respiro quando gli passavano accanto i pazienti dell’ospedale, visibilmente sofferenti e con lo sguardo spento. Ian probabilmente aveva la loro stessa espressione.
 
In camera del rosso c’era soltanto Lip che sembrava immerso in un lungo monologo, al quale Ian probabilmente non prestava attenzione.
 
Quando Mandy si scostò dalla porta, rivelando il profilo di Mickey dietro di sé, Lip alzò volutamente la voce. “Ehi, Ian! Indovina chi c’è!”
 
Mickey si concentrò sul volto impassibile del rosso, entrando nella stanza con una timidezza innaturale per lui.
 
“Mickey?” domandò Ian in un sussurro e Mickey non poté fare a meno di notare come il suo viso si fosse illuminato, anche se ad essere onesto, non riusciva a capirne il motivo.
 
 “Non faceva altro che chiedere di te,” gli disse Mandy con una scrollata di spalle, come a voler giustificare la scena a cui Mickey stava assistendo.
 
“Davvero?!” il moro alzò un sopracciglio scettico, sperando di essere riuscito a dissimulare stupore ed imbarazzo.
 
Ian era ancora voltato verso Lip quando Mickey si avvicinò a lui, gli occhi chiusi, stavolta per davvero. Mickey si soffermò sulle ciglia incollate tra loro, la bocca semi aperta, come se aspettasse di trovare le parole giuste da dire. “Come stai, Ian?” domandò infine Mickey, accarezzando la guancia del rosso.
 
Per la prima volta Mickey non si chiese quanto gay potesse sembrare il suo atteggiamento; Lip e Mandy lo avevano visto nei suoi momenti peggiori e di certo sarebbero sopravvissuti a quel piccolo gesto.
 
“Puzzi di salsa barbecue,” gli rispose Ian dopo un attimo di silenzio, strappandogli un sorriso, mentre Lip e Mandy si scambiavano occhiate complici che Mickey non riuscì a decifrare.
 
Mickey stava per rispondergli con una delle sue solite battute, ma non ne ebbe il tempo perchè qualcun altro entrò nella stanza.
 
“Roxie, sei in anticipo,” osservò Lip lanciando un’occhiata all’orologio ed alzandosi in piedi.
 
Mentre Mandy lo trascinava fuori dalla stanza, Mickey non poté non soffermarsi sulla tensione emanata dal corpo di Ian, irrigiditosi al solo sentir pronunciare quel nome.
 
“In anticipo per cosa? Che deve fare?”
 
“Quello che dovresti fare anche tu, Mick!” rispose Mandy, provando a mascherare l’angoscia che l’aveva presa. “Lavarsi.”
 
Mickey la guardò sorpreso, chiedendosi cosa ci fosse di tanto particolare, poi sembrò capire. “Ancora non cammina?”
 
“Non riescono a farlo alzare,” Mandy guardava il pavimento, le mani che giocavano con una ciocca di capelli. “Ha paura.”
 
Mickey sospirò, passandosi una mano tra i capelli. Mandy gliene aveva parlato una volta, gli aveva detto che Ian si rifiutava di staccarsi dal letto. Ma era stato un mese prima e Mickey credeva che le cose fossero cambiate da allora.
 
Dopo momenti di insostenibile silenzio, l’attenzione di Mickey fu attirata da un urlo, proveniente dalla camera di Ian. Senza pensarci due volte spalancò la porta; Mandy in piedi dietro di lui, continuava a giocare con i capelli, come se sapesse già cosa stava per succedere.
 
Tutto quel che Mickey riusciva a vedere dalla propria posizione, era la schiena di Lip, in piedi di fronte al letto di Ian e l’infermiera, in un angolo della stanza che trafficava con qualcosa.
 
“Che gli avete fatto?” domandò, avvicinandosi in modo da poter finalmente vedere Ian. Stava tremando, una mano sul letto, l’altra fermamente artigliata al braccio di Lip, le unghia che penetravano nella sua pelle.
 
“Ian, che cavolo,” iniziò a mormorare Lip, come se non avesse sentito le parole di Mickey, “Se non ti decidi ad alzarti non ti faranno mai uscire di qui, non lo capisci questo?”
 
Ian sembrava ancor più agitato e Mickey pensò che sarebbe soffocato se non avesse smesso di respirare così velocemente.
 
Quando l’infermiera si avvicinò a lui, brandendo una siringa e pronto a sedarlo, Mickey decise che era il momento di intervenire. “Col cazzo che gli infili quel coso nel braccio,” le disse, stringendo la mano che Ian teneva sul letto. “Ian calmati, altrimenti mi costringerai a dimenticare che sto parlando con una donna e dovrò prenderla a pugni.”
 
Ian rispose abbandonando la presa che aveva sul fratello e cercando contatto con Mickey; il moro si avvicinò di più, dando modo ad Ian di lasciarsi andare contro di lui.
 
“Va tutto bene,” mormorò piano, accarezzando impacciato la schiena di Ian e lanciando un’occhiata di fuoco a Lip, ancora in piedi accanto a lui.
 
“Se non si calma devo sedarlo,” ricominciò a dire l’infermiera, “il suo fisico non può reggere questo stress.”
 
“Allora la prossima volta evitate di stressarlo ed ora levati dalle--”
 
“Mickey?” la voce di Ian, per quanto fosse appena un sussurro, bastò a far tacere tutti.
 
“Che c’è?” domandò Mickey, stupendosi di quanto il suo tono fosse cambiato, passando da minaccioso a qualcosa di vagamente simile al dolce.
 
Ian deglutì, stringendosi di più tra le braccia del moro, “Non mi lasciare, ti prego. Non voglio cadere.”
 
Mickey tornò a fissare Lip, la sua espressione chiedeva silenziosamente per quale motivo avesse spaventato suo fratello in quel modo. “Io non ti lascio,” gli disse, avvicinandosi al suo orecchio per continuare, “Anche se non è la tua schiena che vorrei stringere.”
 
Ian mormorò qualcosa contro il petto di Mickey, probabilmente un “Pervertito,” ma nessuno riuscì a coglierlo. Perché in definitiva, c’erano molte cose da dire su Mickey Milkovich: che fosse rozzo, che non conoscesse le buone maniere, ma quando si trattava di Ian, Mickey sapeva bene quali tasti toccare.
 
Quando si rese conto che l’atmosfera era sufficientemente rilassata, Mickey riprese la parola, “Ian, non ti lascio,” ripeté, per essere certo che l’altro avesse capito, “Ma guarda che sei seduto, non puoi cadere.”
 
“Ho paura lo stesso.”
 
“Allora vuoi stenderti di nuovo?”

Ian annuì piano, tirando su col naso e Mickey si rese conto solo in quel momento di avere tre paia di occhi puntati su di sé. Scelse di ignorarli almeno per il momento e permise finalmente a Lip di avvicinarsi, aiutandolo a sistemare di nuovo Ian sul letto.
 
“Posso parlare con la dottoressa?” domandò Lip, seguendo l’infermiera in corridoio.
 
Ian dopo un po’ di silenzio si decise a parlare, “Grazie, Mickey.”
 
Mickey lanciò un’occhiata alla sorella, in piedi in un angolo della stanza e pensò che forse Ian non si era reso conto della sua presenza.
 
“Mi stai ringraziando per non aver picchiato l’infermiera?”
 
“Ti sto ringraziando per essere rimasto con me.”
 
Decisamente Ian non aveva capito che Mandy fosse ancora nella stanza, o non avrebbe dato voce a quei pensieri. Stava per farglielo notare, prima che Ian potesse farsi sfuggire qualcosa di più imbarazzante, ma il rosso riprese a parlare prima che Mickey potesse avvertirlo.
 
“Ho paura.”
 
“Di stare da solo?”
 
“Di cadere.” Ian si morse il labbro inferiore, arrossendo nel pronunciare quelle parole. “Se mi alzassi, intendo. Non voglio cadere.”
 
Mickey spostò lo sguardo da Ian a Mandy che, immobile dov’era, sorrideva. In un’altra circostanza Mickey le avrebbe chiesto cosa cazzo avesse da sorridere in quel modo; invece in quel frangente le sue labbra si mossero per dire tutt’altro. “Se ci fossi io con te, avresti paura lo stesso?”
 
Ian sembrò concentrarsi sulle sue parole, prendendosi il tempo necessario per rispondere. “Non lo so.”
 
Mandy gli fece cenno di continuare, dando modo a Mickey di capire che quella conversazione stava procedendo nel verso giusto.
 
Mickey si ritrovò a scrollare le spalle, sperando di non commettere passi falsi. “Proviamo?”
 
Ian continuava a mordicchiare le labbra e Mickey poteva facilmente immaginare cosa stesse pensando e quanto dovesse aver paura di staccare la schiena da quel dannato letto. Alla fine il rosso annuì, sporgendosi verso Mickey.
 
Visto il modo in cui Ian aveva reagito ai tentativi di Lip, Mickey non pensava che potesse accettare davvero. Corrugò la fronte, volgendosi di nuovo a Mandy, sperando che lei avesse la soluzione; sua sorella invece continuava soltanto a guardarlo con la stessa espressione incoraggiante.
 
“Ci sei, Ian?” domandò infine il moro, abbracciandolo e mettendolo seduto. Per quale motivo Mickey continuasse a ripetere il suo nome ad ogni frase, non lo sapeva neanche lui. Gli sembrava che al rosso piacesse essere chiamato col suo nome.
 
Ian annuì concentrato e Mickey strinse la presa su di lui con un braccio, usando l’altro per guidare le sue gambe oltre il bordo del letto.
 
Il rosso sussultò, stringendosi di più a Mickey quando i suoi piedi penzolarono nel vuoto.
 
“Sono pochi centimetri, Ian. Se sei pronto ci alziamo.”
 
Ian spostò goffamente le braccia intorno al collo di Mickey. “Non mi lasciare,” mormorò con voce roca e a Mickey si strinse il cuore.
 
Il moro sospirò, disabituato ad un Ian così poco autosufficiente e lo prese in braccio per aiutarlo a scendere dal letto.
 
Quando Ian poggiò finalmente i piedi a terra, il suo viso era esattamente di fronte a quello di Mickey, sulle labbra un sorriso entusiasta che lasciava appena trasparire un velo di agitazione.
 
“Ian qualcosa non va?” Mickey si allarmò subito, quando Ian si appoggiò più pesantemente a lui, respirando piano, come se quel gesto gli avesse portato via tutte le energie. “Ti gira la testa? Hai male da qualche parte?”
 
“No, Mickey, va tutto bene,” rispose pacato Ian. “Solo, adesso che facciamo?”
 
Mickey sospirò rassicurato, stringendolo un po’ più forte. “Ti fidi di me?” domandò, rendendosi conto di quanto stupida fosse quella domanda solo quando vide il sorriso di Ian.
 
“Pensavo di avertelo dimostrato.”
 
“Okay, allora adesso camminiamo.” Mickey afferrò le braccia che Ian teneva ancora intrecciate dietro il suo collo e le abbassò, stringendogli le mani. “Pronto?”
 
“Pronto. Però non farmi sbattere da nessuna parta. E non farmi inciampare.”
 
Mickey fece un passo all’indietro, camminando in modo da avere Ian di fronte. “Seguimi,” gli disse, tirando un po’ le sue mani per fargli capire da che parte andare.
 
“Bravo, vieni,”Mickey spostò di nuovo lo sguardo su Mandy che si era avvicinata alla porta, pronta ad accompagnarli. Per un attimo si era dimenticato perfino della sua presenza.
 
Guidò Ian fuori la porta, spiegandogli che erano in corridoio e che non doveva spaventarsi se sentiva nuove voci.
 
“Andiamo da Lip?” domandò il rosso.

“Bravo, allora non hai solo un bel visino!”
 
“Bel visino? Mick ma che hai fumato prima di venire?” Ora che l’atmosfera si era rilassata, Ian iniziava a rendersi conto di quanto innaturale fosse strato l’atteggiamento di Mickey e, per quanto gli piacesse quel suo lato dolce, non voleva che fosse soltanto per pietà.
 
“Tranquillo, te la farò provare.” Mandy davanti a loro si era fermata, indicando una porta sulla destra. “Ian, siamo arrivati,” lo avvertì, poi gli lasciò una mano ed Ian si ritrovò a stringere l’altra con più forza.
 
La porta era aperta e quando Mickey comparve nella visuale di quella che doveva essere la dottoressa, lei smise di parlare con Lip, rivolgendosi a lui. “Le serve qualcosa?”
 
Prima che Mickey potesse rispondere, anche Lip si era voltato verso di lui. “Che è successo ad Ian?” domandò scattando in piedi.
 
Mickey sorrise, tirando Ian verso di sé. “Chiediglielo tu.”
 
Ian si mosse di qualche altro passo, in modo che le due persone nella stanza potessero vederlo.
 
Un attimo dopo era stato travolto dall’abbraccio di Lip. Con la mano libera Ian ricambiò l’abbraccio del fratello, lasciandosi finalmente andare ad un pianto liberatorio; l’altra mano era ancora intrecciata a quella di Mickey.
 
Quando Lip si staccò dal fratello, lanciò un’occhiata a Mickey ed il moro non poté fare a meno di ghignare, avvicinando Ian e passandogli un braccio intorno alla vita.

Chiby's
E rieccomi! Ora sto ufficialmente scrivendo la mia prima serie! Probabilmente ci saranno dei capitoli sul periodo in cui Mickey è in prigione, quindi non saranno proprio in ordine cronologico.
Comunque, a
proposito di questo capitolo ho soltanto una cosa da dire. Il fatto che Ian abbia “paura di cadere” nasce da una frase che dicevo io da bambina quando mi hanno insegnato a nuotare, che è appunto, “papà, cado.” Lo raccontavo a mio fratello l’altro giorno ed è venuta fuori questa storia.

Spero vi sia piaciuta.

Se avete idee per qualche capitolo ditemelo, sarei felice di scriverlo!!!

ChibyL



  
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