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Autore: applestark    06/11/2013    2 recensioni
Sandy ha 18 anni ed un passato difficile alle spalle. Si è trasferita a Baltimora da poco ed è intenzionata a trovare suo padre, il quale è sparito dalla sua vita senza dirle il motivo.
Jack Barakat è il chitarrista degli All time low, ed è intenzionato a togliersi di dosso l'immagine dell"idiota".
Il loro incontro cambierà un bel pò di cose. Capiranno entrambi che la perfezione non esiste, ed è inutile continuare ad inseguirla.
"Now all I do is sit and count the miles from you to me. Oh, calamity!"
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alex Gaskarth, Jack Barakat, Nuovo personaggio, Rian Dawson, Zack Merrick
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo XIV
 
Sandy
 
Fare colazione da soli è la cosa più triste del mondo. Il telegiornale racconta le solite tragiche notizie, le solite spaccature politiche ed economiche e tu porti svogliatamente alla bocca i tuoi cereali, senza nessuno che ti chiede:
“Allora, cosa farai oggi?”.
Era mercoledì, e il mercoledì  è un giorno brutto, almeno per me è sempre stato così.
Di solito il mercoledì succedono cose strane, ed io vivevo come in agguato di un possibile attacco.
Mi ero svegliata alle otto in punto, e stavo seduta su una sedia nei pressi del mio letto, con i gomiti appoggiati alla piccola tavola pieghevole.
Mio padre mi aveva proposto di andare a vivere con lui, ma io gli avevo risposto con un “forse”. Ero cresciuta con quella brutta concezione del separamento dei genitori, capace di farti sentire “vigliacca” se passi un po’ più di tempo con uno dei due.
Quindi io, per non ferire mia madre, avevo deciso di rimanere nel mio mini appartamento ammuffito.
Un po’ nervosa spensi la televisione e gettai sul divano il telecomando, poi andai verso i fornelli e presi il caffè, lo versai in una tazza e me lo portai a tavola.
Erano tre giorni che non vedevo Jack, e il nostro rapporto non aveva trovato un “nome”. Io optavo per “amici che si baciano”, ma non ero certa che lui sarebbe stato d’accordo.
Ad ogni modo era sempre impegnato con le prove, ed io avevo esplicitamente chiesto a mio padre di tenerlo d’occhio. Non mi andava che facesse lo stupido con quelle sgualdrine della band del mio babbo, non mi andava per niente!
Improvvisamente  bussarono alla porta ed io sobbalzai, chiedendomi di chi potesse trattarsi alle nove del mattino.
Mi specchiai un attimo nella maniglia della porta, o cavolo, avevo i capelli legati in una coda disordinata e il mio pigiama con gli unicorni rosa!
Speravo fermamente che  fosse solo qualche bambino che mi aveva fatto uno scherzo, anche se era piuttosto improbabile dato che i miei vicini di casa erano solo i nonni di Alex.
-Chi è?- chiesi, cercando in tutti i modi di sistemarmi tutti i ciuffi di capelli in disordine.
-Sono Jack, apri e non farti troppi problemi-
“Cavolo!” pensai, e rimasi qualche attimo con la mano sulla maniglia senza aprire ne dire niente.
-SANDY!- esclamò scocciato, ed io lo aprii per non peggiorare la situazione.
-Ciao Jackie, cosa ti porta qui?- dissi evidentemente imbarazzata.
Lui entrò nella mia “casa” e chiuse la porta alle sue spalle, agitandomi davanti al viso il sacchetto di Starbucks, nel quale si nascondeva chissà quale bontà.
-Oh Dio, ma sei gentilissimo!-
Annuì con un sorriso, poi mi squadrò dalla testa ai piedi ed io arrossii.
-Bel pigiama-
Mi coprii immediatamente il viso con le mani, e desiderai con tutto il cuore di sparire.
Jack ovviamente comprese il tutto e mi strinse tra le sue braccia.
-Guarda che adoro gli unicorni! –
Rise, ed io feci lo stesso. Un giorno quel ragazzo mi avrebbe fatta sciogliere con le sue paroline sempre tenere e carine nei miei confronti.
-Io adoro te, invece-
-Bene, però direi di rimandare a dopo le smancerie perché ora ho fame!- esclamò con l’espressione sul viso tipica dei bambini, capace di farmi sclerare per quanta dolcezza i suoi occhi mi suggerivano.
Gli feci cenno di sedersi accanto a me e poi estrassi da quel sacchetto i due muffin al cioccolato.
-Potrei abituarmici- sospirai, guardandolo di sottecchi.
-Io potrei abituarmi a questo invece…- disse in risposta, poi si sporse verso di me e mi lasciò un bacio sulla fronte.
-Vorrei sapere tutto questo romanticismo dove lo trovi-
Addentai il mio muffin e lui mi strizzò l’occhio in tutta risposta. Da ciò che avevo letto su internet, e da ciò che avevo visto su Twitter o Instagram, Jack sembrava proprio quel tipo di ragazzo spericolato da quale è meglio stare alla larga. Invece con me era spontaneo, simpatico, dolce.
Mentre io ero al secondo boccone lui aveva già mangiato il dolcetto e stava bevendo il mio caffè così gli diedi una scherzosa gomitata.
-Che c’è?- mi guardò con i suoi occhi grandi e color cioccolato ed io sorrisi.
-Mi piace passare del tempo con te-
-Anche a me piccola, però dovresti muoverti a mangiare quel muffin perché sono qui per una ragione precisa-
Deglutii e spalancai gli occhi. –Dimmi tutto-
Mi prese la mano e la strinse forte. –Ho parlato con tuo padre ieri, e lui mi ha incaricato di fare una cosa…-
-JACK MA COSA… COSA… ORA TI METTI DALLA PARTE DI MIO PADRE?-
Scattai come una molla, all’improvviso, e mi dimenai immediatamente dalla sua stretta.
-Sandy, cazzo, fammi finire di parlare!-
-Ti ascolto… procedi….- sbuffai, passandomi una mano tra i capelli.
-Conosce un tizio che sta cercando disperatamente qualcuno a cui vendere la propria proprietà, si tratta di un locale a scopo commerciale al centro, quindi mi ha chiesto di accompagnarti a vederlo stamattina.-
Focalizzai un attimo il tutto. Bene, mio padre aveva subito messo in atto il vago pensiero che gli avevo detto… ma che cavolo?! Senza dirmi nulla! Senza aspettare che prima tornassi in Irlanda, parlassi con mia madre…
-Jack, io non lo so… tu hai acconsentito? Ah, ecco perché mi hai portato il dolce, perché sei un ruffiano!- ringhiai, assumendo un broncio incancellabile.
Lui sbuffò, sbattendo un pugno sul tavolo.
-Volevo fare un piacere al Signor Wate, lo odio da morire e lo sai, ma credo che ha ragione. Adesso ha ragione. Ti sta dando una possibilità cara miss Tutto-mi-va-male e tu non la stai cogliendo!
Divenni rossa di rabbia, e dal nervoso una parte di me mi suggeriva di mollargli una sberla in pieno volto, ma cercai di contenermi.
-Come ti permetti di chiamarmi in quel modo? Davvero credi di essere mister mondo?-
-Sandy… mi hai fatto innervosire…-
Si alzò e iniziò a camminare avanti e indietro con le mani piantate nelle tasche dei jeans scuri.
-Mi conosci da poco e già credi di potermi giudicare?-
-Non fare la paranoica, adesso.-
Ci guardammo negli occhi, eravamo entrambi un misto tra rabbia e nervosismo accumulato.
-Sii ragionevole- sussurrò in tono gentile, come se stesse cercando un modo per convincermi a cambiare idea.
-Jack, sono ancora molto scossa da ciò che ho scoperto, ho dei conti in sospeso con mia madre… non mi importa del mio sogno del cassetto-
Mi si avvicinò e posò la sua mano sulla mia spalla. Io lo guardai nei pozzi scuri che erano i suoi occhi e aspettai che dicesse qualcosa.
-E qui sbagli, Sandy. Hai diciotto anni, è arrivata l’ora di pensare un pochino a te stessa, non credi?-
La rabbia di un attimo prima sembrava essere sfumata, ed io stavo quasi per  replicare, ma lui ovviamente fece la sua mossa vincente, mi spinse verso la parete e posò le sue labbra sulle mie. Io opposi la mia minima resistenza, ma poi mi lasciai andare al bacio.
Aveva vinto lui, quella volta.
 
-Jack, giurami che non hai sbirciato mentre mi vestivo- gli dissi, mentre chiudevo la porta alle mie spalle e scendevamo le scale per uscire.
-No Sandy, non ti ho guardata nemmeno un po’!- sorrise, ed io non sapevo se credergli o meno.
-Beh, ad ogni modo non ti sei perso  nulla- dissi caustica, ormai la mia poca autostima e l’autoironia erano dei tratti portanti del mio carattere.
-Io non credo proprio invece…-
Mi sorrise sornione ed io scossi la testa, scendo in fretta le scale e allungando una mano verso la sua per stringergliela.
-Sul serio, Sandy. Credo davvero di perdermi molto-
Alzai gli occhi al cielo, ma in che razza di discorso mi ero messa? La perversione di Jack superava ogni limite, da quanto mi avevano detto delle voci fuori dal coro, quindi era meglio voltare pagina.
-Okay, ma di queste cose ne parli con i tuoi amici, va bene?-
Annuì e poi mi baciò sulle labbra in modo piuttosto dirompente, tanto che dovetti  fermarmi per non crollare, visto le ginocchia che volevano cedermi.
-Ciao Jack, come stai?-
La voce della signora Gaskarth ci fece sobbalzare entrambi, ed io mi nascosi immediatamente il viso con le mani. Che. Figuraccia!
-Signora, sto bene e lei?-
Anche il mio Barakat era imbarazzato, ma lo nascondeva molto bene.
-Sandy sei in ottima forma- mi rivolse la parola, ammiccando leggermente.
-Grazie, grazie mille. Ora però abbiamo da fare…ci… ci vediamo Margareth, arrivederci!-
Dissi in fretta e furia, poi presi Jack per il braccio e me lo trascinai dietro fino alla sua automobile.
-CAVOLO, JACK BASSAM BARAKAT, sono modi di baciarmi in un luogo pubblico, quelli?-
Esclamai a denti stretti, accertandomi che i finestrini fossero ben chiusi e che nessuno ci stesse sentendo.
-Sandy, rilassati! Ti ho dato un bacio, non ti ho mica stuprata!-
Gli lanciai un’occhiataccia. –Forza, andiamo.-
-Si capo!- mi rispose, e poi mise in moto.
 
 
Mio padre doveva essere davvero ricco e rinomato in città, e ciò non faceva che irritarmi ancora di più, visto che sapevo quante volte io e mia madre avevamo dovuto stringerci la cinghia in quegli anni.
Ad ogni modo cercai di sorridere  di essere carina con il tipo che PROBABILMENTE avrebbe venduto a mio padre l’immobile che poi sarebbe diventata la mia libreria.
Il posto doveva ricevere un completo stravolgimento perché era ammuffito e disordinato, ma se chiudevo gli occhi vi vedevo già ciò che avevo sempre sognato.
Quando l’acquirente se ne fu andato, lasciandomi il tempo di osservare il tutto, posai lo sguardo su Jack e sorrisi.
-Mi piace tanto,questo posto; e…se io avessi un po’ di coraggio chiamerei mio padre ora e gli direi “Ehi, compriamo quel posto”. E poi deciderei con te i colori da dare alle pareti, il nome da scrivere a caratteri cubitali sull’insegna…  e quindi deciderei di stabilirmi qui per sempre e riuscirei a dirti un dannato “ti amo, non abbandonarmi mai” e tu poi staresti via mesi interi per i tuoi tour ed io ti aspetterei qui, in questo posto… e tu torneresti da me ogni volta…-
Parlavo in fretta,  quasi balbettando, perché per una volta nella mia vita stavo esplicitando tutto quello che tenevo chiuso dentro con chiave e lucchetto.
Non mi resi nemmeno conto di stare piangendo… le lacrime rigavano le mie guance senza nemmeno che me ne accorgevo. Non ero triste, non ero arrabbiata… me la prendevo solo con me stessa. Perché sapevo che tutte le cose che avevo appena detto non si sarebbero realizzate mai.
Jack però comprese tutto e mi si avvicinò con calma, come si fa per un leone nella Savana.
Avrei voluto dirgli “vieni qui, non ti aggredisco”, ma sapevo che sarebbe stato inutile.
Mi prese per il polso e mi tirò a se, carezzandomi la testa e sussurrandomi “andrà tutto bene”.
Non sapevo se lui realmente ci credesse, a quella cosa, ma mentre parlavo di ciò che ci sarebbe potuto succedere, se io fossi stata coraggiosa, mi aveva guardato in un modo particolare.  Aveva avuto lo sguardo di un uomo innamorato.
Da bambina chiedevo a mia madre “ehi, come faccio a capire se un ragazzo mi ama?” e lei mi rispondeva “Lo riconoscerai da sola, quel modo di guardarti.”
E fu così. L’avevo riconosciuto.
Ed anche io ero innamorata di lui, speravo solo che lo capisse. Speravo solo che comprendesse che non ero una regina delle nevi come volevo far vedere.
-Non piangere più, vedrai che riuscirai, riusciremo ad uscire fuori da tutto questo e troveremo una soluzione.-
Mi asciugò le lacrime con il dorso della sua mano e poi posai le mie labbra sulle sue per sugellare quella specie di promessa con un bacio.
 
Passai tutto il pomeriggio a lavorare da Scottie, Flores e Claire erano state tutto il tempo impegnate in cucina, mentre io mi ero occupata dei tavoli.
Forse era stato meglio, visto che non avevo molta voglia di parlare. Mi sentivo solo un po’ fuori strada quel giorno. L’avevo detto, io, che il mercoledì bisogna stare sul piede di guerra!
Anche se quella volta la battaglia stava avvenendo tutta dentro di me.
Finii di lavorare a mezzanotte e dieci minuti, e ancora con la divisa addosso indossai solo una felpa, presi l’ombrello e senza salutare le ragazze uscii dal locale e mi misi ad aspettare l’ultimo autobus della sera sul ciglio della strada. Le sere iniziavano ad essere davvero fredde, tanto che mi tremavano i denti ed avevo le dita praticamente fuori uso a causa del gelo che faceva.
C’era qualcosa, però, che dovevo fare. Non potevo sempre rimandare, anche perché sulla mia pelle avevo capito che le cose brutte che la vita ci pone sul cammino, si affrontano a testa alta.
Estrassi il cellulare dalla borsa e guardai un paio di minuti lo schermo prima di comporre il numero di mia madre e chiamarla. Con il fuso orario dovevano essere le tre o quattro del pomeriggio.
Bip. Bip. Bip. Bip.
Quel suono mi era diventato fin troppo familiare. Era il suono di un rifiuto, di un abbandono. E se non mi avesse risposto l’avrei eliminata dalla mia vita… ero così stanca di essere triste, così stanca di trovare qualcosa e perderne un’altra…
 
 
Mi veniva quasi da piangere, ma poi sentii la sua voce, e tutto l’odio sembrò sfumare via, fuggire con le folate di vento che mi facevano rabbrividire.
-Mamma…-
-Ciao, Sandy. Come…come stai?- mi chiese, con la solita voce ferma, priva di qualsiasi emozione. O meglio, la voce di chi sa fingere molto bene.
-Sto. Tu invece? Ho provato a chiamarti così tante volte, mamma…-
Volevo sembrare forte, volevo essere come lei, ma non ci stavo riuscendo.
-Sandy, so di averti ferita tanto, per questo non avevo il coraggio di rispondere alle tue chiamate…-
Rimasi in silenzio, perché quella era la risposta che infondo dovevo aspettarmi, ma che invece mi stava lacerando dentro.
-Sapevi quanto ho sofferto a causa di mio padre, e tu stavi per commettere il suo stesso errore…-
-Non lo meriti. Non meriti ne me , ne mio padre… credevo che tu fossi felice lì in America, ma ti trovo in lacrime…-
-Sto piangendo perché è come se tu ti fossi liberata di me, mamma!- gridai, asciugandomi gli occhi con la manica della felpa.
-Non mi sono liberata di te, San. Mi machi, te lo giuro… tesoro, a Natale ci vedremo di nuovo , ti abbraccerò come facevo quando eri piccola e so già che tu mi perdonerai perché il tuo cuore è grande.-
Ancora silenzio, da parte mia. Conficcai le unghie nel dorso della mano che reggeva il cellulare, come per darmi un contegno, ma ormai le lacrime mi rigavano il volto ed io non potevo fare niente per fermarle…
-Dovrei portarti rancore, per avermi nascosto qualcosa di così importante, però non ci riesco, non ci riesco e non ci riesco…-
Mamma non disse nulla, ma provai ad immaginare la sua espressione segnata , sul volto pallido che aveva, incorniciato dai capelli ondulati e biondi.
Lei ne aveva passate tante quanto me, ed io…che finalmente avevo trovato Edward Wate, non ebbi il coraggio di essere arrabbiata per l’ennesima volta con uno dei miei genitori. O almeno, non lo ebbi in quel preciso momento.
-Ti voglio bene, nonostante tutto. E non vedo l’ora che sia Dicembre, per poterci vedere di nuovo.-
-Anche io te ne voglio, Sandy. Tu sei l’unico tesoro prezioso della mia vita. Manca un mese a Natale, precisamente un mese.-
Annuii, non mi ero nemmeno accorta che Novembre stava inesorabilmente passando.
-E’ arrivato il mio autobus, devo…devo andare…- biascicai, con la voce nasale di chi  si sforza di placare il pianto.
-Ti chiamerò ogni giorno, da oggi in poi. Buonanotte Sandy-
Sorrisi, un piccolo, minuscolo sorriso. Poi chiusi la chiamata e le porte dell’autobus mi si aprirono davanti.
Ne erano successe così tante, anche quel giorno.
Volevo solo tornare a casa, chiamare Jack e parlare con lui fino ad addormentarmi.
 E sperare che un giorno, tutto si sarebbe risolto.
 

 
CIAO RAGAZZE *tipico inizio dei video di Clio Makeup*
Tutte tristi/arrabbiate perchè Sandy ha questa malsana idea di tornare in Irlanda, vero? Hahahahaha, non vi dico come si evolverà il tutto ma state certe di una cosa: non c'è nulla di cui preoccuparsi, io vi riservo sempre tante sorprese! u.u
Vi ringrazio sempre di cuore per essere così carine a recensire, non so cosa farei senza di voi <3
Oggi sono stata interrogata in filosofia ed è andato tutto bene, quindi mi sento decisamente meglio!
Arrivederci e a presto, babes. ;)

_stargirl
  
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