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Autore: GeroSV    05/11/2013    1 recensioni
Hanamichi è costretto, per ragioni economiche, a trasferirsi da una sua zia.
È triste e abbattuto, non vorrebbe lasciare la squadra. L'unico a capire il suo problema è stranamente Rukawa e questo segna l'inizio di una convivenza bizzarra, segnata da note dolci e qualche piccola stonatura.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Era buio ma le luci della città illuminavano ancora tutto il panorama, Hanamichi scrutava fuori dal finestrino, felice come un bimbo quando si trova a contemplare qualcosa di estremamente interessante. La zia aveva accettato di buon grado l’idea di non doverlo mantenere e, vista la sua pessima fama e il suo orrido caratteraccio, soprattutto di non doverlo ospitare in casa propria. Per cominciare, Sakuragi avrebbe ricevuto un assegno al mese in grado di coprire alcune delle spese principali, avrebbe dovuto provvedere a trovarsi un lavoro part-time per pagare tutto il resto, ma per lui non esistevano problemi. Quello che gli stava a cuore più di tutto era di giocare a basket nello Shohoku, il resto non avrebbe mai potuto crucciarlo.
Mancava poco tempo all’arrivo in stazione, aveva avvisato Rukawa prima di partire e ormai si sentiva quasi a casa.
Per la prima volta da quando lo conosceva, era felice e impaziente di rivedere quel viso furbo e volpino, quegli occhi blu, profondi come gli abissi del mare e sempre traboccanti di forza e determinazione. Tormentava i capelli che avevano ricominciato a crescere alla ricerca del motivo per cui Rukawa avesse deciso di invitarlo a casa sua e non riusciva a venirne a capo.
La sua attenzione cadde sul vetro del finestrino e si fermò. I palazzi luminosi che scorrevano veloci davanti ai suoi occhi non esistevano più. Nel cielo sembrava esserci disegnato un ragazzo e, alle sue spalle, la carrozza di un treno. Era giovane, ma ad una prima occhiata sarebbe potuto apparire un uomo. Alto, grande ed imponente, con lo sguardo d’ambra fisso sul proprio riflesso. La forza che emanava, il suo coraggio e le fiamme che lo circondavano, si rivelarono essere delle maschere in grado di coprire e mutare quello che lui era veramente.
Hanamichi era fragile, insicuro. Aveva bisogno di essere spronato verso la vittoria e, quando qualcuno riusciva a premere quel bottone, lui si scatenava come un vulcano in piena attività. Rimase intento a fissarsi nel riflesso, scrutando ogni suo piccolo ed insignificante dettaglio, fino a quando il treno frenò e lui poté scendere.
Rukawa lo stava aspettando, seduto su una panchina di legno tutta decorata. Aspettava che il treno arrivasse, alzò lo sguardo e riconobbe una chioma rossa tra la folla di persone che scendevano.

«Hanamichi!» gridò Kaede sperando che l’altro potesse accorgersi di lui.
Fu costretto a ripetersi agitando più e più volte il braccio destro, fino a quando Hanamichi non lo vide e gli corse in contro.
«Com’è andata?»
«Per la zia va benissimo, è stata davvero molto felice perché è un modo per riscattarmi e di diventare un ragazzo serio…abbandonando le mie vecchie abitudini da teppista… e bla, bla, bla…ma questo non succederà mai AHAHAHAHH povera illusa!»
«Povera tua zia…a vedere cosa si stava per portare in casa…direi che si deve sentire in debito con me! Dai, passami quel borsone e cominciamo a camminare…»
«Che te ne devi fare del mio borsone?»
«Visto che te lo porti sulla spalla da tutto il giorno, volevo aiutarti»
«Ecco bravo, fammi da schiavetta… molto gentile da parte tua!»
«Eh no, ora ti arrangi! Portatelo da solo!»

Rukawa iniziò a camminare e Hanamichi lo seguì affrettando il passo per poterlo affiancare. A giudicare da come camminava, Sakuragi doveva essere davvero molto stanco. Kaede lo guardò per qualche minuto e quasi si sentì in colpa per non aver chiamato un taxi, Hanamichi si stava addormentando cullato dall’andatura dei suoi passi. Il borsone stava per toccare il pavimento e Rukawa afferrò uno dei due manici strappandolo dalla mano di Hanamichi. In questo modo lo avrebbe trascinato sano e salvo fino a casa e, soprattutto, non avrebbe sentito soffrire la borsa che grattava sull’asfalto.
Arrivarono a casa, una bellissima ed accogliente casetta in stile orientale ma non del tutto.
L’entrata era classica, con il pavimento piastrellato e la scarpiera con le ciabattine, il parquet splendeva come se fosse stato appena pulito e Hanamichi si risvegliò sentendo provenire dalla cucina il profumo del ramen bollente, si tolse le scarpe e aspettò che l’altro gli dicesse dove andare.

«Questa, da ora fino a quando si vedrà, sarà anche casa tua. Ovviamente ci sono delle regole che dovrai rispettare ma le ho semplificate al massimo…in modo che anche una stupida scimmia come te possa essere in grado di seguirle. Per prima cosa evita di marcare il territorio orinando agli angoli delle stanze; secondo lascia sempre tutto in ordine e pulisci quello che sporchi; terzo, a turni riordineremo la casa. Se non rispetterai queste regole ti ucciderò…anzi…non vorrei mai rovinare il pavimento, quindi cambierò la serratura della porta e andrai a vivere da tua zia.»
«Mhm...molto carino da parte tua... Comunque…Ru-Rukawa…ecco…»
«Che c’è ancora?»
«Grazie…»
«Due “Grazie” nella stessa giornata, sei sicuro di non aver battuto il capoccione da qualche parte?»
«Sto benissimo, ma se preferisci, smetterò di ringraziarti…»
Lo guardò divertito, accennando una linguaccia. Si sentiva pervadere da un calore nuovo, una sensazione che non conosceva.
«Piantala e mangiamo, che sto morendo di fame…»
I muri ricominciavano a profumare di quel caldo e dolce aroma di compagnia, allontanando il fetido odore della solitudine. Aveva cucinato per due dopo tantissimo tempo ed era felice di poter sentire più forte il profumo del cibo, in quanto le dosi erano raddoppiate.
«Spero ti piaccia, è da tanto che non lo cucino…Di solito non mi metto mai ai fornelli, se è solo per me, mi scoccio subito»
«Ti capisco, anche io non cucino mai… Credo che sia buono, insomma…io non ci capisco niente di cibo buono, ma a me piace! Quindi ti occuperai della cena, visto che io non so cucinare.»
«Va bene, e tu dovrai lavare i piatti e riordinare. Pulisciti la guancia, ti è rimasta una verdurina attaccata. Sei…ridicolo.»
Non riusciva a trattenere le risate e si coprì la bocca usando la mano con ancora in mano le bacchette, mentre Hanamichi continuava a leccarsi la faccia alla ricerca della carotina sperduta. Davanti a quella visione, persino il freddissimo Rukawa si era sciolto in una risata soffocata nel brodo di ramen. Raccolse un tovagliolo dalla tavola, si alzò piegandosi in avanti, raggiunse la guancia di Hanamichi e la pulì.
«Che…che fai?»
«Scusa, eri davvero imbarazzante, non potevo continuare a rischiare di affogarmi nel brodo a causa tua.»
«Contento tu! Parlando di cose serie... ce n’è ancora, vero?»
«Ti è andata bene! Ho esagerato un po’ con le misure e quindi me n’è avanzato un pochino, prendilo pure…»

Finita la cena, Hanamichi pulì il tavolo e lavò tutti i piatti senza lamentarsi un secondo. Ogni tanto girava la testa e guardava Rukawa. Si chiedeva in continuazione che cosa avesse spinto Kaede ad ospitarlo e cercava anche di comprendere il significato di tutta quella gentilezza improvvisa.
«Hanamichi, volevo chiederti una cosa, vieni qui.»
Riecheggiò la voce di Rukawa dal divano e Hanamichi si avvicinò abbastanza lentamente, si sedette vicino a lui e attese la domanda.
«Come stai?»
«B-bene, perché?»
«Ho come l’impressione che tu non sia affatto felice ultimamente…e questo da prima che tua zia ti dicesse di trasferirti da lei.»
«Te lo giuro, stento a credere che tutto questo stia accadendo sul serio…comunque hai ragione, sono abbastanza triste, ma non è colpa di nessuno, tanto meno tua. Diciamo che non mi sento molto soddisfatto da come vanno le cose ultimamente, ma questa tua improvvisa gentilezza mi ha sollevato il morale davvero molto. A proposito, è tutto il giorno che penso a come chiederti che cosa significhi tutta questa apprensione… va tutto bene?»
«Semplicemente mi sono accorto della tua situazione e, appena ho capito di poter fare qualcosa, mi sono offerto di dividere casa mia con te. Non c’è un vero e proprio motivo, non so nemmeno io che cosa mi abbia spinto fino a tanto…»
«Sarà che hai riconosciuto un vero genio come me, e non volevi fartelo scappare…così mi hai invitato a casa tua per imparare dal vero maestro!»
«Sì…probabilmente mi è venuta voglia di imparare a prendere a facciate il quadro del canestro, effettivamente non ci sono mai riuscito!»
«…simpatico… Tu vivi qui da solo? Da quanto tempo?»
«Un paio di anni, i miei lavorano all’estero e, non essendo mai a casa, hanno aspettato che avessi l’età per vivere da solo e mi hanno lasciato qui per andare a vivere fuori dal Giappone.»
«Quindi anche tu devi sentirti solo, qualche volta… »
«Tutti si sentono soli quando non hanno nessuno con cui stare. Ora però ci sei tu, il tuo essere come un bambino di sei anni riempirà tutto il vuoto di questa casa e né tu, né io ci sentiremo soli.»
In quel momento, Rukawa ammise di avere bisogno di qualcuno. Per la prima volta in tutta la sua vita, riconobbe a se stesso più che agli altri, il suo vero stato d’animo che lo dilaniava. Era solo, così solo da sperare che qualcuno avesse bisogno del suo aiuto, così solo da sperare che Hanamichi accettasse di vivere con lui. Hanamichi, quella scimmia rossa e presuntuosa che lo insultava dal primo giorno di scuola, è preferibile alla solitudine. Entrambi si ritrovarono a pensare che tutto questo fosse impossibile.
 
Sakuragi ascoltò con molta attenzione, fissando le labbra dell’altro schiudersi ad ogni parola. Sentiva la sofferenza che cercava di soffocare e capì che non c’era nessun secondo fine nei piani di Kaede. Non avrebbe mai pensato di potersi fidare di lui, la sua peggiore nemesi, il suo rivale in amore e nello sport, ma l’ascia di guerra era stata sapientemente sepolta nell’interesse di entrambi, sapeva di non correre pericoli.
«A nessuno piace stare solo.» Sperava che l’altro avesse ascoltato anche le parole non dette, quelle in cui confessava che, per quanto strano potesse sembrargli, era in qualche modo felice di essere lì con lui. Si sedette meglio sul divano, cercando di non rimanere fisso su Rukawa, buttando lo sguardo sul resto della stanza, per poi concentrarsi sul dorso delle proprie mani strette l’una all’altra « Ci tengo a dirti che quello che mi hai detto negli spogliatoi vale davvero molto per me, e che anche io sarò sempre disponibile allo stesso modo. Non capita tutti i giorni che qualcuno mi dica tutte quelle belle parole e mai avrei pensato che potessi essere tu il primo. Ora scusami, ma mi si chiudono gli occhi, sono proprio stanco… Potresti farmi vedere dove dormirò?»
Kaede lo guardò stranito e coinvolto, quella persona aveva scatenato in lui una curiosità quasi famelica. Ripensò al mese appena trascorso, cercando di ripercorrere i fatti che lo avevano condotto fino a tutto questo. Improvvisamente l’odio verso Sakuragi aveva iniziato a scemare sempre di più, fino a scomparire. Non sarebbe stato in grado di scegliere un giorno o un momento preciso, ma era sicuro che, quelle notti insonni passate a riflettere sulla sua vita, gli avessero aperto gli occhi piano, piano. Aveva capito di non avere nessuno su cui contare, di essere così solo da sperare in una carriera sportiva in America, ma i consigli del coach lo spronavano a rimanere, a collaborare con gli altri ed effettivamente lo stava ascoltando.
Iniziava a detestare il suo egoismo e riconosceva in Hanamichi la possibilità di riscattarsi e migliorare. Era un obiettivo che si era posto senza quasi farci caso, lentamente, come se qualcosa sopra di lui avesse agito indisturbato manovrando il corso della sua vita.


«Quanta educazione, Hanamichi, da te non me lo sarei mai aspettato! Ti lascio la mia stanza. Io dormirò in quella dei miei. Sul letto ti ho messo un paio di pantaloni e una maglietta, spero ti vadano bene per dormici questa notte. Se vuoi farti una doccia, il bagno è tra le due stanze, ti ho già messo un telo e due asciugamani sulla tua parte del calorifero verticale. Io preparo del thè caldo, ne vuoi?»
«Grazie! Allora mi faccio una doccia veloce e torno!»
Si alzò raccogliendo e dosando la poca energia che gli era rimasta in corpo, andò a recuperare il pigiama improvvisato e si fiondò in bagno.
L’acqua faceva scivolare via il suo torpore. Domani sarebbero andati a recuperare quello che mancava, domani sarebbe cominciata una specie di nuova avventura.
Sebbene amasse stare sotto la doccia per ore interminabili, quella sera accorciò di gran lunga i tempi, si avvolse un asciugamano in vita, strofinò l’altro sui capelli rosso fuoco e con il telo si fece un grande mantello bianco.
I vestiti di Kaede sembravano andargli bene, effettivamente non erano di costituzione molto diversa, solo la maglietta era un po’ stretta perché Hanamichi aveva le spalle più grandi. Decise di toglierla e di raggiungere l’altro.
 
«Sei sicuro che non ti prenderai un malanno?»
«Dai, sembri mia nonna! Non ho freddo… e poi sei troppo magrolino perché le tue maglie possano andarmi bene. Il mio fisico da Adone ha bisogno di taglie da duro, un vero macho.»
«Non serve ricamare così tanto per dire che usi magliette oversize, grassona.»
«Ha parlato la zitellaccia senza muscoli, ahaha!»
Ridendo, Hanamichi gli fece una simpatica linguaccia. Nulla a che vedere con le orride smorfie che si lanciavano da un canestro all’altro fino a poche ore prima. Ancora non potevano credere di essere finiti in questa strana situazione, entrambi si sforzavano per non litigare, evitavano argomenti scomodi e cercavano di stuzzicarsi con battute sottili. L’atteggiamento in sé non era pesante, anzi sembrava quasi liberatorio per Hanamichi, poter parlare seriamente con qualcuno senza che questi puntasse a sminuirlo.
 
Finito il tè andarono entrambi a dormire. Hanamichi si sentiva molto provato dalla giornata appena trascorsa, tuffò il viso nel morbido cuscino, arrotolandosi nelle coperte. Sentiva le palpebre farsi pesanti, eppure rimaneva cosciente e non riusciva ad addormentarsi. Gli mancava qualcosa, si rigirava in continuazione ma niente. Si alzò, la stanchezza causò un capogiro febbricitante e si fece condurre dal suo stesso sonno davanti alla stanza di Rukawa. Pensò che sentire il suo lieve russare avrebbe potuto conciliargli il sonno, entrò in punta di piedi e lo vide: dormiva angelicamente e già si sentiva più vicino al suo obiettivo. Si sedette sul pavimento proprio sotto alla parte del letto dove dormiva Kaede e si accucciò iniziando a sonnecchiare.
Due respiri quasi in coro riempivano la stanza, ma quello di Hanamichi diveniva sempre più forte, fino a sovrastare l’altro e trasformarsi in un tenero ma decisamente sgraziato grugnito.
Kaede si svegliò quasi di scatto, cercando l’origine di quei versi sempre più inumani. Si mise a sedere e con i piedi toccò qualcosa, spaventandosi a morte si lanciò contro l’interruttore della luce. La causa di quel terribile risveglio era Hanamichi, che fu ripagato con un sano calcio sul sedere.

«Ma che cavolo fai?! Mi hai fatto prendere un colpo, brutto scemo!»
«Ahia! Non riuscivo a dormire, così..»
«Così hai pensato di privare anche me del sonno. Gentile da parte tua.»
«Ma non è vero, ero lì fermo. Non facevo nulla di male.»
«Certo, russare peggio di un cacciabombardiere rientra nel “nulla di male”. » Tornò a sedersi e fece segno all’altro di sedersi al suo fianco. «Sono troppo stanco per arrabbiarmi, ma ti assicuro che se ci saranno repliche, ti ammazzerò.»
«Dai, non credevo di russare così tanto!»
«Forse avevi freddo e dormivi male… A proposito, che ci facevi sul pavimento?»
«Non riuscivo ad addormentarmi, ho pensato che sentirti ronfare mi avrebbe aiutato… Va beh dai, torno a letto…»
«Aspetta…vuoi provare a dormire qui? E non farti idee strane, mi fai schifo sia chiaro. Però domani dovrai esserti riposato a dovere, non ho intenzione di faticare anche per te.»
«Ma no, ma che idee ed idee… mi fai schifo pure te, tranquillo! Però proviamo, voglio davvero dormire questa notte!»
Si alzò e fece il giro del letto, si distese bofonchiando una “Buona Notte” nel cuscino. Kaede aspettò che l’altro si fosse addormentato per voltarsi dalla sua parte. Il viso di Hanamichi era rilassato, sembrava infondere una certa tranquillità. Le mani stringevano le coperte come avrebbe fatto un bambino. Rimase a guardarlo sorridendo, focalizzando la sua attenzione sulle labbra schiuse dell’altro: erano morbide e lucide, lasciavano passare giusto un filo d’aria.
Un certo calore iniziò ad infiammargli il viso, tingendo di rosso la sua pelle chiarissima. Tutto sembrava divenirgli più chiaro: “E se mi stessi innamorando di lui?”. Il pensiero lo sfiorò quasi per gioco, scosse la testa e si voltò dall’altra parte.

▬ L'angolo di Gero
Vi ringrazio per aver letto anche questo capitolo! Benché il tempo non sia dalla mia parte, mi sto affezionando molto a questa storia e cercherò di portarla avanti ancora un po'! Questa parte, a differenza della prima, mi ha richiesto davvero tanto tempo e temo che sarà sempre peggio, soprattutto ora che frequento l'ultimo anno di scuola.
A questo proposito vi chiedo di portare pazienza e, se la storia vi piace, di continuare a leggere con interesse e occhio critico!
Inutile dire quanto sia stato bello e costruttivo ricevere le mie prime recensioni, mi sento sempre più motivata a migliorare e spero che si vedano dei risultati! Sentitevi liberi di darmi molti, moltissimi consigli per migliorare il mio modo di scrivere ancora grezzo. Grazie mille, grazie davvero~
 
  
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