Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: Maty66    07/11/2013    4 recensioni
L'amicizia è un sentiero che scompare nella sabbia se non lo si rifà senza posa (proverbio africano).
E’ passato quasi un anno e mezzo da quando Ben ha lasciato il Distretto. Semir ha una nuova collega e Ben una nuova vita, lontano, lontanissimo da Colonia. Ma episodi drammatici ed inaspettati sconvolgeranno i nostri due eroi, mettendo in pericolo le loro vite e quelle di molte altre persone. Riusciranno i due amici a ricostruire il sentiero della loro amicizia per salvare il loro mondo? E quanto conteranno in questa storia antichi sentimenti mai sopiti?
Questa fan fiction costituisce il seguito di “Gioco mortale"; come sempre è consigliabile, ma non strettamente indispensabile, aver letto la prima parte.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Storie d'amore e di amicizia'
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Fuga disperata

Semir rimase alcuni secondi a fissare lo schermo della tv, fino  che lo speaker non cambiò notizia. Poi senza dire nulla prese il telefono e compose il numero di Julia.
Uscì sul patio di casa nel timore che Aida potesse sentire qualcosa; era una ragazzina di dieci anni ormai, capiva molto più di quanto non le venisse detto espressamente e nonostante il tempo e la lontananza il legame con  lo “zio Ben” era ancora fortissimo.
Andrea  cercò di dedicarsi comunque alla cena, mentre vedeva dalla finestra della cucina il marito agitarsi freneticamente parlando al telefono.
Dopo vari minuti Semir rientrò in casa
“Vado a Dusseldorf a villa Jager. Stanno cercando di mettersi in contatto con l’ambasciata, ma a quanto pare non riescono a parlare con nessuno…” disse concitato
“E cosa credi di poter fare se vai lì?” la voce di Andrea era scettica e Semir provò un forte senso di fastidio. Come faceva a non capire che doveva fare qualcosa, una qualsiasi cosa, altrimenti  sarebbe impazzito?
“Non lo so cosa posso fare lì, ma  ci vado lo stesso” rispose alla moglie stizzito.
L’espressione di Andrea però cambiò vedendo il panico negli occhi del marito.
 “Ok… vuoi che ti prepari un panino? Rimarrai senza cena…” Dopo molti mesi quella era la prima preoccupazione di cui veniva fatto oggetto Semir da parte della consorte
“No grazie non ho fame in ogni caso… cerca di non far sentire i telegiornali ad Aida, si preoccuperebbe per Ben…”  
Andrea annuì e mentre il marito si avviava alla  porta lo richiamò.
“Semir… chiamami se sai qualcosa” disse piano. E dopo molti mesi per la prima volta lo abbracciò
 
Mentre percorreva l’autostrada verso Dusseldorf nella mente di Semir passavano mille immagini e pensieri. Continuava a rimproverarsi “Avrei dovuto dissuaderlo… se avessi insistito di più per non farlo partire... se  avessi fatto in modo che nelle poche visite a Colonia rivedesse Laura può darsi che si sarebbero rimessi insieme e non sarebbe partito” Si macerava nei suoi rimorsi e nel contempo si consolava pensando che se fosse successo qualcosa a Ben lui l’avrebbe sentito dentro, l’avrebbe saputo nell’animo

Arrivato a casa Jager venne ad aprirgli Helga la storica governate di famiglia; aveva gli occhi gonfi di pianto.
“Buonasera ispettore Gerkan…è bello che lei sia qui…” gli disse.
Semir la abbracciò “Non si preoccupi Helga vedrà che sta bene, non gli è successo nulla” disse cercando di convincere più che altro se stesso.
Già dall’esterno si sentiva Konrad che urlava al telefono nello studio
“Non mi importa di che ore sono in Tanzania…. voglio parlare con l’ambasciatore” strillava concitato.
Julia gli venne incontro con aria spaventata “Semir… sei arrivato” gli disse abbracciandolo stretto
“Novità?” chiese lui
“No, Laura ci ha messo in contatto con il capo missione  generale di Ben,  pare che il governo tanzaniano non stia facendo praticamente nulla per ritrovarli” rispose lei a bassa voce cercando di non farsi sentire dal padre
“Cosa?? E perché mai??”
“La situazione laggiù è complicata, le  missioni estere non sono ben viste e non possono escludersi connivenze del governo con i gruppi  islamici che hanno attaccato il campo” rispose la sorella di Ben agitata
“Semir… è arrivato per fortuna… non so più a chi rivolgermi…” Konrad Jager aveva chiuso in modo stizzito la telefonata; aveva le lacrime agli occhi ed era rosso in volto
“Papà ora calmati però” lo esortò la figlia preoccupata; il vecchio non si era mai completamente ripreso dall’intervento di by-pass subito alcuni anni prima e praticamente si  stava gradualmente ritirando dagli affari lasciandone la conduzione alla figlia e al marito
“Come faccio a calmarmi Julia? Non sappiamo nulla, nessuno ci vuole dire nulla e non stando sul posto non sappiamo cosa stia succedendo…” la voce di Konrad era disperata

Semir rimase in silenzio per alcuni minuti, ma non ci mise molto a prendere la sua decisione
“Tuo padre ha ragione Julia… ci vuole qualcuno sul posto, altrimenti non si ricava un ragno dal buco. Ci vado io” disse sicuro
 

 
Ormai stava albeggiando e la boscaglia si stava riempendo di luci, belle come solo una alba africana può generare.
Ben si stropicciò gli occhi stanchi e si massaggiò il collo; la notte di guardia l’aveva spossato. Stava diventando vecchio, pensò, mentre si alzava e si metteva il fucile a tracolla per andare a svegliare gli altri.
Era ora di riprendere il cammino prima che il sole si alzasse troppo e lo rendesse praticamente impossibile. Mancavano ancora molti chilometri, sempre che stessero andando nella direzione giusta. Perché da cinque giorni si aggiravano  nella boscaglia cercando di raggiungere il campo base del BMZ a Dar El Saalam, ma c’erano più di duecento chilometri da fare nella  boscaglia con diciotto bambini e solo cinque adulti ad aiutarli, fra cui uno gravemente ferito.
Mentre si avviava verso il campetto dove dormivano tutti Ben udì un fruscio alle sue spalle. Allarmato imbracciò il fucile e si voltò di scatto
“Miriam!!! Maledizione ti ho detto almeno dieci volte che questi non sono giorni per giocare a fare la scimmietta!!! Scendi immediatamente!!!” quasi urlò alla bambina che lo guardava sorridente da un ramo dell’albero sopra la sua testa
La piccola mise immediatamente il broncio e gli occhi si riempirono di lacrime
"Ssscccusa  Benjo…” balbettò
Ben si pentì immediatamente di averla sgridata così duramente.
“Vieni giù forza” le disse dolce, porgendole le braccia in cui in cui la bambina si lanciò subito
Mentre si avviavano al campetto la bambina attaccata al collo  di Ben fece scorrere ancora una volta le dita sulle cicatrici che il ragazzo aveva sulla schiena e che si intravedevano dalla maglietta strappata
“Perché quella donna cattiva ti ha fatto questo?” chiese anche se già sapeva la risposta
“Non lo so Miriam, non lo so” rispose lui per l’ennesima volta
 
Il campetto era già in piena attività I bambini erano quasi tutti svegli e si preparavano ad una lunga marcia anche quel giorno. Con poco cibo e poca acqua, perché lungo la strada erano riusciti a mangiare solo frutti selvatici e l’antilope che Ben era riuscito ad abbattere con il fucile; e per fortuna che le mani non gli tremavano più quando imbracciava un’arma.
Ben si avvicinò alla barella improvvisata in cui era disteso Max, il collega rimasto ferito nella battaglia di cinque giorni prima. L’uomo giaceva mortalmente pallido e la sommaria fasciatura che aveva sulla coscia destra era imbrattata di sangue secco.

A Ben vennero di nuovo in mente le immagini della battaglia di cinque giorni prima. Era stata una vera e propria scena di guerra con gli attaccanti muniti di bombe a mano e mitragliatori, che sparavano su gente inerme.
Una carneficina che non sarebbe mai riuscito a togliersi dalla mente.
Ben era rimasto, impossibilitato a fare qualsiasi cosa, a guardare  nascosto sotto una palafitta, sperando e pregando che quei criminali non si accorgessero dei bambini nascosti nella boscaglia e che qualcuno dei suoi colleghi ed amici sopravvivesse.
La cosa che più lo aveva stupito era il fatto che  parte dei componenti del gruppo era chiaramente europea, probabilmente russi da come parlavano, e che i sottoposti erano chiaramente soldati governativi, pienamente riconoscibili dalle uniformi.
Ma Ben non  riusciva a togliersi dalla testa anche un’altra idea.
Dove aveva visto prima il capo? Maledisse ancora una volta la sua memoria mancante. La sua vita  e la sua memoria erano ancora una specie di groviera, con enormi buchi neri che ingoiavano  parti della sua vita.
Ma anche se non sapeva dove e come lui quell’uomo l’aveva già visto.
In quel momento Ben sentì acutissima la mancanza di Semir. Lui avrebbe saputo aiutarlo a ricordare, anzi avrebbe saputo aiutarlo ad uscire da questa situazione  
 
 
“Come sta?” chiese Ben ad Anja,  la dottoressa capogruppo della missione che era inginocchiata vicino alla barella. Era una donna ancora molto bella, anche se doveva aver passato i cinquant’anni, bionda e con bellissimi occhi violacei.
“Non bene” mormorò lei mentre si alzava “Se non arriviamo o  non troviamo aiuto non penso possa farcela..” disse triste
“Mettiamoci in cammino allora” esortò Nina. Lei e Robert, il marito di Anja, erano gli altri componenti del gruppo riusciti a sopravvivere alla battaglia.
Ben invidiava la vitalità e l’ottimismo di Nina. Era una perfetta educatrice, adorata dai  bambini, sempre sorridente. Una ragazza coraggiosissima.
Come Ben proveniva da una ricca famiglia di Dortmund,  ma aveva preferito lasciare la vita agiata, le feste mondane ed i bei vestiti per aiutare gli altri. Lei e Ben erano i membri più giovani della missione, entrambi single e  oggetto di continue pressioni da parte dei colleghi perché si mettessero insieme.
 E a Ben Nina piaceva, era carina, così snella con i lunghi capelli castani e gli occhi neri profondi, ma il suo cuore non se la sentiva di impegnarsi. Era entrato in una sorta di limbo sentimentale in cui non se la sentiva di  avvicinarsi a  nessuna. Non dopo quello che era successo con Laura.
 Il gruppo di adulti finì di raccogliere le poche cose e poi organizzò i bambini in vari gruppetti ciascuno controllato da un ragazzino più grande.
Poi lentamente, mentre Ben ed uno dei ragazzi grandi trascinavano la barella, si incamminarono nella boscaglia, sperando di andare nella direzione giusta e di trovare aiuto
 

Ivan stava controllando le casse in alluminio montate sui due camion.
Erano un carico preziosissimo, avevano rischiato molto in quell’affare. E lui non poteva permettere che qualcosa andasse storto.
Guardò scettico  i suoi uomini che tornavano dalla boscaglia, fucili impugnati; erano soli quindi non li avevano trovati
“Allora??” chiese furibondo a Mika il suo braccio destro
“Nulla capo, è come se fossero spariti…” rispose l’uomo con sguardo contrito
“Come è possibile sparire da giorni con diciotto bambini?? Siete degli incapaci!!!”  gli  urlò in faccia Ivan.
“Capo sarebbe meglio procurarci un elicottero, dall’alto forse…” fece Mika timido
“Un elicottero? E cosa credi possa veder un elicottero nella boscaglia?? Piuttosto le guide che hai assunto non  sono riuscite a seguire le tracce?” urlò ancora Ivan
Mika scosse la testa “No capo, hanno perso le tracce due giorni fa…”
“Maledizione, siete degli incompetenti…”
“Ma capo sono soli, senza satellitare, a duecento chilometri dal primo centro abitato e con diciotto bambini… lasciamo che la natura faccia il suo corso. Moriranno di fame o di sete o finiranno ammazzati da qualche animale selvatico…” propose Mika
“Maledetto cretino…. Lo capisci o no che uno di quei cinque è un poliziotto di Colonia?? Mi conosce, mi ha già visto, e se arriva vivo a chiedere aiuto per noi è finita??” urlò sempre più adirato
“Ora tornate indietro e non tornate qui senza la testa di quel Jager!!” disse infine 
  
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