Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: Maty66    03/11/2013    6 recensioni
L'amicizia è un sentiero che scompare nella sabbia se non lo si rifà senza posa (proverbio africano).
E’ passato quasi un anno e mezzo da quando Ben ha lasciato il Distretto. Semir ha una nuova collega e Ben una nuova vita, lontano, lontanissimo da Colonia. Ma episodi drammatici ed inaspettati sconvolgeranno i nostri due eroi, mettendo in pericolo le loro vite e quelle di molte altre persone. Riusciranno i due amici a ricostruire il sentiero della loro amicizia per salvare il loro mondo? E quanto conteranno in questa storia antichi sentimenti mai sopiti?
Questa fan fiction costituisce il seguito di “Gioco mortale"; come sempre è consigliabile, ma non strettamente indispensabile, aver letto la prima parte.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Storie d'amore e di amicizia'
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Un anno e mezzo dopo

Regione di Arusha, Nord della Tanzania

Si svegliò all’improvviso. Aprendogli occhi cercò subito di  capire cosa l’avesse svegliato, ma  voltando lo sguardo per la piccola stanza non vide nulla di anormale.
Il ventilatore a soffitto girava emettendo  i soliti rumori ritmici e dall’esterno si sentivano  gli uccelli notturni che si lanciavano i loro richiami lugubri.
Si alzò ed uscì fuori a dare una occhiata.
Il campo era tranquillo si sentivano solo i rumori dei generatori elettrici e il fruscio dei topolini che scorrazzavano fra le varie palafitte.
Nulla di anormale.
Ma lui sapeva che invece  c’era qualcosa di strano.
Quando faceva il poliziotto aveva imparato a svegliarsi di colpo, anche se era profondamente addormentato, al minimo rumore sospetto; e lui si era sempre fidato di questa sua abilità.
Si  staccò dalla schiena la maglietta  madida di sudore. In notti come questa, quando  l‘aria sembrava non entrare nei polmoni talmente che era calda e densa, si chiedeva cosa l’avesse portato a fare questa scelta.
Ma la risposta a questa sua domanda  comparve dietro le sue spalle e gli tirò un lembo dei pantaloni
“Benjo…” chiamò  la bambina.
Ben si girò e vide la piccola che con aria imbronciata lo guardava con il visino all’insù
“Miriam… cosa ci fai fuori dalla tua camerata a quest’ora? E’ tardi, quante volte vi abbiamo detto che non dovete uscire di notte? E’ pericoloso” Ben prese la piccola in braccio
“Non riesco a dormire…” rispose la piccola in inglese stentato, poggiando il visino scuro, contornato da una massa di capelli ricci e neri, sulla spalla di Ben
“Cosa c’è piccolina? Sono arrivati di nuovo i mostri?” le chiese  Ben in inglese, parlando piano in modo che lo capisse, mentre le accarezzava i capelli.
Nel campo c’erano diciotto bambini, tutti rimasti orfani dei genitori, ma Miriam era in assoluto la sua preferita, anche se  Ben cercava di non darlo a vedere.
Gli ricordava molto Aida, anche se era più piccola, aveva circa sei anni, ma non ne potevano essere sicuri, posto che  era stata trovata anni prima in fasce nella foresta, abbandonata dai genitori che forse non riuscivano a darle da mangiare
“No stavolta c’era il leone…” sussurrò la bambina con voce  impaurita
“Il leone… ma tu sei una scimmietta e le scimmiette non hanno paura del leone perchè quando  lo vedono scappano sugli alberi  dove il leone non può arrivare…” le disse dolce
 Ben sapeva di non dover assecondare la piccola in questa  sua fissa, ma era più forte di lui, la cosa lo divertiva. Miriam si credeva un essere a metà fra una bambina ed una scimmietta ed in effetti era talmente abile ad arrampicarsi sugli alberi e sulle rocce che  si poteva pensare anche questo
“Vieni piccola scimmietta, ti riporto a letto” disse  poi mentre si avviava verso la camerata della bambine
“Sì ma prima devi controllare che il leone non stia ancora sotto al letto” rispose la piccola mentre nascondeva il visino nell’incavo del collo
“Va bene e se lo vedo gli dò  una grande  bastonata sul muso e lo faccio scappare” disse con voce ostentatamente sicura Ben
La bambina rise felice. Adorava “Benjo” come lo chiamava lei, pendeva letteralmente dalle sue labbra e a Ben si stringeva il cuore al pensiero che quel campo ben presto avrebbe chiuso e tutti i bambini sarebbero stati trasferiti

Mentre saliva le scale della palafitta che fungeva da dormitorio per le bambine, Ben con una coda dell’occhio vide cinque o sei uomini armati che si nascondevano nella boscaglia ai confini del campo.
Il respiro gli si bloccò.
Appena dentro la capanna poggiò Miriam a terra.
“Miriam… ora facciamo un gioco bellissimo, uno scherzo bellissimo al leone. Devi svegliare  tutte le  altre  bambine e dovete nascondervi ma in silenzio, senza dire neppure una parola… correte nel bosco  dietro la camerata e salite sugli alberi. Mi raccomando zitte zitte. E non vi muovete di lì. Forse il leone scapperà e noi dovremo sparare, ma voi non vi preoccupate, restate lì fino a che non vengo io a prendervi” disse concitato cercando di non far trasparire l’emozione.
Miriam annuì eccitata e corse verso gli altri letti .

Ben svegliò Nur, la ragazzina più grande del gruppo e capo-camerata, e le diede istruzioni su dove nascondere le bambine,  poi strisciando sul retro andò nella camerata dei maschi. Svegliò Joachim e Salim i due più grandicelli
“Joachim va da Robert e Anja, svegliali e spiega loro quello che sta succedendo. Mi raccomando passa sotto le palafitte, non farti vedere. Io vado alla armeria” disse al ragazzino quindicenne che annuì anche lui spaventato per poi strisciare fuori.
Ben aspettò che tutti i bambini fossero nella boscaglia e poi cercò di strisciare verso la sala comune dove c’era l’armadio con i fucili.
Si era appena avviato strisciando contro il muro di legno quando udì la prima esplosione ad est del campo.
Poi fu l’inferno.
 

Colonia, Germania Federale

Semir spense il pc con un gesto stizzito.
Niente, nessuna mail neppure oggi. Ormai erano quasi quattro mesi che non riceveva notizie ed era sempre più preoccupato ed anche arrabbiato.
Ormai era passato quasi un anno e mezzo da quando Ben aveva lasciato il Distretto, ma lui ne sentiva la mancanza come al primo giorno.
Inizialmente Ben aveva anche mantenuto la promessa di tenersi in contatto. Scriveva una mail  quasi ogni settimana e  aveva chiamato con la video chat Aida almeno una volta ogni mese; ma poi i contatti si erano fatti sempre più sporadici.
In quei mesi era tornato a Colonia solo per Natale e per i compleanni di Aida, ma per restare solo uno o due giorni, sempre più distante dal suo mondo di prima.
E a Semir mancava in modo spasmodico il Ben sfrontato, allegro, coraggioso guascone e indisponente che aveva avuto nei cinque anni precedenti. Ora che i rapporti con Andrea  erano sempre più tesi, ora che le sue figlie stavano crescendo e gli facevano domande a cui non sapeva rispondere, ora che l’età e la fatica iniziavano a farsi sentire anche sul lavoro.
Quattro mesi. Ben non si faceva sentire da quattro mesi.
Semir si rendeva conto che da quando era partito per la Tanzania le comunicazioni erano diventate più difficili, ma non era mai passato tanto tempo senza che Ben desse notizie, sia pure tramite il servizio del BMZ, il Ministero della Cooperazione e lo Sviluppo tedesco. Era stato Rich, l’amico di infanzia di Ben a trovargli quel lavoro e Semir ancora non riusciva a credere che Ben fosse partito come cooperante nei paesi in via di sviluppo. E che ne fosse entusiasta. E Semir era sempre più preoccupato e geloso per quel lavoro, capendo che  stava allontanando definitivamente Ben da Colonia e dalla sua famiglia  
 
Spazientito e preoccupato Semir si alzò dalla scrivania con la faccia scura.
“Ancora niente?” chiese la donna  dai capelli ramati seduta di fronte a lui.
Meredith  Meyer, da tutti  chiamata Mez, era il nuovo partner di Semir.  Trentanove anni, mamma single di un bellissimo bambino di dieci anni, era una collega seria ed affidabile
Da quasi un anno e mezzo condivideva con   Semir  le giornate lavorative, gli inseguimenti, i pedinamenti, gli incidenti e le carambole sulla autostrada. Anche se come aveva fatto notare la Kruger, non senza una impensabile nota di tristezza, il tasso di distruzione delle autovetture di servizio era drasticamente diminuito da quando Jager aveva lasciato il servizio
Mez e Semir avevano raggiunto un’ottima intesa professionale, era ottimi colleghi e si fidavano l’uno dell’altra ciecamente quando erano in azione.
Ma Mez non era Ben, per Semir. Aveva tenuto fede alla promessa fatta a Ben prima di partire e aveva fatto in modo che lei fosse anche una amica oltre che una collega, ma per svariate ragioni  lui non le aveva mai aperto completamente il suo animo. Forse perché era una donna o più probabilmente perché Semir aveva paura di soffrire di nuovo una perdita.
“No ancora nulla. Stasera chiamo il padre per chiedere se sa qualcosa. Quello stupido incosciente…” sibilò Semir alzandosi dalla sedia e prendendo la giacca.
“Vedrai che non è successo nulla. Non potrà chiamare… sai bene che lì le comunicazioni sono difficili” Mez sorrise vedendo la preoccupazione del piccolo poliziotto turco.
Il rapporto che Semir mostrava di avere verso Ben le faceva tenerezza. Era più protettivo di quanto non  lo fosse lei con Mike suo figlio.
A Mez Semir piaceva molto. Gli piaceva la sua lealtà, il coraggio, la dedizione al lavoro e alla famiglia. E le dispiaceva vederlo così solo, soprattutto ora che i rapporti con la moglie erano difficili. Gli ci voleva un amico con cui parlare e quell’amico non era lei.
 “Io vado a casa… se faccio tardi anche stasera per la cena…” disse Semir mentre si avviava verso l’uscita
“A domani” salutò Mez, ma Semir non le rispose, perso nei suoi pensieri

Semir parcheggiò la BMW come al solito nel vialetto di fronte casa.
Sospirò entrando dalla porta di casa. L’atmosfera non era più quella di una volta. Da più di sei mesi ormai Andrea era nervosa,  spazientita, quasi astiosa nei suoi confronti e si rifiutava di dargli spiegazioni espresse per questo suo comportamento.
Semir iniziava seriamente a temere per la tenuta del suo matrimonio. Eppure lui amava sua moglie come e più del giorno in cui l’aveva sposata. E non riusciva a capire perché i loro rapporti si fossero incrinati.
Ancora una volta sentì una fitta di nostalgia. Ci fosse stato Ben avrebbe parlato lui con Andrea; per lei Ben era una sorta di figlio  maggiore e a lui avrebbe detto cosa non andava. Fra Andrea e Mez invece non era mai scattato un vero e proprio feeling, Semir  sospettava, anzi si augurava, che la moglie ne fosse gelosa ma in realtà capiva che era più una questione di carattere: le due donne erano troppo simili
 “Oh che sorpresa.. sono appena le otto e mezza” lo accolse Andrea con voce ironica
Semir non rispose  rivolgendo la sua attenzione alle figlie che gli erano venute incontro gioiose. Loro erano l’unica vera cosa bella in quel momento
“Papà guarda ho fatto un disegno per te…” disse  la figlia minore Lily mostrandogli un foglio scarabocchiato con una figura vagamente umana. “Questo sei tu” gli disse ancora orgogliosa.
“E’ bellissimo, mi somiglia molto” la lodò, mentendo spudoratamente il padre
“Bambine andate di sopra a lavarvi le mani…  fra dieci minuti è pronto” esortò Andrea dalla cucina e le due piccole  corsero di sopra vociando allegre.
“Ancora nessuna notizia?” chiese Andrea quando Semir entrò in cucina per prendere dal frigo una bottiglia di birra.
“No non ancora, più tardi chiamo Konrad può darsi che lui sappia qualcosa..” rispose lui con voce atona. Ben era  uno dei pochi argomenti di cui riuscivano a parlare senza litigare in quel momento.

Passarono molti minuti  senza che i due si dicessero nulla Andrea era intenta a preparare la cena e Semir apparecchiava la tavola nel salone.
Il telegiornale a bassa voce  elencava le solite notizie.
Quando tornò in cucina però Semir vide Andrea come incantata davanti allo schermo del televisore
“Semir…” mormorò mentre alzava il volume
Semir si avvicinò. Sulla schermo c’erano le fotografie di cinque persone fra uomini e donne, tutte giovani e sorridenti. Uno di questi era Ben

La voce dello speaker recitava: “Non ci sono  molte speranze di  ritrovare in vita i cinque cooperanti tedeschi del BMZ  ed i circa diciotto bambini spariti dal  centro aiuti internazionale   ad Arusha nel Nord della Tanzania,  dopo un attacco terroristico.  Secondo le autorità tanzaniane il campo è attaccato cinque giorni fa da gruppi di terroristi islamici vicini ad Al-Qaida , che però, sino ad ora, non hanno rivendicato l’attentato in cui sono morte più di venti persone fra medici,  personale cooperante e guardie.  Fra i cinque cooperanti tedeschi spariti anche il nostro concittadino di Colonia Ben Jager, figlio del noto milionario di Dusseldorf  Konrad Jager…”
Semir ed Andrea si guardarono allibiti.
  
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