Il college era silenzioso. Erano le tre di notte passate, ovvio. L'uomo si aggirava tra i corridoi come un'anima in pena. Non riusciva a prendere sonno, così aveva deciso di andare in mensa per prepararsi una camomilla, ma poco ci volle perchè capisse che nessun infuso lo avrebbe aiutato. Solo vederla sarebbe servito, e forse nemmeno perchè non era sua e, pur mostrandosi allegro e anche un pò tocco davanti a tutti, non poteva fare a meno di sentirsi terribilmente abbattuto.
Quella donna aveva una tale personalità, la capacità, così opposta a lui, di prendere in mano ogni situazione, di risolvere qualunque problema. Tutti la vedevano come la giovane rigida preside Charlotte Fairchild di ventitrè anni, aveva ereditato la carica da suo padre, ma nessuno si accorgeva della sua vera personalità, insicura nella vita privata e timorosa di fare passi falsi.
Henry la conosceva fin da quando erano piccoli, in quanto suo padre e quello di Charlotte erano molto in confidenza. Si ricordava ancora che lei aveva sei anni, lui otto.
Già a quell’età Henry aveva un amore sconfinato per la meccanica e le scienze in generale, ma da quel momento quel sentimento dovette restringersi un po’, perché era arrivata Charlotte. Quella bambina di sei anni che litigava con tutti e ogni volta riusciva a imporsi anche sui ragazzi più grandi, ed era stato questo a farlo innamorare. Da otto anni che aveva ora era arrivato a ventisette e nulla era stato risolto. Certo parlavano un sacco e Charlotte si apriva molto con lui, cosa per la quale Henry ringraziava ogni giorno il Cielo, ma lei probabilmente nemmeno sospettava cosa lui realmente provasse, e se lo sapeva di certo né lo dava a vedere né lo ricambiava. Con questi tristi pensieri Henry giunse alla mensa. La luce era accesa ma Henry non vedeva nessuno attraverso la porta semiaperta. Decise di entrare ugualmente, in fondo lui era un professore aveva tutto il diritto di usufruire delle cucine quanto gli altri, e forse più!
Si stropicciò un paio di volte gli occhi con le mani, gesto che lo fece somigliare vagamente a un bambino insonnolito, ma in realtà doveva solo prendersi il tempo di abituarsi alla potente luce al neon che invadeva lo spazio. Abbracciando l’intera sala con uno sguardo notò che in un angolino c’era un ragazzo. Lo conosceva, e non solo perché era suo alunno. A quel ragazzo erano legati fatti più brutti più belli. William Herondale era senza dubbio un bel ragazzo, ma Henry non lo aveva invidiato nemmeno una volta, troppi retroscena da film drammatico e un carattere poco amabile. Tuttavia era pur sempre un professore e si conoscevano fin da quando Will aveva dodici anni, era suo dovere informarsi su cosa lo turbasse. Non che fosse certo che qualcosa ci fosse ma insomma, dato che stava alle tre di notte rannicchiato in un angolo della mensa con la testa nascosta da capelli e braccia dei dubbi sorgevano.
“Will” sussurrò, quasi temendo che iniziasse a picchiarlo “Will ti senti bene?” La testa del ragazzo si mosse, poi riemerse, ma la sua espressione atterrì Henry, quasi quasi avrebbe preferito che lo picchiasse. Aveva le guance rosee, l’espressione un misto di stralunatezza, paura e rabbia. Henry, respirando, sentì un lieve odore di alcol. Si era ubriacato. Di nuovo. Succedeva più spesso del solito da quando era iniziata la scuola, un mese prima. Will aprì la bocca per rispondere, o almeno così pensava Henry,in realtà vomitò soltanto.
Angolino dell'autrice: Saaaalve popolo :) Mi dispiace di essere stata assente per così tanto ma è stato un periodo d'inferno ... tuttavia stamattina ho buttato giù questo capitolo, spero abbiate apprezzato :)) Che dire ... Ah si! Nel prossimo capitolo spiegherò il motivo per cui Henry non riusciva a dormire e probabilmente sapremo anche un pò di più riguardo Will :)