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Autore: Wave__    09/11/2013    2 recensioni
Janelle Ravenwood, 17 anni, popolare e con una migliore amica che per lei è tutto. Janelle ha sempre avuto tutto nella vita, non s'è mai lamentata. L'unico suo difetto? Nascondere la reale sè stessa.
La sua vita improvvisamente cambia, quando entra a contatto con Ryan Brexton, un ragazzo al quanto misterioso che lavora nella scuola come sostituto dell'allenatore della squadra di football.
Janelle ne resta incantata, eppure qualcosa di ancora più grave sta per abbattersi su di lei.
Tutto inizia con un incubo, che ogni notte non le lascia scampo.
Un incubo con un orrore ben più profondo, con una realtà ancora più spaventosa.
..E' questo quello che accade quando si diventa l'ossessione di qualcosa con un'anima più oscura della notte stessa.
Genere: Fantasy, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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L’INIZIO DI TUTTO - CAPITOLO 1
 
Ciao! Mi chiamo Janelle Ravenwood, ma tutti – o quasi – utilizzano il mio soprannome: Ever. Questa che vi racconterò è la mia storia, ma non una storia qualsiasi, non una storia come quelle che si vedono nei film. Questa storia è reale e anche io ho faticato a credere a tutto quello che stava succedendo, inizialmente. Ma poi quella realtà che credevo non esistere, è diventata parte della mia vita, che si è completamente trasformata in pochi mesi.
Sono passata da "vita tranquilla di una diciassettenne stronza che usava i ragazzi per puro divertimento" a "vita frenetica, impossibile, ma soprattutto paranormale di una diciassettenne innamorata".
 
«Jan, svegliati! E’ tardissimo ed è solamente una settimana che vai a scuola!»
Sentivo la voce lontana di mia madre. Sempre la solita madre apprensiva che viziava la figlia maggiore come nessuna mai vizierebbe la propria.
Ero la sua prescelta. Mi amava. Quasi mi venerava come se fossi una Dea.
Bhè che dire, avevo avuto la fortuna di nascere in una famiglia ricca e di avere tutto quello che avevo sempre desiderato.  
«Janelle Ravenwood, muoviti, o farai tardi!»
La sua voce era distante, eppure anche così dannatamente vicina.
Sempre mamma che mi chiamava. Non poteva starsene zitta?
Ero nel bel mezzo di un sogno. Si, un sogno che mi perseguitava, uno di quelli che non lasciano scampo. Nulla riusciva mai a strapparmi da quell’incubo.
 
«Corri Ever! Corri e non ti fermare.. Non ti puoi far prendere dal panico!»
Erano quelle le parole che rimbombavano nella mia testa. Continuamente.
Continuavo a correre, voltandomi a ogni passo. Sentivo la sua presenza costante dietro di me ma non riuscivo a vederlo. Sapevo che era un uomo. E voleva me.
Mi voleva per sé.
«Non mi scapperai, tu sei mia. Mia. Ancora non l’hai capito?!»
Avevo i brividi, quella voce era possente, ringhiava, ruggiva.
Sentivo il suo respiro sulla nuca, così dicevo alle mie gambe di correre più forte.
Correvo e più correvo, più mi mancava il fiato, sentivo i polmoni bruciare, quasi come se stessero andando a fuoco; sapevo di stare per cedere ma non potevo.
Non potevo fermarmi, non potevo arrendermi.
Dovevo liberarmi di Lui. Solamente dopo, mi sarei fermata.
Solamente dopo avrei detto stop.
Il silenzio prese posto, facendomi voltare improvvisamente. I suoi passi non si sentivano più.
Il bosco tutto a un tratto era diventato calmo, confortante quasi.

Avrei tanto voluto tirare un sospiro di sollievo, lo stetti per fare, quando..
Quanto tutto successe in una frazione di secondo.

Qualcuno che mi fissava, qualcuno che mi stava perforando da parte a parte con un semplice sguardo. Lentamente, totalmente impaurita e tremante, mi voltai e mi ritrovai faccia a faccia con quell’orribile mostro.
Lui aprì la mandibola, mostrandomi i lunghi canini.
Feci per urlare, ma non ne ebbi il tempo.
I suoi denti s’infilarono nella mia carne.

Mi svegliai di soprassalto, tutta sudata. Il babydoll appiccicato perfino alla pelle. Quell’incubo mi perseguitava. Com’era possibile sognare per una settimana di fila la stessa cosa? E cosa ancora più strana se sognavi.. Un vampiro.  Mi passai una mano tra i lunghi capelli scuri, cercando di calmarmi, cercando di calmare soprattutto il battito del mio cuore, che ancora martellava nel petto.
«I vampiri non esistono, Ever. Non esistono.» dissi tra me e me, scuotendo la testa per levarmi quel pensiero dalla mente, che ormai era diventato il mio tormento giornaliero.
Non riuscivo a pensare ad altro per tutto il giorno e di sera, avevo costantemente l’ansia di andare a dormire. Se avessi potuto, non lo avrei fatto.
Il pensiero di poter sognare ancora la stessa cosa, mi destabilizzava.
Perché diamine quel sogno era così ricorrente?
Dovevo lasciar perdere tutto. Forse s’evitavo di pensarci, le cose sarebbero cambiate. Quello che il mio inconscio creava, sarebbe svanito nel nulla.
Mi alzai dal letto, stirandomi. Dai lunghi tendoni entrava un sole brillante e per essere l’inizio di settembre scottava ancora. Le aprii, guardando fuori dalla finestra, ammirando il bellissimo paesaggio che si vedeva. Le montagne lontane che circondavano Yellow Stone e che di li a breve si sarebbero riempite di neve.
Ecco un altro dei motivi che mi facevano amare questa cittadina.
Dopo aver contemplato il panorama, andai a farmi una doccia rapida.
L’acqua tiepida mi tolse di dosso il peso di quel sogno. Dovevo smetterla di farne un dramma. Era uno stupido e schifoso incubo incoerente.
Mi vestii con i migliori vestiti che avevo, asciugandomi i lunghi capelli, che andarono successivamente a formare un’alta coda di cavallo, che lasciai ricadere sulla schiena.
Presi la mia borsa dall’armadio, infilandoci l’occorrente scolastico ma, prima di uscire dalla mia camera, mi guardai rapidamente allo specchio.
«Come sempre sono impeccabile.» sussurrai alla mia immagine riflessa, sorridendo.
Scesi rapida le scale, andando verso la cucina.
«Buongiorno mamma! Buongiorno Matt!» salutai entrambi dando loro un bacio sulla guancia.
«Ever, amore, oggi torni a casa o resti da Charlotte?»
«Da Charlie, mamma.»
«Non avevo dubbi.» rispose mio fratello, in tono decisamente freddo.
«Mi dici che ti succede, tesoro? E’ da quando sei in piedi che ti comporti in questa maniera.»
«Cosa vuoi che mi succeda, uhm? Ever è amata da tutti, ma io, invece? Io sono visto da tutti sempre e solamente come il fratello di miss Janelle Ravenwood.»
«Ever è il capo delle cheerleader, Matt. E’ normale che la conoscano.»
«Ero, mamma. Ero. E’ da un anno che non sono più il loro capitano. Per via di quel problema al ginocchio.»
Mamma non mi ascoltava mai, faceva di tutto per mettere Matt in secondo piano.
Ed io, per quanto superficiale fossi, odiavo quando si comportava in quella maniera.
Non mi piaceva che facesse sentire mio fratello come “la pecora nera” della famiglia.
Mi avvicinai a lui, abbracciandolo d’istinto.
«Hei, sarò anche popolare e tutto il resto, ma guarda che sei sempre il fratello migliore del mondo ed io ti voglio un bene dell’anima. Non scordarlo mai.»
Lo guardai negli occhi, sorridendo, quando improvvisamente lo sguardo mi si posò sull’orologio appeso sopra la porta. Merda, merda, merda!
Mancava solamente un quarto alle otto.
«Oddio, è tardissimo! Ho appuntamento nel cortile della scuola con Charlie!»
Non diedi loro il tempo di rispondere, non aspettai neanche mio fratello. Non diedi loro neanche l’attimo per dire qualcosa.
Uscii come una furia da casa, sbattendo la porta, sentendo mia madre imprecare per la mia furia mattutina. Feci il primo pezzo di strada correndo, fermandomi ed iniziando a camminare, in modo tale da riprendere fiato.
Sapevo che di li a poco avrei rivisto la mia migliore amica, Charlotte - per gli amici Charlie -, che era stata a Newport Beach dai parenti per tutta l'estate e anche per la prima settimana di scuola. Alla fine poteva permetterselo, all’inizio del nuovo anno scolastico, non si fa mai nulla.
In qualunque caso, non potevo e non volevo permettermi di fare neanche un solo e unico minuto di ritardo. La voglia di riabbracciarla era grande, immensa.
Con quel pensiero fisso, mi diressi nel mio regno. La mia scuola.
La scuola a cui tutti ambivano, ma ove solamente pochi potevano entrare.
Era lì, che ero cresciuta, era lì che avevo amici, ma anche nemici.
C’era chi mi amava, e chi mi odiava, per invidia, per quello che ero.
La Yellow Stone College.
  
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