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Autore: Jean Fire    08/11/2013    1 recensioni
Un omicidio che ha segnato la vita di Giulia, mettendola sulla strana della povertà, costringendola a rubare per vivere. Un giorno un colpo troppo grande per lei. Voleva rubare al Vaticano, ma qualcosa e andò storto e gli occhi verdi di Giulia incontrarono quelli azzurro ghiaccio del figlio del Papa, Cesare Borgia...
Genere: Azione, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cesare Borgia, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Non sapevo cosa mi aveva spinto a muovermi. Avevo visto tutto al rallentatore. Un uomo incappucciato si era avvicinato a Cesare e lo seguiva tra la folla, in mano una daga. Dalla mia bocca era uscito il suo nome e il mio corpo si era mosso in avanti, finchè non era caduto quasi su quello del cardinale, mentre sentivo l'acciaio mangiare la carne. Mi aggrappai a Cesare per cercare di rimanere in piedi mentre sentivo le gambe cedere e il sangue colare lentamente lungo la schiena. Quello che successe dopo non mi era ancora molto chiaro. Cercavo in tutti i modi di tenermi aggrappata a qualcosa, di tenere gli occhi aperti mentre ondeggiavo sollevata da terra. Il volto di Cesare era sempre nella mia visuale, gli occhi fissi davanti a lui, i capelli neri che ondeggiavano sulla veste porpora e tutto il suo corpo rigido. Ad un certo punto mi era addirittura sembrato di vedere mio padre. Per qualche secondo ripresi lucidità, perdendola poi lentamente insieme alle ultime forze rimaste. Venni portata in una stanza e tutti furono allontanati tranne un uomo anziano dalla leggera barba bianca e una grande chiazza pelata in testa. Lui fu l'ultima cosa che riuscii a vedere prima di perdere i sensi completamente.

Mi svegliai a causa del sole che filtrava attraverso un spiraglio delle tende. Socchiusi gli occhi muovendomi appena sul soffice letto.
- Ti sei svegliata - 
mormorò una voce che proveniva dalla porta. Istintivamente portai una mano alla cintola, trovando solo il vuoto. Guardai Cesare avvicinarsi lentamente fino a sedersi su una poltrona posta di fianco al mio letto. Lo guardai, il volto era stanco e pallido, sotto gli occhi chiari c'erano pesanti e scure occhiaie.
- Così sembra - 
sussurrai guardandolo attentamente. Sembrava turbato e anche profondamente. Non stava indossando gli abiti da cardinale, ma quelli da viaggio e questo mi fece allarmare
- Dove state andando? -
chiesi allarmata. Sembrava pronto per viaggiare; aveva i pantaloni di pelle neri e la casacca di lino leggero sotto un gilet nero, la sua spada appuntata al fianco.
- Torno a Roma - 
disse lentamente, allungando una mano fino a sfiorare il livido sullo zigomo. Potevo ancora sentire la guancia pulsare e per quanto lui fosse stato delicato, ogni tocco in quel punto avrebbe provocato dolore.
- Dovevate avvertirmi, sarò pronta in pochi minuti - 
mormorai scoprendomi, cominciando ad alzarmi. Mettermi seduta mi costò non pochi sforzi e potevo sentire il freddo pungere la pelle nuda del torace. Infatti non indossavo nessuna maglia o corpetto, solamente una stretta fascia in pelle nera che copriva il seno.
- Giulia... - 
mi chiamò Cesare, ma lo ignorai. Mi alzai barcollante e camminai lentamente verso i miei vestiti. Potevo sentire il coltello lacerare ogni volta più carne ad ogni passo e quando arrivai al muro mi appoggiai ad esso, respirando a fatica. Sentii la poltrona muoversi e Cesare mi venne vicino, coprendomi con una coperta. 
- Giulia, devi rimanere qua, almeno finché non sarai guarita -
disse lui, facendo una lieve pressione sulle mie spalle per spostarmi, ma rimasi immobile, inchiodata allo stesso posto. Ero testarda, incredibilmente testarda e nessuno mi avrebbe obbligato a fare qualcosa che non volevo fare.
- Sto bene, Signor Borgia, non c'è bisogno che vi preoccupiate per me - 
dissi con un tono freddo e distaccato che fecero tremare le mani del giovane posate sulle mie spalle. Poche volte mi rivolgevo a Cesare come Signor Borgia e quando lo facevo non era mai per essere carina. 
- Ascoltami...- 
cercò di dire lui, ma non lo ascoltai
- Sto bene. Il mio compito è quello di proteggervi e quello farò. Non vi dovete preoccupare per me, qualche minuto e sono pronta - 
dissi senza neanche guardarlo negli occhi, prendendo i miei vestiti e il resto delle cose, tornando al letto cercando di barcollare di meno. Lo vidi andarsene e guardai per qualche secondo la porta chiusa per poi prendere la pesante sacca e gettarla contro un vaso di vetro, facendolo cadere e frantumare. Perchè doveva fare così? Perchè non stava al suo posto?

Come promesso dopo pochi minuti fui pronta. Ringraziai Machiavelli per poi salire sul cavallo. Uscimmo da Firenze presto. Non avevo idea di quanto tempo eravamo rimasti li ne il perchè ci stavamo allontanando con Savonarola che ancora parlava in libertà di quello che voleva. Probabilmente Cesare doveva parlare con suo padre il Papa, Rodrigo Borgia, ma così facendo rischiava una sommossa di Firenze. Ad ogni passo del cavallo la schiena sembrava lacerarsi, ma mai una volta dissi niente o chiesi di rallentare. Ci fermammo solamente dopo che il sole fu tramontato e subito cominciammo ad accamparci. Con difficoltà riuscii a montare la mia piccola tenda e stavo quasi per stendermi, concedendomi così del sollievo, quando un soldato arrivò
- Signor Borgia vi vuole vedere -
disse trattenendo a stento un sorriso. Alzai un sopracciglio e lo guardai 
- Dite al cardinale che sto arrivando -
risposi continuando a guardarlo. Lui annuì e fece una sottospecie di inchino di scherno prima di andarsene. Chiusi gli occhi per qualche secondo per poi prendere i lunghi capelli scuri, incominciando ad intrecciarli in una treccia morbida che ricadeva fino a metà schiena per poi dirigermi verso la tenda di Cesare. Entrai e feci un mezzo inchino
- Signor cardinale -
dissi, fredda come il ghiaccio, guardandolo senza però vederlo. Quello che mi aveva fatto ancora bruciava e mi sembrava di tenere il suo marchio a fuoco sulla mia guancia. 
- Ho bisogno che consegniate questa lettera a due uomini fidati. Dite loro di consegnarla alla Signora Sforza, dicendole anche che saremo da lei in pochi giorni -
mormorò consegnandomi la lettere. Sul fronte c'era il nome di Caterina Sforza, scritto in maniera elegante e sottile. Presi la lettere e lottai con me stessa per non stracciarla all'istante. La mascella si contrasse così come l'altra mano, che si strinse a pugno fino a sbiancare le nocche
- Come Voi desiderate - 
dissi a denti stretti, la voglia di stracciare quella maledetta lettera era forte. Caterina Sforza, forte quanto bella. Provavo una sorta di gelosia verso di lei, anche se non ne avevo ne il diritto ne la volontà. 
- Poi torna qui e fai in fretta - 
aggiunse poco dopo. Non mi girai per rivolgergli nessun inchino e uscii dalla tenda. Stavo tirando troppo la corda e, prima o poi, si sarebbe spezzata, ne ero consapevole. Consegnai la lettera quasi con riluttanza per poi tornare nella tenda di Cesare. Lo trovai intento a spogliarsi. Si tolse il gilet e la camicia, rimanendo a petto nudo.
- Lì c'è una caraffa con dell'acqua e una spugna, lavami -
disse lui, seguendo attentamente ogni mio movimento. Andai verso la caraffa, cercando di reggere il dolore, ma quando feci per alzarla sentii uno strappo e un dolore acuto e la caraffa mi cadde dalle mani, rompendosi a terra, facendo uscire tutto il suo contento. Incredula guardai le mie dita che sembravano aver perso la sensibilità per un attimo
- Mi scusi, cardinale...vado a cercare un altra caraffa e dell'acqua - 
dissi passandogli davanti e fu in quel momento che lui prese il mio polso, stringendolo con forza, impedendomi di avanzare. 
- Perchè non fai mai quello che ti chiedo? -
chiese, guardandomi negli occhi. I suoi sembravano brillare quasi, mentre le labbra di muovevano veloci.
- Mi dispiace portarvi dispiacere -
risposi guardandolo negli occhi, provocando la sua risata, una risata quasi isterica. Lo guardai alzando un sopracciglio, chiedendomi perchè stava ridendo e di così tanto gusto. Velocemente una mano andò a scoprire il collo, lasciando vedere il succhiotto rosso
- E questo? - 
chiese a denti stretti. Sembrava che quel segno gli desse incredibilmente fastidio. Strattonai il polso, ma la sua presa era incredibilmente salda
- Perchè vi da tanto fastidio che vada con altri uomini? - 
urlai, esasperata, chiudendo di istinto gli occhi e alzando un braccio a protezione, d'istinto. Non ne sapevo il motivo, ma mi aspettavo un altro colpo che però non arrivò.
- Perchè tu sei Mia... - 
sibilò lui avvicinandosi ancora di più al mio viso. In pochi secondi mi ritrovai le sue labbra sulle mie in un bacio rabbioso. Cercai di divincolarmi e ci riuscii solamente dopo qualche secondo. Guardai Cesare, le labbra arrossate e il fiato corto
- Io non sono tua... Non voglio esserlo - 
dissi guardandolo negli occhi, le lacrime che a stento riuscivo a trattenere. Mi sentivo incredibilmente usata da lui. 
- Sono stata il tuo giocattolo per tanto tempo Cesare e ti ho dato tutto...ma adesso sono cresciuta e non puoi pretendere di avermi quando vuoi mentre io vedo donne entrare ed uscire dal tuo letto... -
dissi continuando a guardarlo, cercando di trattenere le lacrime che sembravano volermi mostrare fragile all'uomo che invece pensava fossi senza cuore. Vidi il volto di Cesare rabbuiarsi e le sue mani chiudersi a pugno e poi aprirsi
- Il nostro accordo non era questo...-
mormorai con il fiato corto, gli occhi sempre puntati su di lui
- Il nostro accordo era che io tacevo su quello che stavi per fare, risparmiandoti la vita o per lo meno la mano, e in cambio tu saresti diventata la mia amante - 
disse lui avvicinandosi con lentezza. Continuai a guardarlo, annuendo lentamente. Sapevo cosa stava per dire e cosa stava per fare e nonostante tutto quello che gli avevo detto prima mai sarei riuscita a fermarlo. 
- Allora amami -
aveva alla fine sussurrato, posando la sua fronte sulla mia. Lentamente mi avvicinai alle sue labbra, cominciando a baciarle dolcemente mentre lui mi accarezzava il corpo, camminando all'indietro fino al letto, dove si sedette. Mi abbassai e mi misi a cavalcioni su di lui, continuando a baciarlo e spogliarlo. Quello che lui non sapeva era che io l'amavo ogni volta che andavamo a letto insieme. Era stato lui il primo ed era lui l'unico che mi faceva venire le scosse lungo la spina dorsale ad ogni bacio e carezza. Ogni volta che lui si portava a letto un altra donna mi sembrava di essere spezzata. Non ne sapevo il motivo. Più di una volta avevo detto basta e più di una volta avevo cercato consolazione in altri uomini, ma nessuno di loro era Cesare. Ma non potevo dire niente. Non era una dama, ero una semplice popolana che era diventata la sua amante e per di più Cesare era un cardinale, il figlio del Papa.
Sentivo le mani di Cesare cominciare a slacciare sapientemente il corpetto, per poi finire sui miei seni ancora acerbi, stimolandoli un poco con le mani e poi con le labbra, mentre io non potevo far altro che chiudere gli occhi e godermi quel momento. Ancora una volta cercai le sue labbra che trovai quasi subito, mentre con le mani andavo a slacciargli e abbassargli i pantaloni, che poi ci pensò lui a togliersi, lasciandosi completamente nudo. Sarebbe stato bello farlo in situazioni e ruoli diversi, eppure mai sarebbe successo, lo sapevo. Una lacrima solitaria cadde lunga la mia guancia e subito la nascosi. Presto anche le sue mani cominciarono a scendere fino ai pantaloni che sbottonò quel tanto che gli bastava per riuscire ad infilare una mano e andare a toccare la mia intimità. Sospirai sulle sue labbra, lasciandogli a completa disposizione ogni centimetro del mio corpo che lui non tardò a baciare.  Velocemente i pantaloni vennero tolti e anche io mi ritrovai nuda, ma avevo imparato a non avere pudore verso di lui. Lo seguii al centro del letto, sempre sopra di lui, baciandogli le labbra e scendendo al collo, giocando con il suo sesso mentre lui portava piacere a me. Lo guardai mentre lentamente lo lasciai scivolare dentro di me. Vidi i suoi occhi chiari chiudersi per qualche secondo e le sue labbra aprirsi in un sospiro. Subito lo baciai, muovendomi su di lui, portandogli piacere nel modo che lui preferiva. La schiena che doleva ad ogni movimento e passaggio della sua mano ampia e calda. Cesare si sedette e mi guardò negli occhi per diversi secondi prima di avvicinarsi lentamente alle mie labbra, baciandole con lentezza e qualcosa simile a dolcezza mentre io continuavo a muovermi su di lui. Continuai quella dolce e passionale danza finché non sentii le sue mani prendermi per i fianchi e alzarmi. Cesare uscì da me qualche secondo prima di raggiungere l'orgasmo. Rimasi sdraiata nel letto, aspettando che dicesse o facesse qualcosa, guardando la sua ampia schiena. Lentamente si girò e sorrise, abbassandosi per baciarmi. Ricambiai il bacio prima di venire coperta dal lenzuolo. Lo sentii sdraiarsi sul letto e dopo qualche secondo dormire, russando appena, fu solamente in quel momento che mi concessi di piangere.
  
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