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Autore: Sneezewort    20/04/2008    2 recensioni
"Oggi mi sono rinchiusa in casa e mi sono seduta davanti alla finestra."
Tracey Davis e Theodore Nott: l'attrazione, l'amore, la distanza. La solitudine.
[SOSPESA]
Genere: Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Theodore Nott, Tracey Davis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Questa long-fic nasce da qui, che questa poi sia la mia prima long-fic è un'altra storia. Potrei dire di non avere idea di come sono riuscite a convincermi a scrivere qualcosa di così lungo. Ma ho tutta l’intenzione di portarla a termine, giuro.

ATTENZIONE: Questa fanfiction presta fede agli eventi fino al sesto libro, dunque non verrà accennato nulla del settimo libro e, anzi, in parecchi punti sarà discordante da esso. Questo perché, avendo letto il libro solo in inglese non sono in grado di scrivere qualcosa basandomi sui fatti in esso narrati.

La dedico a Marcycas e a Ryta Holmes, le quali mi hanno biecamente traviato sulla strada del TxT.



English Summer Rain
Biografia di coloro che non amano restare soli sotto la pioggia


Always stays the same, nothing ever changes,
English summer rain seems to last for ages.

[English Summer Rain, Placebo]
Oggi mi sono rinchiusa in casa e mi sono seduta davanti alla finestra.
Fuori nevica e piove nello stesso momento, il nevischio si scioglie appena entra in contatto con l’asfalto.
Sopravvive solo ai margini della strada, dove già la neve si è posata nei giorni passati.
Quelli della casa di fronte hanno posizionato un abete accanto alla porta, piccolo, uno di quelli finti, di plastica. Lo hanno agghindato con delle luci colorate, ma molte si sono già rotte.
Mancano dieci minuti alla mezzanotte.
Tra poco la chiesa in fondo alla strada chiamerà i fedeli a raccolta per la messa e io continuerò a guardare la neve e la pioggia che cadono.
Tra poco il telefono squillerà a vuoto. Naturalmente sarà mamma. Daphne da quando ha scoperto i computer e internet non fa altro che subissarmi di e-mail. Il telefono dice che non le piace. Ma non le ho chiesto il perché.

È il terzo Natale senza di lui.


Dal diario di Tracey Davis, 24 Dicembre 2002


Prologo
Ovvero: Come Daphne Greengrass si consacra a Regina del Mi-faccio-i-fatti-altrui.


“Allora?”
Tracey sollevò il viso dal tema d’Incantesimi, così da incrociare la dentatura smagliante di Daphne Greengrass.
Come al solito, rimase abbagliata per un prolungato istante. Scosse piano il capo, come per riprendersi da una lunga trance. I capelli corti oscillarono seguendo il movimento, per poi tornare nella medesima posizione di poco prima, lisci e imperfetti. Li aveva tagliati a caschetto, nella speranza di riuscire a tenerli un po’ più ordinati, ma si era dovuta ricredere in fretta. C’era sempre una ciocca scura che sfuggiva all’ordine che veniva loro imposto. Nessun incantesimo lisciante, nessuna pozione aveva sortito un qualche effetto positivo. Del resto, lei non era neanche un granché, come strega.
“Quando ti decidi a tornare al tuo colore naturale, Daph?” Chiese, ignorando le labbra della compagna che ripetevano ancora una volta “Allora?” per cercare di riprendere il discorso della frase lasciata a metà.
“Non vedo il motivo di farlo.” Mormorò Daphne chiaramente divertita, inclinando la testa, come ogni volta che il suo sorriso in tralice le spuntava sulle labbra.
Tracey provò un forte senso di repulsione e allo stesso tempo di attrazione, per quel sorriso. L’immagine della piuma che si conficcava al centro di quelle labbra la colpì, allettante, per un istante e poi la abbandonò in fretta, insieme al contrasto di emozioni, sostituito dall’irritazione.
Picchiettò la punta della piuma sulla pergamena, mentre la stretta dell’indice e del pollice sullo stelo sottile aumentava impercettibilmente. Una piccola goccia di inchiostro si espanse sul foglio, replicando le macchie nere sulle dita pallide della ragazza. Ma non prestò molta attenzione a quel danno di proporzioni minime.
“Sei peggio di un pugno in un occhio per chiunque ti guardi.” Borbottò senza preoccuparsi di celare al meglio il fastidio.
In realtà non era il colore dei suoi capelli a irritarla tanto, per quanto, alla vista, la carnagione cannella contrastava troppo con i capelli biondi, tanto chiari che era palese che fossero tinti. Quel contrasto però, non sminuiva la figura piacevole della ragazza ma, anzi, le donava un tocco esotico più di quanto i suoi tratti e il suo forte accento latino riuscivano a fare. Ogni sguardo che si posava su Daphne scivolava in fretta dallo sdegno all’ammirazione.
Era la risata latente di cui era intrisa la sua voce, a farla impazzire tanto. Una risata che non scoppiava mai, neanche per sbaglio. Semplicemente, restava lì, nella voce.
“Oh, miss Davis ha forse gli occhi delicati?” Replicò, ignara della seconda immagine che fulminava la mente della compagna. La voglia di piantare la piuma nelle sue labbra morbide e scure aumentava a vista d’occhio, in Tracey.
“Fottiti, Greengrass.” Sibilò aspra, distogliendo lo sguardo per puntarlo altrove e senza prestare vera attenzione, a quell’altrove.
“Suvvia, mia cara,” La risata sembrò quasi aumentare nella voce di Daphne, beffarda e sgradevole. “Non è un buon modo di esprimersi, tra confidenti.”
“Oh, giusto,” Concordò, caustica, Tracey, mentre il suo sguardo incrociava nuovamente il sorriso della compagna. “Perché, gentilmente, non apri le tue graziosissime gambe al primo pezzente che capita e mi lasci al mio tema?”
“Perché ti ho fatto una domanda, sulla quale hai ampiamente glissato per dieci minuti.” Rispose Daphne, picchiettando un paio di volte le dita sul velluto smeraldino della poltrona. “Sai quanto odio quando il mio interlocutore non risponde in fretta alle mie domande.” Concluse con la parodia piuttosto teatrale di un broncio infantile, accavallando le gambe e sistemandosi meglio nella poltrona.
Tracey inarcò un sopraciglio, ben consapevole che, se non avesse risposto alla domanda, il suo tema sarebbe rimasto inconcluso e un forte mal di testa avrebbe accompagnato il suo sonno. Daphne aveva la straordinaria capacità di irritarla e di catturare la sua attenzione esclusivamente su di sé, oltre a strapparle qualsiasi cosa volesse. Non aveva mai nascosto di usarla per i propri scopi, per quanto futili fossero, più di una volta e a Tracey andava bene così. Ma a Tracey andava sempre bene tutto e non si lamentava mai.
“Mi chiedo cosa ci trovi di divertente nel cronometrare gli altri.” Mormorò pensierosa, quasi a sé stessa.
Daphne sbuffò, lievemente annoiata dalla piega che aveva preso il discorso, senza dubbio, non la piega che aveva preventivato in partenza. Ma con Tracey era sempre così, bastava avere pazienza. “Ecco, l’hai fatto di nuovo.”
“Cosa?”
“Glissi, Davis, glissi.” Modulò la voce, controllò il sorriso, tanto che Tracey rimase spiazzata per un attimo dalla dolcezza con cui era impostata la frase. Un sussurro dolce di un serpente che si era stancato di girare attorno alla preda. Il senso di repulsione tornò a far capolino sul fondo dello stomaco.
“Ok,” Mormorò abbandonando la piuma sul tavolo. “Quale sarebbe questa domanda?”
Daphne sorrise, in tralice. I denti fecero capolino tra le labbra e il capo si piegò di nuovo, lasciando scivolare qualche ciocca bionda sulla spalla.
Poi sparò il colpo, a bruciapelo, certa che l’amica l’avrebbe incassato.
“Tu e Nott. Due sere fa.”

  
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