Fumetti/Cartoni americani > Pucca
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Autore: Shainareth    06/11/2013    4 recensioni
Terzo capitolo in ordine cronologico della saga che compone Amnesia.
Si mise in piedi e si sfilò il cappuccio dalla testa, rivelando dei lineamenti più marcati e virili rispetto all’ultima volta in cui si erano visti. Se Garu era cresciuto, anche lui era diventato un uomo. «So chi ha ucciso tuo padre.»
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Garu, Nuovo personaggio, Pucca, Tobe
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Amnesia'
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CAPITOLO QUARTO




«Avresti dovuto rimanere con lui.»
   «Non ha voluto che lo facessi», spiegò Tobe, affiancandosi a lui sulla via del ritorno. Se pure non aveva potuto assistere suo padre nel momento della morte, avrebbe almeno tenuto fede all’ultima parola che gli aveva dato, preservando se stesso e vegliando su Garu. Ammesso che quest’ultimo glielo avesse permesso.
   Ruotò le iridi scure nella sua direzione e studiò il suo profilo serio e severo. «Mi odi?» gli chiese, pronto a sentirsi rispondere di sì.
   «Non credo di averlo mai fatto davvero.»
   Sorrise, nonostante la morte che avvertiva nel cuore al pensiero di ciò che si era lasciato alle spalle. Era stato, l’estremo gesto di suo padre, l’ultimo atto della storia dei tre ragazzi ritratti nella foto che aveva dato a Garu pochi giorni prima.
   «Quando ti vidi immobile ad osservare Pucca, dopo che lei era precipitata nella scarpata», riprese a parlare, mentre si incamminava con lui lungo la strada che li avrebbe riportati a Sooga, «mi tornò in mente ciò che hai appena sentito.»
   Quella confessione da parte di Tobe fece scoprire a Garu l’affetto e la devozione che il giovane doveva aver avuto per suo padre. Inoltre, aveva scelto di mettere da parte ogni proposito di una vendetta che, in fin dei conti, non era mai stata davvero sua, per rispetto verso l’amore che aveva legato lui e Pucca sin dall’infanzia. Un amore del tutto simile a quello che i loro padri avevano provato per la donna che li aveva messi al mondo.
   «In quel momento, mi sono reso conto di non voler diventare come lui», ammise ancora Tobe, deciso a non nascondergli più nulla al riguardo. «Vivere con il rimorso di aver ucciso un amico innocente dev’essere stato devastante», prese a ragionare, avvertendo una pesantezza al cuore. «Vivere col rimorso di aver ucciso il proprio fratello, dev’essere anche peggio.»
   Le sue ultime parole risvegliarono la coscienza di Garu che, finalmente, si lasciò andare ad un sorriso amaro. Sentiva persino gli occhi bruciare per le lacrime represse, ma le ricacciò indietro. Per anni aveva vissuto con la convinzione di essere rimasto solo al mondo, e invece aveva avuto accanto a sé un fratello maggiore, sia pure intenzionato a battersi con lui fino alla morte.
   «Che schifo di fratello, che sei.»
   «Ho saputo anche riscattarmi, ammettilo», ribatté l’altro, quasi offeso benché sapesse di meritare appieno quell’insulto. Anzi, Garu era fin troppo buono nei suoi confronti. Adesso che era diventato abbastanza adulto per pensare con la propria testa, Tobe non avrebbe più dato ascolto agli errati insegnamenti paterni.
   «Perché non mi hai mai detto nulla?» fu la legittima domanda che Garu gli pose.
   Scrollò le spalle, non sapendo bene come spiegarsi. «Mi avresti creduto?»
   «No», gli diede ragione il ragazzo. «Ma perché aspettare tanto? È stato tuo padre a volerlo? Perché si è reso conto che non gli rimaneva molto da vivere?»
   Tobe scosse il capo. «In realtà, avrei voluto parlartene sin da quando Pucca cadde in coma. Se non lo feci fu solo perché sapevo che ogni tuo pensiero era rivolto a lei e che non ci sarebbe stato spazio per nient’altro.»
   Come ogni buon fratello maggiore che si rispetti, Tobe dava prova di conoscerlo bene. Fu questo che pensò con ironia Garu, sentendosi sfinito a causa di tutte le emozioni provate negli ultimi giorni. «C’è una cosa che non ti ho mai detto.» L’altro si volse a fissarlo con aria interrogativa. «Grazie.» Lo vide inalberare un’espressione a dir poco allibita e la cosa quasi lo infastidì. Tuttavia, ritendendo fosse giusto così, gli spiegò: «Se quel giorno tu non avessi preso in mano la situazione, forse Pucca sarebbe morta.»
   «Ah», balbettò Tobe, tornando a volgere lo sguardo alla strada. «Sì, forse», confermò distrattamente. Era stata la prima buona azione che aveva davvero compiuto per suo fratello. Avrebbe dovuto andarne fiero? Non ne era del tutto sicuro, dal momento che si era arrivati a quel punto soltanto perché lui aveva cercato di ammazzarlo. «Adesso, però, tienitela stretta», si raccomandò, tra il serio ed il faceto.
   Garu grugnì, in parte imbarazzato per il fatto di dover affrontare con lui discorsi del genere. «Non ho bisogno che tu me lo dica.»
   «Come vuoi», affermò l’altro, scrollando nuovamente le spalle.
   «Posso chiederti un’ultima cosa?» riprese a parlare il più giovane, tornando ad assumere un cipiglio piuttosto grave. Si stava domandando perché mai, nonostante tutto, suo padre non gli avesse mai raccontato la verità riguardo all’unione con sua madre o del primo marito di lei e del figlio che aveva dato a quest’ultimo. Probabilmente non aveva avuto il tempo per farlo, perché, quando era morto, lui era ancora troppo piccolo per capire. «Si tratta dell’unica cosa che ancora non mi è stata detta riguardo a tutta questa faccenda.»
   «Sarebbe?»
   «Il nome di tuo padre.»
   Le labbra di Tobe si inarcarono nuovamente verso l’alto e fu lui, stavolta, a sentirsi sull’orlo delle lacrime. Arrestò il passo, facendolo fermare a sua volta e costringendolo a volgersi nella sua direzione. Quindi, occhi negli occhi, rispose. «Si chiamava Garu.»

Suo padre e sua madre non avevano mai dimenticato il loro antico amico, dunque. Non c’era stato alcun tradimento, soltanto un reciproco conforto che aveva portato ad una nuova unione. Anzi, i due avevano voluto persino rendere omaggio alla sua memoria decidendo di dare il suo nome al loro bambino, nel caso fosse nato maschio. Magra consolazione, pensò Garu sorridendo amaramente, dal momento che sua madre era morta mettendolo al mondo e che suo padre era poi stato ucciso da colui a cui era stato legato da una sincera e onesta amicizia. E lui? Portava il nome del suo assassino. Non era affatto certo di poterne andare fiero.
   Ma il passato era passato, appunto, e come gli aveva detto Pucca non molte settimane prima, adesso che tutto era finito non valeva più la pena di struggersi al riguardo. Esistevano soltanto il presente e il futuro. Anzi, a voler guardare il lato positivo di tutta quella triste vicenda, Garu aveva persino guadagnato un fratello maggiore. Fratellastro per parte di madre, per la precisione. Si domandò seriamente se lui e Tobe sarebbero mai riusciti a costruire davvero un rapporto fraterno autentico, ma non riuscì a darsi una risposta. Gli sembrava ancora troppo assurdo. Forse soltanto il tempo avrebbe saputo soddisfare quella sua curiosità.
   Alzò lo sguardo all’edificio che si ergeva davanti a lui: il Goh-Rong. Era tornato, finalmente. Riprese a muoversi verso il portone del ristorante e, quando lo aprì, fu investito dal delizioso odore di noodles che riempiva il locale. Era il profumo di casa.
   Avanzando oltre la soglia d’ingresso, fece scorrere lo sguardo sulle tante persone che affollavano la sala principale, riparandosi dal freddo di quella sera di metà gennaio. E poi la vide, in procinto di rientrare in cucina; bastò quello per riempiergli il cuore di un tepore che quasi lo commosse, riportandolo alla vita di ogni giorno. Pucca era la sua unica sicurezza, il suo conforto, la sua panacea, il rimedio a qualunque malumore o malessere. Era il presente e il futuro a cui lui aveva deciso di dedicarsi.
   Quasi come se avesse avvertito il suo sguardo su di sé, Pucca arrestò il passo e si volse nella sua direzione. Si scambiarono un sorriso e, prima ancora che il ragazzo potesse fare un altro movimento in avanti, la fanciulla corse a spron battuto verso di lui, piombandogli fra le braccia con energia tale da rischiare di fargli perdere l’equilibrio. Incurante degli sguardi che avevano chiaramente attirato su di loro, Garu la strinse a sé con tutto l’amore che aveva nell’anima: a differenza di suo padre e di quello di Tobe, lui avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non perdere la donna della sua vita, anche a costo di lottare contro il destino.












È sconcertante scrivere una storia senza sapere da dove diamine io abbia preso le idee. Non che siano brillanti, ma spesso mi ritrovo a chiedermi come mi siano venute in mente certe trovate. Ancora adesso mi chiedo il perché di questa long. Ma va beh, almeno io sono piuttosto soddisfatta e questo è ciò che conta. :'D
Spero che sia risultato tutto coerente fino alla fine, compreso l'IC dei personaggi che è una delle cose a cui tengo di più. Prima di passare ai saluti, vi informo che già da diversi giorni ho scritto un'altra shot sulla serie di Amnesia e dovrebbe essere quella che va a chiudere la storia. Forse. Perché in realtà l'altro giorno mi è venuta in mente qualche altra idea per un'ulteriore shot.
Fermo restante che ringrazio di cuore chiunque abbia letto questa fanfiction, mi soffermo tuttavia a dare un abbraccio a chi ha inserito la presente fra le storie preferite/ricordate/seguite, ovvero edvige forever, Kira7, Perla_Bartolini pickate, SoGi92 e _Kiiko Kyah, alcuni dei quali sono stati anche tanto gentili da lasciarmi una recensione. :)
A presto,
Shainareth





  
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