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Autore: holdmehaz    11/11/2013    4 recensioni
Harry Styles’ pov:
«Le tue fans ti abbandonerebbero se scoprissero che sei gay!» mi rispose Paul [...]
«A me non interessa la carriera, non interessa commercializzare la mia voce! Preferisco tornare ad Holmes Chapel ad essere solo Harry e ad avere come fan solo la doccia, che mentire così spudoratamente a milioni di persone!» rivelai, stanco e arrabbiato.
«Tu, tu e ancora tu! Smettila di essere egoista, Harry. [...] Ma non sei solo tu la posta in gioco, Harry, capiscilo. Fallo per Louis, Zayn, Liam e Niall, che hanno finalmente realizzato il loro sogno [...]» tuonò Paul. Sospirai, arrendendomi. [...]
«Scelgo lei» affermai aprendo l’album in una pagina a caso e puntando una foto al caso. Paul prese l’album e guardò la ragazza che avevo scelto.
«Jane Wright. Ottima scelta» commentò.
Jane Wright’s pov:
Avevo provato a smettere di fare questa stupida vita da circo, ma nessuno era davvero intenzionato ad assumere l’acrobata di un circo per qualche altro lavoro. [...]
Io ero troppo poco per qualsiasi cosa. Anche per quella stupida agenzia per attrici, era passato un mese e non avevano ancora richiamato. Quel “La richiameremo noi” era sempre stato un no, lo sapevo.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 8 - I had to do it





Feci la prima cosa che mi venne in mente. Afferrai un cuscino, mi misi seduta e cominciai a colpire Harry.
«Brutto...» e lo colpii «...zoticone...» e lo colpii di nuovo «...ti vuoi alzare...» e gli diedi il colpo finale «...o no?».
«Cosa sta succedendo?» chiese Louis alle mie spalle. Nella sua voce leggevo stupore.
«Quell’imbecille del tuo amico è così scansafatiche da non volermi aiutare a fare la colazione. E io non riesco a trovare niente in quel labirinto che chiama ‘cucina’!» urlai istericamente, balzando in piedi ed aggredendolo.
«E devi per forza chiederglielo a cuscinate...mezza nuda?» domandò sarcastico, alzando un sopracciglio. Avvampai (per finta, naturalmente) e mi nascosi dietro il cuscino.
«Diciamo che la fame non mi fa ragionare molto» balbettai.
«Vestiti, che ti aiuto io a cercare la colazione e non lo ‘scansafatiche’» mi esortò ghignando. Mi aveva creduto. Annuii e spalancai l’armadio di Harry.
«Cazzo Harry, ma felpe carine no? Le hai comprate tutte al mercatino dell’usato o te le presta la nonna?» sbottai frugando tra la sua roba.
«Cazzi miei» rispose Harry, la voce attutita. Mi girai a guardarlo, ed era coricato a pancia sotto e la testa premuta sul cuscino. Sorrisi.
«Va beh, prendo questa» conclusi, prendendone una grigia con qualche scritta. La indossai velocemente e trotterellai in cucina, dove trovai Louis.
«Eccomi» annunciai, fermandomi accanto a lui. Lui guardò infastidito la felpa.
«Perché indossi la felpa di Harry?» quasi mi aggredì.
«Perché adesso farò in modo di andare causalmente nel balcone, tutti mi vedranno la felpa e...» lasciai la frase in sospeso e schiacciai l’occhio. «Sono un genio» mi vantai. Lui alzò gli occhi al cielo.
«Comunque... che cercavi?» mi domandò, indicando la cucina.
«Ah, giusto. Ehm...» sussurrai. Riflettei un attimo su cosa chiedere. «IL LATTE!» urlai illuminandomi. Lui si massaggiò le orecchie infastidito, poi  aprì il frigorifero e lì, in bella vista, indicò il latte. Lo uscì e lo mise sul bancone.
«No!» feci stupita. «Davvero quello è il frigorifero? A me sembrava... il forno!» aggiunsi. Louis mi guardò con un’espressione che diceva “Ma sei tonta o cosa?”.
«Cos’altro ti serviva?» disse annoiato.
«Il caffè... e i cereali» risposi.
«Il caffè si fa in questa semplice macchinetta. Guarda, si preme questo pulsante e...» cominciò a spiegare.
«So come si usa una fottuta macchinetta del caffè!» ringhiai. Mi sentivo presa in giro.
«E allora dov’è il problema?» mi chiese con espressione strafottente. Cazzo. Dovevo imparare a controllarmi quando parlavo.
«La cialda, ovvio» ribattei dopo un attimo di esitazione.
«Forse, molto forse, è qui accanto» disse, indicando un mucchio di cialde accanto alla macchinetta, di mille gusti diversi.
«Sì, ma manca quello al cappuccino» aggiunsi velocemente. Lui frugò velocemente e dopo qualche secondo uscì bene tre cialde al cappuccino.
«Wow, ma sei una specie di genio o cosa? Io non li avevo visti e...» blaterai. Poi mi accorsi del suo sguardo e capii di sembrargli una pazza, così cercai di cambiare discorso. «...i CEREALI! Mi piacciono al cioccolato, ma non li trovo» esclamai con ovvietà.
Lui si massaggiò nuovamente le orecchie, poi aprì il primo stipetto e prese i cereali. Al cioccolato. E ne aveva circa una decina là dentro.
«Anche ad Harry piacciono al cioccolato, ha solo quelli» ribatté Louis. Harry doveva imparare a mettere le cose in posti meno ovvi, cazzo.
Adesso magari Louis neanche mi credeva. Insomma, chi crederebbe ad una che accampa scuse così ridicole? Solo un  vero e proprio ritardato.
«Adesso, se mi scusi, vado a parlare con Harry. Ah, e se vuoi sapere dove sono le tazze e le posate...» e me le mise sul tavolo.
«Se hai bisogno di altro fai un fischio, oppure prenotati una visita dall’oculistica. E da uno psichiatra» fece serio, poi uscì dalla cucina. Mi aveva davvero creduto. Era un vero e proprio ritardato.





«Grazie, davvero».
«Dovevo farlo».
«Non per forza. Non ti avrei incolpata di nulla se tu fossi rimasta paralizzata dalla paura».
«Te lo dovevo. E lo dovevo a Louis. Io non sarei stata in quel letto se non fosse stato per i miei stupidi incubi».
«Se sono incubi, non sono stupidi» affermò guardandomi negli occhi. Io tenni il contatto per un secondo, poi riabbassai lo sguardo alla mia tazza di caffè. La terza della giornata.
«S-sono arrivati i copioni, mentre tu e Louis...» e lasciai la frase in sospeso, non sapendola continuare. Cosa avevano fatto per un’ora e mezza nella camera di Harry, quasi in perfetto silenzio?
«...ci chiarivamo» terminò lui, evasivo.
«Giusto. Mentre tu e Louis vi chiarivate. Ho fatto in modo che mi vedessero dal balcone con la tua felpa» lo informai.
«Idea geniale» disse. Non era per niente sarcastico. «Potresti guardarmi negli occhi, per favore?» aggiunse poi, un po’ irritato.
Posai la tazza sul bancone della cucina e mi ci sedetti. Poi mi sforzai di guardarlo negli occhi. Non resistetti per più di qualche secondo.
«È solo che è tutto così confuso. Un attimo prima litighiamo, l’attimo dopo mi consoli mentre piango, e l’attimo dopo ancora io arranco scuse su scuse mentendo a Louis. Piani sconvolti, copioni cambiati, stranezze di entrambi...» confessai, poggiando la testa fra le mani, affranta. La voce mi tremava debolmente. Sentii un calore accanto a me: Harry si era seduto accanto a me.
«Anche per me è così» sussurrò. Poggiò la testa sulla mia spalla e mi circondò la vita con un braccio. Tremai leggermente a quel contatto.
«Che facciamo?» chiesi con lo stesso tono di voce.
«Che ne dici di provare ad essere amici?» mi propose. Tolsi le mani dal viso ed alzai la testa di qualche centimetro. Mi stava porgendo la mano. La fissai dubbiosa.
«Anche quando sarò arrabbiata senza motivo?» domandai incerta. Lui sorrise.
«Anche quando sarai arrabbiata senza motivo».
«Anche quando ti sveglierò nel bel mezzo della notte urlando?».
«Specialmente quando mi sveglierai nel bel mezzo della notte urlando».
Gli strinsi la mano.





«Bianco o nero?».
«Nero».
«Per me bianco».
«Bianco? O mio dio. Giorno o notte?».
«Giorno».
«Notte, naturale» sbuffò. «No, dai, spiegami cosa c’è di emozionante nel bianco e nel giorno» sbottò incrociando le braccia al petto.
«Beh, noi il giorno viviamo. È durante il giorno che le nostre vite trascorrono. E il bianco sa di pace» spiegai le mie ragioni. Altro sbuffo.
«La notte è magnifica. È incantata, avvolta in quell’alone di mistero che il buio le conferisce. È durante la notte che si capisce la vita. E il nero sa di tranquillità, ordine» ribatté.
«Ma la notte non ti regala gli incubi?» domandai, e me ne pentii subito. La vidi tremare al solo ricordo, la mano sospesa in aria per prendere i biscotti dallo scaffale.
«Non più» sussurrò, afferrando saldamente il pacco e mettendolo nel carrello. Lo spinsi in avanti.
«Cielo o Terra?» chiesi, ricominciando il gioco.
«Cielo» rispose immediatamente.
«Cielo» annuii sorridendo.
«Perché?» trillò, prendendo le caramelle gommose e buttandone due pacchi nel carrello.
«Non è una domanda ‘o...o...’» ribattei.
«Non è per il gioco. È una domanda vera e propria. Perché il Cielo?» specificò.
«Perché è bello, perché mi sembra affascinante, perché ci sono le stelle... tu?» domandai.
«Perché lassù c’è mia madre» mi confessò, abbassando lo sguardo e arrossendo imbarazzata.
«Oh» fu l’unica cosa che riuscii a dire. Che idiota.
«Mare o Neve?» domandò, cambiando discorso e tornando allegra.
«Neve».
«Mare» disse in tono di rimprovero.
«La neve è candida, e divertente» mi difesi.
«Il mare è qualcosa di unico. Un mondo perfetto, una forza enorme e delicata» ribatté. Alzai le mani sopra la testa.
«Scusa, scusa. Okay, il mare» mi arresi. Lei rise di cuore, e io con lei. Si avvicinò a me e mi baciò, lentamente. Lasciai stare il carrello e mi avvicinai a lei, facendo aderire i nostri corpi. Lei si staccò leggermente.
«Visto, riccio? Non sei l’unico capace di sorprendere» sussurrò sorridendo, provocando un mio sorriso.
Si sentì, lontana, una risata stridula, fastidiosa. Jane si staccò di colpo, allontanandosi e guardando intorno allarmata.
«Dove cazzo...?» disse tra sé e sé. Guardai anch’io nei paragi, ma non vidi nessuno ridere. La risata era dentro il supermercato, ma non dove eravamo noi, sicuramente in un altro corridoio vicino.
«Harry, andiamo» ordinò Jane, con voce spaventata. Io la guardai, interrogativo.
«Cosa?» chiese.
«Andiamocene» ripeté, prendendomi il polso destro e il carrello e affrettandosi a girare l’angolo.
Mi voltai un attimo, e prima di essere sostituita da un nuovo corridoio, vidi una chioma biondo cenere comparire dall’altro lato.
«Cosa succede, Jane?» chiesi, mentre lei arrancava verso la cassa.
«N-non dobbiamo rimanere qui un attimo di più» balbettò. Mi accorsi che stava tremando.
«Jane,  Jane, calmati, okay? Va tutto bene» cercai di tranquillizzarla prendendole le spalle, come avevo fatto la notte prima, quando aveva avuto gli incubi.
«No che non va tutto bene. Questo non è un incubo, è la realtà. Sbrighiamoci, andiamo alla cassa» mi rispose. La sua voce era così piena di spavento che non osai ribattere. Cosa poteva aver causato quell’enorme paura?
Ci sbrigammo alla cassa e pagai. Il viaggio verso casa fu estenuante e gelido.
«Jane, mi dici cos’è stato?» chiesi per l’ennesima volta entrando in casa. Sapevo che non voleva parlarne, ma se stava davvero tremando dalla paura per ciò, dovevo sapere cosa fosse.
Dovevo saperlo per poterla tranquillizzare, per sapere se davvero stava andando tutto bene come le dicevo.
«No» disse secca per la millesima volta. «Non voglio metterti in pericolo» aggiunse sussurrando.
Quella frase, appena udibile, mi provocò dei brividi.  Se saperlo mi avrebbe messo in pericolo, volevo saperlo. Perché, da quel che avevo capito, era in pericolo anche lei.
«Jane, dimmelo» ordinai, guardandola negli occhi e lasciando stare la spesa per terra.
«Ma, Harry...» si difese debolmente.
«Niente ‘ma’, Jane, devi dirmelo. Non sopporto di vederti in questo stato. Se siamo amici, dimmelo. Agli amici si dicono i segreti» ribattei. Sapevo di essere crudele, ma, in qualche modo, avevo bisogno di saperlo.
«Non si mettono in pericolo gli amici» fece con voce spezzata e sull’orlo delle lacrime.
«Sì invece, se loro sono disposti ad esserlo» sbottai. Lei sospirò e abbassò lo sguardo.
«Bene. Harry, sto per svelarti il motivo dei miei incubi» e prese a raccontare. Gli orrori vennero a galla.


 

Nila’s Corner

Eccomi qua, ad aggiornare solo dopo un giorno :) Spero apprezzerete il gesto.
Ahimè, mi piace divertirmi con voi, e quindi ecco un altro capitolo che finisce a metà. Scusatemi, ma stavolta il seguito lo pubblicherò solo quando finisco di scrivere l’11, dico sul serio. O finisco per pubblicarli tutti in una volta e poi perdere anche due settimane perché magari ho un blocco o troppi compiti per poter scrivere.
Non lo pensate anche voi? Meglio avere molti capitoli a ritmo di uno ogni circa 4-5 giorni che 4 capitoli in tipo sei giorni e poi un vuoto di due settimane, vero?
Questo capitolo per me è qualcosa di eccezionale. La pazza, lunatica e casinista Jane aiuta Harry e salva il suo rapporto con Louis a proprie spese. QUESTO E’ AMORE, E ONESTA’. Cosa che manca parecchio alle persone, di questi tempi. Insomma, avrebbe potuto combinare un casino, far lasciare Louis ed Harry definitivamente e scoparsi il riccio dalla mattina alla sera, ed ha preferito fare qualcosa per una persona che quasi non la calcola o che comunque la odia (Louis). Sto amando particolarmente la mia Jane, sta uscendo fuori un essere unico.
Anche Harry è dolce, quando ha detto a Jane di guardarlo negli occhi la parte conscia del mio cervello ha preso i popcorn mentre il mio inconscio continuava a muovermi le dita sulla tastiera.
Ed ecco qui che compare per la prima volta l’antagonista della storia, e adesso stop! non anticipo più nulla.
Con il prossimo capitolo (Memories, ero tentata di chiamarlo Midnight Memories ma poi non sarebbe stato più “puramente casuale” come nei film xD) saprete la ragione degli incubi di Jane e vi consiglio, alla fine, di rileggere la descrizione che ho scritto su di essi, così da far combaciare i pezzi.
Adesso vado, mi aspettano latino, matematica e inglese che mi occupano una pagina intera di diario e io scrivo piccolo. Maledetto scientifico.

Bye ^^

P.S. Ho iniziato una raccolta di poesie, se vi va di leggerle cliccate qui 
P.P.S. GRAAAAAAAZIE a voi che leggete <3
  
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