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Autore: Felya    06/11/2013    14 recensioni
Durante uno scontro Nami perde conoscenza e viene rapita da un uomo misterioso, che le fa credere di essere un'altra persona, ma mentre i Mugiwara la cercano disperatamente, i ricordi si faranno mano a mano strada nella sua mente. Dopotutto, non si possono dimenticare certi profumi.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Monkey D. Rufy, Nami, Un po' tutti | Coppie: Rufy/Nami
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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D’istinto mi copro il viso con le mani, ma questo non impedisce al mio udito, affinato dalla tensione, di percepire l’orribile rumore della pistola che esplode il colpo, del proiettile che lacera la pelle e di un corpo che colpisce la parete, mandando in frantumi l’intonaco e facendo cadere d’un colpo tutti i quadri del corridoio.
 
Un secondo. Un corpo che colpisce la parete? Non era il mio Capitano quello con le spalle al muro: era Noko!

Trovo il coraggio di voltarmi nel momento stesso in cui un infuriatissimo Rufy si rivolge al suo avversario, coperto di polvere e ancora intontito dall’urto; un brivido mi corre lungo tutta la schiena mentre ascolto la sua voce esclamare con un tono agghiacciante: “Te lo ripeto: pensi di poter fare del male ad un membro della mia ciurma e passarla liscia?”
Mentre la nuvola di polvere causata dall’impatto si dissolve la risata di Noko echeggia lungo tutto il corridoio.
Mi chiedo cosa ci trovi di divertente in tutta questa situazione; lui, pieno di lividi, appoggiato alla parete su cui è stato appena gettato dall’avversario e ricoperto di polvere rossa e bianca.
Sposto lo sguardo istintivamente su Rufy, nel tentativo di capire se anche lui trovi la faccenda divertente: a volte, nel bel mezzo di uno scontro, è capitato che due avversari si mettessero a ridere in segno di apprezzamento per le abilità del proprio rivale… La rotta Maggiore è popolata di strani individui, in fondo.
Ma il mio Capitano non sta affatto ridendo. Ansimante, stringe il braccio sinistro all’altezza della spalla, dove il kimono dai delicati disegni rossi e oro è stato strappato di netto e da dove un rivolo di sangue fuoriesce colando sulla manica.
Rufy è stato abbastanza veloce da far sì che il proiettile non lo colpisse alla testa, ma non è riuscito ad evitare che si conficcasse nella spalla.
“Tra pochi minuti l’effetto dell’Agalmatolite si sarà diffuso in tutto il corpo” dice Noko col sorriso sulle labbra, rialzandosi: “Ti conviene giocare le tue ultime carte ora… Pirata.”

Non riesco a trattenermi; prima che me ne renda conto le mie labbra si muovono e la mia voce chiama il suo nome: lo urlo, con un tono tremante che racchiude mille domande. E lui si immobilizza.
Poi, lentamente, toglie la mano dallo strappo sul kimono, allarga le gambe strisciandole sul pavimento coperto di polvere e, per la prima volta, si rivolge direttamente a me, incatenando i suoi occhi scuri coi miei: “Se c’è una cosa che ho imparato in questi anni di navigazione è che una battaglia è perduta solamente nel momento in cui è perduta: mai un minuto prima. Fidati di me, Nami.”
Lo osservo immobile e senza parole mentre si rigira verso il suo avversario sussurrando “Gear Second”; un attimo carico di tensione e poi l’aria si riempie nuovamente del caos dello scontro.
 


È l’urlo di Sanji a riportarmi alla realtà: il misterioso compagno di Noko ha spiccato un balzo, scagliandosi verso di me.
Il colpo viene parato dalla lama di Brook e io mi ritrovo a correre lungo l’ala nord, verso le scale di servizio che solo una manciata di ore prima mi hanno condotto fuori dalla villa.
Le scendo di corsa, nel buio più totale, il rumore dei miei passi sugli scalini di legno che si confonde col battito incalzante del mio cuore. La porta che da sul parco è chiusa a chiave, ma la sua gemella dall’altra parte del minuscolo ingresso mi conduce direttamente al corridoio del piano terra; svolto a sinistra e mi infilo nella prima stanza che trovo.
Davanti a me si apre un enorme salone, con ampi e pesanti tendaggi ad incorniciare le altissime finestre e mobilio in legno lungo tutte le pareti.
Sfiancata, mi trascino fino al divanetto più vicino e mi lascio cadere sul morbido cuscino in seta, col cuore ancora in subbuglio e la testa dolente.
L’effetto della medicina comincia a svanire e le mie palpebre sembrano più pesanti ad ogni minuto che passa; sto per cedere quando una voce che chiama il mio nome mi riporta alla realtà.
“Nami! Stai bene?” chiede Noah, accovacciata davanti a me con le mani poggiate sulle mie ginocchia e lo sguardo preoccupato.
“Noah! Laviah! Io… Mi sento così stanca. Oh, ma sono felice che stiate bene. Dovete… Venire via con noi. Tutte e due.” Riesco a rispondere stancamente.
“Abbiamo trovato l’antidoto, Nami. Starai meglio presto. Laviah ha scoperto chi è stato a somministrartelo.”
Sposto lo sguardo, di nuovo vigile, sulla sorella maggiore, la quale tiene in mano un fazzoletto bianco contenente qualcosa. Mentre lo dischiude delicatamente un guizzo di colore cattura la mia attenzione: “Era ricoperto con un veleno inodore. Grazie al cielo non l’hai mangiato.” mi dice, mentre mi ritrovo ad osservare scioccata lo stesso mandarino grazie al quale ho ricordato Bellemere, Nojiko e tutti gli altri.
Bevo tutto d’un fiato il contenuto della fialetta che Noah mi porge, un liquido blu dalla consistenza viscosa e dal sapore pessimo, e non riesco a trattenere una smorfia di disgusto mentre sento il composto scendere giù per la gola.
“Perdonami: non c’era tempo per renderlo più appetibile.” si scusa la ragazza, regalandomi un lieve sorriso che non posso fare a meno di ricambiare.
Esattamente come accadeva con Bibi, Noah riesce a trasmettermi calma e positività. Ed esattamente come lei, possiede una forza ed una determinazione fuori dal comune.
“È stata la cameriera bionda, vero?” chiedo, nuovamente seria.
Laviah si volta verso di me ed annuisce, tenendo lo sguardo sulla fialetta vuota nelle mie mani: “Come la sai?” chiede.
“La Rotta Maggiore è un percorso pericoloso, e spesso ti costringe a dover decidere se fidarti o meno di qualcuno nel momento stesso in cui il tuo sguardo si posa su quella persona: o impari presto a fare assegnamento sul tuo sesto senso o sei finito.” Rispondo, alzandomi dal divanetto e raggiungendo la sorella taciturna al centro della sala.
“A volte, però, la prima impressione ci inganna.” Proseguo, porgendole la mano destra con un sorriso: “Scusami se non mi sono subito fidata di te. E grazie per avermi salvata, stanotte.”
La vedo gettare uno sguardo stupito alle mie spalle, in direzione della sorella, prima di stringermi la mano e ricambiare il sorriso.
“Che facciamo, ora, Nami?” chiede Noah dopo qualche istante.
“I miei compagni si stanno prendendo cura di Noko e dei suoi amici; appena li avranno sconfitti verrete con noi alla nave e vi porteremo sane e salve fino all’isola dove sta vostra madre. Noah, ci serve l’antidoto per i proiettili all’Agalmatolite: credo che il mio Capitano sia stato colpito.”
“Ce l’ho” dice, improvvisamente seria, scattando in piedi come un soldatino e tenendo una borsa di pelle bene in vista davanti a lei, prima di proseguire: “Dici… che il tuo amico potrà aiutarmi a prepararlo? Servono quattro mani esperte in certi passaggi.”
“Certo! Ma appena Zoro avrà acciuffato il medico, avrai ben due aiutanti tutti per te!”
“Sishinobi? L’ho visto correre in direzione del paese più di dieci minuti fa seguito da un tale in kimono, ma nessuno dei due è ancora tornato.” Interviene Laviah scostando una tenda e scrutando fuori dalla finestra.
Oh, cielo.
 L’immagine di Zoro perso in quel dedalo di stradine si dipinge chiara e nitida nella mia mente; spero di aver avuto ragione a pensare che persino lui avrebbe faticato a perdersi tra quelle quattro case. Ma non c’è tempo per pensare a questo ora: Robin è nel giardino interno e ha sicuramente bisogno di aiuto.
“Laviah, c’è un’uscita sul retro? Credo che la mia compagna sia caduta lì dal primo piano.”
“Sì, da quella parte” dice, indicandomi una porta finemente intarsiata in fondo alla sala.
Con un tempismo raggelante, non appena compiamo il primo passo verso l’uscita, il battente in legno scuro si apre verso l’interno e sulla soglia compare la figura snella della cameriera bionda: “Non un altro passo.” Scandisce con voce tremante e cristallina.
Nelle mani, una pistola.
 

Ciao a tutti!
Per prima cosa, come vorrebbe la mia cara ex insegnante di Giapponese: Moshiwake arimasen, scusatemi tantissimo! La lunghissima attesa a cui vi ho sottoposti è stata causata da alcuni problemi personali che non mi hanno consentito di proseguire la stesura dei capitoli e nemmeno l'accesso al sito per rispondere alle vostre gentili recensioni in tempo ragionevole. 
Nonostante ciò, spero davvero che vogliate continuare a leggere il mio lavoro e ad aiutarmi a migliorarlo come avete fatto fin'ora: il vostro suppporto è davvero prezioso!
Detto questo, beh, ringrazio tutti coloro i quali hanno recensito lo scorso capitolo (davvero tantissimi!) e coloro i quali mi hanno supportata attraverso messaggi privati: davvero un grazie col cuore!

A presto! (questa volta per davvero!)

Felya
  
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