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Autore: unicorn_inthemind    11/11/2013    4 recensioni
[Mermaid!AU]
In un'epoca indefinita, mentre le navi solcano ancora i mari scontrandosi con letali mostri marini, Rei Ryugazaki è un giovane con i piedi troppo per terra per credere all'esistenza di tali creature.
Un libro di mitologia marina, capitatogli in mano per caso, lo porterà a conoscere degli esseri per cui si spingerà in un viaggio quasi suicida per mare.
Sirene, le aveva chiamate quel pescatore - belle e fatali - ma Rei non gli aveva creduto. Era disposto persino a raggiungere la Grotta Verde e ritornare pur di dimostrare l'inesistenza di quelle creature.
Ma se quei mostri, quelle leggende, si rivelassero veri?
[...]
«Non sono una sirena, sono un tritone. Tri-to-ne.» protestò Nagisa agitando leggermente infastidito la coda color porpora.
Rei sbatté più volte le palpebre, non poteva essere vero. «Non è possibile.»
«Ma ti ho salvato dal Kraken, Rei-chan.»
«Non è possibile.»
«Ho curato le tue ferite con la mag-...»
Rei scosse la testa, risdraiandosi e chiudendo gli occhi con forza.
«La magia non esiste, e nemmeno tu. Sto delirando perché ho bevuto troppa acqua del mare. Quando mi sveglierò non ci sarai.» e si rifiutò di riaprire gli occhi.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Nagisa Hazuki, Rei Ryugazaki, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non c’è nulla da temere.

Haruka lo aveva detto, che l’acqua aveva qualcosa di strano, aveva percepito una lieve scossa nella corrente. Makoto e Nagisa forse non se ne erano accorti – loro non sentivano l’acqua come la sentiva lui -, ma Haru si era sentito punzecchiare dalla punta della coda alla più piccola delle sue bolle, era come se l’equilibrio stesso dell’Oceano fosse stato sconvolto e adesso l’acqua si stesse riassestando.
«Haru, cos’è quello?» Makoto scattò all’indietro spaventato nel ritrovarsi davanti un’imponente struttura il legno. Assi spezzate, barili e cannoni sul fondale, come lapidi attorno a un mausoleo.
Un relitto. Un cimitero privo di cadaveri, ecco cos’era quel luogo, un monumento ai marinai morti in mare. Non c’è speranza per chi affonda.
«Haru andiamo via! Haru!»
«Non c’è nessuno.»
«Potrebbe esserci ancora il mostro che l’ha affondata, Haru no... non avvicinarti!»
«...»
«Haru attento!»
«...»
Makoto sospirò arreso, Haruka si stava avvicinando lentamente al relitto affondato e non c’era verso di farlo tornare indietro. Gli andò dietro, aveva più paura nel lasciarlo andare da solo che nel seguirlo in quella trappola.
«Forse è per questo che Nagisa diceva che non c’era niente. Forse non voleva vedessimo.» disse, posando i suoi occhi verdi su ogni cosa con circospezione, come se da un momento all’altro anche una semplice cima della nave potesse animarsi e aggredirli.
«Perché?» ad Haruka bastò una parola per mettere a nudo tutti i dubbi di Makoto; ma Makoto – così come Haru – non conosceva la risposta. Perché Nagisa era stato così avventato quando Haru aveva detto che c’era qualcosa di strano? Perché aveva negato?
«Cerchiamolo.» disse Makoto.
Solitamente, quando Nagisa trovava qualcosa di curioso, importante o comunque, a sua detta, interessante – e per lui tutto era curioso, importante e interessante – correva da Haruka e Makoto per mostrare loro ciò che aveva trovato, o per trascinarli sul luogo dove la cosa che aveva visto giaceva, troppo grande o pesante per essere spostata. Una volta li aveva, addirittura, costretti ad andare con lui per vedere una cosa in superficie che si era rivelata poi essere un remo di barca alla deriva. Aveva una sorta di strano e pericoloso interesse per il mondo fuori dall’acqua.
 
Ci misero del tempo per trovarlo, chissà dove aveva vagato fino a quel momento, e anche adesso, mentre gli erano dietro, a pochi metri da lui, Nagisa non si accorgeva della loro presenza. Non si voltava. Nuotava spedito, come se avesse una meta ben precisa in testa e fretta di raggiungerla, e si avvicinava sempre di più alla costa. Ancora una volta.
Quando Makoto e Haruka lo avevano visto, poco tempo prima, sembrava proprio stesse facendo ritorno dall’isolotto in quei dintorni. E ora stava tornando lì.
Cosa c’era di così importante in quel luogo? Makoto iniziava a preoccuparsi.
«Rei-chan!»
Nagisa era emerso in parte fuori dall’acqua - cosa stava facendo? – la testa e il braccio destro fino al gomito erano scomparsi oltre la superficie. Si comportava in maniera strana, scompariva, andava a zonzo da solo... e poi c’era la storia della nave, si vedeva a chilometri di distanza che era affondata da poco; e Nagisa aveva negato, era come se sapesse che era successo qualcosa e non volesse che anche loro venissero a conoscenza di cosa effettivamente fosse accaduto.
«Rei-chaaaan!»
Makoto emerse di poco fuori dall’acqua per dare un’occhiata a dove stesse puntando Nagisa, ormai l’amico era nell’acqua bassa.
L’unica cosa che riuscì a vedere era il corpo sulla riva: non importava se quella sagoma accovacciata fosse viva o morta, uomo o donna, o come fosse arrivato fin lì.  Era un umano, ed era nel suo elemento naturale: sulla terra ferma. Makoto fu preso da un’ondata di panico.
Glielo avevano insegnato sin da bambini, glielo avevano ripetuto i loro genitori e gli anziani del Regno, che ci si poteva avvicinare agli umani solo quando erano in alto mare. Solo quando erano soli, in acqua, lontani dal loro elemento naturale ma nel cuore esatto dell’elemento di sirene e tritoni. Perché l’unico umano buono era uno prossimo all’affogare. Una preda.
Makoto scattò in avanti, era troppo pericoloso per Nagisa avvicinarsi così tanto, lo afferrò all’altezza dell’avambraccio e lo trascinò in acqua, lontano da quel Figlio della Terra.
 
«Nagisa-kun, cosa fai?! Quello è un umano!»
«Ah...» Nagisa si guardò attorno confuso «Mako-chan! Cosa ci fai qui?»
«Cosa stavi facendo?» quasi lo aggredì, preoccupato, Makoto, afferrandolo per le spalle e scuotendolo «C’era un Figlio della Terra su quella spiaggia, Nagisa. Non dobbiamo avvicinarci a Loro quando sono nel loro elemento! Poteva catturarti, o ucciderti.»
Makoto parlava di Rei-chan, lo aveva visto lì addormentato su quella spiaggia, ma si sbagliava di grosso: Rei non era pericoloso, non voleva far loro del male.
«Mako-chan, no, calmati! Rei... Rei-chan è mio amico...» le ultime parole le sussurrò appena, incerto sul fatto che fossero o meno la verità. Nagisa aveva appena conosciuto Rei, più che un amico poteva consideralo un conoscente, o ancora meno “un ragazzo che aveva salvato dall’affogamento”; ma, qualunque nome prendesse il rapporto tra loro, Rei di certo non era una cattiva persona, glielo si leggeva negli occhi.
«Eeh?!» Makoto era pallido come un fantasma, stringeva le mani sui gomiti di Nagisa, costringendo le sue braccia a stare dritte e ferme lungo il corpo.
«Davvero! L’ho aiutato... non è cattivo. Mako-chan... Haru-chan,» riuscì a divincolarsi dalla presa dell’amico per portare le mani giunte in preghiera avanti al volto «vi giuro che Rei non farà nessun danno. Quando si sarà ripreso lo aiuterò a tornare a casa, fidatevi!»
Makoto prese un respiro profondo come l’abisso: «Ma Nagi-...». Nagisa scosse la testa, semplicemente, lo sguardo sicuro di chi non si sarebbe di certo arreso. Quando si metteva qualcosa in testa era praticamente impossibile dissuaderlo.
Tornare sulla riva fu semplice, quella volta, né Makoto né Haruka tentarono di fermarlo in nessun modo; al contrario, lo seguirono.
 
«Rei-chan, loro sono miei amici!»
Quando Rei aveva riaperto gli occhi Nagisa gli si era praticamente lanciato addosso con irruenza, sbracciandosi, sorridendo a trentadue denti e indicandogli i due giovani accanto a lui, uno moro e uno castano.
«A-amici? Sono... Anche loro sono sirene?»
«Tritoni, Rei-chan! Le femmine sono sirene, noi siamo tri-to-ni.»
Rei li aveva scrutati in silenzio, incerto ed imbarazzato, prima che un lampo a ciel sereno lo colpisse in pieno capo. Scattò spaventato staccandosi di dosso Nagisa che gli si era quasi acciambellato sul petto, e si mise seduto, paonazzo e con gli occhiali scesi sulla punta del naso.
«Voi... voi non mi ma-... ma-mangerete, vero?!»
La linea placida del Cielo fu squarciata da una risata acuta e quasi cristallina, accompagnata da un corpo giovane e coronato da ciocche bionde e alghe che si rotolava sulla rena.
Quel ridere di lui, delle sue parole, rese ancora più paonazzo il giovane Ryugazaki che iniziò a inveire contro il piccolo tritone sotto gli sguardi stupiti di Makoto e Haruka.
«Rei... Rei-chan!» Nagisa si fece quasi serio, tirandosi a sedere e avvicinando pericolosamente tanto il suo viso a quello dell’altro «Se avessi voluto mangiarti lo avrei fatto quando ti ho trovato»
Rei ingoiò a vuoto, la gola secca, prima di domandare: «Perché mi hai salvato?»
«Per, umh... Eri strano, Rei-chan. Gli altri uomini si dibattevano, cercavano di nuotare lontani, gridavano... tu eri lì fermo sulla tavola... mi sei piaciuto, Rei-chan, eri buffo.»
«Eeh?»
Nagisa scrollò le spalle sorridente, Rei pensò che quel sorriso non avrebbe potuto portarglielo via nessuno. Mi sei piaciuto, Rei-chan, lo aveva detto con le labbra così arricciate all’insù che Rei ebbe un piccolo tuffo nel cuore: particolare, quel giovane tritone era un soggetto davvero unico.
 
Rei chinò lo sguardo, le guance arrossate e i capelli arruffati: «È... è che non so nuotare.»
Questa volta fu il turno di Nagisa e degli altri di scattare in un “eeh?” stupito... Per loro, nati e cresciuti tra i flutti, nuotare veniva naturale come respirare o parlare, come poteva Rei non saper nuotare?
«Ma come? Rei-chan vergogna!» lo biasimò Nagisa, senza mancare di ridergli contro nuovamente, facendo arrossire per la vergogna Rei per la seconda volta in poco tempo.
«È... è che il nuoto non mi è mai risultato utile! Non ho mai viaggiato via mare, non sono mai andato in vacanza in una località balneare,» si sistemò gli occhiali sul naso, come era solito fare «e non ho mai preso in considerazione il nuoto come sport... È– umh – non bello, ecco! È scoordinato... le braccia che si muovono in un modo, le gambe in una altro...»
«Gambe Rei-chan?» lo rimbeccò prontamente il giovane al suo fianco «Comunque, tu devi saper nuotare! Altrimenti non potrai mai tornare a casa.»
«Vero, sei nel mezzo dell’Oceano!» aggiunse Makoto.
Haruka annuì appena, e se ne andò. Con movimenti lenti e semplici, si alzò dalla spiaggia e tornò a tuffarsi  in acqua. Una coda da delfino incrinò la superficie dell’Oceano.
Rei rimase lì inchiodato al suo posto, l’idea che sirene e tritoni esistessero ormai si faceva strada in lui ad ogni colpo di coda del giovane che si allontanava in acqua. Quelle creature erano esattamente come quell’unica immagine del libro Mostri del mare riportava – l’immagine da cui era partito tutto -; erano creature affascinanti, aggraziate e dalle movenze di un’eleganza unica, sembravano muoversi senza incontrare nessuna resistenza da parte dell’acqua che li circondava, li inglobava e li accoglieva. Haruka si era tuffato e man mano che il suo corpo era affondato in acqua era mutato per metà in quello di un pesce, prima all’altezza dei fianchi e dell’ombelico e poi il grigio-blu della sua coda da delfino era avanzato come un’onda sul bagnasciuga e aveva coperto le cosce, le ginocchia fin giù alle caviglie unendole assieme... e i piedi erano mutati in una piccola ma robusta coda.
Rei rimase silente ad osservare quel moto.
«Si è offeso?» bisbigliò Nagisa a un passo dall’orecchio di Makoto, ma Makoto si limitò a scrollare le spalle: «Forse gli mancava solo l’acqua... o forse gli ha dato fastidio il modo in cui Rei ha parlato del nuoto.»
Nagisa si accovacciò su se stesso ridacchiando, Rei aveva offeso il nuoto, l’acqua – l’amata acqua -, ci credeva che poi Haru si era urtato.
«Comunque, Rei-chan,» si alzò in piedi il piccolo tritone biondo «tu devi imparare a nuotare!» coronò il tutto piazzando una mano sul fianco e puntando l’altra contro Ryugazaki.
Nagisa sorrise convinto, Makoto trattenne una quasi impercettibile risata; ma indubbiamente la reazione più plateale fu quella di Rei. Dapprima si limitò ad annuire passivamente, ma poi, lasciando indugiare lo sguardo sul ragazzo erto di fronte a lui, ritornò paonazzo tanto che le sue guance sembravano aver lanciato una sfida all’ultimo rosso alla montatura degli occhiali.
Un unico grido irruppe nella quiete dell’isolotto sperduto: «Perché diavolo siete nudi?!»



Angolo autrice: 
Ehilà! Come vedete sono in colossale ritardo, ma non temete! E' routine.
Comunque, sono al settimo cielo perchè ho dei lettori adorabili, mi sguite in tantissimi (io non sto qui certo a farmi problemi di numeri, ma vedervi così numerosi fa sempre molto piacere!), alcuni di voi mi lasciano delle recensioni che sono un amore e... mi sono anche arrivate due fanart stupendissime del mio Mermaid!Nagisa che sto ancora saltellando per la stanza al pensiero che qualcuno ha perso un po' del suo tempo per regalarmi quei disegni.
Anche perchè se si aspettava me --> [link allo scricciolo] che anche se non è un granchè ci ho messo il cuoreH :3
In faccia ha subito un incontro frontale con un tir, poverino, comprendetelo! xD

Ok, Vìvvìbbì a tutti, vado ad aggiungere la nuova immagine all'album di Figlio dell'Oceano che trovate sul mio [facebook] (per precisare l'immagine di questa volta sarà la prima delle due fanart ricevute, aka [questa!])
Uni.
   
 
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