CAPITOLO 15
I don’t wanna miss one smile
I don’t wanna miss one kiss
I just wanna be with you
Right here with you just like this
I just wanna hold you close
Feel your heart so close to mine
And just stay here in this moment for all the rest of time.
I don't want to miss
a thing, Aerosmith
Edward era appoggiato alla parete di fronte al letto con gli occhi
socchiusi. Fissava il vuoto, assorto nei suoi pensieri. Non si accorse
immediatamente che, ancora sdraiata, lo stavo guardando.
I miei occhi, avidi del suo viso d'angelo, dei suoi occhi stanchi e del
suo
fisico statuario, non riuscivano a staccarsi da una perfezione che
appariva fin
troppo irreale.
Sentii un brivido quando il suo sguardo ipnotico incontrò il
mio. Edward si
scostò dalla parete e mi si avvicinò lentamente.
Si sedette ai piedi del letto,
attento a non toccarmi.
«Come stai?», la sua voce di velluto, carica
d'apprensione, mi fece sussultare.
Per un momento, mi sentii ancora viva, come se i denti affilati di
Irina non
fossero penetrati nella mia fragile pelle donandomi un riposo senza
fine.
Istintivamente, mi toccai il collo. Sentii che una crosta sottile si
stava
formando nel punto in cui ero convinta di essere stata morsa.
«Bene...Credo». La presenza di Edward era
sufficiente ad alleviare tutti i
dolori che mi martellavano il corpo. Sulle mie braccia nude notai un
cerotto e
parecchi lividi.
Approfittando di un breve momento di silenzio meditai
sull'opportunità di
seguire il copione di quello sceneggiato di cui ero un'inaspettata
protagonista. Decisi di stare al gioco: in fin dei conti che cosa avevo
da
perdere a quel punto?
«Come posso...Essere viva?», domandai.
Lo sguardo antico e malinconico di Edward si posò lontano,
trapassando le
pareti della stanza e volando oltre le nuvole scure che coprivano il
cielo.
I suoi occhi color onice, d'un tratto, divennero due piccole fessure
quando
qualcuno bussò alla porta.
Senza attendere risposta Jake entrò ansimante.
Fissò interdetto Edward
prima di parlare.
«Ciao Bella. Ero venuto...A vedere come stavi».
Lanciò un'occhiataccia a
quello che considerava un ospite indesiderato, il quale, da parte sua,
non lo
degnò di uno sguardo.
«Jake...Che cosa ci fai qui?». Avevo un vago
ricordo di un lupo dal pelo
rossiccio, ma pensavo di averlo solo immaginato. Vidi l'espressione di
Jacob,
da tesa e preoccupata quale era, mutare in una smorfia di dolore.
«Non che non mi faccia piacere...Ma sono sorpresa,
ecco», mi affrettai a
precisare.
Jake, che mentre parlavo aveva scrutato il pavimento, mi
guardò sorridendo
con amarezza. Il suo sguardo mi bruciava la pelle come il sole che
splendeva
dietro a quelle nuvole plumbee che minacciavano pioggia. Non rispose
alla mia
domanda.
«Be', vedo che sei in buona compagnia. Ci vediamo dopo,
Bells», e uscì
chiudendo la porta con po' troppa forza.
Mi dispiaceva vederlo così. Avrei voluto corrergli dietro,
supplicarlo di
perdonarmi, di dimenticarmi...Ma la sofferenza di Jacob, che si
ripercuoteva
spietata anche su di me, era una giusta punizione al mio egoismo e alla
mia
mancanza di responsabilità nei confronti di entrambi.
Smisi di fissare la porta chiusa quando sentii sulla guancia la mano
fredda
di Edward, che nel frattempo si era avvicinato. La sua espressione era
impenetrabile.
«Sono io che dovrei chiederti che cosa ci fai in questo
letto, viva per
miracolo», sussurrò con dolcezza.
Fuori cominciò a piovere. Piccole gocce d'acqua cominciarono
a picchiettare
sull'asfalto rovente e sulla terra arsa dal sole. In lontananza sentii
il
fragore di un tuono.
«Il cielo sta piangendo quelle lacrime che non ho potuto
versare nel
momento in ho creduto di averti persa per sempre». La voce di
Edward si incrinò
quando pronunciò quelle dolorose parole.
A mia volta, gli accarezzai la guancia sinistra con il dorso della
mano.
Tremavo.
«Ma tu mi hai salvata ancora una volta», sussurrai
per non tradire
l'emozione.
«E' proprio qui che sta l'errore, Bella. Io non sarei
arrivato in tempo».
La testa mi girò un poco, e le orecchie cominciarono a
fischiarmi. Non
poteva essere. Non volevo, non potevo essere legata a Jacob
anche da un
vincolo di gratitudine. Tuttavia, soltanto lui poteva essere
intervenuto prima
che, a causa di Irina, sprofondassi nell'oblio senza fine.
Edward sfilò dalla tasca un foglio sgualcito, su cui
riconobbi una grafia
piccola e disordinata. Sotto la mano ghiacciata di Edward, le mie
guance si
tinsero di porpora.
«Irina ti avrebbe...Uccisa se...Leah non le fosse balzata
addosso prima che
fosse troppo tardi. Ti ha ferita involontariamente al collo mentre
cercava di
separarvi».
Ero sbigottita. Leah aveva trovato la lettera di addio che non avevo
mai
avuto il coraggio di far pervenire ad Edward, l'aveva letta ed era
corsa a
salvarmi. Perchè?
Edward lesse senza difficoltà lo stupore che tormentava il
mio viso.
«Ultimamente la sua disposizione d'animo nei confronti
di...Jacob è
cambiata un po'. Mentre lui era irrintracciabile e per te si avvicinava
la fine
non ha dunque esitato a recuperare un pezzetto fondamentale della vita
del
suo...Amico prima che fosse troppo tardi».
La sua mano fredda, che ancora sfiorava la mia guancia rovente,
scivolò
piano lungo il mio collo, accarezzando con delicatezza la linea del mio
braccio
fino ad incontrare una delle mie mani fredde.
«Perdonami Bella. Perdonami per averti esposta a tutto questo
a causa del
mio egoismo. Sono...Addolorato per quanto è successo, non
avresti dovuto
rischiare la vita per salvare un mostro».
«L'unico mostro che mi spaventa», dissi facendo una
smorfia, «E' Jane. Ha
approfittato dell'odio che Irina nutriva nei miei confronti per...Non
doversi
neanche sporcare le mani nell'atto di uccidermi».
«Esatto», mormorò Edward, apparentemente
stupito. «Sapeva che Aro
non avrebbe mai approvato il suo comportamento e quindi è
ricorsa a questo
meschino espediente».
«E...Alice?Leah?Come...Stanno?», domandai
preoccupata.
«Benissimo. Jane è intervenuta non appena ce ne
siamo andati. Ha richiamato
tutti all'ordine e poi è sparita dalla stanza con Irina.
Penso che Tania non la
rivedrà mai più.», disse con voce
tagliente.
«Però ti giuro, Bella, che Jane la
pagherà cara, fosse l'ultima cosa che
faccio».
«No, Edward, ti prego!Non ti sembra che abbiamo sfidato il
destino già
troppe volte?», mormorai con voce rotta.
Edward si avvicinò pericolosamente. Io mi irrigidii, scossa
da un tremito.
«In effetti hai ragione. Come sempre».
Quando compresi le sue intenzioni gli posai l'indice che prima aveva
accarezzato la sua guancia sulla bocca.
«Ti supplico, non farlo», supplicai tra i
singhiozzi. «Sarà già abbastanza
difficile sopportare la tua lontananza anche senza questo bacio. Mi
reputo già
abbastanza fortunata per averti rivisto un'ultima volta».
Edward mi guardò con occhi sgranati.
«Bella...Cosa stai dicendo?», una piccola macchia
di dolore sporcò la sua
voce di velluto.
«Probabilmente tu non lo sai, ma...La mia anima è
all'Inferno, tormentata
dalla neve fitta e da un freddo inestinguibile. Per qualche strana
ragione,
però, mi è stata data la possibilità
di vedere come sarebbero andate le cose se
Irina non mi avesse morsa». Una piccola lacrima mi
scivolò lungo la guancia.
Edward sorrise sollevato e giocherellò con una ciocca dei
miei capelli.
«E quale peccato capitale avresti commesso per trovarti
lì?».
«Ho voltato le spalle all'umanità e ho infranto le
leggi della natura. Ti
sembra poco?». Edward tornò serio.
«Bella, se davvero ti trovassi all'Inferno probabilmente ti
avrei raggiunta
da un pezzo».
Non concordavo con lui, ma le sue parole mi fecero riflettere. L'avevo
supplicato di non fare nulla di insensato o stupido prima della mia
partenza,
ma, riflettendoci, sarebbe riuscito a mantenere la promessa? La
fedeltà avrebbe
vinto la testardaggine?
Tentennai ed Edward se ne approfittò. Le sue mani di acciaio
si strinsero
attorno ai miei polsi, non permettendomi di muovermi.
«Ti prego», lo pregai ancora sebbene fossi sicura
che non mi avrebbe
ascoltata.
«Se fossi davvero morta, pensi che il tuo cuore batterebbe
ancora in questo
modo?», sussurrò con voce seducente, sentendo che
il cuore mi martellava nel
petto. Il suo profumo, così dolce e reale mi stava dando
alla testa.
Aprii la bocca per rispondere, ma le sue labbra fredde mi impedirono di
parlare, chiudendo le mie con dolcezza.
Non era giusto. Perchè Edward doveva averla sempre vinta?
La volontà di non ricambiare il suo bacio si
sbriciolò al momento stesso
del contatto. Quando fu sicuro che non mi sarei più opposta
lasciò andare i
miei polsi e avvolse le sue braccia di marmo attorno alla mia vita,
stringendomi forte a sé.
Le sue labbra divennero sempre più decise. Edward mi
baciò con tutto il
desiderio che lo divorava, sfogando con la passione il dolore e la
preoccupazione che lo avevano tormentato nei giorni passati.
Dopo un periodo di tempo che mi parve troppo breve si staccò
e io appoggiai
la testa sulla sua spalla.
«E ora», sussurrò al mio orecchio mentre
mi accarezzava i capelli, «se non
ti dispiace ti aiuterò a fare i bagagli. Il tuo abito bianco
ha già aspettato
fin troppo».