I capitolo
Mi sciacquai la faccia per levare il
lieve velo di sudore
che mi bagnava la fronte. Ero sconvolta, e chi non lo
sarebbe stato alle 3 di
mattina? Avevo avuto un incubo, del quale non ricordavo nulla, mi ero
svegliata
urlando
e piangendo ma non mi importava molto sapere il perché.
Decisi che era
meglio tornare a dormire se la mattina seguente volevo essere
presentabile.
Salii le scale per andare nella mia camera e per poco non sbattei
contro
lo
spigolo della cassapanca in corridoio ma riuscii a entrare nel mio
letto sana e
salva. Per addolcirmi il sonno
presi l’ I-pod dalla tasca della mia tracolla e
sulle note dei goo goo dols caddi in un sonno profondo.
Mi risvegliò mia mamma
scuotendomi energicamente come ogni mattina dall’inizio della
scuola, visto che non volevo mai alzarmi. Infilai le pantofole e scesi in cucina dove mi
attendeva la colazione che consumai
in fretta visto l’ora avanzata. Mi cambia velocemente,
indossai i miei soliti jeans un maglioncino e le scarpe
da ginnastica, saltai in
macchina e mio padre mi accompagnò a scuola. Il tempo non
era dei migliori
aveva piovuto tutto il giorno prima e le strade erano umide,il cielo
era di un
colore grigiastro che non preannunciava nulla di buono. Tutto sommato la
giornata si prospettava normale, avevo più sonno del
solito per colpa
dell’incubo di quella notte ma nulla di più.
All’entrata incontrai la mia amica
Lis e altre
nostre compagne che parlavano del compito di latino della seconda
ora, avevano tutte una paura folle,
io invece ero calma, mi piaceva quella
materia e non avevo nessun problema con le traduzioni.
La mattinata passò
velocemente un po’ meno l’ora di matematica
perché odiavo quella materia con
tutta me stessa.
Per tornare a casa prendevo l’autobus che era sempre
stracolmo
di gente, quella volta però mi sentivo degli occhi
addosso, come se qualcuno mi
fissasse insistentemente, ma non vidi nessuno di strano, i soliti
anziani e
qualche ragazza che frequentava la mia scuola, forse era solo una mia
sensazione così decisi di far finta di nulla.
Quando arrivò la mia fermata
scesi e attraversai la strada senza guardare.
Un rumore assordante di freni e
gomme che slittano sull’asfalto ecco cosa sentii prima di
cadere a terra
e sbattere
la testa contro quello che ritenevo il suolo. Persi i sensi per qualche
minuto,
sentivo delle voci
ma la mia vista era appannata e avevo un forte dolore alla
testa. Decisi di rialzarmi ma non mi era possibile,
qualcosa mi bloccava le
braccia e mi immobilizzava al suolo, aprii un occhio dopo
l’altro, le immagini
dapprima
sfuocate diventarono nitide, era una persona che mi teneva in quella
morsa d’acciaio.
< Ma..che..che cavolo è successo? > Dissi poi
un’altra
fitta
< Ah che mal di testa >.
< Hai preso una forte botta cerca di
stare ferma > era un ragazzo che aveva parlato, quello che mi
bloccava le
mani,
cercai di focalizzare il suo viso, mamma se era bello, da togliere il
fiato. Aveva gli occhi verdi smeraldo, i riccioli neri
tutti scompigliati e la
carnagione chiarissima, sembrava un dio. Ma prima di riuscire a
formulare una
frase di senso
compiuto si spostò da me e se ne andò, mi faceva
ancora un po’
male la nuca ma riuscii finalmente ad alzarmi giusto
per vederlo andare via.
< Ti sei fatta male? > la voce roca di un uomo mi giunse
dalle spalle
aveva il braccio appoggiato alla portiera di un
camion,
< pensavo di non
aver frenato in tempo, tutto a posto? > era lui che stava per
mettermi
sotto,
< si solo qualche ammaccatura grazie >. Detto
ciò salì sul suo
mezzo e ripartì con un rombo assordante.