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Autore: Jean Fire    08/11/2013    1 recensioni
Un omicidio che ha segnato la vita di Giulia, mettendola sulla strana della povertà, costringendola a rubare per vivere. Un giorno un colpo troppo grande per lei. Voleva rubare al Vaticano, ma qualcosa e andò storto e gli occhi verdi di Giulia incontrarono quelli azzurro ghiaccio del figlio del Papa, Cesare Borgia...
Genere: Azione, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cesare Borgia, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
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PV CESARE

Mi svegliai di soprassalto, la mano corse subito sotto il cuscino, andando ad afferrare il manico di un coltello che sfoderai subito. Era buio dentro la stanza. Mi era sembrato di sentire qualcosa, di vedere qualcosa muoversi, ma dovevo essermi sbagliato, doveva essere così. Sentii un piccolo urlo e le coperte muoversi. Mi girai di scatto, il pugnale ancora in mano. Una giovane ragazza dai lunghi capelli biondi si copriva il seno con il lenzuolo bianco e guardava spaventata la lama del pugnale. Guardai la paura nei suoi occhi da cerbiatta, mentre i capelli biondi erano scompigliati e disfatti. Tutti avrebbero capito cosa era successo in quel posto, anche se io non volevo semplicemente ammetterlo. 
- Vattene - 
mormorai, posando il pugnale sul piccolo comodino che avevo di fianco a me. Sentii le coperte muoversi ancora e la donna se ne andò singhiozzando e piangendo sommessamente. Non sapevo se voleva farmi pena o altro, ma comunque aveva sbagliato persona da far commuovere. La porta si aprì e si chiuse in uno spiraglio di luce, lasciandomi nella stanza da solo. Guardai il soffitto di travi pesanti, pensando a quello che era successo in quei ultimi giorni. Ero arrivato a Firenze ed avevo subito capito che il problema era più grande di quello che a Roma si pensava. Flotte di bambini camminavano come in processione per le vie, bussando alle porte finchè non si dava a loro qualcosa di valore che avrebbero portato al falò per bruciarlo. Sentii qualcuno bussare
- Avanti - 
dissi, guardando la porta, la mano che andò ad afferrare comunque il pugnale. C'era fin troppa gente che voleva far fuori noi Borgia e la prudenza non era mai troppa. Nella stanza entrò Machiavelli, il volto da furetto e gli occhi piccoli e scuri.
- Signor Machiavelli...se mi avreste dato un attimo di tempo mi sarei preparato -  
mentii sorridendogli, alzandomi e lasciando che il lenzuolo bianco scivolasse lungo la mia figura, camminando per la camera fino ad arrivare alla mia vestaglia appoggiata su una sedia. La infilai e tornai da Machiavelli che intanto si era avvicinato alle grandi finestre della stanza, aprendole e facendo entrare il sole. Socchiusi gli occhi, infastidita da tutta quella luce. 
- Vi siete divertito? - 
chiese Machiavelli, puntando gli occhi sulla mia figura. Annuii e sorrisi, cercando gli altri miei vestiti che buttai sul letto. Avrei aspettato che Machiavelli se ne fosse andato prima di cambiarmi, dopotutto ero suo ospite e potevo tirare la corda fino ad un certo punto, ma mai volevo spezzarla. 
- Quando volete andare da Savonarola? - 
chiese ancora il fiorentino, guardandomi con i suoi occhi scuri. Savonarola. Cosa dovevo fare con lui? Aveva così tanti seguaci che dovevo trovare un modo per screditarlo davanti a tutti. Se gli avessi consegnato una semplice bolla papale lui avrebbe solo deriso dell'autorità di mio padre. No, doveva essere qualcos'altro, dovevo mostrare che lui non era superiore a nessuno e sopratutto non era superiore al Papa. 
- Oggi, ha gia preso troppo potere -
mormorai guardando fuori, guardando il Duomo di Firenze. 
- Vado a prepararmi allora, vi accompagnerò - 
disse il fiorentino uscendo dalla stanza silenziosamente. Mi ritrovai presto da solo in quell'enorme stanza. Mi vestii velocemente, mettendo la mia veste da cardinale, veste che cominciava a pesare. Tenni in mano il capelli cardinalizio e mi avviai verso la finestra. Firenze era bellissima e un tempo pacifica, mentre adesso per le strade passavano schiere di bambini vestiti con sacchi di iuta e che portavano avanti un crocifisso, urlando per le strade di consegnare tutte le cose di valore. Non potevo crederci. Cosa doveva aver detto loro Savonarola per convincerli a seguirlo in quella maniera così cieca? La mia attenzione fu attirata da una figura che cavalcava verso il cortile di Machiavelli.  Giulia. Potevo capirlo dal modo in cui cavalcava e da come era smontata da cavallo, con una leggerezza solo sua. I lunghi capelli neri erano sciolti come voleva il costume e il suo fisico era avvolto in abiti maschili che però non soffocavano la sua bellezza. Prese le redini del cavallo e le diede allo stalliere, per poi alzare lo sguardo composto da due smeraldi, finché non incrociò il mio. Per qualche secondo persi il respiro. Ricordai la prima volta che l'avevo vista. Era diverso tempo addietro e lei stava cercando di derubarmi. Avevo dovuto ammettere che era brava, silenziosa, veloce e agile, ma non aveva tecnica, solo puro istinto. Potevo quasi dire che era una ragazzina quando l'avevo presa con me, togliendola dalla strada, e sotto le mie mani si era trasformata in una donna bellissima e sensuale che non avevo avuto la forza di lasciare mai. Eppure, guardando quel volto dalla pelle chiarissima e vedere il grosso livido sullo zigomo, mi chiedevo se fosse giusto tutto quello. Il suo sguardo tornò sul pavimento, nascondendo il viso, camminando poi velocemente fino al nascondersi dalla mia visuale. Ancora non mi compacitavo di quello che avevo fatto. 

Quando ero arrivato a Firenze l'avevo trovata come mie istruzioni nella camera insieme a dell'acqua calda. Non avevo idea di cosa mi aveva fatto scattare, forse quel marchio rosso sul collo che lei aveva cercato di nascondere. Avevo perso la testa. L'avevo presa per il collo e l'avevo sbattuta contro il muro, scoprendogli il collo, rendendo visibile quel marchio che non era opera mia. 
- Chi è stato? - 
le avevo chiesto a denti stretti, gli occhi fissi sui suoi. Non era spaventata, raramente lo era e questo aveva fatto si che le mie dita si stringessero più forte intorno a quell'esile collo.
- Qualcuno che mi ha trattato meglio di voi - 
aveva sibilato lei e a quel punto non avevo più pensato a niente e la mia mano era volata sul suo viso. L'avevo vista cadere e portare una mano allo zigomo. Non aveva versato una lacrima, non aveva detto niente. Mi abbassai su di lei, piegandomi sulle ginocchia, andando ad accarezzargli i capelli, baciandoli
- Mi dispiace, mi dispiace... - 
avevo sussurrato, continuando a baciargli i capelli e la fronte. Lei però non aveva ascoltato niente di quello che avevo detto. Si era alzata e mi aveva guardato quasi con odio
- Prova a chiederti perchè cerco di scapparti sempre -
aveva urlato andando verso la porta che aveva aperto con rabbia, uscendo a sbattendola dietro di se. Mi ricordavo di essere rimasto immobile per molto tempo e poi di essere uscito dalla stanza chiedendo di lei. Era stato un mio soldato ad avermi detto che era andata via, aveva preso il suo cavallo e ancora non aveva fatto ritorno. Avevo guardato il soldato con disprezzo. 
- Perchè glielo avete permesso? -
urlai prima di uscire dalla dimora di Machiavelli per rientrare solamente dopo un ora con una ragazza bionda che sembrava essere l'opposto di Giulia. L'avevo portata nella mia stanza e avevo fatto del sesso con lei, ma c'era qualcosa di sbagliato. Alla fine avevo finto di addormentarmi.

Uscii dalla stanza, il cappello cardinalizio in mano e la veste da cardinale che fluttuava attorno. Machiavelli mi stava aspettando fuori e con sorpresa trovai anche Giulia. Indossava un ampio mantello scuro e il cappuccio le copriva metà viso. La guardai, mentre lei rimaneva immobile, lo sguardo vuoto. 
- Andiamo -
dissi salendo a cavallo e cominciando a cavalcare lentamente. Giulia e Machiavelli erano dietro di me, cavalieri silenziosi. Presto arrivammo alla chiesa, incredibilmente piena. Scesi da cavallo e sentii tutti gli occhi su di me. Cominciai a camminare facendomi largo tra la folla, finché non arrivai dentro la chiesa. La voce del frate si faceva sentire persino da la. Camminai lentamente fino all'altare dove Savonarola cominciò a deridermi
- Frate Savonarola. Parlo in nome del Papa della Santa Chiesa di Roma e qui - 
dissi facendo vedere una pergamena con il sigillo rosso papale
- Ho la richiesta della vostra scomunica - 
continuai allungando la pergamena. Il frate rise e, senza dire niente, allungò la pergamena verso una candela, cominciando a bruciare la carta
- Non prendo ordini dal quel falso Papa e dal suo figlio bastardo -
disse e la sua voce risuonò in tutta la Chiesa. Annuii e cominciai a camminare verso l'uscita. Mille e più occhi erano su di me.
- Cesare! -
Un urlo e feci appena in tempo a girarmi e trovai Giulia a pochi palmi da me, le sue mani stringevano la veste cardinalizia, il cappuccio scese e lasciò scoperto il viso e la mia colpa. Vidi il suo sguardo rabbuiarsi e il suo corpo farsi sempre più pesante. La sorressi in qualche modo. Machiavelli mi venne vicino
- Dobbiamo portarla da un medico... - 
disse guardandomi con quegli occhi scuri, preoccupati. La presi in braccio, facendo attenzione a non muovere il pugnale conficcato alla sua schiena. Guardai la giovane, il volto contorto dal dolore e gli occhi velati, una mano che continuava a stringere la veste rossa. 
- Starai bene Giulia.... -
mormorai continuando a camminare velocemente
- Te lo prometto - 
continuai, convincendo più me stesso. La casa di Machiavelli era ormai vicina, mancava poco e l fiorentino era già andato a cercare un medico, mentre le mie guardie mi seguivano, proteggendomi da tutti i lati. Nonostante tutto quello che le avevo fatto, lei non ci aveva pensato troppo prima di mettere a repentaglio la sua vita per la mia. 
- Cesare... - 
sussurrò e potevo vedere che stava lottando per rimanere sveglia, eppure la mano che stringeva la veste stava perdendo forza. La sentii dire qualcosa senza senso, chiamare me e poi suo padre, facendomi venire brividi lungo la spina dorsale. Arrivammo da Machiavelli e la posai sul letto. Il medico arrivò subito e mi spinse fuori dalla stanza. Rimasi davanti alla porta per diverso tempo, ascoltando il silenzio dall'altra parte. 
- Signor Borgia -
chiamò Machiavelli. Mi girai e lo guardai, si era cambiato e indossava qualcosa di semplice
- Ditemi -
risposi, continuando a guardare la porta dove al di la c'era Giulia e il medico.
- Venite con me - 
mormorò lui, cominciando a camminare per il corridoio. Guardai la porta, ancora chiusa e poi cominciai a camminare seguendolo.
  
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