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Autore: pinefertari85    23/04/2008    17 recensioni
Le sue labbra non abbandonarono le mie, ma in quel momento notai una nuova incertezza nei suoi movimenti.
«Tu sei mia.», sussurrò indispettito.
«Ma certo, Edward. Certo.»
«Mia, e mia soltanto», continuò imperterrito.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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JEALOUSY


«Dai Bella, sali!». Emmett indicò con un sorriso la propria schiena.

Mi avvicinai a lui ridendo, e l’immenso vampiro si chinò per facilitarmi il lavoro. Anche così, tuttavia, fu un’impresa riuscirci. Le sue spalle erano larghe come rocce, e ne avevano pressappoco la stessa consistenza.

«Oh, sei davvero una femminuccia!», sbuffò lui, spazientito. Si sollevò improvvisamente, con uno scatto, trascinandomi con sé.

«Emmett!», gridai spaventata, aggrappandomi alle sue spalle in una stretta che avrebbe soffocato qualsiasi altro essere umano. «Emmett per l’amor del cielo! Mettimi giù! Mi stai facendo venire il mal di mare!»

«Non dire sciocchezze, Bella! Non ho ancora nemmeno iniziato a ballare!», rise lui, scuotendosi leggermente e provocandomi l’ennesima contrazione alla bocca dello stomaco.

Si muoveva in modo sensuale, morbido, scivolando con grazia sulle assi chiare del pavimento.

Sembrava più un ballo erotico che una dimostrazione di forza davanti ad una semplice umana.

D’un tratto due mani più lunghe e sottili, ma altrettanto forti rispetto alle zampacce di Emmett, mi trascinarono a terra.

Trattenni il fiato per un istante, e quando sollevai il viso incrociai lo sguardo di disapprovazione di Edward.

Mi fissava con attenzione, scrutando la mia espressione.

«Perché non sali su di me?», propose infine con un ghigno.

Esitai, non riuscendo ad comprendere il suo sguardo, e questo gli fu sufficiente.

Con braccia forti, senza traccia d’indecisione, mi sollevò da terra, facendo aderire il suo corpo marmoreo al mio.

Ci guardammo per un breve istante, e nei suoi occhi vidi ardere un fuoco diverso dal solito, un fuoco che non sapevo, non potevo, e probabilmente non volevo interpretare.

Mi lanciò uno sguardo impotente e disperato.

Le sue mani pallide mi sorreggevano, premendo dolcemente sulle mie natiche per impedirmi di cadere.

Aveva la vaga idea di quanto il suo gesto potesse farmi ribollire il sangue?

Sapeva quanto fossi vicina all’iperventilazione?

«Tieniti forte», sussurrò con un rapido movimento delle labbra. Feci appena in tempo a cingergli i fianchi con le gambe che Edward era già schizzato al piano di sopra.

Chiuse la porta della sua stanza con un calcio, e mi gettò di peso sul divano di pelle nera posto al centro del grande ambiente.

«Edward…» sussurrai, senza capire, ma lui non mi diede il tempo di aggiungere altro.

Le sue labbra premute sulle mie cancellarono ogni pensiero dalla mia mente e ogni domanda che bruciava per essere posta.

Si muovevano decise, per nulla prudenti come le altre volte.

I suoi occhi color topazio erano chiusi, ma non vi era traccia di inquietudine nell’arco liscio e marmoreo della fronte.

Con una mano si avventurò a cercare la mia, fino a quando le nostre dita non si intrecciarono.

La mano libera invece si intrecciava ai miei capelli, scivolando fino alla schiena, e risalendo la scollatura della camicetta così lentamente da darmi i brividi.

Gli circondai il collo con il braccio libero, e allora lo sentii sospirare, incerto.

«Detesto vederti con altri uomini».

«E’ tuo fratello, Edward…», mormorai.

«Non che questo possa fare differenza, Bella. Ha iniziato lui. Ed è un ottimo ballerino», spiegò sbuffando.

Gli concessi un sorriso.

«Questo forse no. Ma dimentichi che è fidanzato. Rosalie, ricordi?», spiegai con sarcasmo.

«Come se questo ribaltasse le carte in tavola».

Sbuffò ancora, possibilmente più spazientito di prima.

Le sue labbra non abbandonarono le mie, ma in quel momento notai una nuova incertezza nei suoi movimenti.

«Tu sei mia.», sussurrò indispettito.

«Ma certo, Edward. Certo.»

«Mia, e mia soltanto», continuò imperterrito.

Sospirai.

«Edward...». Cercai di spiegargli che una simile dimostrazione di gelosia – davanti alla sua famiglia, poi! – era del tutto immotivata, ma lui mi chiuse nuovamente la bocca con la sua, muovendosi a tempo con una canzone che solo lui poteva avere in mente.

«Non importa se è un fratello, un amico, Mike o chiunque altro. Non permetterò che ti portino via da me.»

Sgranai gli occhi, guardandolo sorpresa.

Portarmi via?

Era una delle sue frequenti prese in giro, o era davvero convinto di quanto diceva?

«Nessuno potrà mai portarmi via da te, Edward. Pensavo lo sapessi», gli sussurrai, senza smettere di baciarlo.

Intrecciai le dita ai suoi capelli e lo attirai più vicino a me.

Si tese fino ad affondare le mani nella pelle del divano, in modo da non gravare su di me con il proprio peso, e tuttavia il suo corpo freddo premeva sul mio così dolcemente, ma con tanta passione da regalarmi brividi di piacere.

«Lo so», mormorò con il respiro irregolare.

«Ma allora…»

«Ssh». Si staccò dal mio abbraccio, e con gli occhi ancora chiusi mi sfiorò la guancia con le labbra gelide, scorrendo dalla tempia all’angolo della bocca.

«Mmm…», gemette dopo un istante, «che buon profumo. Sei una continua tentazione, lo sai?»

A quel punto decisi di lasciarmi andare.

Mi aggrappai alle sue spalle e lo costrinsi ad abbassare il volto per poterlo baciare.

«Anche tu», gli sussurrai, sfiorandogli la punta del naso con le labbra umide.

Poi, senza lasciargli il tempo di rispondere, passai la punta della lingua sul suo labbro inferiore, avvertendo il sapore sublime di quella pelle di marmo.

Immediatamente sentii le sue mani afferrarmi i polsi. Percepivo chiaramente la disapprovazione che si celava in quel movimento rapido; i suoi occhi ardevano, pozzi neri e profondi che mi incatenarono al suo sguardo.

Gentilmente, ma con un gesto deciso, sciolse l’abbraccio e si liberò dalla mia presa.

«Bella, per favore, smettila», mormorò con voce roca. Con una punta di piacere scoprii che anche il suo respiro era irregolare.

«Cosa c’è?», domandai innocentemente, «Pensavo mi avessi portato qui per un motivo preciso».

Distolse il viso, liberandomi dalle catene del suo sguardo, e sospirò prima di riportare gli occhi su di me.

«Infatti».

«Però…»

Non finii il discorso, perché le sue labbra avevano ripreso a seguire il profilo del mio viso con movimenti lenti e terribilmente eccitanti.

«Però?»

«Se non è per… questo… che mi hai portato qui, posso anche tornare a divertirmi con i tuoi fratelli», lo stuzzicai.

Lo sentii irrigidirsi all’istante.

In una frazione di secondo si era separato da me; non feci in tempo a udire lo scatto della serratura che si chiudeva che era di nuovo al mio fianco.

Sbirciai verso la porta. La chiave era sparita.

«Non lo farai», ringhiò.

«Sono tua prigioniera?», bisbigliai avvicinandomi a lui.

Gli circondai nuovamente il collo con le braccia, e questa volta lui non si scostò. Gli infilai una mano tra i capelli di bronzo, soffici e profumati, e di nuovo allacciai le labbra alle sue.

La sua bocca si muoveva decisa sulla mia, attenta, ma percepii l’urgenza di quel bacio, e avvertii la stessa urgenza nelle mani che avevano iniziato ad accarezzarmi la schiena, su e giù, fino a quando non mi trovai a desiderare di potermi liberare dell’ostacolo dei nostri vestiti.

«Anche per l’eternità, se fosse necessario», mormorò secco.

Gli sorrisi, tranquillizzandolo con lo sguardo.

«Bè, si dà il caso che non mi dispiaccia affatto essere tua prigioniera, Cullen».

«Lo so». Il suo sorriso si trasformò in un ghigno divertito.

Avrei voluto rispondere qualcosa, qualsiasi cosa, ma le sue labbra erano tornate a sfiorare il collo, e mi ritrovai senza voce, incapace di formulare una frase coerente.

Quando riprese a baciarmi ero ormai vicina all’iperventilazione.

Con estrema delicatezza, molta più del solito, mi morse dolcemente il labbro inferiore, facendomi gemere.

Una fitta acuta di desiderio mi percorse da capo a piedi, e fui costretta ad aggrapparmi di nuovo a lui per non cadere.

«Edward…», gemetti, certa che in un modo o nell’altro, quella sera, sarei morta.

Si staccò brevemente da me, quasi controvoglia, ma le sue mani restarono salde attorno ai miei fianchi e le sue labbra rimasero a pochi centimetri dalle mie.

Sentivo il suo profumo fresco e squisito sulle labbra dischiuse. Avevo voglia di baciarlo di nuovo, di continuare fino a quando le mie labbra non fossero consumate.

Invece, presi un respiro profondo, cercando di ritrovare quel minimo di concentrazione necessaria a permettermi di formulare una frase sensata.

«Gli altri cosa penseranno della nostra… fuga?»

Mi concesse non più di uno sguardo prima di tornare ad impossessarsi della mia bocca.

«T’importa qualcosa?» domandò sulle mie labbra.

«Non eccessivamente…», sussurrai con indifferenza, ormai incapace di trattenere il tremito che mi scuoteva tutto il corpo.

“Ti prego, ti prego, non smettere… Qualsiasi cosa, ma non smettere…” imploravo dentro di me, così forte che per un istante avrei giurato che fosse riuscito a sentire i miei pensieri.

Le sue labbra infatti si fecero più decise sulle mie, premendo con maggiore intensità.

Sentii la sua lingua fredda e umida sfiorarmi il contorno delle labbra, e infine valicare il confine sicuro che lui stesso aveva imposto quelli che mi sembravano secoli prima.

Per la prima volta ci baciammo senza pensare, senza sentire nient’altro che le nostre labbra, premute così forte le une alle altre che sembrava volessero fondersi.

Gli sollevai i lembi della camicia e vi infilai sotto le mani, per poter accarezzare quel corpo perfetto e scolpito.

Lui ricambiò, accarezzandomi i fianchi con le dita gelide.

Rabbrividii di nuovo, ma non per il freddo.

«Dillo», mormorò quasi ferocemente, spostandosi dalle labbra alla gola con un movimento lento e deliberatamente, tremendamente, dannatamente sensuale.

Inarcai la testa all’indietro con un gemito, ondate di straziante desiderio mi avvolgevano e si frangevano contro le pareti della mia mente. «Non apparterrai a nessun altro. Dillo».

«No, Edward. Sarò tua. Per sempre».

«Per l’eternità», annuì, ansimando.

Con una mano continuai ad esplorargli l’addome piatto, i fianchi cesellati, i muscoli guizzanti, mentre con l’altra lo avvicinai ancora di più a me, intrecciando le dita tra i suoi capelli.

Quando ci separammo, con il fiato corto, mi regalò un sorriso così splendente che l’intera stanza parve illuminarsi.

«Passato l’attacco di gelosia?», domandai con un sorriso.

Si fece serio per un attimo, riflettendo.

«Quasi. Scusami», rispose con un ultimo bacio «ma mi sembra di impazzire quando qualcun altro ti tocca».

«Non preoccuparti Cullen» gli sussurrai, facendogli l’occhiolino «mi importa solo che sia tu a toccarmi».

Mi sorrise di nuovo, illuminandosi forse ancora più di prima.

«E adesso, per favore», gli domandai gentilmente «possiamo tornare dagli altri?»

«Ciò che vuoi», rispose lui inchinandosi. «Quando vuoi».




THE END

  
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