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Autore: Chaosreborn_the_Sad    10/11/2013    2 recensioni
Sono passati secoli dalla Guerra dell'Anello e la Terra di Mezzo è cambiata drasticamente. Elfi e maghi elementali, vittime delle persecuzioni razziali di Nuova Gondor, sono costretti a vivere nascosti e al di fuori della Federazione. Un mago e un'elfa millenaria prenderanno in mano la situazione, in un lungo viaggio verso il cambiamento.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Legolas, Nuovo personaggio, Radagast
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 9 - Strada

La mattina seguente ci scivolò addosso senza che ce ne accorgemmo. Mi svegliai con i raggi del sole estivo che mi colpivano il volto, filtrando attraverso le finestre. Rhi ancora russava al mio fianco.
Pigramente guardai l'ora, rendendomi conto di quanto avessimo effettivamente dormito.
Stavo bene.
È strano a dirsi, ma in quel momento stavo bene, con una gatta nera che ronfava ai piedi, un'elfa che ronfava accanto a me, la strada di fronte e il sole alto nel cielo, terso come non mai.
L'immortale si stiracchiò e si voltò, regalandomi un pigro sorriso.
“Buongiorno biondo”.
“Ciao tesoro, dormito bene?” le domandai.
Per tutta risposta Rhi sbadigliò, mettendosi a sedere.
“Parecchio. Che dici, scendiamo a fare colazione?” propose, scivolando fuori dal letto. La seguii al piano terra dell'ostello. C'era una leggerezza in tutto quel momento che ancora non mi capacitavo.

Raggiungemmo Clivovalle nel tardo pomeriggio, seguendo le statali che il Regime aveva costruito tra le piane di Rohan. Avevamo pranzato ad Edoras, in una trattoria tipica ai margini della città vecchia, anch'essa patrimonio culturale e chiusa al pubblico la maggior parte del tempo. La Edoras di adesso si estendeva ai piedi del colle su cui troneggiava la reggia di Meduseld, bizzarramente immune all'ondata di modernizzazione delle varie città nel suo aver cercato un equilibrio tra le architetture di un tempo e le tecnologie moderne.
L'immagine era la stessa del giorno prima: Rhi a piedi nudi e ancora con i miei occhiali da sole -gliene avevo comprato un paio da un esterling che si era avvicinato a noi durante il pranzo, cercando di venderci mezzo mazzo di rose e una fornitura annuale di accendini, ma l'elfa aveva preferito tenersi addosso i miei, insistendo perché indossassi io quelli rosa acceso appena acquistati- e il sole che tramontava.
La radio crepitò e cominciò a mandare il notiziario. Alzai il volume, mentre l'elfa si risistemava sul sedile.
...è evaso stamane il presunto mago catturato in un controllo al confine con l'Haradwaith”. Come? Romeo? Rallentai e mi diressi verso una piazzola di sosta.
...l'evaso sarebbe riuscito a fuggire dal carcere di massima sicurezza Lord Boromir, avvolto in un turbine di acqua. Dalle prime dichiarazioni rese pubbliche le guardie che lo stavano scortando verso la sua cella sono state colte da un mancamento, causato probabilmente dai poteri nefasti del mago.
Il mago -le cui generalità non sono ancora state diffuse- è stato visto l'ultima volta nella zona delle foci dell'Entalluvio. Si avvisa la massima cautela e di avvisare le autorità se notate avvenimenti sospetti. Il ministro degli interni...
”.
Scesi dall'auto, lanciando un grido di giubilio.
“Forza gente, una standing ovation per Romeo!” gridai, rivolto alle poche macchine che passavano. Notai che anche Rhi era scesa dalla macchina e mi stava venendo incontro. Feci un passo verso di lei e le presi il volto tra le mani, baciandole la fronte, per poi abbracciarla in una bizzarra danza di felicità.
“Romeo è fuggito! Ce l'ha fatta!” esclamai. L'elfa mi sorrise, ma riassunse un'espressione seria subito dopo.
“Rain... hanno detto che presto identificheranno il corpo di Dan e che comunque hanno chiuso i confini con l'Harad...” mi disse. Mi rabbuiai, pensando a Blaine, Filo e gli altri. La chiusura dei confini gli avrebbe impedito di ritornare nell'Haradwaith, dove sarebbero stati più al sicuro. Sospirai.
“Spero che gli altri abbiano considerato anche questa possibilità e che abbiano seppellito Lucy sotto l'Empire. Non ti preoccupare per loro, Felipe ha sempre saputo quello che faceva, così come gli altri”.
“Spero tu abbia ragione, Rain. Comunque sono contenta per Romeo” mi disse, rilassandosi di nuovo.
Tornai verso l'auto quando l'elfa mi chiamò di nuovo.
“Ehi” fece, indicando la scalinata che partiva dalla piazzola di sosta “Hai voglia di fare due passi?”. Notai il cartello che indicava la presenza di un belvedere in cima alle scale e annuii.
Maledissi le mie poco salutari abitudini quando arrivai in cima senza fiato, ma la vista ne valeva la pena. Clivovalle si stendeva ai nostri piedi, incassata tra i fianchi montagnosi e, poco lontano verso Sud si poteva vedere l'antico villaggio di Dunclivo. C'era un vento che soffiava da nordovest in cima alla rupe, a rinfrescare gli animi scaldati dall'afa di giugno, un vento che riempiva e rapiva. Rhi stava guardando oltre l'orlo del precipizio, appoggiata alla balaustra, quando mi venne l'idea idiota della giornata.
Mi guardai attorno per accertarmi che nessuna delle famigliole che avevamo incrociato durante l'ascesa fosse nei paraggi e mi misi di fronte la balaustra, bloccando il vento nel raggio di due metri attorno a me. Mi slacciai la cintura e cominciai felicemente a liberare la vescica, che da due ore reclamava.
“Rain, ma che...”. Rhi si era accorta di me.
“Scusa tesoro, ma era da un po' che avevo lo stimolo e questo mi sembrava un posto adatto per farla” esclamai, strappandole una risata.
La sentii armeggiare alle mie spalle e poco dopo udii uno scatto. Mi voltai, dopo essermi risistemato i pantaloni, e vidi l'elfa agitare una fotografia nella destra. Nell'altra mano aveva una macchina fotografica a sviluppo istantaneo, con la quale aveva probabilmente scattato la foto in questione.
“E quella?” le domandai, incredulo.
“L'ho presa in prestito da Blaine” mi disse, sorridendo.
Scoppiai a ridere.
“In prestito? Quello non la rivedrà più”.
“Poco male, gli ho anche lasciato un autoscatto con dedica” fece lei, fiera.
“Ah sì? Non voglio immaginare cosa hai fotografato”.
“Il volto, idiota!” esclamò, senza però traccia di risentimento.
“Anzi” continuò “ho anche mentito sulla dedica. Gli ho detto che era il migliore sotto le coperte”.
“Ah sì?” dissi, avvicinandomi per vedere la foto, ormai sviluppatasi. Mi ritraeva di spalle, in un'inconfondibile posa-pisciata. L'erba attorno era piegata dal vento ma i miei capelli erano immobili.
“Chi sarebbe il migliore, dunque?” le domandai. Seppi la risposta prima che me la desse, notando come sembrò perdere il buonumore alla mia domanda.
“Zèfiro era il migliore”. Ovviamente. Il migliore in tutto, come al solito.
Mi pentii di averle posto la domanda. Oltre al non aver assolutamente pazienza nel sentire di nuovo come quel mio strafottuto antenato fosse il migliore in tutto non mi era affatto sfuggito come ogni volta che il discorso verteva su di lui la mia compagna di viaggio sembrava riempirsi di tristezza.
“Ti aspetto giù” le dissi, cominciando a scendere la scalinata. Era meglio se le lasciavo un momento per riflettere, se c'era qualcosa che avevo imparato riguardo Langrhibel -oltre al non tirare in ballo Zèfiro, se possibile- era il fatto che non sopportasse esser vista nei suoi momenti di vulnerabilità. Potevo comprenderla, dopotutto anch'io preferivo non toccare certi argomenti. Ad esempio la mia astinenza, mi dissi, continuando a scendere i gradini. Erano passati un paio di giorni dall'ultima e cominciavo a sentirne la mancanza. Poi, erano stati un paio di giorni alquanto pieni di eventi. Giunsi alla macchina poco dopo e mi accesi una sigaretta, aspettando che l'immortale mi raggiungesse.
Rhi non tardò a scendere. La seguii con lo sguardo mentre si sedeva in macchina e frugava nel cruscotto, cercando chissà cosa. Ripartii lungo la strada, riaccendendo la radio.
“Rain” mi chiamò, poco dopo. Lanciai un'occhiata verso di lei e la vidi sorridere, con la foto in una mano e un pennarello nell'altra. Mi porse la prima e si rilassò contro il sedile, mentre io notavo l'aggiunta che aveva fatto alla foto. Sotto la mia immagine ora campeggiava una scritta:
C'era il vento, uno stramaledettisimo vento ululante, ma Rain pisciava dritto comunque.
Ridacchiai, restituendo la foto all'elfa.

“Cazzo!”.
“Rain, calmati, ti prego”.
Sbattei la mano contro l'armadio, prima di rispondere.
“Col cazzo che mi calmo! Non ho assolutamente intenzione di calmarmi! Ho fottutamente bisogno di farmi, cazzo!”.
Erano passati un paio di giorni e l'astinenza aveva deciso di farsi sentire, molto pesantemente.
Rhi mi stava guardando, incerta sul da farsi.
“Io esco” dissi, afferrando lo zaino.
“No”.
No? Fanculo Rhi, col cazzo che m'impedisci di uscire.
Feci un passo verso la porta ma l'elfa si frappose tra me e la stessa. Imprecai, pensando che forse avremmo fatto meglio a prendere camere separate.
“Fammi passare” le intimai, giunto di fronte a lei. Non si mosse. Feci un altro passo mentre le mani riprendevano a tremarmi.
“Rhi, fammi passare, cazzo!”. Lei mi fissò, fredda come non mai.
“Rain, cazzo! Non esiste che io ti lasci uscire da questa stanza. Combatti la voglia di farti!” mi gridò. Misi la mano sulla maniglia ma lei mi afferrò il polso.
“Ti ho detto di farmi passare”.
Cazzo, non è possibile! Cocciuta immortale non lo vedi che succederà il finimondo se non esco da questa stanza?!
“No, Rain” mormorò lei. Imprecai di nuovo, voltandomi e tirando un calcio al comodino.
“Non lo vedi che ho bisogno di farmi?!” le domandai.
“Rain, resisti cazzo! Puoi farcela”. Tirai un altro calcio al comodino.
Resistere? Rhi, ho resistito abbastanza, non credi? Per tua informazione il mio migliore amico è morto! La mia ragazza ci ha traditi e condannati tutti quanti! I miei cazzo di amici hanno ben deciso di abbandonarmi! Non credi che io abbia resistito abbastanza?! Eh?! Ho tentato il suicidio, cazzo!” esclamai, assestando l'ennesimo calcio all'armadio. L'elfa non si mosse, restò in piedi ritta davanti alla porta. Così minuta si sarebbe detto che aveva parecchio fegato nel cercare di trattare con me in quello stato, ma sapevo bene che se avessi provato a spostarla mi avrebbe rotto qualche osso.
“Ho tentato di ammazzarmi perché ho il cazzo pieno di tutto... di tutto questo! E se ora non posso neanche cercare un po' di cocaina beh... Vaffanculo!” sbraitai.
Rhi si mosse dalla porta, cominciando a raccogliere le sue cose senza dire una parola.
“Che cazzo fai?” le domandai, incredulo.
“Che faccio? Me ne vado, Rain. Semplice. Se non riesci a stare senza coca allora le nostre strade si dividono. Ne ho avuto abbastanza di maghi indemoniati” mi rispose, piatta come non l'avevo mai sentita.
“Come... come te ne vai?!”. Nel mentre l'elfa aveva finito di fare i bagagli ed aveva aperto la porta.
“Me ne vado, Rain, comprendi la mia lingua? Namarië. Adiós, ci vediamo!” rispose, lanciandomi un'ultima occhiata di rimprovero e avviandosi per il corridoio. Uscii nel corridoio, continuando a imprecare.
“Vattene allora!”. Rientrai nella stanza sbattendo la porta alle mie spalle.
“Ma guarda tu questa... se ne va, così... ma dimmi te...”.
Mi sedetti sul letto e diedi un altro colpo al comodino, facendo cadere il telecomando.
Rain, pensa.
Non ho voglia di pensare, cazzo, ho voglia di una sola cosa.
Appunto, rockstar dei miei coglioni, pensa! Siamo in una pensione bucodiculo in un paesino altrettanto bucodiculo dell'Enedwaith, dove cazzo pensi di trovare della coca? Dall'alimentari?!
Joder.
Bestemmiai ad alta voce, sconfitto dal mio stesso senso pratico, e decisi di accendere la TV per distrarmi.
Non ci riuscii per niente: dopo pochi minuti di zapping mi trovai di fronte la faccia di Romeo. Seguirono Blaine, Rhi ed io, tutti sullo schermo con nome e cognome segnato in sovrimpressione.
“Merda...”. Rhi aveva ragione, avevano già identificato il corpo di Daniel e fatto uno più uno, rendendosi conto che anche il resto degli Squall fossero maghi e che probabilmente anche Rhi, vista la sua presenza assieme a me al passaggio del confine.
Mi alzai dal letto e ebbi un giramento di testa.
Cazzo, cazzo!
Mi fiondai verso il bagno, dove rigettai la cena nella tazza. Mi diedi una sciacquata al volto, cercando di calmarmi.
Pensa, Rain, pensa, usa quel fottuto buon senso che ti ritrovi. Il vecchio che vi ha dato le chiavi ha guardato tre cose, nell'ordine la TV della portineria, il culo di Rhi e i vostri documenti, indi è molto probabile che stia chiamando la polizia in questo momento. Scarta la porta principale per uscire.
Mi guardai attorno, dopo aver raccolto le mie borse, la chitarra e Pan, che protestò miagolando per essere stata svegliata in così malo modo.
Gatti. Leggeri come gatti.
Mi avvicinai alla finestra e guardai giù: tre piani. Ottimo, dovrei riuscire a ripetere la stessa mossa di Lasgalen.
Canalizzai la magia e saltai dalla finestra, sentendo le unghie di Pan piantarsi nel mio braccio. Atterrammo senza intoppi, anche se probabilmente qualcuno ci aveva sicuramente visto.
Ottimo, pensai, una volta salito in macchina, ora resta solo trovare quella fottutissima immortale irriverente.

Trovai Rhi a qualche chilometro di distanza. L'elfa stava camminando sul ciglio della strada, probabilmente decisa a raggiungere il mare a piedi.
Accostai al suo fianco e mi sporsi ad aprire la portiera dal suo lato.
“Sali”. Lei mi fulminò con lo sguardo e ricominciò a inveire contro di me.
Roteai gli occhi mentre un'altra sequela d'insulti mi investiva. Com'era Rain? Quello razionale?
Fanculo tu e la razionalità.
Interruppi l'elfa a metà bestemmia e le spiegai brevemente la situazione di merda in cui ci trovavamo, intimandole di nuovo di salire su quella stracazzo di macchina. Rhi sbuffò, ma si sedé sul posto del passeggero senza protestare.
Partii non appena lei richiuse la porta, deciso a mettere quanti più chilometri possibile tra noi e quella pensione.
Sfrecciavamo lungo la superstrada deserta, illuminata solo dai nostri fari e qualche sparuto lampione. Rhi aveva deciso di non rivolgermi la parola, se ne stava in silenzio a guardare fuori dal finestrino, fumando una sigaretta dietro l'altra. Si notava quanto fosse nervosa, ma in quel momento ero grato a tutto il pantheon dei Valar che avesse deciso di non discutere con me, non era affatto il momento adatto.
Passammo due ore in silenzio, mentre la strada continuava a scivolare sotto le ruote della macchina, che mantenevo fissa sui centoquaranta. La situazione cominciava ad essere alienante e mi resi conto del rischio immediato che stavamo correndo, ovvero la possibilità che mi prendesse il torpore e mancassi una curva. Rhi mi scosse dai miei pensieri, rompendo il silenzio.
“Accosta là!”.
“Dove? Non c'è niente!”.
“A destra Rain, cazzo. Ho visto delle luci”.
Inchiodai la macchina e spensi il motore.
“Delle cazzo di luci? Rhi, cosa succede?” le domandai, senza riuscire a trattenere il sarcasmo.
“C'è un accampamento di nomadi esterling. Possiamo fermarci da loro per la notte”.
“Che? Chi ti dice che non sia un rave? Si sente il casino fin da qua!” le feci. Rhi già non mi ascoltava e anzi, era già scesa dalla macchina.
La seguii, cercando di capire come trattare con lei.
“Rhi! Che cazzo stai facendo?”.
“Vuoi stare zitto e fare come ti dico per una buona volta, fottutissimo mortale?!” esclamò. Mi bloccai, guardandola fisso negli occhi, per poi avanzare verso di lei.
“Una buona volta?” sbraitai “Una buona volta, cazzo?! Devo ricordarti, stracazzo d'immortale dei miei coglioni, che l'ultima volta che ho fatto come volevi ci siamo ritrovati in una cella, dopo essere stati arrestati da degli esponenti della tua cazzo di razza?! Oppure se vuoi parliamo di quella testa di cazzo del tuo Re, che ha tentato di farci ammazzare! Sono un po' stufo di seguire i tuoi consigli!”. Tirai un calcio al guardrail, ottenendo solo di farmi un gran male al piede.
“Io vado da loro” fece lei. Sintetica, laconica e piatta.
Joder, quest'elfa sarà la mia morte.

Nonostante i miei dubbi le azioni di Rhi non ci fecero ammazzare, non quella sera. Certo, vedere una cinquantina di esterling danzanti bloccarsi all'improvviso al nostro arrivo mi aveva fatto temere, almeno per un momento, ma a quanto pare la mia compagna di viaggio sapeva abbastanza delle loro usanze per comunicare ufficialmente che non eravamo ostili. Il capo della... tribù? Non saprei che nome dare al loro gruppo, ma non importa, il loro capo -un ragazzo della mia età che rispondeva al nome di Alfred- ci portò dallo shanni, una sorta di sciamano o capo spirituale che, vista la veneranda età, aveva preferito passare la sera nella sua roulotte piuttosto che unirsi alle danze.
Lo shanni, un vecchio raggrinzito e rugoso che sembrava uscito da un film, non si presentò, ma ci riconobbe subito per il mago e l'elfa che eravamo, prendendoci anche un po' per il culo prima di ammettere di aver visto il notiziario sulla TV portatile abbandonata in un angolo della roulotte, tra bastoncini d'incenso, piume, pezzi di corteccia e varie altre cianfrusaglie mistiche. Dopo aver blaterato per qualche minuto su una fantomatica forza unificante che avvolgeva tutti i nostri destini, chiamata Simpatia, ci salutò, invitandoci ad unirci alla festa, ma quando stavamo per avviarci ci fermò.
“C'è vento di guerra, mago. Lo senti anche tu, come lo sento io nelle ossa. Noi esterling avevamo una patria, finché non ci fu tolta, assorbita dallo stesso Regime che perseguita il tuo popolo e quello della tua splendente compagna” disse. Sospirò, guardando fuori della finestra della roulotte, verso il falò e i giovani che avevano ripreso a ballare, in un tripudio variopinto di colori, gonne ampie che ruotavano, musica viscerale e giochi di luce.
“Quando arriverà il momento” continuò “non dimenticatevi di noi”.
Annuimmo entrambi, seri, prima di uscire dalla roulotte.
Rhi mi lasciò non appena fuori, trascinata da una ragazza nelle danze frenetiche della nottata. Feci qualche passo costeggiando il cerchio di luce, rimuginando sulle parole dello shanni e sull'inaspettata fortuna che avevamo avuto. Ripensai alle parole di Malachi, non tutto è perduto, Rain. Che intendesse questi alleati insperati?
Un ragazzo interruppe il filo dei miei pensieri, battendomi sulla spalla. Come tutti gli uomini quella sera era a torso nudo, con dei pantaloni di tela larghi e colorati come unico capo d'abbigliamento.
“Ma te sei veramente chi penso?” mi domandò. Avrà avuto sì e no vent'anni, la carnagione ambrata e gli occhi scuri coronati da sopracciglia già folte, i capelli neri intrecciati dietro la schiena.
“Non lo so, comunque mi chiamo Rain” risposi, porgendogli la mano.
Quello sorrise e la strinse, facendomi poi cenno di seguirlo.
“Andrej!” chiamò, dopo qualche passo “Avevo visto bene! È lui!”. Un altro paio di ragazzi si alzarono da terra. Erano alcuni dei tanti suonatori della serata a giudicare dagli strumenti che tenevano in mano.
“Cazzo Goran, avevi ragione!” esclamò uno di quelli, probabilmente Andrej. I ragazzi si presentarono uno per volta, chi facendomi i complimenti, chi dicendo che aveva sempre apprezzato la nostra musica, chi chiedendo di autografargli il cd. Rimasi di stucco, a dir poco: in men che non si dica mi ritrovai circondato da fan, come se fossi appena sceso dal palco, con un sorriso ebete sul volto e la mano perennemente stretta a qualcuno. Notai con la coda dell'occhio Rhi che ancora ballava freneticamente con la ragazza, finché la musica non s'interruppe.
“Dai Rain” disse Andrej, approfittando del momento di riposo “suona qualcosa con noi!”. In men che non si dica mi ritrovai in mano una vecchia acustica stranamente accordata. A nulla valsero le mie proteste, finii per sedermi a gambe incrociate e cominciare un giro di accordi, ripetendolo un paio di volte perché gli altri mi potessero seguire. C'era una ragazza dai grandi occhi verdi che risaltavano sulla pelle olivastra che prese a suonare il violino, scuotendo la chioma di capelli neri come la notte e incitandomi a velocizzare il ritmo della canzone, mentre attorno le danze ripresero, più frenetiche di prima. Prima che me ne accorgessi stavo sudando, facendo correre le dita della mano sinistra in accordi sempre più rapidi, la violinista continuava a guidarci nella canzone, un ragazzo sforzava i polmoni per starci dietro con la tromba, Rhi stava ballando con il capo tribù, le percussioni e il battito dei piedi sulla terra si confondevano in una bizzarra armonia, gli ottoni contornavano il tutto e qualche voce si levava in un canto in una lingua a me sconosciuta.
Dopotutto non avevo torto neanche io: sembrava effettivamente di essere a un rave, seppure con toni molto più ancestrali. Stavo ridendo e continuavo a suonare, cercando di non annodarmi le dita sul manico della chitarra, finché la canzone terminò, permettendomi di accasciarmi sul prato e respirare.
“La nostra musica è troppo per te?” mi domandò la violinista, ridendo. Le sorrisi, restando steso sull'erba. Non avevo la forza neanche di parlare, ma stavo quasi bene.
“Ehi Rain, se vuoi rilassarti abbiamo qualcosa che fa al caso tuo” fece Goran, apparendo al fianco della ragazza, anche lui estatico ed esausto dalle danze del suo popolo.
Vuoi vedere che alla fine riesco anche a farmi di qualcosa che mi calmi l'astinenza?
Seguii i ragazzi fin sulla porta di una delle roulotte, dalla quale uscì Andrej con un sacchetto in mano. Poco dopo eravamo di nuovo stesi sul prato un po' spostati rispetto al fuoco, attorno al quale le danze continuavano. Osservai i ragazzi spartirsi il contenuto del sacchetto con pigra curiosità, pensando a dove si potesse essere cacciata Rhi. Conoscendola si starà scopando il capo in un angolo boscoso, mi dissi, concedendomi un mezzo sorriso. A ognuno il proprio vizio.
La violinista -che finalmente si presentò come Mirna- mi prese la mano nella sua e lasciò cadere una manciata di quelli che mi sembravano porcini tagliuzzati.
“Allucinogeni?” domandai.
“Certo. Sono sempre stati sacri per il nostro popolo. Gli shanni li usavano per entrare in trance fin dall'alba dei tempi e dall'inganno di Morgoth. Si potrebbe dire che la fama di uomini malvagi che abbiamo noi esterling sia dovuta a un pessimo trip di un antico shanni, che vide la vittoria e la prosperità nell'allearsi con il nemico” disse, per poi scoppiare di nuovo a ridere e baciarmi con passione sulle labbra, facendomi respirare appieno l'odore di spezie e fuoco della sua pelle e assaporare il gusto dolce delle sue labbra.
“Spero che alla tua amica non dispiaccia” mi disse, per poi inghiottire in un boccone la sua manciata di funghi. Le sorrisi di nuovo e mangiai la mia parte, per poi tornare a stendermi sull'erba mentre Mirna mi accarezzava i capelli e canticchiava dolcemente, nell'attesa che arrivasse l'effetto dei funghi.
Chiusi gli occhi, svuotando la mente e mi addormentai.

Mi svegliai sentendo i raggi del sole ardere su di me. Aprii gli occhi e rimasi stupido di trovare sopra di me il cielo dell'Haradwaith. Mi guardai attorno: ero steso su una duna.
“Che cazzo...” mormorai, alzandomi in piedi. Vidi un'oasi in lontananza e decisi d'incamminarmi verso la stessa.
“C'è qualcosa che non va. Decisamente” mi dissi, mettendo un piede dopo l'altro nella sabbia ardente.
Ci credo Rain, stai parlando da solo in mezzo al deserto.
Giunsi all'oasi e mi bagnai il volto nell'acqua chiara della pozza, per poi bere qualche sorsata dalle mani unite.
“Bene. Ora vediamo di capire che cazzo ci faccio e come ci sono arrivato”.
Sentii il sottobosco frusciare e alzai lo sguardo. Dai cespugli accanto a me era spuntata una iena che aveva probabilmente deciso di abbeverarsi alla pozza in quel momento. L'animale non mi degnò di uno sguardo, ma si chinò a bere dalla pozza con gesti esageratamente lenti e bizzarramente eleganti per gli arti tozzi che si ritrovava.
Vale Rain. Non ricordi come ci sei arrivato. Pensiamo piuttosto a come trovare la strada verso la civiltà, che temo quest'oasi sia parecchio lontana da Umbar”.
Non so perché ma continuavo a parlare ad alta voce, nonostante ci fosse solo la iena ad ascoltarmi. O meglio, a ignorarmi. C'era però un qualcosa di rassicurante nell'esternare i miei dubbi in quel modo.
Feci qualche passo verso le dune da cui ero arrivato, notando una figura in lontananza. Riconobbi all'istante la pelle diafana e la cascata di capelli neri, quello che non mi spiegai era che cosa ci facesse Rhi di nuovo con i capelli di quella lunghezza e con indosso solo un paio di jeans in mezzo al deserto.
“Forse sono impazzito” dissi, mettendomi le mani in tasca. Trovai il pacchetto di sigarette e benedissi i Valar per avermi lasciato almeno questo dettaglio.
“La cosa migliore è aspettare che anche Rhi arrivi” asserii. Mi sedetti su una pietra e mi accesi una sigaretta.
Fu in quel momento che sentii ridacchiare alle mie spalle.
“Che cazzo?!”. Mi voltai, cercando di capire da dove fosse venuto quel suono, ma dietro di me c'era solo la iena di prima, ancora intenta a fissare il proprio riflesso nella pozza.
“Le iene ridono di me e Rhi gira mezza nuda nel deserto. Sono decisamente impazzito” dissi, espirando una voluta di fumo “Anche se in verità da quell'elfa mi aspetterei un comportamento del genere”.
Una voce famigliare mi rispose:
“Ben detto, ragazzo. Vedo che hai imparato a conoscerla almeno un minimo”.
Mi voltai di scatto, cercando il proprietario della voce. Nessuno. Solo la iena.
L'animale si voltò a guardarmi e fece due passi -zampettò, sarebbe meglio dire- verso di me.
“Che c'è? Non ti fa piacere rivedermi?” mi domandò. Riconobbi la voce e decisi che sì, avevo perso totalmente il senno.
“Zaal?”.
“Chi ti aspettavi, dama Galadriel? Mi dispiace, ma hai diritto a un'elfa per fantasia e hai già Rhi con le tette al vento che sta venendo verso di te” rispose quello, per poi rimettersi a ridere.
Dunque, facciamo il punto della situazione. Sono seduto su una pietra, e fin qua ci siamo. Sono in un'oasi sperduta in mezzo al deserto, e anche questo è plausibile. Quello che non mi spiego è perché Rhi stia attraversando le stesse dune così svestita. E soprattutto perché suo cugino è diventato una iena parlante.
Mi rivolsi di nuovo alla iena:
“Sei sicuro di essere Zaal? Sai, l'ultima volta che l'ho visto era un noldo, non una iena”.
“Sono certo al cento per cento di essere Zaal, così come sono certo al cento per cento che il mio pene si chiami Fëanor” disse la iena, riprendendo a ridere. Non avevo più dubbi che fosse Zaal: quella risata ormai la riconoscevo e l'umorismo era il suo.
“In quanto alla forma” continuò lui, stirando le zampe e lanciando un'altra occhiata verso il suo riflesso nella pozza “sono confuso quanto te. Perché una iena?”.
Zaal la iena. In effetti l'avevo definito come tale più di una volta. Gli spiegai la mia ipotesi e Zaal ringhiò.
“Simpatico, il ragazzo, nel tuo subconscio dunque sono una iena” protestò, indignandosi.
“Penso sia per la risata, sai, non era inteso con cattiveria” dissi, tentando di scusarmi.
“Sì, come no. Ragazzo, sta contento che tu non mi abbia fatto diventare un animale capace di sputare, che adesso un po' di saliva addosso te la meriteresti” rispose Zaal.
“Aspetta, avevi detto qualcosa di utile prima” dissi, cercando di distrarlo dall'offesa di essere una iena. Inutilmente, perché quello stava ancora blaterando sul fatto che nonostante non mi potesse sputare poteva sempre sbavarmi addosso.
“Zaal! Hai detto che siamo nel mio subconscio?” gli chiesi, alzando la voce per sovrastare le sue lamentele. La iena drizzò le orecchie, mettendosi a sedere più compostamente.
“Oh, sì, l'ho detto” disse, fiero.
Joder, la situazione è più contorta di quanto pensassi.
Guardai di nuovo verso le dune, cercando Rhi con lo sguardo.
“Secondo te che senso ha tutto questo?” domandai a Zaal, senza voltarmi.
“Ah, io che ne so. Sono una iena, dopotutto” rispose. Sbuffai. Ci mancava la iena offesa.
“Zaal, cerca di aiutarmi. Se siamo qui probabilmente c'è un senso. Ti prometto che la prossima volta ti lascio in forma di noldo. Oppure c'è un animale che vorresti essere?” gli chiesi, speranzoso.
“Non m'importa tanto, l'importante è che possa sputarti in faccia” mi rispose quello. Ancora con lo sputare?
“Va bene, va bene. Dici che ha senso andare incontro a Rhi?”.
“Mh... non credo sai. Oltre al fatto che la cara cugina è comunque una forza distruttrice, siamo nel deserto: abbandonare l'oasi mi sembra un'idea stupida”.
“Hai ragione. Dunque dobbiamo aspettarla qui” conclusi, accendendomi un'altra sigaretta.
Le ci volle giusto il tempo di una sigaretta per arrivare. L'elfa si sedé di fronte a me sorridendomi, con i capelli che le ricadevano sul petto a coprire i seni e la pelle che sembrava emanare una tenue luce.
“Ciao Rain. Hai una sigaretta anche per me?”.
“Vestiti, sciagurata! Non vedi che il ragazzo è rimasto folgorato dal tuo fascino?” fece Zaal, alle mie spalle.
“Oh, sta buono tu” rispose lei, per nulla confusa dal fatto che suo cugino fosse effettivamente una iena.
Porsi una sigaretta all'elfa di fronte a me, per poi riprendere parola:
“C'è qualcuno qui che sa cosa cazzo stia succedendo?”.
“No” mi risposero i due, per di più in coro.
Sospirai.
Mi trovavo in mezzo al nulla con i due elfi più rompicoglioni di Arda e nessuno dei tre sapeva il perché.
“Sicuri che non avete nulla da dirmi?” domandai “Perché penso ci sia un motivo per cui sono qui proprio con voi due”.
Elfa e iena si scambiarono un'occhiata.
“Sì, in realtà sì. Ma lo sapevi già, sotto sotto” fece Zaal, grattandosi l'orecchio.
“E sai anche” continuò Rhi “che non possiamo dirtelo ora. Dopotutto siamo solo frammenti della tua immaginazione, non sappiamo quali segreti non t'abbiano detto le nostre reali controparti”.
“Insomma, devo rischiare la pazzia per sapere che mi state entrambi nascondendo qualcosa? Vaya mundo de mierda”. Mi alzai dal mio sasso, avviandomi di nuovo verso la pozza.
“Ottima scelta, in effetti fa caldo”.
“Siamo nel deserto Zaal”.
“Arguta osservazione, cugina, infatti proprio per questo fa caldo”.
Lanciai un'ultima occhiata verso i due, che continuavano a bisticciare, per poi saltare nella pozza d'acqua.

Aprii gli occhi, inspirando pesantemente. Ero steso sul prato, sopra di me il cielo stellato dell'Enedwaith.
“Valar, che sogno assurdo” mormorai.
Attorno a me sentivo gli ultimi strascichi della festa, ma di certo non avevo le forze per unirmi di nuovo a loro. Rimasi a terra a guardare le stelle finché un odore noto e un rumore di passi mi distolsero dal mio torpore.
“Cosa t'hanno dato?” chiese Rhi, secca, dopo essersi sgraziatamente seduta al mio fianco. La guardai con gli occhi socchiusi: era furiosa, ferita e offesa.
“Nulla di tale” le risposi. Quella sbuffò.
“Insomma sei riuscito a drogarti. Sono contenta per te, Rain”.
Decisi che non era il caso di narrarle il mio sogno, non ancora. Magari vedere suo cugino come una iena l'avrebbe messa di buon umore, ma avevo il vago dubbio che in quel momento non le sarebbe importato un accidente.
“Che t'è successo?” le domandai, poggiandomi su un gomito e aprendo gli occhi.
“Nulla, Rain” mentì lei.
“Rhi, stai tremando” le dissi. L'elfa accettò di farsi avvolgere nella coperta e si accoccolò al mio fianco, sudata e tremante. Odorava di sesso come non mai, eppure era di pessimo umore, qualcosa qui non quadrava.
“Il tuo nomade ha fatto cilecca?” le domandai. Rhi scoppiò a ridere, stringendosi ancor di più al mio fianco.
“Ah Rain... meno male che ci sei tu”.
Le carezzai leggermente il fianco, scendendo e trovando la pelle della sua coscia dove la gonna era risalita.
Vuoi consolarla di nuovo con un orgasmo? Rain, un po' di fantasia.
Continuai a passare le dita sulla sua pelle calda, lentamente, quando l'elfa si strinse a me, mormorandomi all'orecchio qualcosa che non colsi.
La guardai negli occhi, sorridendole. Mi sarei fermato, se me l'avesse chiesto e mi avesse permesso di togliere la mano dal suo interno coscia, anziché stringermela tra le gambe, costringendola a risalire, ma a quanto pare non aveva intenzione di lasciarmi smettere.
Soffiai leggermente sul suo volto, mantenendo il contatto visivo, praticando un piccolo incantesimo molto utile.
Le mie dita sfiorarono il centro del suo piacere, mentre io inspiravo improvvisamente, togliendole il respiro. Rhi spalancò gli occhi, contraendo i muscoli e cercando l'aria che le mancava, finché non soffiai di nuovo verso la sua bocca, restituendole l'ossigeno. Mi sorrise, ma presto le tolsi l'aria di nuovo, mentre la mia mano continuava a disegnare cerchi sulla rosa che sapevo tatuata sul suo ventre e più sotto, per poi soffiare ancora. Continuai così per lunghi minuti, le mie dita a darle piacere, il mio respirare a darle respiro, le nostre labbra terribilmente vicine che mai si toccarono, i suoi occhi annebbiati fissi nei miei, finché non mi strinse un'ultima volta, poggiando la testa contro la mia spalla mentre raggiungeva l'apice del piacere.
Tolsi la mano e le permisi di respirare normalmente. Langrhibel si rilassò, senza però sciogliersi dal mio abbraccio. Sopra di noi il cielo stellato dell'Enedwaith e attorno a noi l'accampamento di esterling, ormai immerso nel silenzio. Mi strinsi all'elfa e richiusi gli occhi, addormentandomi poco dopo.

La mattina dopo fui svegliato da Rhi che brontolava, seduta al mio fianco, mentre strappava meticolosamente i petali da una rosa, facendoli a pezzettini uno a uno. Gli esterling se n'erano andati, lasciandoci soli in quel campo. Mi alzai, stiracchiandomi, mentre Rhi continuava a borbottare:
“Fortuna che se ne sono andati... stronzo, lo sa bene dove può mettersele le sue rose”. Ridacchiai, guardando l'elfa.
“Sembri un'arpia quando fai così, lo sai?” le dissi.
“È quello che sono, Rain, una stracazzo di arpia” rispose, alzandosi di scatto e guardandosi attorno.
“Questo malumore di prima mattina non fa affatto bene, tesoro”. Rhi si voltò e mi fulminò con uno sguardo.
“Andiamocene”. La seguii verso l'auto, osservandola divertito mentre marciava tra gli alberi.
“Ma” cominciai, una volta giunti alla macchina “si può sapere come si chiamava lo zingaro che t'ha ridotto in questo stato?”. Ero poggiato contro l'auto, dopo essermi acceso la prima sigaretta.
“Alfred” fece lei, laconica.
“Come?!” tossii, ridacchiando e mandandomi di traverso il fumo. Il gran capo della tribù non ci sapeva fare a letto.
“Sì, si chiamava Alfred. Va bene?!”. Valar quanto si sarebbe incazzata. Continuando a sghignazzare presi la chitarra dalla macchina e cominciai un giro di note.
Ho perso un’altra occasione buona stasera...” cantai. Rhi mi guardò incredula.
...è andata a casa con il negro, la troia...” continuai. L'elfa sbuffò, mostrandomi il medio. C'era qualcosa di totalmente assurdo, in quella situazione.
...colpa d'Alfredo, che con i suoi discorsi seri e inopportuni mi fa sciupare tutte le occasioni...”. La sentii ridere, mentre continuavo a cantare.
Non so dire cosa fosse più assurdo, se il trovarmi in una piazzola di sosta a cantare o la mia chiacchierata con la iena della sera precedente.
Ma in quel preciso istante nulla importava, se non le risate di Rhi e la strada che ancora avevamo davanti.





Note d'autore
E inaspettatamente vi arriva questo capitolo nove, un po' a sorpresa anche per me che non mi aspettavo di finirlo così presto.
Avviso subito che manca un betareading fatto come si deve perché la voglia di pubblicare ha preso la meglio, quindi c'è la possibilità che ci sia ancora qualche svista. La versione betata arriverà comunque presto, sempre ringraziando la carissima Pandi.
Dunque passiamo alle aggiunte da soundtrack, che anche qui ne abbiamo qualcuna. Nonostante avessi già due proposte per le canzoni attorno al fuoco -Rain suona comunque gli Zeppelin, in un qualche momento- per la scena ha aiutato molto Goran Bregovic (infatti il personaggio omonimo si chiamava Ivan ma è stato cambiato a metà capitolo), quindi consiglio di far come me per scegliere una canzone precisa: scorrere la discografia finché non trovate quella che più lega bene con la scena secondo voi. Successivamente c'è I Put a Spell on You in versione Manfred Mann, per la scena di Rain, Rhi e il respiro mancante, un'aggiunta venuta un po' dal nulla ma Valar se rende bene con la scena. Infine torna Colpa d'Alfredo, di Vasco Rossi. Solitamente non mi piace affatto la sua musica, ma questa canzone non poteva mancare e penso sia l'unica sua che apprezzo veramente.
Concludiamo ringraziando per le sempre apprezzate recensioni e consigliando di nuovo di non drogarvi, che Zaal in versione iena non appare con le droghe, ma solo quando son le quattro, non avete cenato e avete una febbrile voglia di continuare a scrivere. Adiós, ci si risente per il decimo. =)
  
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