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Autore: holdmehaz    08/11/2013    3 recensioni
Harry Styles’ pov:
«Le tue fans ti abbandonerebbero se scoprissero che sei gay!» mi rispose Paul [...]
«A me non interessa la carriera, non interessa commercializzare la mia voce! Preferisco tornare ad Holmes Chapel ad essere solo Harry e ad avere come fan solo la doccia, che mentire così spudoratamente a milioni di persone!» rivelai, stanco e arrabbiato.
«Tu, tu e ancora tu! Smettila di essere egoista, Harry. [...] Ma non sei solo tu la posta in gioco, Harry, capiscilo. Fallo per Louis, Zayn, Liam e Niall, che hanno finalmente realizzato il loro sogno [...]» tuonò Paul. Sospirai, arrendendomi. [...]
«Scelgo lei» affermai aprendo l’album in una pagina a caso e puntando una foto al caso. Paul prese l’album e guardò la ragazza che avevo scelto.
«Jane Wright. Ottima scelta» commentò.
Jane Wright’s pov:
Avevo provato a smettere di fare questa stupida vita da circo, ma nessuno era davvero intenzionato ad assumere l’acrobata di un circo per qualche altro lavoro. [...]
Io ero troppo poco per qualsiasi cosa. Anche per quella stupida agenzia per attrici, era passato un mese e non avevano ancora richiamato. Quel “La richiameremo noi” era sempre stato un no, lo sapevo.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 6 - Hear ‘Harry Styles’ anymore





Arrivai al bar in cui avremmo dovuto incontrarci. Bello, ma non troppo. Tranquillo, senza essere troppo vicino al centro. Un normale bar in cui si incontrerebbe una normale coppia che non vuole essere notata.
Anche se il nostro scopo era tutto il contrario, ovvero farci notare, sarebbe parso subito chiaro il nostro intento alle fans se ci fossimo incontrati in qualche posto pieno di paparazzi.
Trovai un posteggio lì vicino, così dopo un minuto varcai la soglia del bar. Pochi clienti, massima discrezione.
Nel bancone, a prendere un caffè, si trovava Harry, talmente assorto dai suoi pensieri da non accorgersi del mio ingresso. Spalancai gli occhi e sfoderai un largo sorriso.
«Harry!» dissi, e tutti i clienti del locale si girarono a guardarmi. Corsi in fretta verso Harry, che aprì le braccia all’ultimo secondo. Mi ci fiondai e lo abbracciai stretto.
«Mi sei mancato» sussurrai all’incavo del suo collo.
«Anche tu» bisbigliò vicino al mio orecchio destro, provocandomi una serie di brividi. Naturalmente perché soffrivo il solletico, non per altro.
Mi allontanai un po’ da lui, sciogliendo l’abbraccio, ma lui mi strinse un braccio alla vita, tenendomi stretta. Appoggiai la guancia alla sua spalla.
«Ora che ti ho rivista, non ti lascerò più andare» affermò. Poi mi guidò verso uno dei tavoli. Spostò una sedia invitandomi a sedere come un vero gentiluomo. Mi aiutò a sedermi e poi si sedette di fronte a me. Lo ringraziai con un sorriso.
«Ordina tutto ciò che vuoi» mi raccomandò passandomi un menù. Io annuii, sempre sorridente. Lui ricambiò.
Lo studiai per bene. Era davvero felice, non stava recitando. Forse pensava che io avessi messo una pietra sopra il litigio. Ma non era affatto così.
Lessi velocemente il mio menù, e decisi che avrei preso un frappé alla fragola, il mio preferito.
Poi avvertii che qualcosa non era come doveva essere. Era una sensazione strana, la mia, una specie di sesto senso.
Mi guardai intorno per cercare di capire cosa c’era che non andava... poi vidi la mia mano sul tavolo, e poco distante quella di Harry, e realizzai. Lui doveva prendermi per mano, era scritto in grassetto sul copione.
Finsi un colpo di tosse e mi misi a battere le dita sul tavolo per farlo notare anche a lui, ma niente, continuava a studiare il suo menù. Ripetei il colpo di tosse, ma non attirai la sua attenzione neanche questa volta.
Allora tossii pesantemente e sbattei piano la mano sul tavolo, così finalmente Harry si accorse della mia presenza e mi considerò.
«Stai bene? Sei un po’ raffreddata?» mi chiese un po’ preoccupato. Ma vaffanculo, non sapeva neanche distinguere un colpo di tosse vero da uno finto?  Bah.
«Oh no, sto bene» risposi, fissandomi intensamente la mano. Fa che capisca, fa che capisca  pensai pregando Dio e tutti i santi del paradiso.
Agitavo quest’ultima in tutti i modi in cui potevo agitare la mano facendolo sembrare semplice nervosismo.
Fa che segua il mio sguardo pensai. Fa che capisca perché la sto agitando come se avessi una specie di tic nervoso!
Ma niente, quell’imbecille tornò a fissare il suo fottuto menù come se niente fosse. Ma è tonto o cosa?! urlava il mio cervello.
Serrai la mascella e sigillai le labbra, o avrei dato voce ai miei pensieri. Poi mi venne in mente un piano e l’attuai, togliendomi l’anello che portavo sempre con me e mettendolo in tasca.
«Oh no!» esclamai in modo teatrale, cominciando a cercare qualcosa nel pavimento con lo sguardo.
«Cosa c’è?» chiese Harry allarmato, guardandosi intorno anche lui. Sventolai la mia mano destra a pochi centimetri dal suo viso.
«Ho perso il mio anello» mi lagnai.
«Oh» mi rispose Harry, piatto. Stavo per mandargli una maledizione in mandarino quando si rifece.
«Ti aiuto a cercarlo» aggiunse, inginocchiandosi a terra. Lo seguii, poi mi avvicinai a lui facendo finta di cercare qualcosa.
«La mano» sussurrai. Lui mi guardò, confuso.
«Cosa?» domandò con sguardo interrogativo. Che stupido!
«La. Mano. Adesso risaliremo, ci siederemo e tu mi prenderai la mano. Chiaro?» ringhiai impercettibilmente. Lui annuì, quasi spaventato.
Tornai a sedermi e mi rimisi l’anello, soddisfatta. C’era voluto tanto, ma alla fine anche quella mente ottusa aveva capito. Guardai la sua sedia vuota, chiedendomi cosa ci facesse ancora sotto il tavolo. Mi abbassai a guardarlo.
«Allora? Che ci fai ancora lì?» chiesi, impaziente.
«Non dobbiamo cercare il tuo anello?» domandò, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Perché era capitato proprio a me?





Alla fine il pomeriggio era... passato. Avevamo preso qualcosa al bar, avevamo passeggiato per Londra mano nella mano, avevamo finto che stare insieme fosse in qualche modo piacevole.
Eppure, lo vedevo nei suoi gesti, non era lei. Anche se si sforzava di sembrare il più naturale e il più felice possibile, io riuscivo a sentire i suoi muscoli rigidi sotto gli abbracci che le regalavo di tanto in tanto.
Ce l’aveva ancora con me, e non sapevo proprio come sorprenderla. Anche ciò che avevamo sentito nel toccarci la mano la prima volta era sparito.
E io non potevo sopportare quella situazione, era snervante, cazzo! L’enormità della faccenda, il peso sulle mie spalle, tutto si faceva improvvisamente insopportabile, se lei era troppo fredda per farmi scordare il mondo.
«Ora devo andare, il viaggio è lungo e il circo mi aspetta» annunciò Jane lanciando uno sguardo al suo orologio.
Sul suo viso trapelò un’espressione sollevata. Era anche lei felice di far finire quel calvario. Ma non potevo lasciarla andare via così.
«Dai, rimani per cena!» insistetti, circondandole un fianco col mio braccio.
«Davvero, Harry, lo vorrei, ma il viaggio...» tentò di dire, ma io la fermai.
«Insisto» affermai, facendo poi una faccia da cucciolo. Dovevo farla rimanere. Dopo avermi guardato negli occhi severamente, sospirò e abbassò gli occhi, arrendendosi.
«Mi arrendo. Dove andiamo?» mormorò. Mi fece male sentire tristezza nella sua voce.





Quello stronzo di Harry mi aveva convinto a rimanere a Londra per cena nonostante la strada, nonostante non sopportassi la situazione che si era creata fra noi due, nonostante non vedessi l’ora di chiudere gli occhi e dormire.
E in quel momento mi trascinava per le strade di Londra mormorando periodicamente “Siamo vicini” anche se stavamo camminando già da un bel po’ e ancora non eravamo arrivati a destinazione.
Poi arrivammo in una casa al nord di Londra e citofonò. Subito la porta d’ingresso si aprì senza che nessuno rispondesse, ed entrammo. Dove mi aveva portato?
«Ragazzi, guardate un po’ chi ho portato?» annunciò Harry a gran voce, sorpassando l’ingresso a gran falcate. Mi affrettai a seguirlo.
«Justin Bieber?!» esclamò eccitato un biondino che accorse alla porta del salone per guardare. Al vedermi parve deluso.
«Ah no, è solo ‘Bel Sedere’» mormorò, tornando dentro la stanza. Avvampai dalla rabbia mentre entravamo anche noi nella stanza.
«Dammi la giacca che lo poso nell’altra stanza» si offrì Harry. Gli porsi il chiodo senza neanche guardarlo, intenta com’ero ad uccidere il biondino con lo sguardo.
«Senti, biondino dei miei stivali, non crederti figo solo perché fai parte di una fottuta band, che in realtà sei niente mischiato col nulla» sbraitai. Poi feci un bel sorriso, solare, salutando le altre tre persone della stanza.
«Ciao, ragazzi. Voi dovete essere gli altri tre. Liam, Zayn e Louis, vero?» feci indicandoli.
«No» mi fece gelido il secondo. «Zayn, Louis e Liam».
«Scusa Louis, sono una frana coi nomi» borbottai, anch’io gelida. Poi mi sedetti sul tappeto, dove Zayn e il biondino (Niall, forse?) stavano giocando a dama. Era il turno di Niall, e ci ragionava da quando ero arrivata. Pessimo.
«Idiota» sbottai, facendo la mossa per lui e mangiando due pedine a Zayn. «Tieni» aggiunsi tirandole al biondino.
«Oh. Te la cavi» costatò lui. Io non me la cavavo. Io lo battevo mangiando tutte le sue pedine e conservando tutte le mie.
Mi limitai ad un’occhiata di puro disprezzo, poi tornai a guardare la scacchiera. Zayn era intento a pensare alle mosse possibili.
Muoveva la bocca mormorando qualcosa che non capivo, forse si stava spiegando le mosse da solo. Bah, che razza di ritardato mentale.
«Che ne dici di questa?» sbuffai impazientita, facendo io la sua mossa e rubando una pedina a Niall.
«Non sapevo si potesse fare questa mossa» sussurrò stupito. Lo guardai stranita. Era una delle mosse più elementari, di quelle che io avevo imparato a cinque anni con mia madre.
«Cazzo, questo gioco è noioso» sentenziò Niall grattandosi la testa, guardando la scacchiera come un bambino delle elementari guarda il libro di trigonometria del fratello maggiore.
«È noioso solo perché non ci sapete giocare» ribattei irritata, facendo la sua mossa. «E odio giocare da sola! Accendete quei pochi neuroni che ancora vi funzionano e giocate, minchia!» esplosi, saltando in piedi.
«Calmati, dolcezza» disse Harry, appena venuto dalla cucina con un pacco di popcorn in mano e la bocca piena di quei cosi.
«E no che non mi calmo! Sto battendo tutti i record, respirare l’aria di cinque minorati in una volta sola!» sbraitai.
«Ehi!» esclamarono Harry, Liam e Louis. Okay, forse loro non ci entravano niente, forse erano Zayn e Niall ad avermi fatto arrabbiare, o forse solo Niall, ma in quel momento non pensavo tanto a ciò che dicevo ma a come lo dicevo.
«Ho bisogno di una boccata d’aria» dichiarai, cercando di riacquistare la calma. La mano di Liam si alzò e indicò una porta.
«Di là c’è il balcone» azzardò. Io annuii e mi diressi verso la porta indicata, senza più dire una parola.
Mentre mi chiudevo la porta alle spalle, sentii qualcuno chiamarmi “pazza lunatica”. Cercai di ignorare la mia mente che associava la voce ad Harry, perché in qualche modo sapere che era stato lui a definirmi in quel modo faceva male. Un male che partiva dal cuore ed arrivava agli occhi, pizzicandoli.





Forse era stata una brutta idea, portarla a casa di Liam. Leviamo pure il ‘forse’, era stata una brutta idea e basta.
Si era innervosita in modo eccessivo, aveva dato di matto e ci aveva insultato, ma in qualche modo la colpa era mia.
Suonarono alla porta. Io, coricato nel divano, non mi alzai. Non ero io il padrone di casa, non era mio dovere.
«Zayn, vacci tu» propose Liam.
«Subito dopo di te, fratello» fece con voce piatta Zayn. Lo scontro con Jane sembrava aver svuotato tutti, chi più chi meno.
«Sarà quello della pizza. Hai detto che pagavi tu» sentenziò Niall, schierandosi con Liam.
«Zitto, Niall» lo rimproverò Zayn. Al secondo scampanellio, Zayn si arrese al suo destino e si alzò dirigendosi alla porta, borbottando un “Questo me la pagate”.
Tornò poco dopo con sette pizze. Una ciascuno, eccetto per Niall che ne voleva due. Come faceva a mangiare così tanto era un mistero.
«Vado a chiamare Jane» feci, alzandomi. La trovai accucciata fuori nel balcone, a fissare un punto indefinito davanti a lei, con aria assente.
«Sono arrivate le pizze, ceni?» chiesi, forse in modo troppo brusco. Lei si limitò ad annuire e a seguirmi dentro.
Mangiò la sua pizza in silenzio, senza mai azzardarsi ad incrociare lo sguardo di qualcuno, mentre noi cercavamo di scongelare la situazione.
Alla fine, ci ritrovammo a ridere come se Jane non ci fosse, perché col suo silenzio era più sulle nuvole che lì con noi.
«Si è fatto tardi» annunciai verso mezzanotte. «Io vado. Jane?» chiesi.
«Anch’io» sussurrò. Gli presi il chiodo, glielo porsi e lo indossò in modo quasi automatico. Uscimmo nella fresca aria londinese.
«Mi accompagni alla macchina?» mi domandò Jane. Poi mi prese la mano. Io la guardai stupito, e vidi che sorrideva radiosa. Aveva ripreso a recitare come se nulla fosse.
«A quest’ora non credo sia consigliabile viaggiare fino a Liverpool» sentenziai. Lei alzò le sopracciglia, marcandole.
«Non è stata un’idea mia, rimanere a cena» ribatté.
«Non posso farti partire a quest’ora. Per stanotte rimani a dormire a casa mia, okay?» proposi. Lei mi guardò per qualche istante negli occhi, come se stesse cercando qualcosa, poi sospirò arrendendosi.
«Se lo dici tu» bisbigliò, e mi parve d’un tratto stanca, molto stanca.





«Ma chi ti credi di essere? Non puoi fare sempre di testa tua, NO!» sbottai appena entrammo a casa sua. Lui rimase sorpreso per qualche istante.
«Cosa?» chiese infine.
«NON puoi decidere tutto tu! Se esiste un copione, deve essere rispettato! Non puoi decidere gite extra, non puoi continuare a cogliermi impreparata!» gli sbraitai contro. Ero furiosa, irosa contro di lui.
«Scusa, ma io...» tentò di dire, ma non avevo intenzione di farlo parlare.
«Ma tu niente, Harry. Sono stufa dei tuoi improvvisi lampi di genio, ed è solo la seconda volta che ci vediamo! Voglio essere al corrente di cosa vado incontro, credi che io fossi preparata a conoscere i tuoi amici imbecilli?» lo interruppi, alzando la voce. Si infuriò anche lui.
«Credi che a me invece vada tutto bene? Oggi hai fatto in modo di essere insopportabile, l’intero pomeriggio mi è sembrato una tortura!» urlò.
«Anche per me! Non sei per niente divertente, sei imbranato, non sei bravo a mentire, e prendi decisioni senza il mio consenso. IL TANGO SI BALLA IN DUE, CAZZO!» ribattei.
E cominciammo ad urlarci in faccia ogni nostro difetto, ogni singola cosa che aveva reso quella giornata stressante, alzando la voce per superare una le urla dell’altro.
«Sei solo una pazza lunatica!» urlò in mezzo ai miei e ai suoi insulti. Quella frase mi zittì. “Pazza lunatica”. Quindi era stato lui a dirlo. Bene.
«Vaffanculo, va!» conclusi, correndo verso la prima camera da letto che incontrai. Non volevo più sentire ‘Harry Styles’.
Nel buio che trovai, una lacrima scese lentamente sul mio viso. Stavo piangendo per la seconda volta in poche ore. Grazie ad Harry.


 

Nila’s Corner

- Salut, ça va?
- Ça va, e toi?
- Ça va bien, au revoir!
- Au revoir!

Ecco cosa succede quando voglio salutarvi in un’altra lingua: va a finire che vi recito il mio primo dialogo di francese (che ho fatto tre anni fa) a memoria! Comunque, come va? Io bene, specialmente perché oggi non ho avuto scuola. Vi ho già detto che adoro le assemblee di istituto a prima ora? No? Beh, adesso lo sapete. Peccato che non sapessi che quando sono a prima ora non prendono le presenze, perché mi sono alzata alle 7 solo per non fare un’assenza inutile. Uffa.
By the way, piaciuto il capitolo? Ecco a voi altre liti profonde, e la nostra Jane che piange, poveeeera :’(
Devo ricordarmi, quando scrivo, di essere molto felice e per niente arrabbiata o triste, o mi esce questo genere capitolo. Però, dai, è carino come capitolo.
Ho iniziato a scrivere già l’11 capitolo (già, sono piuttosto avanti) ma continuerò a postare solo quando lo concludo (ho intenzione di rimanere sempre qualche capitolo avanti in modo da continuare a postare anche quando, per un motivo o per l’altro, non riesco a scrivere).
Però, per ringraziarvi particolarmente, voglio postarvi i titoli dei prossimi capitoli, in modo che vi facciate supergiù un’idea di ciò che accadrà.
Capitolo 7 - Nightmare
Capitolo 8 - I had to do it
Capitolo 9 - Memories
Capitolo 10 - Seven day to fall in love
Capitolo 11 - I trust you
:) Questo è per tutti voi che leggete la storia, indipendentemente se l’avete messa tra le preferite/ricordate/seguite, se la recensite o se la seguite in silenzio :D
Ora vado, che ho così tanto latino da farmi dubitare che il mio liceo sia davvero uno scientifico e non il classico .-.

Bye xxx

P.S. Avete visto il trailer della storia? Che ve ne pare?
  
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