Ok
giovani lettori, ci siamo. Ecco il capitolone con la battaglia
finale. Spero non mi odierete dopo averlo letto e per come
l’ho concluso, ma c’è
ancora spazio per un capitolo ed un epilogo prima di dire addio a
questa
storia. A settimana prossima. Forse. Se riesco. L.
CAPITOLO
XVIII
SHOWDOWN
– SECONDA PARTE
Per
un attimo il rumore della musica sinfonica che attorniava il gruppo di
Auror
pronti al combattimento si fece così roboante da diventare
insopportabile, poi,
prima che i presenti potessero reagire la melodia creata dalla Serva si
trasformò in un’enorme onda sonica.
L’impatto dell’enorme potenziale creato
dalla magia pura si scaricò in tutta la sua potenza contro
le tre pareti
restanti della sala, simile alla deflagrazione provocata da mille
incanti Bombarda Maxima.
L’urlo
di Percy Weasley che fino ad un attimo prima aveva minacciato di
competere alla
pari con il frastuono dell’orchestra immaginaria creata dalla
sua ragazza fu
sovrastato dal rumore dei calcinacci e delle pareti che venivano
catapultati in
ogni direzione. L’ufficio degli Auror dove i combattenti
stavano radunati
trasformato in un enorme deposito di detriti e macerie.
Thabatha
Goldielocks se ne stava in ginocchio. Il luogo dove fino a pochi
secondi prima
Fergus aveva atteso l’attacco di Diodora accanto a lei
vacante. La bacchetta
ancora in pugno la giovane donna fissava con un’aria quasi
affascinata l’enorme
scheggia di vetro che le attraversava da parte a parte il braccio. La
scrivania
sulla quale aveva speso ore ed ore nei giorni precedenti alla ricerca
di un
indizio per fermare la Mackenzie si era disintegrata in mille frammenti
i quali
erano stati scagliati come grandi frecce per la stanza.
Era
strano. Non faceva male come si sarebbe aspettata. Guardando il palmo
della
mano che impugnava la bacchetta, Thabatha mosse piano le dita.
Il
sottile lamento di un animale ferito attirò
l’attenzione dell’Auror. Curiosa si
guardò intorno cercando la fonte di quel
suono.
Era
strano. Sembrava non ci fosse nessuno vicino a lei, eppure quel gemito
di
dolore sembrava provenire dalle sue immediate vicinanze. Non
c’era nessun altro
suono, la musica era cessata ed il silenzio che risuonava nelle sue
orecchie,
insieme a quel lamento disperato era straziante.
** *
**
Fergus
si sollevò piano da terra. Aveva battuto la testa contro
qualcosa di solido. Il
pavimento forse. Il sangue gli colava lungo il lato destro del viso
copioso.
Non era niente di preoccupante: nei corsi all’Accademia
Fergus aveva imparato
che i tagli alle sopracciglia sanguinano molto perché si
tratta di una zona
molto capillarizzata. Doveva solo cercare di tenere il sangue lontano
dagli
occhi e raggiungere gli altri.
Il
Capitano Weasley era stato molto chiaro, il suo compito era, oltre a
quello di
combattere, quello di occuparsi di coloro che si fossero feriti durante
la
battaglia e sicuramente l’esplosione che l’aveva
sbalzato lontano dal luogo in
cui si trovava prima, aveva un grande potenziale offensivo.
Sbirciando
oltre i detriti dietro i quali era finito, Fergus cominciò a
camminare piano,
bacchetta in pugno, cercando di individuare dove fossero finiti gli
altri e
dove si trovassero Audrey e Diodora. Il caos attorno a lui era enorme.
Quella
dannata musica che aveva dato luogo alla deflagrazione si era per un
attimo
attenuata, ma ora stava riprendendo vigore come se si preparasse a
creare una
nuova onda distruttiva. Poteva sentire le voci dei suoi compagni
gridare ordini
ed incantesimi. La voce di Ron più forte di tutte le altre,
intervallata a
quella del Capitano Potter.
Scavalcando
un mucchio di pezzi di vetro e calcinacci, Fergus notò
Rednails brandire la sua
bacchetta in un movimento complesso sollevando la trave che gli
ostruiva il
passaggio. Sembrava che al di là di qualche contusione e
livido, il grosso
Auror stesse bene.
“Tutto
ok, Hector?” Strillò.
“Non
c’è male. Non so cosa fosse quella dannata cosa,
ma dobbiamo impedire che si
ripeta.” Gridò lui di rimando. “Per
fortuna il campo di forza intorno al
manufatto ha retto.”
Fergus
sorrise nonostante la situazione. Non aveva dubbio che
l’avrebbe fatto.
Thabatha aveva studiato come una pazza per trovare
quell’incantesimo e mai
avrebbe lasciato nulla al caso. Lei era così metodica e
brillante.
Proprio
mentre finiva di formulare questo pensiero, un suono disperato
richiamò
l’attenzione dei due Auror. Prima che Fergus potesse
accorgersi cosa fosse, la
voce di Hector Rednails gli gelò il sangue nella vene.
“Per
Merlino, Goldielocks.” Lo sentì mormorare prima di
correre a gran velocità
verso la figura in ginocchio.
In
un attimo tutti i timori che avevano tormentato Fergus prima della
battaglia
gli si scagliarono addosso mentre imitava l’auror di colore,
raggiungendo
Thabatha.
Gli
enormi occhi della ragazza si fissarono su di lui quasi non lo
vedessero. Aveva
un’espressione assente come trasecolata e continuava a
emettere quel suono a
metà tra un lamento ed un singhiozzo come se non se ne
accorgesse. La pozza di
sangue ai suoi piedi era di una dimensione tale da far preoccupare
tremendamente Fergus. La scheggia di vetro che le trapassava l'arto,
sembrava essersi incastrata nell’articolazione tra la spalla
ed il braccio,
rendendola incapace di muoverlo dal polso in su.
“Thabatha,
non preoccuparti, tesoro. Lasciami fare.” Lei
continuò a guardarlo con
espressione assente.
“Hector,
per l’amor del cielo, aiutami. Dobbiamo levarlo, prima di
poter curare la
ferita.”
Sussurrò.
L’Auror
lo guardò spaventato. “Ma se è il pezzo
di vetro ad arrestare un po’
l’emorragia, cosa accadrà se lo
sfileremo?”
Fergus
scosse la testa, non voleva nemmeno pensarci, ma non poteva aspettare
la
quantità di sangue che la giovane Auror aveva già
perduto era già
sufficientemente preoccupante.
** *
**
Harry
Potter guardò l’uomo dai capelli rossi che
combatteva accanto a lui. Già una
volta aveva visto Percy lottare con quell’espressione di
completa devastante
disperazione stampata sul volto ed oggi come allora il terzogenito
Weasley
combatteva a testa bassa, la muta determinazione di un uomo senza
più nulla da
perdere stampato in volto.
Dopo
la violenta deflagrazione iniziale, Diodora sembrava aver deciso di
concedere alla
sua Serva il tempo di ricaricare tutte le sue forze, limitandosi a
sferrare
incantesimi offensivi standard.
La
Mackenzie era un’ottima combattente. Fredda e spietata e
nonostante il suo
esercito fosse formato solo da lei e da Audrey, la strega stava
lottando
valorosamente con gran parte dei migliori Auror che Harry avesse mai
conosciuto.
Balzando
indietro per schivare un incanto Expulso indirizzato
verso di lui, il Capitano Auror guardò preoccupato il campo
di forza che, alle
sue spalle, proteggeva il manufatto sequestrato a Dioscurus Mackenzie
tanto
tempo prima. La superficie dello stesso scintillava di tanto in tanto,
segno
che la magia protettiva che lo racchiudeva si stava rapidamente
attenuando
contro i continui assalti ed incantesimi che Diodora ed Audrey gli
indirizzavano, quando non cercavano di colpire gli auror.
“Percy,
il campo di forza sta per cedere dobbiamo rinforzarlo.”
L’uomo
scagliò un incanto Confringo verso
Diodora. Sebbene la minaccia più letale fosse costituita da
Audrey sembrava che
nessuno degli auror, senza che alcuno di loro avesse verbalizzato il
concetto,
tentassero di colpirla. Benché al momento la donna
costituisse un accerrimo
nemico tutti erano consapevoli che lei agiva come uno strumento della
criminale
e contro la sua volontà e cercavano in ogni modo di evitare
di ferirla.
“Presto,
Harry, coprimi. Devo rinforzare l’incantesimo. Non possiamo
permetterle di
prenderlo.”
Harry
annuì. “Seymour, Smith da questa parte. Quiiiiii!
Presto!”
I
due uomini corsero a tutta velocità verso il Capitano
Potter. “Ci serve
qualcosa che distragga la Mackenzie per un po’. Dobbiamo
proteggere il
manufatto meglio. Al mio tre, tutti insieme Aqua
Eructo.”
Il
grande getto d’acqua creato dalle bacchette dei tre auror si
attorcigliò in un
enorme gorgo schiumante prima di formare un arco lungo quello che una
volta era
il soffitto dell’ufficio degli Auror dirigendosi verso il
brandello di parete
sul quale stavano Diodora ed Audrey.
Colpita
in pieno, Diodora perse leggermente l’equilibrio, scivolando
in avanti, prima
di riprendersi, piroettando in una sorta di salto mortale al
rallentatore verso
il pavimento. La bacchetta che descriveva nell’aria lo stesso
movimento del suo
corpo.
In
quello stesso momento Harry sentì Seymour mormorare
“Oh Merlino Capitano. Audrey,
ho sentito la voce di Audrey dirmi quasi.”
Harry
si girò lentamente verso l’auror biondo.
“Che vuol dire?”
“Non
ne ho idea.”
“Ok,
Duncan, continua a …” Qualunque fosse il concetto
che Harry Potter voleva
esprimere le sue parole furono troncate da un'esplosione a pochi passi
da lui.
** *
**
Concentrandosi
al massimo
delle sue possibilità Percy cercò di rinforzare
il più possibile il campo di
forza intorno al manufatto.
Si
sentiva come avvolto in una grossa nuvola di nebbia e disperazione dove
esisteva
solo l’istante immediatamente successivo. L’aver
visto che Diodora si era
servita di Audrey per mettere in atto il suo diabolico piano
l’aveva privato di
ogni speranza. Combatteva come un condannato a morte. Comunque fosse
andata,
comunque la battaglia si fosse conclusa, Percy avrebbe perso tutto.
Per
poter sconfiggere Diodora era necessario privarla della sua arma e,
malgrado,
sinora gli Auror avessero cercato di evitarlo era evidente che per
farlo prima
o poi avrebbero dovuto scagliarsi contro Audrey. Il procuratore Weasley
era un
uomo di logica e razionalità e questa era la soluzione
logica e razionale per
quanto fosse la più sgradita verità che egli si
fosse mai trovato di fronte.
Avrebbe
combattuto sino alla morte. Se Diodora avesse raggiunto il suo
obiettivo
l’avrebbe fatto camminando sul cadavere di Percival Ignatius
Weasley.
** *
**
Ron
si guardò intorno. La battaglia si stava mettendo sempre
peggio. L’ufficio
degli Auror era ormai un cumulo di macerie e non vi era più
che una manciata di
uomini per proteggere il manufatto DM-5.9.666.
Hermione
e Neville si trovavano a pochi passi da lui. Dopo il momento di
assoluto
terrore che aveva provato quando li aveva persi di vista a seguito
dell’esplosione
iniziale, l’uomo si era assicurato di non allontanarsi mai da
loro.
Come
c’era da aspettarsi sua moglie e l’amico
Grifondoro, sebbene fossero civili,
stavano combattendo come i suoi uomini senza esclusione di colpi.
Hermione
letale con la bacchetta come lo era sempre stata sin da ragazzina
quando era
stato necessario combattere con i più perfidi dei maghi
oscuri.
Improvvisamente
un’esplosione particolarmente vicina a loro li fece girare di
scatto.
“Oddio,
Harry!!!!”
Prima
di rendersi conto di ciò che stava accadendo pienamente,
vide Hermione correre
verso il loro migliore amico.
“Aspetta,
Hermione.” Gridò, seguendola.
** *
**
Fergus
sentiva il cuore rimbombargli nelle orecchie. La bacchetta rischiava di
scivolare nel palmo sudato della sua destra, ma sapeva di doversi
concentrare
al massimo.
Si
trattava di Thabatha e non poteva in alcun modo sbagliare.
“Hector,
tienila ferma per l’altra spalla, per favore.”
L’enorme braccio dell’Auror più
anziano si posò sulla spalla sana della giovane donna.
Respirando
piano, Fergus cominciò a sfilare con tantissima accuratezza
il frammento di
vetro imprigionato all’interno del braccio di Thabatha.
L’incantesimo che stava
utilizzando per rimuoverlo era una magia standard che veniva
comunemente
utilizzata da tutte le madri per togliere pezzettini di vetro dalle
braccia o
dalle gambe dei loro bimbi in caso di incidente domestico.
Ciò
che rendeva particolarmente complessa e pericolosa
l’operazione che stava
eseguendo era la dimensione del frammento di vetro conficcato nel
braccio di
Thabatha, la quantità di sangue che la ragazza aveva
già perso e
la presenza di grossi vani sanguinei in quella parte del corpo, che avrebbe
potuto
provocarle una tremenda emoraggia, una volta che il corpo contundente
fosse
rimosso.
Fergus
fissò la scheggia di vetro, mentre la stessa si muoveva
lentamente. Sapeva che
l’operazione doveva essere particolarmente dolorosa per
Thabatha, ma non si
fidava di utilizzare altri incantesimi che attenuando la sua sofferenza
avrebbero potuto farle perdere ancor più le forze.
Il
corpo della giovane Auror cominciò a tremare in maniera
preoccupante,
nonostante Hector la tenesse saldamente. Sembrava che la ragazza stesse
per
avere le convulsioni. Doveva fare al più presto.
Muovendo
la bacchetta più velocemente Fergus liberò il
frammento dalla carne dell’auror
Goldielocks. Immediatamente il sangue cominciò a zampillare
dalla ferita.
“Per
Merlino!!!”
“Fergus?”
domandò preoccupato Rednails.
“E’
un’emorragia, devo far presto.”
“Vulnus sanare!” Strillò
forte,
tremendamente impaurito. Non poteva permettere che Thabatha morisse.
Era sempre
più pallida, ma non poteva lasciarla andare, non con tutto
quello che provava
per lei. Stringendo i denti, l’auror continuò a
ripetere l’incanto finché la ferita
cominciò a rimarginarsi.
Thabatha
che aveva mantenuto una parvenza di semicoscienza fino a quel momento
si lasciò
andare priva di sensi contro il corpo di Hector.
“Presto,
Hector devi portarla in infermeria, ti prego. Io devo star qui ad
assistere gli
altri.”
“Tornerò
al più presto, andrà tutto bene.” Lo
rassicurò, l’auror dirigendosi con
Thabatha tra le braccia verso quello che restava del corridoio
dell’ufficio.
Respirando
per cercar di calmarsi, Fergus si diresse a grande velocità
verso il luogo in
cui aveva sentito una grande esplosione. Sperava solo che nessuno fosse
gravemente ferito, era già terrorizzato così
com’era.
** * **
Seymour
guardò il volto sofferente di Smith, qualche secondo prima
aveva sussurrato ad
Harry Potter delle parole di speranza ed ora gli occhi azzurri
dell’uomo che
era stato il più fidato compagno d’armi che avesse
avuto lo fissavano privi di
vita.
In
uno slancio eroico, Smith si era gettato verso il corpo di Harry Potter
nel
momento in cui l’esplosione l’aveva investito ed il
suo corpo aveva agito da
scudo per quello del Bambino Sopravvissuto. Le ferite che aveva
riportato erano
state tanto gravi da ucciderlo sul colpo.
Harry
lo guardò con gli occhi pieni di lacrime, sussurrando.
“Tutto ok?”
Alcune
schegge avevano colpito entrambi, ma a parte alcune ferite
superficiali,
sembravano stessero bene.
Seymour
annuì incapace di parlare.
“Dobbiamo
fermarla.” Urlò Harry, lanciando nuovamente un
incantesimo all’indirizzo di
Diodora.
** * **
Ron
gridò a pieni polmoni, ma persa nella sua corsa disperata
verso Harry, Hermione
non si fermò. L’esplosione attorno a loro
annebbiò la sua vista.
Quando
il fumo si diradò, la donna non era più visibile.
“Neville!”
chiamò Ron disperato. “Hermione? Non vedo
più Hermione!”
Correndo
accanto a lui, l’amico di infanzia cominciò a
guardarsi in giro altrettanto
convulso. “Non so dove sia, Ron.”
“Harry!”
Il
Capitano Potter la bacchetta in pugno si girò verso il
cognato. “Che c’è, Ron?”
Ai
suoi piedi il corpo esanime dell’auror Smith, sembrava
ricordare all’agitatissimo
rosso quale fosse il pericolo che tutti stavano correndo.
“Non
trovo più, Hermione!”
“Come???
Per Merlino!”
In
quel momento tutti i presenti sentirono la voce di Audrey risuonare
nell’aria. Il
suo corpo stava divenendo luminoso in maniera quasi insopportabile alle
spalle
di Diodora. Le sue labbra erano completamente ferme.
“Date
alla mia Padrona, ciò che è Suo e perirete
rapidamente. Altrimenti affronterete
la sua giusta ira!”
In
quel momento tutto intorno a loro cominciò a tremare quasi
che le parole della
donna dovessero trovare conferma nei fatti.
Una
voce stentorea quasi quanto quella di Audrey ed altrettanto
agghiacciante si
levò da dietro il gruppo di uomini.
“Mackenzie,
non avrai mai quello che vuoi. Non importa cosa farai! Audrey, tesoro
mio, ti
amo. So che non sei tu, so che non vuoi farci del male.” Le
lacrime solcavano
il volto di Percy, ma la sua volontà era d’acciaio.
Sollevando
l’incantesimo di protezione dal manufatto sequestrato da un
colpo di bacchetta,
l’uomo urlò “Vieni a prenderlo, se
vuoi.”
Immediatamente
sentirono la risata di Diodora eccheggiare nell’aria.
“Stolti! Mia Serva
prendilo, ora.”
Avanzando
a lunghi passi misurati verso Percy, il corpo luminescente, mentre il
terremoto
che minacciava di farli cadere aumentava ad ogni passo, Audrey si fece
strada
verso il manufatto.
Gli
incantesimi che infine gli auror e Neville erano costretti a scagliare
verso di
lei per fermarla, sembravano infrangersi contro una sorta di campo di
forza che
l’avvolgeva. Quando Ron fece per correre verso di lei per
salvare il fratello
venne scaraventato a terrà con una tale violenza che Fergus
poté percepire lo
scricchiolio di alcune delle sue costole che si fratturavano
all’istante. Immediatamente
il giovane corse incontro al suo Capitano per prestargli soccorso.
Lo
spettacolo a cui stavano assistendo impotenti era il più
tremendo che si
potesse immaginare. Il volto di Audrey stravolto di sofferenza, le
lacrime che
le scorrevano copiose lungo il viso brillante come un piccolo sole,
eppure il
controllo di Diodora la faceva avanzare letale verso l’uomo
che amava e il
manufatto alle sue spalle.
Il
suono della musica si fece di nuovo sempre più forte, tutto
intorno la terra
cominciò a tremare in modo tale da rendere quasi impossibile
mantenersi in
piedi.
Mancava
poco più di qualche passo e tutto sarebbe finito.
Chiudendo
gli occhi contro la luce che lo abbagliava, Percy mormorò
“Ti amo, tesoro. Sempre.”
** * **
Sotto
il Mantello dell’Invisibilità che Harry le aveva
infilato in tasca poco prima
di preparsi a combattere Hermione Granger-Weasley prese un grosso
respiro e
puntò la bacchetta direttamente alle ginocchia di Diodora
Mackenzie, se avesse
sbagliato tutto sarebbe finito. La sua famiglia sarebbe finita.
Il
bimbo che portava in grembo non sarebbe mai nato.
Concentrandosi
come mai prima di allora, Hermione scagliò un incantesimo
volto a fratturare istantaneamente
le rotule della perfida strega.
La
donna emise un urlo furioso accasciandosi al suolo, la bacchetta che
teneva tra
le dita le scivolò dalla punta delle dita. Ebbe appena il
tempo di vedere Harry
correre verso la Mackenzie, mentre Ron scansando un disperato Fergus
che
cercava di fermarlo, zoppicava verso di lei, piegato in due dal dolore.
Gettando
il mantello, ormai sicura che tutti l’avessero avvistata,
Hermione partì a
tutta velocità verso il cognato, parandosi di fronte al suo
corpo proprio nel
momento in cui Audrey faceva partire l’onda sonica che prima
aveva sconvolto l’intero
edificio, urlando “Protego”.
La
stanza si riempì di un enorme bagliore ghiacciato, come
mille incendi del più
puro cristallo artico e, poi, tutto diventò buio nella testa di
Hermione
Granger – Weasley.