Cara Melisanna, grazie di cuore per i tuoi incoraggiamenti. Il capitolo
27, come sai, è stato sofferto, e sono contento che alla fine tu
lo consideri ben riuscito. Non sono uno scrittore di storie d'amore, perciò
spero di riuscire a gestirla tutta in modo credibile, anche se è
strumentale ad una trama più ampia.
Michel francese? Forse... Bisognerebbe chiedere a sua mamma perchè Michel le è piaciuto più di Michael, però sarà un po' difficile perchè lei non compare nel cast di Profezie. Raeder suona più tedesco, ma, ancora una volta, suo padre non è disponibile per chiedergli chiarimenti. Cara Eleuthera, sono contentissimo di leggere ancora le tue belle
recensioni. Anche a me Irene piace molto come personaggio, avrà
anche una parte importante in una one-shot che pubblicherò a breve.
Carol è spesso antipatica anche a me, ma non prendiamola sottogamba,
è un personaggio di capacità non comuni. Vera ha preso gradualmente
i connotati di orgogliosa e un po' pasticciona, in effetti la caratterizzazione
iniziale era un po' piatta. Con una come Carol vicino, è difficile
che si senta a suo agio.
Questa volta non ho trovato tempo e voglia di fare un disegno. Penso
che riprenderò con le prossime puntate. La ragione è che
ho dedicato tempo a alcune one-shot autoconclusive derivate da parti di
Profezie.
Come al solito, c' è la possibilità di discutere più
in dettaglio al http://freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=4642&idd=8397&p=3.
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PROFEZIE
Riassunto delle puntate precedenti
Elyon affida a Vera, una copia di sè stessa che appare come una ragazza più grande, l'incarico di rintracciare le gocce astrali, le sosia create dalle guardiane, e ribellatesi ad esse più di un anno prima . La goccia di Cornelia si chiama Carol. Quella di Irma, Irene. Quella di Hay Lin, Pao Chai. Quella di Taranee, Terry. Quella di Will, Wanda. Elyon propone alle gocce di collaborare con Vera a raccogliere informazioni tecnologiche per modernizzare Meridian. Le gocce si trasferiscono, con Vera, in due eleganti appartamenti contigui. Come copertura, fingeranno di essere delle studentesse universitarie; ognuna riceve una lista di argomenti e l'incarico di individuare degli esperti su ciascuno. Le gocce vengono addestrate ai poteri mentali, quali la lettura e trasmissione del pensiero, lo sguardo del comando e la telecinesi. In alcune occasioni, le ragazze commettono goffaggini che attirano l'attenzione della polizia e perfino dei giornali. Wanda convince Vera che la polizia segreta potrebbe rimettersi sulle loro tracce. Il problema della segretezza crea alcune situazioni tese, che però, in seguito, sembrano risolte dalla formula magica "E con cio?", che sopprime la percezione delle incongruenze nelle persone a cui è recitata. Si crea un rapporto più stretto tra Elyon e Carol, che è ammirata per le sue capacità di cavarsela in ogni situazione. Elyon affida a Vera l'incarico di copiare le memorie scientifiche di esperti in diversi campi, cosa che richiede il contatto fronte a fronte per alcuni minuti. Il primo della lista è un professore universitario di nome Michel Raeder, di cui Vera si innamora a prima vista, e lo invita ad uscire. Vera, senza esperienza con gli uomini, prima fa una cattiva impressione, poi litiga con lui. |
Cap. 28
La scommessa
La mattina di questo venerdì di fine settembre non sembra diversa
da quelle che la hanno preceduta. Gli edifici alti, in distanza, appaiono
tinti d’azzurro da una leggera foschia, ed i rumori della grande città
arrivano attutiti dalla distanza e dagli alberi. Il traffico dell’ora di
punta sfiora appena la tranquilla Jefferson Street.
Le ombre del filare di pioppi si proiettano sulla facciata della elegante
palazzina color panna.
Dalle finestre, la bella luce mattutina inonda tutte le stanze di toni
dorati.
Tutte, tranne una. Al di là della balaustra di una terrazza,
una porta-finestra è completamente oscurata da un pesante tendone
beige.
Soggiorno delle gocce
Attorno al grande tavolone rotondo, Vera ha appena finito il racconto
della sera prima.
Lo ha faticosamente rielaborato, per lenire un po’ la sensazione di
stupidità che ha preso il posto della rabbia iniziale.
“Così, cara, la tua serata è finita male”, si rammarica
Elyon, seduta sonnacchiosamente accanto a lei. La differenza di orario
con Meridian si fa sentire a pieno. “Eppure, vi avevo visti così
ben avviati…”.
“Non tutte le ciambelle riescono col buco”, sospira Irene, indiscussa
sacerdotessa della saggezza culinaria.
Vera la guarda di storto. E’ una massima innocente o un’altra allusione
maliziosa? “Non importa”, conclude con un plateale gesto di diniego. “Ci
ho pensato sopra. Sono decisa a finire il lavoro”.
“Brava”, approva Irene, “Così conoscerai meglio il bel Michel
e…”.
Vera si trincera dietro le braccia conserte. “Non mi interessa”.
“Ah, no? Meglio, anche io ho proprio voglia di farmi invitare in uno
di quei bei localini”.
E’ ricambiata con uno sguardo non proprio amichevole. “Puoi scordartelo!”.
“E come, se ti interessa!”, conclude Irene con un largo sorriso.
Wanda è adombrata. “Vera, non complicarti la vita. Tornargli
vicino, dopo ieri sera, sarà una strada tutta in salita. Ipnotizzalo,
copiagli la memoria e chiudila qui”.
La voce sicura e beffarda di Carol le fa voltare verso l’altra
parte del tavolone. “Brava, Wanda, un consiglio adatto a te”. Le guarda
dall’alto. “Vera, fai così, e firmerai il tuo fallimento come donna”.
Vera, punta, si erge per fronteggiare la biondona. “Invece ti mostrerò
cosa so fare!”.
“Certo, certo”. Carol sembra trovare interessantissime le sue belle
unghie appena laccate. “Ti accompagno, casomai avessi bisogno di assistenza
in tempo reale”.
E’ ricambiata con il gelo. “Non azzardarti a seguirmi! E neanche tu,
Elyon. Non ho bisogno della balia”.
Università di Midgale, corridoio dell’Istituto di Chimica.
‘Michel Raeder, assistente’, recita caparbiamente la targhetta accanto
alla porta dell’ufficio.
Era sembrato così facile entrare, prima di conoscerlo… perchè
non può essere ancora così?
Forse perché ora Vera sta per giocare il tutto per tutto.
Toc, toc.
“Chi è?”, risponde una voce dall’interno. E’ lui!
Dai, Vera, sei decisa. Buttati e fai vedere quanto vali. “Sono
io”. Apre la porta.
Lui, seduto alla scrivania, la accoglie con uno sguardo diffidente.
“Ah. Come mai di nuovo qui?”.
Lei prende fiato, e recita: “Senti, Michel, mi dispiace per essere
andata via così, ieri sera. Però tu mi hai fraintesa”.
“Ma certo, ho frainteso”, ripete gelido, mentre si dirige verso un
armadio di fronte alla scrivania.
“Io mi aspettavo una serata romantica, un po’ di delicatezza…”.
Le dà le spalle, mentre apre le ante con lentezza forse studiata.
“Interessante. E vieni a cercarla da questo porco?”.
“Facevo… va bene, mi è scappato”. E ora? “Facciamo così…
io ti chiederò scusa per il porco se tu mi chiederai scusa
per l’ oca brilla”.
La guarda stupito. “Ma io non ti ho mai chiamata oca brilla”.
“L’hai pensato, non negarlo”. Si pente subito di averlo detto.
Lui le volta le spalle irritato, scegliendo dei lucidi da un grosso
raccoglitore. “Un’altra delle tue scommesse, vero? E cos’hai scommesso
oggi con la tua amica?”.
Da dietro di Vera, una voce simile alla sua scandisce: “Che non riuscirai
a portarmi a letto”.
L’uomo si volta allibito. “Cosa hai detto?”.
“Io… io…”. Vera è ancora più spiazzata di lui. ‘Irene,
sei stata tu?’
‘Sì, capo’.
‘Mi fai sprofondare! Dovrei trasformarti in una scimmia!’.
‘Perché? Non hai promesso niente. Davanti a quel muro di
freddezza, potevi solo andartene a testa bassa. Ora hai ancora una possibilità
di condurre il gioco… se ci riesci’.
Lui la sta ancora studiando. “Allora, hai perso la parola?”.
Vera si impettisce. “Mi hai sentita! Scommetto che non riuscirai a…
a fare quella cosa lì”.
La guarda a lungo, con diffidenza. “Davvero? Ieri ti ho già
fatto perdere una scommessa”.
Tieni su, Vera, tieni su. “Beh, prova a farmi perdere questa!”.
Lo sguardo dell’uomo è combattuto. “Per me sei tutta matta.
Ma io ho poco da perdere. A stasera, allora?”.
“A stasera, allora”, gli sorride con sfida. “Alle otto. Dove?”.
Davanti al ristorante Nightingale, ore 8 pm.
Eccolo, il Nightingale. Defilata dietro la cabina telefonica, Vera sbircia
verso il locale sull’altro lato della strada. Questa volta non vuole arrivare
con un solo minuto di anticipo. Poco importa che sia già lì,
in piedi, da un quarto d’ora, ed abbia collezionato un po’ di occhiate
curiose.
Mancano due minuti… ancora non si vede. Non avrà cambiato
idea? Ah, eccolo là. Sta aspettando dietro l’angolo dell’isolato.
Niente anticipo, ripete. Cinquantanove secondi… cinquantotto…
Al meno dieci, come rispondendo ad un segnale, sia Vera che Michel
escono dal loro nascondiglio, diretti verso l’ingresso del Nightingale.
“Ciao, Michel”, lo saluta lei, copiando il sorriso disinvolto di Carol.
Anche lui ostenta la medesima disinvoltura. “Ciao, Vera”.
“Allora, vediamo il localino che hai scelto stasera”.
Lui la precede dentro, tenendole aperta la porta.
Un cameriere elegante si fa avanti. “Buonasera signor Raeder. Buonasera
signorina. Se volete seguirmi…”.
Anche questo locale è intimo come il Black Flower; questa volta
il tema non sono le luci di candele, ma le stelle. Le pareti, a sfumature
di blu, rosa e viola e punteggiate da decine di minuscole luci bianche
a led, suggeriscono crepuscoli e notti stellate. Dal soffitto alcuni globi
di vetro butterato, fiocamente illuminati, imitano l’effetto di lune piene.
I tavoli, coperti da tovaglie verdi con il motivo ad erba, sono incassati
dentro nicchie che sembrano delle volte celesti.
Appena seduta, Vera è troppo occupata a guardare l’ambiente
per notare i menu rivestiti in pelle blu che li aspettano sul tavolo. “Che
meraviglia! Sembra di essere all’aperto, di notte”.
Lui assente, un po’ rigido. “Questo ambiente è opera dello stesso
arredatore del Black Flower”.
Vera fa un sorriso stereotipato, mentre cerca cosa dire. “Li conosci
bene, questi localini”.
“Sì”, concede lui con sufficienza. “Mi piacciono i locali di
buon gusto”.
“Chissà quanto costeranno…”. No! Sciocca! Gli ho regalato
il punto, proprio io che posso creare il denaro con le mani!
“Non importa, devono essere all’altezza della mia ospite”.
Whow! Punto per tutti e due! Le scappa un sorriso non studiato.
“E bravo il nostro prof che gioca a Tetris”.
“Non solo Tetris. Mi piacciono giochi ben più sofisticati”.
“Per esempio?”. Quello che stiamo giocando ora?
“Giochi strategici, simulazioni…”, lascia cadere lui con indifferenza.
Questo le dice qualcosa. “Tipo Julius Caesar? O Rise of Empires?”.
Lui, nella luce quasi stellare, le sembra un po’ meravigliato. “Si,
li conosci?”.
A Vera brillano gli occhi. Non ci aveva neanche sperato. “Sì,
Michel, io ho una vera cultura in fatto di videogiochi”.
Appartamento di Michel, due ore dopo
I versi degli uccelli esotici si sovrappongono al ronzio di una ventola.
Davanti agli occhi dell’esploratore, la giungla tropicale cede il passo
alla semioscurità di una grotta. Proseguendo con coraggio tra concrezioni
sempre più grandi e spettacolari, arriva ad una sala da cui si dipartono
tre gallerie.
“Ecco, fin lì c’ero arrivata anch’io”. Vera, seduta alla scrivania
accanto a Michel, indica un punto sullo schermo del computer. “Poi quella
roccia…”.
“Devi spostarla di lato. Ti faccio vedere come prosegue”.
“Aspetta”. Si alza guardando in giro. “Posso approfittare del tuo bagno?”.
Poco dopo, mentre Vera sta ritornando al gioco, la sua attenzione viene
attirata da un grande scaffale, dove centinaia di DVD si allineano ordinati.
“Michel, qui hai una vera cineteca!”. Scorre alcuni titoli. “Minority
report! Questo mi ricorda tante cose”. Una smorfia amara, poi lo sguardo
torna sulle costole dei film allineati. “Che tesori! Fantascienza, fantasy…
ti piace il genere”.
“Sì”, risponde lui un po’ imbarazzato. Aveva messo tempo per
rassegnarsi: la maggior parte delle donne preferisce i film romantici.
Con tono colto, disquisisce: “Mi sono interessato alle mitologie moderne…
un po’ come tu ti sei interessata alle interfacce dei videogiochi”.
“Guarda che non hai bisogno di una giustificazione intellettuale”,
sorride lei. “Sono tra i miei preferiti. Li ho visti tutti… ah, tranne
questo! Il mio nemico! L’ho cercato senza trovarlo”.
Lui viene vicino, e si rigira la custodia in mano. “E’ un film vecchio,
ma a me è piaciuto molto”.
Gli occhi le brillano. “Posso vederlo? Giusto per curiosità…”.
L’inizio non è quanto di più entusiasmante. Durante una
guerra, un pilota militare precipita su un pianeta deserto, dove trova
un alieno, cerca di ucciderlo e ne viene catturato.
Vera si rigira sul divano, annoiata. “Quanto odio, Michel! Continua
così per tutto il film?”.
“Ti dico che è bello. Devi vederlo fino alla fine”.
Lei si costringe all’attenzione: non è la prima volta che idee
originali si nascondono, come diamanti tra il terriccio, tra trame scontate
ed effetti che di speciale hanno solo il nome.
Però, si sta bene, su questo divano. Calduccio. Ben sagomato.
Con una bella spalla a portata di viso…
Riapre gli occhi nel buio. Dove sono? Esplora attorno con le
mani. Ma dove… Oh, no! Un letto, e non è il suo! Si sfiora.
Il vestito è a posto. E … lui?
“MICHEL!”.
Una luce si accende, disegnando la sagoma di una porta. L’uomo, con
i vestiti spiegazzati, si affaccia. “Ehilà, bella addormentata!”.
“Michel! Mi hai portata qui tu?”.
“Sì, cara. Arrivati alla scena dei meteoriti, mi sono accorto
che avevi gli occhi chiusi”.
Oh, Vera, come hai potuto? “E’ che il tuo divano è così
comodo…”, si scusa.
“Davvero? Non me ne sono accorto. Sono pieno di dolorini”, dice massaggiandosi
il collo. “Però ti ho fatto perdere la scommessa”.
“COSA?”.
“Ti ho portata a letto. In braccio, è vero, e solo a dormire.
Ma non era specificato altro”.
“Tutto qui?”. Gli sorride. “Michel Raeder, devo credere che sei diventato
un bravo ragazzo?”.
Si studiano un po’. Lui si siede ai piedi del letto. La luce, dalla
porta, gioca su metà del suo viso.
“Sai, Vera, io non ho preso sonno. Ti ho guardata a lungo. Sei incantevole
quando dormi. Il viso ti si rilassa, come se il sonno dissolvesse una corazza
di bugie”.
Lei spalanca gli occhi, allarmata. “Cosa dici?”.
“E quella odiosa maschera di finta sicurezza con cui ti sei presentata
ieri sera… anche quella ti era scivolata giù dal viso”.
“Michel…”.
“Ed ho anche ripensato a questo: mi è sembrato che, pur di uscire
con me, tu ti sia fatta in qualche modo violenza. Quelle frasi sulle scommesse…non
sembravano neanche uscite dalla tua bocca”.
Lei lo guarda a lungo. Ma è sincero? La notte fa svanire le
bugie, o le sostituisce con altre più credibili? Non importa, non
ci sarà mai più un’occasione migliore.
“Michel. Devo dirtelo. E’ inutile continuare a giocare a un gioco in
cui non sono brava. Ci tenevo troppo a non perderti. L’altra sera ti ho
dato un’idea che non avrei mai voluto darti, me ne sono resa conto solo
dopo”.
Lui assente col capo. “E’ buffo. Sembri molto più una brava
ragazza ora che sei seduta nel mio letto, tutta scompigliata, di quando
eri seduta compassata al tavolo di un ristorante romantico”.
Lei abbassa gli occhi. “Non sono mai stata con un uomo, prima. Non
sapevo come fare. Non sapevo cosa dire. Quel bicchiere di Porto mi è
sembrata la salvezza, finché non ho dovuto…”.
Già, lo scambio di memoria! Finora le è servito
come una scusa davanti a sé stessa ed alle altre. Ora le pesa come
un tradimento.
Prende fiato. “Michel caro, se io dovessi fare una cosa, per mio dovere…
un qualcosa che non ti danneggerà in nessun modo… mi perdoneresti?”.
Lui aggrotta gli occhi. “Ora non ti capisco. Cosa vuoi dire?”.
“Non devi capire. Devi solo pensare che, se ora sono qui, è
perché mi sono innamorata di te fin dal primo momento. Sarebbe stato
tutto così facile, se no… Tutto quello che ho detto alle mie amiche
è stato solo una scusa per rivederti. Ciò che mi ha portato
nel tuo ufficio è passato in secondo piano, ma va fatto”.
Lo sguardo di Michel la indaga. C’è qualcosa che gli sfugge
in questa confessione. “Parli delle scommesse?”.
Vera temeva questa domanda. Si è già spinta ai limiti
di quello che si può raccontare. Il suo ruolo si ammanta di bugie
o mezze verità, e lei non può sfuggirgli.
“Non importa, Michel. Sto straparlando. Vieni, stringimi forte. Fai
finta che siamo due bambini. Come fratello e sorella. Accosta la fronte,
caro. Così”.
Inizia la sequenza. Un pizzicore, una vertigine, la sensazione di un
flusso di sensazioni. Un grande flusso. Molto più forte degli aggiornamenti
settimanali con Elyon. Parole, immagini sovrapposte, confuse… i ricordi
di un’intera vita.
Il contatto dura a lungo, poi finisce. Ora sono entrambi immobili.
Sente che Michel si scioglie e si sposta di lato. Accende la luce.
Perché? Era tutto così bello…
Strizza gli occhi, abbagliata. Quando li riapre, uno sguardo smarrito
ricambia il suo.
“Cosa mi hai fatto?”, chiede lui, confuso. “E’… tutto vero?”.
“Tutto vero cosa, caro?”. Poi capisce. Ho scambiato i ricordi come
faccio con Elyon! Non ho solo ricevuto i ricordi di Michel, gli ho anche
trasmesso i miei! Un tuffo al cuore. La sensazione di mille spilli
di ghiaccio conficcati nella pelle. Capisce l’enormità di quello
che è successo. La sua origine, Meridian, le gocce, i poteri, le
guardiane di Kandrakar… tutte le loro coperture sono bruciate.
Può tentare solo di fare finta di non capire. Cerca di socchiudere
gli occhi in una parodia di sguardo felice. “Caro, è tutto vero,
Sono qui con te. Ti sembro un sogno?”. Le sue stesse parole le suonano
false.
Michel la guarda sempre più sconcertato. Ogni istante prende
coscienza di nuovi ricordi.
Vera lo scuote, cercando di fare un viso ingenuo. “Caro, parlami, cosa
ti succede? Ti ho deluso?”.
Dopo qualche lunghissimo istante di silenzio, l’uomo le chiede: “Vera,
il nome Meridian ti dice qualcosa?”.
Calma, Vera. Calma, Vera… “Geografia? Perché ti è
venuta in mente proprio adesso?”.
Lui la scruta a lungo. “Le ragazze con cui vivi si chiamano Carol,
Irene, Wanda, Pao Chai e Therese?”.
Tieni su, Vera. Tieni su. “Caro, sei strano. Non ti basto io?
E’ successo qualcosa?”.
“Devo sapere!”.
Vera si alza dal letto, sempre più agitata. “Non c’è
niente da sapere. Spiegami tu cosa vuoi dire!”.
“Voglio dire.. non so spiegarlo. Ma tu sai cosa intendo!”.
“Neanche un po’! Sei strano tutto di colpo. Se quello che vuoi dirmi
è che hai cambiato idea, me ne posso anche andare. Non era certo
quello che mi aspettavo, ecco. Ma posso farlo...”. Detto questo, Vera scoppia
a piangere. “Và all’inferno!”. Fugge verso la porta d’ingresso ed
esce nel pianerottolo buio. Stupida, hai rovinato tutto.
“Vera! Non andartene.” Michel la segue nel pianerottolo… ma tutto ciò
che vede è un debole baluginio che scompare subito.
Meridian, camera di Elyon
“Altezza… ”. Una voce la cerca fin nel profondo dei suoi sogni. “Vostra
altezza… è l’ora!”.
Elyon si forza di aprire le palpebre incollate. Quando ci riesce, vede
un viso familiare che riverbera la luce di un candeliere. “Nagadir…”.
Sbirciando verso la finestra, vede solo quattro sottili lame di luce
fredda trapelare attraverso i tendoni. “Ma… è notte fonda?”.
“Lo so, altezza. Ma mi avete detto di svegliarvi alle zero otto tre
zero pm di Midgale”. Le mette davanti agli occhi una sveglietta digitale.
E’ vero. Maledicendo la differenza di fuso orario, Elyon fa
un respiro profondo. “Ancora cinque minuti…”, e richiude gli occhi.
Midgale, appartamento delle gocce
“Ragazze… ragazze… siete ancora qui?”. Elyon, trafelata e scapigliata,
si materializza nel soggiorno.
Nessuno!… Un orologio, sulla parete, segna flemmatico le nove e venti.
Saranno già andate via?
Esce dall’appartamento di destra, diretta a quello che lo fronteggia
sul pianerottolo. La porta è chiusa…. Bah, nessuno la sta guardando.
La può attraversare lo stesso. Ormai non le fa più l’effetto
delle prime volte.
Emerge dall’altro lato, nell’appartamento. Silenzio. Forse non sono…
Ah, eccole in cucina!
“Ciao, ragazze! Siete silenziose, oggi!”.
Therese alza gli occhi dalla tazza di caffelatte. “Ehi… Elyon! Non
ti aspettavamo più”.
La Luce di Meridian entra in cucina. “Temevo che foste già uscite
tutte… mi sono riaddormentata”. Le guarda bene. Perché queste espressioni
meste ed imbarazzate? “Volevo sapere di ieri sera”, chiede un po’ imbarazzata.
“Non è andata bene, pare”, risponde Irene, deponendo alcuni
piatti sporchi nel lavello.
Basta un’occhiata a Vera, appoggiata sui gomiti davanti ad una brioche
neanche sfiorata, per avere conferma che qualcosa di importante non si
è svolto come avrebbe dovuto.
Quando si incrociano gli sguardi, Elyon capisce.
“Vera… dimmi che non è così! Dimmi che quel tipo non
sa tutto di noi!”.
Per tutta risposta, l’altra sprofonda tra le spalle e abbassa lo sguardo.
Una voce quasi afona le esce di gola: “Un errore. Un mio errore.
Qualcosa è andato storto nel trasferimento di memoria”.
Wanda si passa una mano davanti al viso teso. “E adesso cosa facciamo?”,
esala.
Carol è l’unica che mantiene un malcelato sorrisino di compiacimento.
“Devo dirvelo io?”.
DRIIIN.
Pao Chai spalanca gli occhi fino a farli sembrare a noci di cocco. “Il
campanello! Non sarà…”.
“Temo di sì”, sbotta Wanda. “Lo sapevo che non si sarebbe chiusa
così”.
Irene va ad osservare lo schermo del videocitofono. “Oddio, è
proprio lui! Non apriamogli!”.
Un breve ronzio richiama la sua attenzione sullo schermo. Riguardando
l’immagine, resta ancora più disorientata. “Ma… il cancelletto si
è aperto da solo!”.
Vera si alza con uno scatto, e va all’ingresso, scostandola. La goccia,
disorientata, si sfoga con un eloquente gesto di ‘boh?’ rivolto
alle compagne.
Terry risponde indicandole Vera con lo sguardo. “Non si è aperto
proprio da solo, scommetto”.
Carol è sempre tranquilla. “Inutile tirarla per le lunghe. C’è
una soluzione semplice… e già collaudata”. Fa uno dei suoi eloquenti
sorrisini noncuranti. “Quel che non capisco è perché non
abbia già provveduto la diretta interessata, che era così
brava con i conoscenti degli altri… ”.
Elyon assente. “Sicuramente non ne avrà ancora parlato con nessuno.
Basterà cancellargli la…”.
“NON LO FARAI!”. La voce di Vera le fa sussultare tutte. Nessuna oserebbe
sfidare quello sguardo lampeggiante.
Il minuto successivo passa in un silenzio ed in un’immobilità
surreali, mentre lei scruta attraverso uno spiraglio. Anche dal tavolo,
si può quasi indovinare le lucette dell’ascensore che si accendono
a contare i piani, e le sue porte che scorrono con un ronzio sommesso.
Nell'ascensore
La strada. Il giardino. L’atrio della palazzina. Tutto gli è
apparso come già visto.
Le porte dell’ascensore si aprono al terzo piano, rivelando luci e
pavimentazione che gli sono già familiari. Dovrebbe essere a destra…
ma la porta è chiusa.
‘Michel!’ .
Si volta, come se fosse stato chiamato da sinistra.
Lei è lì, che lo sta guardando ad occhi sgranati dall’uscio
socchiuso. Sembra ancora più emozionata che al primo incontro. Esita
un attimo, poi gli apre la porta.
“Michel…”.
“Vera…”. Va verso di lei fin nell’atrio.
“MICHEL!”. Lei gli getta le braccia al collo, lo stringe fino a fargli
male. Ride. Piange. “Michel…”. Non lo lascia rispondere. Lo bacia disperatamente.
Molto dopo, quando ha la possibilità di riprendere fiato, lui
vede un’altra ragazza con gli occhioni verdi sgranati, che lo guarda da
due passi più indietro. Questa deve chiamarsi Irene. Era anche
a lezione. Sulla destra, una cucina come già la ricordava, con
altri occhi allibiti. Le riconosce tutte, di viso e di nome.
“Ora so che è vero. Non importa, non tradirò il vostro
segreto. Sono qui per te, Vera!”
“Per me…”, ripete lei, sognante.
“Sì. Per raccontarti il finale del film”.